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Autore: vali_    20/03/2019    3 recensioni
[Seguito di "Wash Away"]
Sam, dopo aver perso Jessica, è tornato a cacciare con suo fratello, nonostante continui a credere che la sua vita potrebbe essere molto di più che inseguire mostri e un incubo infinito. Dean si sente meglio ora che ha nuovamente suo fratello al suo fianco, ma Ellie gli manca più di quanto voglia ammettere e, quando una persona a lui cara lo cerca per chiedergli di occuparsi di un problema che la riguarda, non esita un istante a prendere l’Impala e correre da lei.
… “«Scusa Sam, ma non andiamo in Pennsylvania».
La smorfia che compare sulla faccia di suo fratello è un misto tra il disperato e lo spazientito, ma a Dean poco importa di come prenderà questo cambio di programma. «Come? Ma se avevamo detto—»
«Non importa quello che avevamo detto» prende fiato e lo guarda intensamente; non ha voglia di discutere, ma almeno deve dargli qualche informazione su questo cambiamento improvviso. Tanto poi sa che, durante il viaggio, Sam lo riempirà di domande comunque
”…
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima stagione, Seconda stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
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Note: Buonasera! :D
Sono di corsa (strano, eh? XD), ma ci tenevo a dirvi un paio di cose.
La prima è un grazie infinite a chi legge, segue (anche in silenzio) e a chi commenta. Vi vedo tutti e siete preziosi per me, perciò vi ringrazio di cuore <3
La seconda (non meno importante) è che ho un po’ di paura per questi capitoli che verranno perché sono un po’ più… veloci degli altri, diciamo. Faccio sempre passare un po’ di tempo tra un capitolo e un altro, tempo che equivale a episodi di Supernatural che avete visto e che non mi va di descrivervi di nuovo. Mi sembrava una ripetizioni. Le cose importanti vengono riassunte e… e niente, spero che la mia non sia una brutta gestione del tutto. Ho preferito fare meno capitoli e concentrarmi sulle cose che contavano (trentaquattro sono comunque un buon numero XD) e non ammorbarvi con altro. Già i capitoli sono belli lunghi e densi così XD
Detto questo vi mando un forte abbraccio e vi auguro una buonissima continuazione di settimana. Un abbraccio! :***

Capitolo 28: Don’t let the sun go down on me
 
I can’t light no more of your darkness
All my pictures seem to fade to black and white
I’m growing tired and time stands still before me
Frozen here on the ladder of my life

(…) Don't let the sun go down on me
Although I searched myself, it's always someone else I see
I'd just allow a fragment of your life to wander free
But losing everything is like the sun going down on me

 
(Don’t let the sun go down on me – Elton John)
 
 
Stringe appena il pugno, le braccia lungo i fianchi, mentre esce dal portone d’ingresso in legno scuro dell’ennesima casa dopo aver risolto l’ennesimo caso dell’ultimo periodo.
«Grazie, davvero… senza di voi a quest’ora quella bestia mi avrebbe ridotto in brandelli» a ringraziare lui ed Ellie, in piedi al suo fianco con gli occhi fissi rivolti verso il vialetto, è un uomo sui quarantacinque anni, i capelli lunghetti biondicci tirati indietro e un’espressione finalmente serena che gli spiana le rughe intorno agli occhi. Si chiama Evan Hudson e, grazie al loro aiuto, è appena riuscito a scampare all’assalto di cani demoniaci, gli stessi che vengono a sbranarti dopo dieci anni dal tuo patto col diavolo.
Il caso si è trattato proprio di questo: Evan Hudson, come alcuni altri, ha stretto un accordo con un demone dell’incrocio che, dopo dieci anni, ha mandato i propri segugi infernali – delle bestie feroci invisibili a chi non ha stipulato il patto – a riscuotere. L’accordo è semplice: in cambio della tua anima e di dieci anni di vita, hai ciò che desideri. Alla fine, però, paghi la tua scelta a un prezzo altissimo.
 
Sam sorride appena ad Evan Hudson, il più fortunato della lunga lista di avventori del Lloyd’s bar, una vecchia baracca situata su un incrocio in aperta campagna di Greenwood, in Mississippi. Molti altri – un architetto di nome Sean Boyd che si è gettato da un palazzo costruito da lui stesso, un’avvenente dottoressa di nome Silvia Growman e l’aspirante pittore George Darrow – sono stati decisamente più sventurati e sono finiti tutti e tre sbranati dai cani. Evan Hudson, invece, grazie all’aiuto di Sam ed Ellie che sono rimasti con lui durante l’assalto dei segugi e di Dean che è andato all’incrocio designato per giungere a un accordo con il demone che deteneva il suo contratto, è riuscito a sopravvivere.
Mentre gli altri cercavano la fama – la dottoressa desiderava diventare un chirurgo, il pittore ha chiesto il talento e l’architetto era diventato improvvisamente un genio nel campo –, Evan aveva chiesto al demone di salvare la propria moglie, malata di cancro. E mentre Sam, in un certo senso, ha avuto una certa compassione di lui – probabilmente al suo posto avrebbe fatto lo stesso o, almeno, avrebbe cercato di fare di tutto per salvare la propria compagna –, Dean si è un po’ arrabbiato, dicendogli in faccia che era stato un egoista. Poi, però, ha deciso di aiutarlo, andando all’incrocio per evocare il demone. [1]
 
Ellie non ha preso questa sua decisione molto bene. Come Sam, d’altronde, che ha cercato di opporsi perché considerava questa mossa pericolosa, ma Dean non ha sentito ragioni ed è partito come un razzo verso l’incrocio designato. Ancora non si è visto ed è per questo che se ne stanno fuori, per vederlo tornare.
 
Sam ha capito perché Dean ha il dente avvelenato per questa storia: riguarda papà e la sua teoria su come sia scomparso. Dean gliene ha parlato dopo il caso del lago Champlain, quando ha accostato l’Impala ed è sceso come una furia: secondo lui, papà ha fatto un patto con Occhi Gialli, barattando la sua vita in cambio della sua. E quasi sicuramente anche della Colt, che da quel giorno è sparita e non sono più stati in grado di trovarla.  
Sam non può negare di averci pensato. Insomma, fare due più due sarebbe stato semplice anche per il più sprovveduto, ma una parte di lui, in un certo senso, non accettava quest’ipotesi.
Non che non lo credesse possibile. Sa che papà, per quanto gli abbia dimostrato il contrario mentre Dean era in ospedale, avrebbe fatto di tutto per salvare suo fratello, ma non credeva che potesse arrivare a tanto.
Gli è tornato subito alla mente come si è comportato quel giorno: il fatto che l’incantesimo serviva per evocare il demone e non a proteggerli da lui, che era sparito per tutto quel tempo chissà dove, che quando è tornato gli ha chiesto di non litigare… tutto aveva finalmente un senso. Perciò sì, le cose non possono essere andate altrimenti.
 
È rimasto in silenzio quando lui gli ha confessato questo suo sospetto per poi dirgli che non può saperlo con precisione, che magari non è così, ma Dean non è un idiota e sa di avere ragione. Sono troppe le connessioni, troppe le coincidenze. Papà deve aver fatto qualcosa.
Non lo ha detto a Dean alla fine, però. È già abbastanza sconvolto per tutti i sensi di colpa che questo pensiero gli provoca, non voleva dargli il colpo di grazia. Perché, senza ombra di dubbio, è questo che lo ha mandato più in tilt: l’idea di avere una colpa se papà è morto, che si sia sacrificato per lui e questo dev’essere quasi peggio della sua stessa dipartita.
 
Non ha ben capito perché si sia lanciato nel fuoco per aiutare Evan Hudson, però, e questo è ciò che lo spaventa di più. Ha una certa idea: che sia andato di persona per saperne di più su patti e stregonerie simili e, beh, probabilmente anche lui avrebbe fatto lo stesso al suo posto. È chiaro che sta cercando delle risposte e sicuramente un demone che di mestiere incontra gente agli incroci e ci stringe dei patti è la “persona” – se così si può definire – che meglio di tutti può rispondergli.
 
Osserva Ellie, immobile in piedi con gli occhi rivolti all’orizzonte e le braccia strette al petto. Anche per lei non deve essere un buon periodo: ovviamente vive di riflesso tutto ciò che sta capitando a loro. È preoccupata, sia per Dean che per lui a cui, come sempre, le grane non sono mancate nemmeno ultimamente.
 
C’è stato un altro caso, dopo quello del lago Champlain: era in un bagno – uno dei peggiori in cui è mai stato: c’era muffa ovunque – a lavarsi il viso quando ha avuto una visione che li ha portati a Guthrie, in Oklahoma. La visione parlava chiaro: un uomo di colore sulla cinquantina andava a comprare un fucile per poi spararsi un colpo in testa di fronte al commesso, sporcando di sangue il soffitto. Da lì sono partite le loro ricerche e si sono imbattuti in Andy Gallagher, un ragazzo dotato di poteri soprannaturali come lui. A differenza di Sam, lui è in grado di controllare la mente delle persone e “costringerle”, in un certo senso, a fare ciò che gli dice. Era addirittura riuscito a convincere Dean a lasciargli guidare l’Impala, ad esempio, che spesso non fa toccare neanche a lui. Era impressionante l’effetto che aveva sulle persone. Tranne su Sam che, per qualche strano motivo, ne era immune.
 
