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Autore: Sinden    19/03/2019    1 recensioni
FF basata su film Il Signore degli Anelli - Le due Torri, genere fantasy/avventuroso
Storia di un esercito mercenario di Uomini dell'Est, comandati da una donna senza passato e senza scrupoli. Il suo arrivo nel regno di Rohan, oppresso da Saruman, porterà molte cose alla luce...non solo sul suo passato.
Estratto:
"Taci." le disse Éomer. "O i tuoi soldati non ti vedranno mai più."
"Spiacente, figlio di Éomund. Non mi impressioni. Non hai credibilità se lasci quel plebeo untuoso guidare il vostro reame. Ora sei tu il principe, non è cosí? Bene, guarda i tuoi sudditi." gli disse Goneril, indicando con un dito inanellato le abitazioni tutt'intorno. "È tua precisa responsabilità proteggerli. Per prima cosa, dovresti andare là dentro e mandare all'altro mondo quel Grima, o farlo imprigionare. Poi, dovresti galoppare con i tuoi Rohirrim verso Isengard, e spedire anche quel vecchio incartapecorito di Saruman dritto da Eru, e che se la veda lui. Allora tuo zio sarà libero, e anche tutti voi. Ma non farai né una, né l'altra cosa." Goneril fece una smorfia di disprezzo. "Invece, prendertela con una donna é più facile. Meno pericoloso."
⚜️⚜️⚜️
Capitolo conclusivo della saga Roswehn/Thranduil
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eomer, Eowyn, Gandalf, Legolas
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mentre procedeva a cavallo attraverso le Terre Brune, a Nord di Rohan, Goneril ragionava su quella era l'unica certezza della sua vita a quel punto: urgeva un cambiamento.

Aveva deciso di prendersi una pausa da se stessa.
Tutti gli ultimi avvenimenti l'avevano portata a un serio esame dell'esistenza che aveva vissuto. Un'esistenza che fino a quel giorno era stata lontana dall'essere felice.

Nella lunga settimana precedente la sua fuga da Edoras, qualcosa in lei si era svegliato all'improvviso: la sommessa vocina della sua coscienza era diventata un urlo che perfino un sordo avrebbe udito. Un grido che continuava a riecheggiare nella sua mente: ti sei persa.

Quell'Elfo biondo le aveva sbattuto in faccia la verità senza troppi giri di parole e Goneril continuava a rifletterci su.

Hai rinunciato alla vita.

Come negarlo, del resto. Qual'era stato il vero valore di anni spesi a combattere e uccidere, di giorni trascorsi nell'odio e nell'ostinato isolamento da tutto e da tutti?
Aveva amici? No.
Aveva affetti? Men che meno.
Aveva sogni? Neppure, se con sogno si intendeva qualcosa di molto diverso dal rifugiarsi in un luogo indefinito e desolato, dove tentare di costruire una nuova nazione. Si era aggrappata a quella fantasia cosí da avere un motivo per alzarsi dal giaciglio tutte le mattine, ma dire di crederci davvero sarebbe stata una balla colossale.

Aveva conosciuto Éowyn.
Che la bionda ragazza fosse sul serio sua parente o meno, aveva poca importanza. Ciò che era stato importante, di quell' incontro, era che per la prima volta Goneril si era confrontata con una giovane il cui procedere in quel mondo somigliava molto all'idea che si era fatta lei, di vita.
La nipote di Théoden aveva subíto situazioni difficili, a sua volta, ma non ne era uscita con troppe cicatrici. Non le era passata la voglia di sorridere, di provare buoni sentimenti per gli altri, di innamorarsi e tentare di migliorarsi e di...sognare.