Il modo in cui sono andate a finire le cose, comunque, lo ha destabilizzato abbastanza: lui, Dean ed Ellie pensavano che ci fosse Andy dietro alla morte del tipo col fucile e di un’altra donna che si era data fuoco, ma la verità è che l’autore dei delitti era Webber, il suo gemello “cattivo”. Era lui a costringere le persone a uccidersi, come il tizio della visione di Sam. A detta sua, in più, era proprio Occhi Gialli, il demone che ha ucciso la mamma, a guidarlo.
Per salvare la loro vita e quella di Tracy, una ragazza con cui era stato insieme per un periodo, Andy ha ucciso il suo gemello, chiudendo col sangue la già lunga catena di morti che ha caratterizzato l’intera vicenda. [2]
 
Tutta questa faccenda l’ha fatto riflettere molto e le domande che gli sono passate per la testa non sono state poche: succederà anche a lui? Passerà al lato oscuro se il demone arriverà a fargli gli occhi dolci? Il male affascinerà anche lui, tanto da indurlo a cambiare squadra, prima o poi?
Non lo sa, non può saperlo ed è questo che lo spaventa maggiormente.
 
Un paio di fari che illuminano il vialetto di casa Hudson lo distraggono da quei pensieri. Si volta a guardare Ellie che osserva quella luce con entusiasmo e speranza, lo sguardo che si illumina ancora di più quando si accorge che è l’Impala ad emanare quel fasci di luce.
Sam sorride appena nel vedere che Dean è finalmente tornato e lei gli corre incontro non appena parcheggia e scende dall’auto tutto intero, abbracciandolo e nascondendo la testa sul suo petto.
Dean, a giudicare dalla sua espressione – tesa, la fronte contratta –, è evidente che sia un po’ in imbarazzo, ma lo è sempre quando lei si mostra carina in pubblico, perciò Sam non ci fa caso più di tanto. Nota di più il fatto che, dopo avergli chiesto se sta bene e aver ricevuto una risposta affermativa, quando Ellie alza il volto e si sporge verso di lui, probabilmente per dargli un bacio, Dean si scosta, dissimulando il tutto stringendo un braccio intorno alla schiena di lei e avviandosi verso Sam ed Evan. È stato qualcosa di quasi impercettibile e, davvero, magari è solo frutto dell’imbarazzo che prova quando si tratta di fare smancerie in pubblico, ma a Sam non è sfuggito. E probabilmente neanche a Ellie, che cammina al suo fianco con un’espressione appena imbronciata sul viso.
 
Sono un po’ strani, ultimamente. O meglio, Dean è strano con lei che, invece, si comporta sempre allo stesso modo, cercando di essere gentile e amorevole nei suoi confronti come sempre. D’altra parte lui è sempre piuttosto scostante, schivo, e Sam è sicuro che la stessa Ellie lo abbia notato. Magari fa finta di nulla per non aumentare i problemi, ma non le è di certo sfuggito. Non sa se glielo ha fatto notare, questo no, ma a giudicare dal modo in cui lo ha guardato quando lui si è scostato da lei, ci è rimasta male. E probabilmente non è neanche la prima volta.
 
Sam non sa nemmeno se Dean l’ha informata della sua teoria riguardo la morte di papà. Forse sì, ma quella volta che ne ha parlato con lui Ellie non è scesa dalla macchina per lasciargli un po’ di privacy – un gesto che gli è rimasto impresso, perché segno lampante del profondo rispetto che Ellie ha nei confronti di Dean e del suo rapporto con Sam – e poi Dean non ne ha più parlato, né da solo con lui né in presenza di Ellie, perciò non ci ha capito nulla.
Sono usciti solo una sera in solitaria e sono tornati piuttosto presto, perciò forse gliene ha parlato in quell’occasione. Sa solo che Dean è strano con lei, ultimamente, e non riesce a comprenderne il motivo.
 
Insomma, Ellie non sarà perfetta, ma a Sam sembra che si stia prodigando parecchio per aiutarlo, che gli stia molto, molto vicino. O almeno che ci provi. Non è facile stare dietro a Dean perché è una persona particolare già nei suoi momenti tranquilli, figuriamoci in un periodo così cupo e angoscioso, ma gli sembra che Ellie stia facendo del suo meglio. Aveva notato già in passato che sapesse come prenderlo nei suoi momenti di nervosismo, come calmarlo e farlo ragionare, perciò probabilmente riuscirà a farsi capire se c’è qualcosa che Dean non ha gradito del suo comportamento. Ne è sicuro, ma… boh, ha la sensazione che ci sia qualcosa che non va. Spera di sbagliarsi, ovviamente: ormai per lui Ellie è diventata parte della famiglia, perciò gli dispiacerebbe se qualcosa dovesse andare storto.
 
Vedere Dean ed Ellie fermarsi ai piedi delle scale del vialetto della casa lo distrae da quei pensieri. Suo fratello punta gli occhi su Evan Hudson «Tutto bene?» che stringe le labbra in una linea sottile e annuisce. Lo guarda «Andiamo?»
Sam fa cenno di sì con la testa e si volta verso Evan che prontamente allunga la mano destra che lui stringe. I suoi occhi sono pieni di riconoscenza «Grazie di tutto, davvero. Mi avete salvato la vita».
 
Ellie stringe le labbra in un piccolo sorriso e lo stesso fa Sam mentre Dean lo liquida ancora più alla svelta, facendo un cenno con la testa per salutarlo per poi voltarsi e dirigersi nuovamente verso l’Impala.
 
Sam lo scruta a fondo: Dean è pensieroso e cupo e l’espressione mesta che ha in faccia e che non riesce a nascondere è un chiaro presagio che c’è una burrasca all’orizzonte. Il demone deve aver detto qualcosa che lo ha impensierito.
In cuor suo, spera che almeno lo condivida con lui ed Ellie perché, visto che sicuramente c’è di mezzo papà, questa storia riguarda entrambi e Sam ha tutto il diritto di sapere di che si tratta.
 
*
 
«È stata colpa mia».
«Di che parli?»
«Papà» aveva i denti affondati nel labbro inferiore, gli occhi bassi e le mani che tremavano «Non penso ci voglia un genio a capirlo: prima ero spacciato, poi poco dopo il mio risveglio lui muore e la Colt sparisce. Fare uno più uno è fin troppo semplice» la lingua sulle labbra e il pomo d’Adamo andava su e giù velocemente, un movimento rapido, sintomo di forte nervosismo «Non so come sono andate esattamente le cose e forse non voglio neanche saperlo. Ma i miracoli non esistono, Ellie, e se io sono vivo è grazie a papà».
 
Deglutisce, gli occhi puntati fuori dal finestrino bagnato da gocce di pioggia che ha deciso di cadere imperterrita sul vetro dell’Impala che sfreccia lungo una strada rettilinea, così nera che se non fosse per i fari accesi non si distinguerebbe nemmeno la linea bianca tra le due carreggiate. È notte fonda e fuori c’è un temporale, di quelli che non si placano finché la pioggia battente non ha quasi allagato le strade, e non c’è un lampione. L’unica fonte di luce è qualche lampo che illumina il cielo ogni tanto. Sembra di essere finiti in un enorme buco nero.
 
Ellie, il pugno sinistro chiuso sotto la guancia e il braccio a sostenerle la testa, osserva la pioggia cadere sul finestrino, ma sarebbe più opportuno dire che fissa il vuoto, tanto è il buio che c’è fuori.
Non che una bella visuale l’avrebbe distratta dalla nuvola di pensieri che le occupa la testa. È così da quando Dean le ha parlato.
 
È successo un paio di settimane fa. Dean era strano – anche se ultimamente lo è sempre – e, quando le ha chiesto di andare a fare un giro con la macchina, Ellie ha acconsentito senza pensarci due volte, anche perché era un sacco che non stavano da soli e si è detta contenta della sua iniziativa.
Pensava, ingenuamente, che sarebbe stata una di quelle serate in cui lui aveva voglia di stare insieme nel senso più intimo del termine. Le sembrava strano, ma visto che ultimamente non capisce quasi mai cosa gli passa per la testa, era un’opzione più che plausibile, soprattutto dopo il discorso che le ha fatto quella volta, a Burlington. Invece le voleva parlare di come è morto John e, se possibile, questo l’ha lusingata ancora di più. È bello sentirsi desiderati, per carità, ma in una situazione tanto delicata, Ellie ha preferito mille volte un confronto verbale al sesso. È sicuramente molto più utile. Per lei, almeno, per Dean non l’ha capito, ma è comunque contenta che abbia deciso di aprirsi e parlargliene.
 
Era arrivata alla stessa conclusione, quando John è morto. La coincidenza era troppo precisa, troppo strana e sospettava che John Winchester avesse fatto qualcosa di inconsulto per salvare il figlio in fin di vita.
In un certo senso, non lo trova nemmeno così “anormale”: anche la sua mamma lo avrebbe fatto per lei, in una situazione simile. Ci metterebbe la mano sul fuoco. Questo non lo rende giusto e infatti può comprendere lo stato d’animo di Dean, che è a dir poco distrutto – anche se, come al solito, cerca di fare il possibile per non ammetterlo e soprattutto per non darlo a vedere.
 
Mentre le raccontava questa cosa, non l’ha guardata mai negli occhi. Nella penombra dell’abitacolo dell’Impala, Ellie poteva scorgere le sue mani tremare, ma non ha potuto incrociare il suo sguardo. Le sue parole, oltretutto, erano fredde, misurate: era come se si stesse sforzando a non lasciarsi troppo andare, a tenere a freno le emozioni che sentiva dentro. Una cosa non così nuova, per Ellie, ma non aveva mai la sensazione così netta che si stesse trattenendo.
 
Ha cercato di essere il più delicata possibile nel dirgli il suo pensiero. Non ha negato che ci aveva pensato anche lei – nonostante avrebbe tanto voluto, ma non voleva assolutamente prenderlo in giro; avrebbe sminuito la fiducia che lui le stava donando raccontandole qualcosa di tanto intimo –, ma ha cercato di parlargli con delicatezza, dicendogli che, se John ha fatto una scelta del genere, il suo è stato un gesto da padre.
 
«Probabilmente qualsiasi genitore lo avrebbe fatto al posto suo se ne avesse avuto l’occasione, Dean. La tua situazione era parecchio complicata, tu… tu stavi molto, molto male e forse non ha visto altra via d’uscita. John non mi dava l’idea di uno che riponeva la sua fiducia nei dottori e nella medicina. Sicuramente ha preferito fare a modo suo».
 
Dean non ha risposto a quelle parole. Non l’ha guardata neanche. Ha fatto un lungo sospiro, si è passato una mano sulla bocca e ha aggiunto solamente «Peccato che non potrò mai chiederglielo».
 
Quella sera non sono rimasti a dormire nell’Impala e, quando sono tornati al motel dove alloggiavano, era tardi e Sam probabilmente dormiva da un pezzo. Ellie ha stretto forte Dean sotto le coperte, cercando di infondergli più calore e comprensione possibile. Ancora oggi si chiede se ci sia riuscita.
 
Dean si è tenuto dentro questo malloppo per tantissimo tempo. Ellie è convinta che ne avesse parlato con Sam, quella volta che si sono chiariti dopo il caso sul lago Champlain, ma è passato un mese e mezzo da quel giorno e con lei si è deciso a parlare solo poco tempo fa.
Non gliene fa una colpa, anzi. È più che giusto che ne parli con suo fratello: John era il padre di entrambi e, se c’è qualcosa da affrontare, è buona cosa farlo insieme. Lei, quando si tratta di queste faccende familiari, viene dopo.
Certo, sicuramente non le sarebbe dispiaciuto scoprire un po’ prima cosa gli frullasse per la testa, ma ha cercato di non fargli nessuna pressione: non le avrebbe detto nulla nemmeno in un momento tranquillo, se avesse insistito, figuriamoci in uno così. Per questo ha deciso di aspettare che Dean facesse il primo passo e il tempo, per fortuna, le ha dato ragione.
 
Anche Sam ha subito un bello strattone, a parte la morte del padre. Infatti, dopo il caso del lago e un altro dove hanno dovuto sporcarsi le mani – si trattava di un lupo mannaro piuttosto incazzato col mondo –, si sono imbattuti in un ragazzo come lui e quello che è venuto fuori – ovvero che è stato costretto a far fuori il gemello per salvarli, facendo uscire il suo “lato oscuro” – lo ha scosso non poco. Una cosa così avrebbe fatto riflettere chiunque, a maggior ragione lui che, chiaramente, ha subito pensato che potrebbe capitargli la stessa sorte.
 
Dean l’ha rincuorato – o almeno ci ha provato –, dicendogli che a lui non accadrà e che non deve preoccuparsi, ma qualcosa le dice che Sam non ne era molto convinto.
 
Dopo tutto questo trambusto, si sono fermati per un paio di settimane da Bobby, per riprendere un po’ di fiato.
Sia Dean che Sam, nonostante la preoccupazione, si ostinano a nascondere al vecchio brontolone ciò che sta accadendo al più piccolo, ma Ellie non ha fatto domande, sebbene non ne capisca il motivo – in fondo, Bobby è uno di famiglia, se sapesse probabilmente troverebbe un modo efficace per aiutarli, o comunque ci proverebbe. Non vuole intromettersi in una cosa tanto delicata per Sam a meno che non venga interpellata. Non vuole essere invadente. Nel caso in cui le chiedano qualcosa, sicuramente dirà ciò che pensa, altrimenti preferisce farsi gli affari suoi.
 
È piuttosto sicura che Bobby si sia accorto che ci fosse qualcosa di strano. Non ci voleva di certo un genio a capirlo: Sam era abbastanza silenzioso, perso nei suoi pensieri e, nonostante cercasse di comportarsi normalmente, era alquanto evidente che non fosse il solito Sam, quello propositivo e attivo che vuole fare ricerche e documentarsi, che scherza con suo fratello e si lascia deridere per cose stupide. Bobby, però, non ha chiesto niente né a lei né a loro, quindi è rimasta in silenzio, proprio come si era prefissata di fare.
 
Ellie, in quei giorni, ne ha approfittato per fare una piccola cernita e lasciare lì un po’ di cose. Quelle estive, almeno, che adesso di certo non le servono. Nella stanza in più che gli lascia sempre, c’è un armadio spazioso praticamente vuoto, così, dopo aver chiesto il permesso a Bobby – che glielo ha dato brontolando che poteva fare ciò che voleva senza domandargli nulla –, si è messa all’opera e ha fatto parecchio spazio nel borsone. Ha anche lasciato un po’ di libri, così da portarsi dietro meno peso.
 
Nemmeno in quell’occasione Dean si era deciso a vuotare il sacco su ciò che lo stesse preoccupando. Le sere che hanno passato in quella che ormai quando vanno lì considerano la “loro” stanza sono state abbastanza tranquille: hanno parlato poco – Dean non ne aveva mai una grande voglia e se c’era qualcuno che voleva chiacchierare quella era sempre Ellie che cercava di allentare la tensione a modo suo – e si sono sempre addormentati in tempi più o meno brevi.
Non sono più stati insieme nel senso più intimo del termine e a Ellie non è dispiaciuto: meglio aspettare un po’ che affrettare le cose.
Solo una volta sono stati svegli un po’ più a lungo: Ellie aveva voglia di tenerezza e ha provato a coinvolgerlo, dicendosi che non sarebbe rimasta male se a lui non fosse andato. Invece, con sua grande sorpresa, Dean era della stessa idea e ha preso a baciarla e accarezzarla in punti più o meno sensibili. Con le sue mani sotto la maglietta colorata che porta sempre per dormire, Ellie si è sentita a casa dopo tanto tempo. È vero, lei in primis ci ha messo tanto tempo per concedersi dopo che papà era morto, ma in lei c’era anche la paura che Dean scoprisse quella sua cicatrice, il segreto più oscuro e profondo che si portava dentro. Per lui, invece, è diverso: è come se non riuscisse a controllare la rabbia, come se ne fosse schiavo e tutta quella che porta dentro uscisse fuori in questi momenti. Quando è sceso più in basso, prima di infilarle le dita nelle mutandine l’ha guardata negli occhi, chiedendo tacitamente un consenso che Ellie gli ha donato annuendo, le braccia intorno al suo collo e il cuore che batteva a mille nel petto. Poi lei ha fatto lo stesso, lasciando scivolare una mano dentro i suoi boxer. E Dean è stato così delicato e dolce, proprio come Ellie lo aveva sempre conosciuto tra le lenzuola, che non le è importato se si sono fermati lì, se dopo essersi dedicati l’uno all’altra non hanno fatto sesso nel senso più completo del termine, se si sono comportati come due ragazzini vergini che hanno paura di andare oltre. Ciò che le è importato di più è che sono riusciti a sentirsi, a stare vicini come non gli capitava da un po’.
Probabilmente è stata la cosa più bella dell’ultimo mese e mezzo. L’unica.
 
Per il resto, Dean è sempre molto scostante, soprattutto con lei: è schivo, poco incline al dialogo, men che meno ai sorrisi e alle smancerie. Ellie lo sente distante – tutto il contrario di com’era quella sera –, lontano come non era mai stato e si chiede se in qualche modo sia colpa sua o se dipenda solo da ciò che è accaduto a suo padre. Ovviamente spera che la verità sia la seconda, ma qualcosa le dice che, in parte, per qualche motivo Dean ce l’ha anche con lei. Solo che non ne comprende il motivo.
 
Lo osserva adesso, le sue mani rigide e tese sul volante e gli occhi fissi sulla strada. I tergicristalli fanno avanti e indietro sul vetro in un movimento quasi ipnotico mentre Sam, alla destra del fratello come sempre, lo scruta di tanto in tanto, come se lo tenesse d’occhio. Probabilmente ha qualcosa da dirgli.
«Qualcosa non va?» è proprio la voce di Sam a irrompere nel silenzio dell’abitacolo altrimenti spezzato solo dal brusio di sottofondo della radio che canta. La previsione di Ellie, a quanto pare, era giusta.
 