 Goneril desiderava parte della vita di Éowyn, come Éowyn desiderava parte della sua. Nonostante tutta la spavalderia mostrata negli anni e l'orgoglio per essere riuscita lì dove nessuna donna di quella Terra era mai riuscita, cioé comandare un esercito, un pensiero le ronzava nella testa da qualche giorno, esattamente da quando le due ragazze avevano scoperto una l'esistenza dell'altra. Così avrei potuto vivere anch'io. Begli abiti, una comoda stanza in una grande casa, lezioni di canto, arpa e ballo, banchetti, un giovanotto con cui fidanzarmi, un matrimonio, un paio di figli e una serena vecchiaia.

Il cavallo che aveva rubato dalle stalle di Rohan scrollò la grossa testa,mentre procedeva sulla strada battuta, quasi avesse intuito i suoi pensieri.

Tornando al presente, la donna era preoccupata. Avrebbe dovuto attraversare il territorio a Sud del Reame Boscoso, prima di arrivare a Esgaroth. Aveva calcolato di metterci tre giorni almeno, sperando che quei folletti silvani non la notassero. Ci sarebbe mancato solo di farsi imprigionare dai soldati di Thranduil. Le prigioni di Boscoverde non erano esattamente il luogo più accogliente dell'Est, e si rischiava di morirci. Addentrarsi a Eryn Galen senza permesso era un crimine agli occhi dei suoi abitanti, e a poco sarebbe valso dire di aver conosciuto il principe Legolas e di aver combattuto al suo fianco.
Avrebbe abbandonato il cavallo all'entrata della foresta, e avrebbe attraversato a piedi quell'inferno di rovi e arbusti. Silenziosamente, tentando di rendersi invisibile.

Pensò che Hammon doveva essere rimasto di sasso alla notizia della sua scomparsa. Di Degarre non le importava niente, e in fondo nemmeno di tutti gli altri, ma Hammon in cuor suo le era sempre stato leale, e alla fine avrebbe trovato il modo di ricompensarlo.

Le dispiaceva anche aver lasciato Éowyn: c'era ancora molto che doveva insegnarle, e quella ragazza sarebbe stata un'ottima allieva. Aveva un tale desiderio di farsi valere, che avrebbe assorbito come una spugna marina ogni suo consiglio. Si augurò che trovasse la forza di imporsi in quel mondo patriarcale e gretto.

Su Re Théoden, aveva opinioni contrastanti. Come diceva Gandalf, c'erano buone possibilità che fosse sul serio suo padre, le coincidenze erano troppe e troppo significative per ignorarle.

Ma l'aveva abbandonata. Per quanto si sforzasse di guardare a lui come a un genitore ritrovato, la verità amara e dolorosa era che l'aveva respinta, un mese dopo la sua nascita, quando ancora aveva bisogno di essere allattata da sua madre. Per lui era stata una vergogna da cancellare, un peccato scabroso, un maledetto errore di una notte. E se il suo rampollo Théodred non fosse morto, era probabile che l'avrebbe cacciata via dal regno senza troppi complimenti, dopo la vittoria al Fosso di Helm.

No. Per quel Re anziano non riusciva proprio a provare affetto. Lei non era Cordelia, l'eroina di quella vecchia romanza che aveva continuato ad amare il padre nonostante questi le avesse dato il benservito. Lei era davvero simile alla Goneril letteraria, la principessa cattiva e vendicativa, che se ne era infischiata dei legami famigliari e aveva mandato la sorella Regan all'altro mondo con una dose ben calcolata di làudano in un calice di vino.

Una rosa non si trasforma mai in una viola, le aveva detto Amon. La tua natura é quella che é, non puoi cambiare la tua personalità. Puoi solo cercare di arginarla

Eppure, qualcosa in lei era mutato. E aveva nuovi piani:  sarebbe andata a Gran Burrone da sola, dopo essere passata da Esgaroth. Sarebbe andata a prendersi almeno tre sacchi d'oro, del suo oro accumulato negli anni e li avrebbe caricati sul cavallo. E poi...chissà. Il resto, l'avrebbe dato a Elrond. Avrebbe concesso al Signore di Rivendell di avere quel denaro, e disporne come meglio avrebbe creduto.