Dean stringe le spalle. A giudicare da quanto ci sta mettendo a rispondere, probabilmente vorrebbe negarlo. Ellie lo osserva inspirare col naso e trattenere il respiro per qualche istante prima di sbuffare sonoramente. Non sembra avere tanta voglia di dire cos’è successo ma sa che, quando fa così, è perché vuole sputare il rospo. È uno dei poteri di Sam: farlo parlare anche quando non ne ha intenzione. Per fortuna anche Ellie riesce a farne buon uso, ogni tanto, altrimenti con un tipo silenzioso come Dean sarebbe spacciata e destinata al silenzio perenne o quasi.
 
Si passa una mano sulla bocca. Non è un buon segno «Ho fatto due chiacchiere con quella demone. O meglio, lei si è dilungata a chiacchierare con me. E mi ha detto un paio di cose che quasi quasi era meglio non sapere». Ellie allarga gli occhi e si sporge in avanti, le mani a stringere la pelle dei sedili anteriori, mentre Sam, immobile sul posto, volta il viso verso il fratello, restando tutt’orecchie. «Mi ha detto che è tutto vero. Quello che pensavo su papà, intendo: è vero che ha fatto un patto per salvarmi. Che si è sacrificato per me e che… che poteva farlo tornare, se avessi voluto» Sam spalanca gli occhi ed Ellie fa altrettanto, stringendo più forte la pelle del sedile tra le dita. «Avrei solo dovuto fare la stessa cosa: un patto con lei. In cambio, mi avrebbe dato dieci anni. Con voi e papà» Dean deglutisce, gli occhi fissi sulla strada. «Io sono… sono riuscito a imprigionarla con una trappola per i demoni e ho chiesto la liberazione di Evan dal patto in cambio della sua. Alla fine lei ha accettato. Prima di… prima di lasciare il corpo di quella ragazza, mi ha detto che papà è all’Inferno e che avevo… avevo sbagliato terribilmente a lasciarlo laggiù».
 
Immediatamente cala il silenzio, denso di malinconia e consapevolezza. Lo sapevano, lo sapevano tutti e tre che era andata così, ma averne la certezza è tutta un’altra storia. Ellie può solo immaginare quanto questo pensiero faccia male a Dean.
 
È Sam a parlare per primo. «I demoni fingono sempre, lo sappiamo. Forse stava mentendo».
Dean sorride amaro, una smorfia appena accennata. «Andiamo» lancia un’occhiata al fratello «Lo pensi davvero?» a quelle parole, Sam abbassa gli occhi; è chiaro che lo sta dicendo solo per non farlo stare male. «Come ha potuto farlo».
«L’ha fatto per te».
«Appunto» Sam si volta a guardarlo «Come posso vivere sapendolo?» Dean scuote appena la testa, gli occhi fissi sulla strada. «Il pensiero di lui, ovunque sia adesso… ha passato tutta la sua vita a cercare quel figlio di puttana… sarebbe dovuto morire lottando. Doveva essere questo il suo lascito. Non accordarsi con lui… non così».
È Sam a parlare ancora «Quante persone avrà salvato papà, in tutto?»
«Non è questo il punto».
Sam punta gli occhi verso di lui «Evan Hudson è al sicuro grazie a quello che ci ha insegnato. Questo è il suo lascito, Dean. Noi siamo ancora qui, quindi dobbiamo andare avanti. Per lui».
 
Ellie espira forte, i denti a torturare il labbro inferiore. Sam ha ragione: per un cacciatore come John, che ha sempre messo la vita delle persone da salvare al primo posto, il fatto che loro continuino la sua strada è più importante di tutto. Il problema è che Dean, al momento, non la vede così. E forse Ellie al posto suo farebbe lo stesso, perciò non può dargli tutti i torti.
Come le accade spesso ultimamente, preferisce rimanere in silenzio. È una cosa che riguarda John e la loro famiglia, non vuole immischiarsi.
 
Sam rimane un attimo in silenzio, poi abbassa gli occhi prima di guardarlo di nuovo. «Senti… » si prende un momento prima di continuare «Mentre stavi intrappolando quel demone non eri… » si lecca le labbra «Insomma, era tutto un trucco, vero? Non hai mai pensato di fare un vero… accordo, giusto?» [3]
 
Lo sguardo di Sam è carico di speranze e anche Ellie rimane in ascolto, tremendamente interessata alla risposta di Dean che, però, non arriva. Lo osserva voltare leggermente la testa di lato e rimanere in silenzio per una buona manciata di istanti per poi allungare la mano destra verso la manopola della radio e alzare il volume, mettendo una delle sue amate canzoni hard rock a tutto volume.
 
Questa risposta è più eloquente di mille parole ed Ellie rimane un attimo gelata, cercando di capacitarsi di quello che Dean ha appena “non” detto. Anche Sam è rimasto interdetto: Ellie fa in tempo a vedere le sue labbra leggermente schiuse e i suoi occhi spalancati prima che volti appena la testa verso la strada, in silenzio.
 
Lei indietreggia, poggiando la schiena sul sedile posteriore dell’Impala, gli occhi fissi su un punto invisibile. Può capire il dolore, la difficoltà di andare avanti con la propria vita con un pensiero simile in testa che, unito a quello di non avere più il proprio padre accanto, dev’essere terrificante, ma questo no. L’idea di morire e sacrificarsi per riportarlo indietro non può comprenderla.
C’è passata con papà. Sa bene cosa voglia dire averlo accanto un secondo prima in forze e quello dopo trovarlo a terra privo di vita. Sa che è destabilizzante ed è un dolore terribile, atroce, ma non ha mai pensato di riportarlo indietro o di sacrificarsi lei per farlo. Nemmeno una volta. E questo le fa profondamente rabbia. Perché Dean sarebbe pronto a buttarsi nel fuoco senza riflettere su cosa ne pensano gli altri, a come starebbero se lui lo facesse. E questo lo trova intollerabile.
 
Rimane in silenzio per tutto il resto del tragitto, che dura all’incirca un’oretta.
Dopo la risoluzione di un caso, come al solito, è meglio spostarsi da lì e si fermano solo quando Dean si dichiara troppo stanco per continuare a guidare. Decidono dunque di sostare in un motel lungo la strada che porta a Yazoo City, collocata a sud di Greenwood.
 
La stanza, situata al primo piano, non è meglio di altre in quanto a pulizia e igiene – c’è un odore di sigarette che stenderebbe chiunque –, ma almeno è spaziosa: a sinistra, proprio all’angolo, c’è un tavolo di plastica con quattro sedie e sulla destra, addossati al muro, i due letti matrimoniali; in fondo una finestra con delle tende color bianco sporco e alla sua destra, accanto a una porta che dovrebbe portare al bagno, un armadio di legno chiaro, piccolo e con un’anta quasi a penzoloni. Di fronte alla porta d’ingresso, proprio sotto alla finestra, un divano malconcio con un copridivano dai colori un po’ nauseanti – si passa dall’arancione al giallo ocra al verde rancido, in un guazzabuglio senza senso – mentre le pareti sono tinteggiate di un giallino smorto. Hanno dormito in stanze peggiori, per carità, ma anche in altre un po’ più decenti.
 
Poggiano i bagagli accanto alla porta e vanno in bagno a turno, come ogni volta. Vorrebbero farsi una doccia ma sono esausti – sono quasi le quattro del mattino e le giornate precedenti non sono state tanto leggere –, perciò l’idea è quella di lavarsi velocemente a turno – come fanno sempre in queste situazioni – e mettersi a dormire per almeno otto ore filate.
 
Ellie posa il suo borsone sopra il divano e ne tira fuori l’occorrente – la maglietta con lo scoiattolo, i pantaloncini gialli che Dean odia tanto e un paio di calzini; stanotte farà freddo – e il beauty case dove tiene tutte le cose del bagno. Lo appoggia sul divano in attesa del suo turno – adesso è quello di Sam – e si dirige verso l’armadio. Ne apre l’anta sana e vi trova quello di cui aveva bisogno: una coperta. È slavata, di un colore simile alla cacca, ma è ciò che le serviva per stanotte. È novembre inoltrato e comincia a fare abbastanza freddo, soprattutto di sera.
Prende la coperta e la poggia sul divano per poi togliervi anche il borsone e metterlo a terra lì accanto. Poi una mano le accarezza un fianco e si volta, trovando Dean a guardarla, uno sguardo smorto e un’espressione mortificata in viso.
«Vieni a dormire?»
 
Ellie sa benissimo che, se si lasciasse andare alla pietà, gli risponderebbe di sì senza pensarci due volte. Ma stasera non le sta bene, perché deve fargli capire in un modo o nell’altro che il suo era un pensiero sbagliato, che non può buttare la sua vita così.
 
Lo guarda accigliata «No. Stasera dormo sul divano». Dean aggrotta la fronte, ma Ellie non gli dà nemmeno il tempo di parlare. Si scosta appena, schivando la sua presa «Non mi è piaciuto quello che hai detto in macchina, prima. Che avresti fatto quel patto. Cioè, non l’hai detto proprio espressamente, ma non ci voleva un genio a capire e non… non mi piace. Non mi piace che tu voglia buttarti via così».
«Buttarmi via?»
«Come lo chiami darti in pasto a un cane rognoso? Io e Sam lo abbiamo visto, stasera da Evan Hudson. [4] È stato terribile, io—»
L’espressione sul viso di Dean diventa più dura, cupa. «Non l’ho fatto, quel patto. E comunque ci avremmo pensato tra dieci anni».
«Che ti sembrano lunghi, adesso, ma non lo sono».
Dean si passa la lingua sulle labbra e sbuffa, nervoso. «Non capisco di che ti preoccupi. Ti ho detto che non ho fatto nessun patto».
«Mi preoccupa che hai pensato di farlo. Che hai pensato di… di gettare la tua vita nel cesso e che potresti pensarci ancora».
Dean si allontana di un paio di passi, sorridendo amaro. «Sarei morto, se non fosse per papà. Ci ho già guadagnato».
«E vuoi disfarti del dono che ti ha fatto così?» lo guarda intensamente, cercando di fargli comprendere il suo punto di vista. «Lo so che è dura e che è doloroso, soprattutto se vieni a conoscenza di una cosa simile, ma non per questo—»
Dean non la lascia nemmeno finire: alza una mano per fermarla e scuote la testa. «No, tu non capisci».
 
Ellie allarga gli occhi, sbalordita da quelle parole. Può comprendere la rabbia, il dolore e il fatto che la consapevolezza di una cosa così gli faccia un male cane, ma non questo.
 
Sente la rabbia scorrere nelle vene come un fiume in piena, uno che proprio non può arginare. «Ah, è così? Vorrei ricordarti che ho seppellito mio padre più o meno sei mesi fa. Ho bruciato i suoi resti da sola in un maledetto campo» lo guarda stringere gli occhi, ma non lo fa parlare. Ha i piedi piantati a terra e le mani strette a pugno e non si è mai sentita tanto incompresa «I miei genitori sono morti e quando è successo ho dovuto affrontare tutto da sola» si rende conto che sta urlando, ma non le importa. «Tu hai me e tuo fratello. E nonostante questo vuoi buttarti via così».
 
Dean la osserva perplesso, la fronte aggrottata e gli occhi socchiusi, come se non si fosse reso davvero conto di ciò che ha detto fino a che lei non ha ribattuto in questo modo. Ma Ellie è stanca di tutto questo, di stargli vicino nel modo più gentile possibile e di venire trattata a pesci in faccia. È davvero, davvero stanca.
 
Lui scuote la testa «Senti, perché non… perché non ne parliamo domani? Siamo stanchi e io non volevo dire che—»
«Non ha importanza ciò che volevi o non volevi dirmi. Conta quello che hai detto».
«Ok, ma ora andiamo a dormire. Domani—»
«Io ci vado da sola» si volta per prendere il suo beauty case e lo stringe sottobraccio. È sicura che Sam stia tardando a uscire dal bagno perché ha sentito tutto, ma Ellie è stanca anche di discutere e vuole andare a dormire. «Tanto non ho paura dei mostri e poi devo abituarmi, visto che tu vuoi farti ammazzare».
Dean sbuffa aria dal naso, così forte che Ellie riesce a sentirlo anche se non lo guarda in faccia «Io non voglio suicidarmi!»
Si volta verso di lui «Ah no? Farti sbranare dai cani cosa pensi che sia? Una festa? Non so se a tuo fratello sta bene, non m’interessa, ma a me no. E visto che non ti capisco tanto vale che me ne sto da sola».
 
Non aspetta nemmeno che lui dica qualcosa; si gira e si dirige verso la porta del bagno, i passi svelti e decisi. Bussa forte e Sam apre qualche istante dopo con in mano la sua roba. Sicuramente, non è uscito perché ha sentito che stavano discutendo e non voleva impicciarsi, ma Ellie avrebbe continuato a dire il suo pensiero anche con lui presente. Ormai Sam dovrebbe saperlo: se è arrabbiata, dice ciò che pensa anche con i testimoni. Ha poca rilevanza chi c’è nella stanza, l’unica cosa che conta è che il diretto interessato sia all’ascolto.
 
Lo supera senza guardarlo negli occhi e si chiude la porta del bagno alle spalle, appoggiandocisi poi con la schiena. Anche il bagno è uno schifo – è piccolo, il water è praticamente appiccicato alla doccia e lo specchio sopra il lavandino è scheggiato in più punti –, ma ha vissuto in condizioni peggiori. Ciò che la preoccupa decisamente di più è che la convivenza, in questi giorni che si presentano lunghi e burrascosi, sarà piuttosto difficile. E affrontare notti insonni a rimuginare su troppe cose non sarà una passeggiata.
 
*
 
«Però, hai un letto davvero piccolo».
«Infatti l’abbiamo appena fatto sul pavimento». Lo guarda ridere mentre si accoccola di più tra le sue braccia. La testa appoggiata sul suo petto, Ellie allunga un po’ il braccio sinistro per stringergli la vita mentre Dean le dà un pizzicotto su un fianco, facendola sorridere ancora. Effettivamente, il letto dove sono sdraiati è singolo, per questo è molto piccolo per starci in due. «Quando mi capitava di dormire da Ben, avevamo lo stesso problema: il suo letto era strettissimo» evita lo sguardo di Dean, trovando improvvisamente più interessante disegnargli un fiore sul petto «Ma… beh, io conoscevo casa sua a menadito. Tu pensavo ti spingessi almeno oltre la cucina».
«Infatti sono arrivato in camera da letto».
Ellie gli dà una manata, facendolo ridere di nuovo «Sì, ma non ho fatto in tempo a farti vedere nulla che mi sei saltato addosso».
«Mi premeva di più vedere qualcos’altro» alza gli occhi e lo sguardo di Dean luccica, carico di desiderio, mentre un sorriso sornione gli si disegna sulle labbra. Ellie non finirà mai di stupirsi del costante desiderio che prova per lei. È qualcosa che la spiazza sempre. Lo guarda allungarsi per darle un bacio veloce, a fior di labbra, prima di accarezzarle il viso con la mano destra. «Hai tempo per farmi vedere casa tua».
«Quanto ti fermi?»
«Un paio di giorni, credo».
Ellie arriccia le labbra in una smorfia imbronciata «Troppo poco».
Dean stringe le spalle «Lo so, ma è meglio di niente, no?» le accarezza ancora il viso «Avevo tanta voglia di vederti».
Ellie sorride «Anche tu mi sei mancato» e non fa in tempo ad allungarsi verso di lui che un suono lontano cattura la sua attenzione, facendole voltare il viso verso destra.
 
Apre gli occhi e lo scenario che gli si para di fronte è totalmente diverso da quello che aveva davanti qualche secondo fa: è stesa sul divano della stanza di motel in cui vivono da qualche giorno, da sola, coperta con un misero plaid. Sbuffa aria dal naso, portandosi una mano sulla fronte e scostando i capelli verso destra.
 
Ha fin troppo chiaro ciò che ha appena sognato: lei e Dean nella sua stanza del suo appartamento a Buckley.
Le era già capitato di fare un sogno simile: una volta quando avevano discusso, i primi giorni in cui stava in quel posto da sola; un’altra volta subito dopo che avevano fatto pace e un’altra ancora prima di andare a trovare Janis ad agosto. Per tanti mesi ha considerato quella come casa sua, perciò forse le viene facile associarla nel sonno a Dean.
Quando sono stati a Buckley glielo ha fatto vedere solo dall’esterno – era già stato riaffittato –, invece nei suoi sogni lui entra sempre all’interno e lo scruta più o meno velocemente. La prima volta ha sognato che bussava alla sua porta con in mano sei lattine di birra, un girasole e un’espressione in faccia che urlava da tutti i pori ti prego perdonami. [5] Un po’ troppo sdolcinato, forse, e sicuramente poco realistico – soprattutto considerando che Dean non è affatto un tipo da mazzo di fiori –, ma tant’è. Un’altra volta, invece, l’aveva sognato accanto alla finestra vicino a Mufasa. Altro evento improbabile, visto che è allergico al pelo dei gatti. E stavolta gli apriva la porta, accogliendolo con un sorriso e non faceva in tempo a mostrargli nemmeno la cucina, tanta era la sua fretta di fare l’amore. Una fretta tale da farli sdraiare sul pavimento.
 
La realtà, però, è completamente differente: oggi è già il quinto giorno che non si parlano. Ellie è rimasta a dormire sul divano da che hanno discusso, sopportando meglio il fatto che è tutto meno che comodo con quel paio di molle che escono dalla fodera e quel plaid che non scalda nulla piuttosto che dormire con Dean e dargli l’idea di averlo perdonato.
Perché è questo il punto: quello che ha fatto arrabbiare Ellie non è che lui abbia pensato di fare quel patto, perché, alla fine, è in qualche modo comprensibile visto l’attaccamento che aveva al padre e quanto soffre perché lui sia vivo al suo posto. Quello che le dà fastidio è che lo avrebbe fatto senza pensare alle conseguenze, senza valutare il grandissimo dono che John gli ha fatto sacrificandosi e senza minimamente ragionare su come l’avrebbero presa lei e Sam. È questo a farla infuriare. Sapere, poi, che non si sente compreso è stata la ciliegina sulla torta. Anche se lo ha detto in un momento di rabbia – e questo Ellie potrebbe capirlo benissimo: anche lei dice tante cose che non pensa quando si arrabbia –, le ha fatto molto male sentirselo dire. Per questo non sta cercando in nessun modo di fare pace, perché deve essere lui a fare il primo passo stavolta.
 