Se c'era qualcuno di cui Goneril aveva stima in quel mondo, era proprio Elrond. Il nobile Elfo avrebbe di certo trovato il modo di investire quel tesoro in modo costruttivo, lei lo sapeva. I suoi mercenari, quei luridi porci voltagabbana traditori, con Degarre in testa, potevano tranquillamente andarsene in malora. Ma prima... prima c'era un affaruccio che doveva sbrigare in un altro piccolo regno dell'Est, che aveva un nome semplice e breve: Dale.

Un regno di Uomini in cui era già stata, e nel quale le era stato proibito entrare dalla regina Sigrid, anni prima. Ma non sarebbe stata lei la persona che doveva incontrare, questa volta. C'era un'altra donna, in quel reame di mercanti, a cui aveva molto, molto da raccontare. Un'anziana donna dalla vita straordinaria.

⚜️⚜️⚜️

"È stata colpa tua!" rinfacciò Éowyn al fratello.
Con un' alzata di spalle, Éomer decise di ignorare l'accusa della ragazza.

"Dobbiamo riunire i seimila Rohirrim. Il nostro Re ha dato l'ordine. Smettila di pensare a quella donna. É una fortuna per tutti noi che se ne sia andata." disse il giovane, sistemando la sella sulla groppa del suo cavallo. "Dobbiamo correre in aiuto a Gondor, adesso. I fuochi sono stati accesi, l'allarme è stato dato. Abbiamo altro a cui pensare, Éowyn."

"É nostra cugina. Hai sentito nostro zio, é sua figlia. Ormai lo credo anch'io. Ed é di nuovo dispersa nel mondo." rispose Éowyn. "Se tu non le avessi mostrato una tale ostilità sarebbe rimasta!"

"Quella é andata a recuperare il suo maledetto oro. E con esso si rifugerà da qualche parte. L'ha detto chiaramente negli scorsi giorni: nulla le é mai importato oltre a quello." disse Éomer. "Denethor sta affrontando un nuovo attacco di quei mostri e ha chiesto aiuto. Uomini!" urlò ai suoi soldati. "Avete prestato giuramento! Ora, onoratelo!" Poi, si mise alla testa del primo gruppo di Rohirrim e velocemente si mise in marcia verso ovest.

"Éomer! Aspetta!" tentó inutilmente di gridargli la giovane. Si giró e vide anche il Re, in armatura, montare sul suo cavallo e prepararsi a seguire il nipote con il resto dell'esercito. Corse verso di lui.

"Zio! Zio...permettimi di andare a cercarla..." lo imploró. Théoden le rivolse uno sguardo triste.

Quando, due notti prima, aveva ricevuto la notizia della scomparsa di Goneril, il suo cuore per poco non si era spezzato. Era ormai convinto di essersi riunito a sua figlia e immaginava un futuro per lei come Regina, o quantomeno principessa di sangue, lí ad Edoras. La casata di Théngel, da cui il Re discendeva, non era scomparsa: la donna era ancora giovane, avrebbe potuto avere figli, avrebbe potuto dargli un nipote maschio sulla cui testa posare la corona in futuro.

Ma se n'era andata.

Di notte, lontana da sguardi indiscreti, dopo aver rubato un mantello a Éowyn e un cavallo dalle scuderie. Se n'era andata a portare il suo prezioso sangue chissà dove.

"É finita. Non pensare più a lei, cara." disse il Re. "Sta' qui con la nostra gente, assumi i pieni poteri in assenza mia e di Éomer e...prega per noi."