C’è rimasto male che lei se la sia presa così tanto. Deve imparare a pesare le parole, però, perché Ellie ce la sta mettendo tutta per stargli vicino e dargli conforto e, da quello che le ha detto, ciò che risulta è tutto il contrario. In più, poi, a lei è sempre sembrato l’opposto e, anzi, il fatto che lei si sforzasse di comprenderlo e ci riuscisse – per quanto talvolta fosse davvero difficile – è stato fin dall’inizio una base del loro stare insieme. 
 
Ancora non ha fatto un passo verso di lei, ma Ellie ha capito che questo distacco gli pesa. Un po’ anche per abitudine, probabilmente, visto che da che si sono messi insieme non hanno mai dormito separati, ma anche perché – o almeno Ellie lo spera – gli dispiace di questa situazione. Magari non sa come chiederle scusa o… o forse non vuole. Questo ancora non l’ha capito, a dire la verità.
 
Ciò che ha compreso è che Dean non sta bene. Glielo legge in faccia: lo intuisce quando la guarda di sottecchi mentre parla con Sam o mentre la osserva leggere un libro con lo sguardo smarrito e arrabbiato di un cucciolo abbandonato. E vorrebbe passarci sopra, davvero, ma è troppo presto, perché non ha smaltito nemmeno un po’ la rabbia che sente addosso al solo pensiero che avrebbe preferito morire, dare la sua preziosa esistenza in pasto a un demone piuttosto che vivere e affrontare la vita giorno per giorno.
 
Ellie ha avuto a che fare spesso con la morte negli ultimi anni: ha visto sua madre spegnersi come una candela in pieno inverno di fronte a una finestra aperta e la vita di suo padre venire stracciata da un colpo di artigli affilati. Entrambi, però, sono morti senza volerlo. Non l’hanno cercata. Non come Dean, che talvolta sembra provare piacere nel farsi del male nei modi peggiori.
 
Ci ha pensato spesso nelle ultime notti, quando si ritrova a fissare il soffitto senza riuscire a prendere sonno. Perché, anche se cerca di mantenere il punto con tanto orgoglio, Dean le manca. Le manca nel senso più completo del termine, perché vederlo ogni giorno e non parlargli e non stringerlo in nessun modo è snervante.
Per questo non riesce a dormire. Perché pensa a quello che è successo, al modo brutto in cui gli ha detto ciò che pensava e, anche se non si pente di averlo fatto, non riesce a non starci male. Era da tanto che non litigavano più in quel modo feroce, che non sentiva la rabbia accendersi dentro come una fiamma e brillare furiosa.
Al contempo, però, non vuole fare il primo passo. Non vuole essere lei a scusarsi, perché sa di non doverlo fare. Non stavolta. Nonostante tutto vorrebbe che fosse tutto a posto, perché le manca sentire Dean vicino, svegliarsi la mattina e trovarlo accanto, le mancano le sue carezze e il modo in cui la guarda, con quella scintilla in fondo agli occhi e quel modo apprensivo e dolce. Per questo spera che si sbrighi, che si faccia un esame di coscienza e rimetta le cose a posto.
 
La notte spesso e volentieri lo sente rigirarsi nel letto, come se non riuscisse ad addormentarsi e lo prenderebbe a schiaffi perché potrebbe venire da lei e dirle qualcosa, invece che stare lì a rimuginare su ciò che lo fa stare male. È stupido. Poi si dice che lei sta facendo lo stesso e che se non tenesse il punto sarebbe tutto più semplice, ma non ha intenzione di mollare.
Una sera è uscito dopo che hanno cenato, da solo. È tornato un paio d’ore dopo e si vedeva da lontano un chilometro che era piuttosto sbronzo. Non ha detto nulla: è andato in bagno e poco dopo si è ficcato a letto, ignorando le domande di Sam sul suo umore e sul che avesse combinato – era chiaro come il sole anche a lui, evidentemente – e buttandosi sotto alle coperte da cui è emerso il mattino dopo anche piuttosto tardi. Ellie vorrebbe tanto sapere che gli passa per la testa.
 
Si stropiccia gli occhi e si tira su mettendosi seduta e lasciando uscire un piccolo sbuffo dalle labbra. Alzarsi è peggio ogni mattina, considerando che dorme poco e male.
Oggi è il suo turno di andare a prendere la colazione ed è evidente perché Sam, che di solito si sveglia l’ultimo secondo e scatta come una molla dal letto per non fare tardi, è ancora girato verso il muro e dorme come un sasso, entrambe le braccia intorno al cuscino. Dean, invece, è sveglio, gli occhi spalancati rivolti al soffitto e le mani intrecciate in grembo. A giudicare dalla sua espressione, sembra che stia ragionando sul senso della vita o qualcosa del genere.
Quando si accorge che è sveglia, si volta verso di lei e la guarda negli occhi, come se non si aspettasse che si alzasse tanto presto. Forse non si è accorto di che ora è, o forse è in quella posizione da talmente tanto tempo che non si è reso conto del tempo che è passato.
Lo guarda stringere le labbra in una linea sottile «Ciao» ed Ellie risponde con un cenno della testa, scostando la coperta per poi alzarsi dal divano. Raggiunge l’armadio dove ha messo buona parte dei suoi vestiti e prende un paio di jeans e un maglioncino celeste. La mattina fa piuttosto freddo qui.
 
Raggiunge il bagno e, dopo essersi sciacquata il viso, si veste. Prima di uscire, si guarda allo specchio; si avvicina e si passa due dita sotto gli occhi: ha un paio di occhiaie tremendamente vistose. Sbuffa aria dal naso e si decide a truccarsi un po’, almeno oggi. Non tanto per chi la vedrà a prendere la colazione – di cui, francamente, non gliene frega proprio nulla –, ma piuttosto per non far preoccupare Sam e non dare da pensare a Dean che capirebbe ciò che combina la notte. Non vuole dargli questa soddisfazione.
Apre la porta per andare a prendere l’astuccio dei trucchi – anch’esso ficcato nell’armadio – e si trova davanti Dean che la guarda un po’ imbarazzato. Anche lui ha un paio di vistose occhiaie – e, a quanto pare, lei non riuscirà a nascondergli le sue – sotto gli occhi e la barba lunga di almeno quattro o cinque giorni, se non di più.
Stringe le labbra in una linea sottile «Posso… posso entrare?» e lei fa spallucce «Sì. Io ho quasi finito».
 
Si scosta e lo fa passare per poi andare a prendere la sua roba. È sicura che Dean stesse per bussare o che, comunque, sia lì per dirle qualcosa. Non è solito dividere il bagno con lei, a maggior ragione quando c’è anche Sam, perciò probabilmente vuole parlarle in un posto dove suo fratello non possa sentirlo. E magari per non svegliarlo, ma questo crede che sia il minore dei suoi problemi. Spera almeno che abbia buone intenzioni.
 
Ne approfitta per mettere le scarpe – il suo caro paio di Converse – e rientra in bagno chiudendosi la porta alle spalle. Lo trova seduto sul water, le mani sulle ginocchia e gli occhi stanchi. Indossa una delle sue magliette a maniche corte grigio topo e un paio di boxer neri e, nonostante l’aria sbattuta e assonnata, è comunque una bella visione per Ellie, che cerca di concentrarsi sul trucco e distrarsi il meno possibile.
 
Comincia a mettere il correttore mentre attende che Dean le dica qualcosa; deve aspettare qualche secondo prima che lo faccia. «Ti… ti sei svegliata presto, stamattina».
Ellie si guarda oltre le crepe dello specchio e sfuma il prodotto marroncino chiaro con le dita «Potrei dirti la stessa cosa». È di questo che ha intenzione di parlare? Dei miei orari giornalieri? «E poi è il mio turno per la colazione».
«Ah, già. Me ne ero dimenticato». Suona buffo detto da quello che non ricorda mai quando tocca a lui. Ellie proprio non capisce perché sta portando avanti questo stupido teatrino, davvero. Se vuole dirle qualcosa perché non lo fa e basta? Si spalma il fondotinta sul viso e osserva il risultato: il peggio è nascosto, proprio come voleva. Lo sente sospirare appena alle sue spalle. «Vuoi che ti accompagni?»
Ellie scuote la testa «No, non ce n’è bisogno, grazie» ed è vero: il bar dove hanno preso la colazione negli ultimi giorni è a pochi metri dal motel e le fa bene fare una passeggiata. Lo fa molto di rado; da che sono qui forse un po’ di più, ma solo perché vuole evitare Dean. Sennò passa la maggior parte del tempo a leggere o a disegnare sul divano. Non sono giornate particolarmente proficue.
 
Non si aspetta ciò che accade nei secondi successivi: si ritrova voltata bruscamente, la schiena contro il bordo del lavello e una mano di Dean che stringe forte il suo braccio destro. È tremendamente arrabbiato.
«Vuoi almeno guardarmi in faccia mentre ti parlo?» urla, in preda a una rabbia cieca. «Ma che ti ho fatto di così grave?»
Ellie prova a strattonare il braccio «Mi fai male» ma lui non sembra nemmeno ascoltarla «Non l’ho fatto quel patto. Non ho fatto niente se non parlare con una puttana che mi ha detto che mio padre si è sacrificato per me. Hai una vaga idea di come questo mi faccia sentire?»
Ellie si passa la lingua sulle labbra, cercando di rimanere calma. Non si aspettava di certo una reazione simile. «Questo non significa che—»
«E poi tu dovresti capirmi visto che ti saresti fatta uccidere dal Formichiere se questo voleva dire vendicare tuo padre».
Lo guarda dritto negli occhi «Quando ho affrontato quell’essere, avevo paura che lui mi facesse fuori. Non mi sarei data a lui spontaneamente come volevi fare tu con quel demone. Sono due cose diverse».
La presa di Dean sul suo braccio si fa ancora più forte ed Ellie cerca di liberarsi invano «Non è così differente. E—»
Il dolore diventa più forte «Lasciami, mi fai male».
«E non capisco, perché ti sei comportata in un modo finora e adesso—»
«LASCIAMI!» è solo quell’urlo a interrompere il suo vomito di parole [6] e Dean la guarda negli occhi, lasciando immediatamente la presa sul suo braccio, come se si fosse accorto solo adesso di quello che ha fatto. Ellie sospira forte, passandosi una mano sul punto che le fa male e stringe un labbro tra i denti prima di fissarlo con astio. «Non mi piace come sei adesso. Capisco la rabbia e il dolore, ma non la violenza. E tu sei violento con me».
«Io—»
Ellie non vuole nemmeno ascoltarlo «Mio padre mi ha picchiata. Più di una volta e tu» picchietta l’indice della mano destra sul suo petto, facendolo indietreggiare di un paio di passi «E tu lo sai bene, ma evidentemente voi cacciatori siete tutti uguali» lo scruta con aria di sfida e scuote la testa, delusa «Aveva ragione Meg. Non mi piace saperti così perciò finché non ti dai una calmata noi due non abbiamo niente da dirci».
 
Lo guarda un’ultima volta prima di scostarlo di più appoggiandogli una mano sul petto e fugge via, uscendo dal bagno con un passo molto veloce. Afferra la borsa e apre la porta per poi chiudersela alle spalle con un tonfo secco. Non le importa dell’eventualità di aver svegliato Sam; le urla dovrebbero averlo già fatto.
 
Cammina a passo svelto, la mano sul polso arrossato e dolente e gli occhi appena appannati da rabbia e dispiacere. Si sente tremendamente offesa: non tanto perché hanno due visioni diverse o non si sono capiti, perché quello può capitare a chiunque. Piuttosto perché, ancora una volta, è stata il bersaglio della sua rabbia. E di questo Ellie è proprio stufa.
 
*
 
Fissa la sua ciotola di Caesar Salad, scostando alcuni ciuffetti di insalata con la forchetta per verificare quanta ne manca per arrivare al fondo. Non ne ha mangiata neanche la metà e già non le va più.
È l’ottavo giorno che passano qui a Yazoo City e non ci sono miglioramenti su nessun fronte: nessun caso, nessun chiarimento con Dean, niente di niente. E ha la sensazione che le molle del divano a darle fastidio siano diventate un paio anziché una sola come i primi giorni.
 
Oggi sono venuti a pranzo in una tavola calda non molto lontana dal motel. Non c’erano mai stati prima d’ora: di solito si fermano in un posto poco distante dove servono hamburger e patatine fritte a volontà, ma oggi avevano voglia di qualcos’altro. Ellie, infatti, ha optato per un’insalata – non ha molto appetito ultimamente – e anche Sam ha fatto lo stesso. Dean, invece, non si è scostato molto da solito, ordinando un burrito con pollo, insalata, pomodoro e una quantità di salsa e cipolla da far venire il mal di stomaco. Ellie a volte si chiede come faccia il suo organismo a reggere un simile accumulo di grassi. Non perché lei sia una salutista – non come Sam, almeno –, ma ogni tanto si chiede dove mette tutte quelle porcherie. E come faccia a digerire tutto senza mai un problema. Bah, buon per lui.
 
Il locale è piuttosto piccolo: ci saranno sì e no una quindicina di tavoli, la maggior parte da due o quattro persone. Chissà come se la sbrigano quando gli arriva un gruppo di gente. Le mattonelle del pavimento sono quadrate e sembra di camminare su una grossa scacchiera, essendo bianche e nere alternate. Alle pareti bianche sono appese innumerevoli insegne incorniciate – manifesti di concerti di band famose o pubblicità – mentre le poltroncine vicino ai tavoli sono rosse. [7] È un ambiente molto accogliente.
 
Prende un’altra forchettata di insalata e se la porta alla bocca, masticando velocemente.
Lei e Dean non si sono più parlati se non con parole di circostanza. E, a dire la verità, sono state pochissime anche quelle.
A quanto pare, ognuno vuole rimanere nella propria posizione e a Ellie, per il momento, va bene così. È stufa di subire un trattamento simile e vuole che Dean lo capisca. Evidentemente, era il caso di farglielo comprendere con le cattive, visto che le buone non hanno funzionato per la maggior parte delle volte in cui si è presentato il problema.
È per il suo bene, in fondo: non è giusto che si butti via ed è ancora meno giusto che lo faccia portando Ellie con sé. Non può permetterglielo.
 
Anche se si nasconde dietro una maschera di rabbia – le sopracciglia sempre basse e l’espressione incazzata perennemente stampata in volto – è evidente che Dean si senta in colpa. Ancora più di prima, probabilmente: è arrabbiato per come lei gli ha risposto, sicuramente, ma al contempo è rimasto male del suo stesso comportamento – aggressivo e scostante – e se ne dispiace. Forse non sa come chiederle scusa… o forse, dopo quello che è accaduto l’altra mattina, non vuole. Fa di tutto per dimostrarle che è arrabbiato: stamattina, ad esempio, quando si è alzata per andare a prendere la colazione – era di nuovo il suo turno – era sveglio – le braccia incrociate al petto e lo sguardo rivolto alla finestra –, ma non l’ha degnata né di sguardi né di parole. In realtà, però, Ellie sa che è dispiaciuto e che, probabilmente, non si aspettava nemmeno di reagire in quel modo. Glielo ha letto negli occhi quando si è allontanata.
 
Potrà dire quello che vuole, ma Dean è un libro aperto per lei. È difficile che non riesca a decifrarlo, anche se ultimamente deve ammettere che fa un po’ fatica.
 
Continua a mangiare la sua insalata controvoglia, gli occhi rivolti sulla sua ciotola ancora mezza piena. Non poteva prendere la porzione più piccola? Sta davvero faticando a finirla.
 
Un colpetto di Sam sul suo braccio le fa alzare il capo, destandola dai pensieri. Siede di fronte a lei – Dean, invece, è alla sua destra, a debita distanza – e le sorride appena. «Hai visto il cartello?» Ellie scuote la testa e Sam glielo indica con l’indice della mano destra, proprio a fianco alla cassa. C’è scritto Cercasi cameriera a caratteri cubitali. «Potresti farci un pensierino» le sorride in modo più ampio «Non troviamo un caso da un po’ e Occhi Gialli è sparito nel nulla. Magari ti interessa».
 
Ellie si morde il labbro inferiore, riflettendo tra sé. Effettivamente sarebbe un bel modo per passare il tempo. Il suo gruzzoletto è in via di esaurimento e finirà con l’impazzire se continuerà a stare tutto il giorno rinchiusa in quella stanza senza scambiare una parola con nessuno.
 
Gli sorride appena «Sì, ci penserò» e con la coda dell’occhio avverte che Dean si è voltato verso di lei, quasi di scatto. Di riflesso si ritrova a fare lo stesso movimento, incrociando il suo sguardo. Lo trova a fissarla con un’espressione accigliata, cupa, quasi offesa, ma i suoi occhi dicono ben altro: sono tristi, confusi, spaesati. Con molta probabilità ha paura che Ellie possa abbandonarlo, proprio come è successo dopo che ha ucciso il Formichiere.
 
Distoglie lo sguardo e torna a concentrarsi sulla sua insalata, pensando che, forse, per una volta mettere un po’ di distanza tra loro potrebbe essere un bene.
 