"Se non mi permetti di andare a cercarla, verrò a Gondor, allora." ribatté lei. Si scostò una ciocca di lunghi capelli dorati dal viso, e il Re notò un bracciale che non le aveva mai visto. "Sai che non starò nelle retrovie. Non questa volta."
Théoden osservò in silenzio la nipote, mentre il suo cavallo scalpitava.
Sospirò.
"Ascolta, Éowyn. Tu e Éomer siete tutto ció che rimane della famiglia reale di Rohan. Siete il futuro del nostro regno. Ho sperato, ho creduto che quella ragazza potesse tenere in vita la nostra casata, ma evidentemente non era destino." guardò verso il giovane, che era ormai lontano con la sua squadra di cavalieri. "Non so cosa capiterà a Gondor, ma ho la sensazione che una guerra senza precedenti ci attenda. Forse io e tuo fratello non torneremo. In tal sventurato caso, sarai tu a reggere la corona, hai la mia investitura. É importante che la tua vita venga protetta, e perciò devi rimanere qui."

"No." rispose lei. "É esploso qualcosa in me, e non posso tenerlo a bada. Io non sono più la ragazzina che conoscevi, zio. Verró con voi."

Detto questo, fece per dirigersi verso Mira, la cavalla baia che cavalcava da anni. Aveva già nascosto la sua spada personale sotto la sella.

"Éowyn! É un ordine!" sbottó allora il Re. "Ti sto parlando come tuo sovrano, adesso."

La giovane si giró a guardarlo. "Perché mi fai questo? Io non chiedo altro che rendermi utile, aiutarti a difendere la nostra gente! Perché non mi é mai concesso accompagnare i nostri soldati, unirmi a loro? So combattere, e lo sai!"

"Vuoi dare il tuo aiuto a Rohan? Conforta le donne, accudisci i bambini, cura le ferite dei soldati che torneranno a Edoras. Sono compiti nobili. Ma per quanto riguarda il combattimento, non posso far uso di te. Non aggiungeró altro." ordinó Théoden, e con un colpo dei talloni esortó il cavallo a procedere.

Éowyn non nascose uno scatto di rabbia e frustrazione. Si portó le mani al viso, per contenere un'imprecazione. Il bracciale tintinnava al suo polso. Lo guardó. Volere é potere, diceva l'iscrizione incisa sull'argento.

Volere é potere, cara cugina, ma adesso si tratta di capire cosa davvero vuoi. Cosa sei disposta a fare, sentì la voce di Goneril nella mente.

In un lampo, Éowyn seppe esattamente cosa fare. Andó da Mira, sciolse le redini che la tenevano legata allo steccato e montó in groppa. Tanto per cominciare, avrebbe scortato i soldati sulla strada per Gondor, si sarebbe fermata con loro al primo accampamento. Suo zio non poteva vietarle questo. E si sarebbe portata dietro quel Merry, l'altro Hobbit che come lei voleva dire la sua in quella eterna lotta fra il Bene e il Male. Uno scontro infinito che in quei giorni viveva un importante, e forse definitivo, capitolo.
Il piccoletto voleva riunirsi a suo cugino Pipino, che incautamente aveva usato uno strumento magico chiamato Palantìr, e per quel motivo lo Stregone si era adirato con lui. L'aveva di gran carriera portato al regno che aveva la sua capitale Minas Tirith sotto attacco.
Éowyn non aveva capito bene cosa diavolo fosse successo, sapeva solo che in qualche modo il Nemico, Sauron, aveva avuto un importante indizio sul suo Anello, e che quell'ingenuo Hobbit con quell'aggeggio magico a forma di sfera c'entrava qualcosa. Per questo Gandalf lo stava portando lontano da Rohan.

E ci sarebbe arrivata anche lei, alla capitale di Gondor, giuró a se stessa. Non sapeva ancora in che modo, ma ci sarebbe arrivata, in barba al Re, a suo fratello e a quella insopportabile tradizione che voleva le donne docili e sottomesse e lontane dalla guerra. Aveva avuto una buona maestra, in quei pochi giorni, e, come la sua maestra, sui Campi del Pelennor o in qualsiasi altro posto il destino avesse scelto, avrebbe fatto anche lei la sua dannata parte.
   
 
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