*
 
Tira su un altro po’ la coperta cercando di portarsela almeno sopra alle spalle, le gambe strette al petto. La notte fa sempre più freddo e non pensa che riuscirà a resistere a lungo con questo misero plaid addosso, ma non vuole nemmeno chiedere asilo nel letto di Dean quindi si adatterà e basta, come è abituata a fare.
Stringe le palpebre più forte ed è convinta di essersi addormentata quando sente un paio di mani che le accomodano la coperta. Apre le palpebre di scatto, quasi spaventata, e trova Dean accanto a lei, gli occhi spalancati per la sorpresa e le braccia protese verso di lei. Si scosta quando si accorge che è sveglia e lei fa altrettanto, in un gesto quasi involontario, indietreggiando fino al bordo interno del divano.
Dean stringe le labbra in una linea sottile, tirandosi su «Scusa, non volevo spaventarti» il suo tono di voce è calmo e basso, quasi un sussurro ed Ellie non fatica a comprenderne il motivo: il russare sommesso di Sam le suggerisce che dovrebbe essere notte fonda. «Mi sono alzato per andare in bagno e ti ho vista tutta rannicchiata, così ho pensato di andarti a prendere la coperta in macchina. Pensavo sentissi freddo».
 
Ellie si tira un po’ su, stropicciandosi gli occhi con la mano destra. Si accosta un po’ allo schienale del divano e Dean deve prenderlo come un invito a sedersi – anche se non lo era, in realtà – perché dopo poco lo fa, mettendosi proprio sul bordo, quasi avesse paura a starle troppo vicino.
 
Lo guarda; sembra davvero esausto. Si passa la lingua sulle labbra prima di parlare. «Non riesci a dormire?»
Dean stringe le spalle, abbassando gli occhi. «Vuoi farlo davvero?»
Ellie aggrotta la fronte «Cosa?»
«Quel lavoro. La tavola calda».
Ellie si morde appena il labbro inferiore. Non può dire di averci ancora pensato seriamente, anche se una parte di lei sarebbe tentata. «Non lo so. Se ci fermiamo ancora un po’ potrei pensarci».
Continua a tenere la testa bassa, senza rivolgerle nemmeno un’occhiata, gli occhi fissi sulle sue mani che muove appena sopra la coperta. «P-perché?»
«Perché ho bisogno di soldi e—»
«Vuoi allontanarti da me? Perché io non ho… non ho f-fatto apposta l’altro giorno, ho… ho esagerato ma n-non volevo… io… » Ellie lo osserva con attenzione e sembra tremare mentre stringe il pugno, il plaid tra le dita «N-non volevo farti m-male ma tu… tu non mi ascoltavi e io… io ne avevo bisogno e non… n-non ci ho visto più. Ma mi dispiace» Ellie non crede ai suoi occhi quando vede distintamente una lacrima solcargli il viso «Mi d-dispiace t-tanto» e non resiste all’istinto di avvicinarsi verso di lui e spalancare le braccia per stringerlo al petto.
 
Lo ascolta piangere sommessamente ed è sicura che la storia del lavoro alla tavola calda sia stata solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso colmo di dispiacere e dolore. Dean è tutto orgoglio, ma in realtà è molto fragile su molti aspetti – specialmente quello affettivo – e ultimamente sono crollate molte delle sue certezze: in primis la morte del padre che l’ha messo quasi KO, poi tutta la storia del patto che ha fatto per lui e, infine, l’idea che lei potesse allontanarsi l’ha svilito definitivamente. Ellie aveva capito che stava male, ma non credeva fino a questo punto e le dispiace molto di non essersene accorta. Se può servire a farlo sfogare, però, è contenta di averlo fatto. Nonostante sia profondamente convinta che una parte di Dean si vergogni a mostrarsi così fragile ai suoi occhi, è anche consapevole che gli faccia bene buttare fuori un po’ del suo dolore. A maggior ragione se non lo fa neanche a parole.
 
Lo stringe forte, le mani ad accarezzargli la testa, e la sua voce è un sussurro quando lo prega di sfogarsi, di lasciarsi andare e lo sente aggrapparsi alla sua maglietta, le dita che artigliano il tessuto sottile.
Ellie non l’aveva mai visto così fragile e insicuro, così spaventato e, per qualche strana ragione, questo lato glielo fa piacere ancora di più. Dean è tremendamente umano, nonostante preferisca celare questo suo lato dietro uno scudo di durezza e parolacce, ma è ciò che ha sempre amato più di lui.
 
Lo guarda scostarsi appena, ancora senza alzare il capo, e gli accarezza i capelli con dolcezza, sorridendogli appena. «Vieni… v-vieni con me?» e lei risponde prendendolo per mano e alzandosi, costringendolo a fare lo stesso. Dean le stringe la mano ma cammina avanti come un automa, muovendo le gambe in modo quasi meccanico e cercando di non farsi guardare ed Ellie lo rispetta, anche dopo, quando si sdraiano sul letto e Dean nasconde il viso nell’incavo del suo collo, stringendola a sé. Ellie gli accarezza la schiena cercando di calmarlo e ci riesce, dopo un po’, avvertendo il suo respiro più tranquillo e la sua stretta meno forte.
 
Non gli dice più nulla e Dean fa altrettanto ed è quasi sicura che si addormenti, dopo un po’, quando sente la presa su di lei più lenta. Si scosta appena per guardarlo, sdraiandosi più di lato, e lo trova con gli occhi chiusi, il respiro tranquillo e pacato. Ellie gli si stringe più addosso, chiudendo gli occhi a sua volta, realizzando che adesso, finalmente, non sente più freddo.
 
*
 
Tiene gli occhi chiusi e sorride appena, il naso sotto le coperte che gli coprono buona parte della testa. È sdraiato di lato, il viso rivolto verso la finestra e verso Ellie che, stesa al suo fianco, gli stringe la vita con il braccio destro. Sbuffa aria dal naso, le dita a stringere il tessuto della sua maglietta colorata.
Non gli sembra vero che Ellie sia qui con lui. Non che dormire nello stesso letto fosse la cosa più importante, ma finalmente può risentirla vicina, come non è stata nell’ultima settimana abbondante. Saperla così distante era una delle cose che gli faceva più male.
 
Sa di aver sbagliato. Si è comportato male con lei e non ci sono giustificazioni per quello che le ha detto e fatto. Deve imparare a gestire meglio la rabbia, che purtroppo è una compagna costante ultimamente. Ne ha sempre avuta tanta addosso, ma da quando è morto papà le cose sono peggiorate in modo evidente.
 
Si vergogna un po’ per come ha reagito, ieri notte. Lui ha visto Ellie piangere più di una volta, ma a lei non era mai successo – non solo perché Dean lo fa raramente, ma anche perché non si era mai mostrato tanto fragile – e si sente un po’ in imbarazzo se ci ripensa. Ma era davvero tormentato al pensiero che lei potesse sfuggirgli via dalle dita così, senza dargli la possibilità di spiegarsi e di farsi capire e non è riuscito a trattenersi.
Tutto ciò gli conferma ancora il forte ascendente che Ellie ha ormai su di lui, quanto sia importante. Perché di certo non si sarebbe sbottonato così con una qualunque, né si sarebbe esposto tanto per riprendersela. E, se possibile, lo fa sentire ancora più in colpa per quello che ha fatto qualche giorno fa, quando c’era la vita di Evan Hudson sul piatto e la sua relazione doveva passare necessariamente in secondo piano.
 
La stringe appena cercando di non pensarci. Ispira forte e gli odori che gli arrivano alle narici sono tutto ciò che gli piace: il profumo della pelle di Ellie, quello di frutti tropicali dei suoi capelli… tutto ciò che gli mancava.
 
Apre gli occhi e la trova a osservarlo, le labbra piegate in una smorfia pensierosa. A giudicare da come lo guarda, non si è svegliata da molto.
Dean di slancio le sorride appena «Buongiorno» e, sebbene sia un po’ titubante, si allunga a darle un piccolo bacio sulla bocca. Ellie non si scosta, il che gli fa pensare che non è più così arrabbiata con lui.
La guarda allungare il braccio destro un po’ più in alto, per accarezzargli i capelli. A Dean era proprio mancato il suo tocco delicato, il modo gentile in cui lo sfiora. «Buongiorno» gli sorride appena «Hai dormito bene?»
«Stanotte sì… tu?»
Ellie fa spallucce «Anch’io» e Dean le sorride divertito «Il letto è un po’ più comodo del divano, immagino».
La guarda stringere ancora le spalle sviando lo sguardo, segno che non vuole dargli soddisfazione, e questo lo fa sorridere ancora di più. Si allunga a baciarle la guancia, per poi scendere fino al collo. Ellie non oppone resistenza e Dean non può fare a meno di chiedersi da quanto tempo non era così contento di svegliarsi al suo fianco.
Lei continua ad accarezzargli i capelli «Sam è andato a prendere la colazione?»
 
Dean si scosta da lei, voltandosi verso il letto del fratello, alla sua sinistra, e trovandolo vuoto. Non provengono rumori dal bagno, perciò sì, non c’è dubbio che sia andato al bar qui vicino per prendere qualcosa da mangiare.
 
«Penso di sì» torna a concentrarsi sul suo collo, lasciandole una piccola scia di baci fino alla mascella. «Che… che vuoi fare oggi?» ha quasi paura di chiederlo, visto che potrebbe non aver cambiato idea sul fare un colloquio per quel lavoro alla tavola calda. Non esiste una candidata migliore di Ellie: con tutti gli anni di esperienza che ha alle spalle, il suo posto è praticamente assicurato. E questo, sebbene da un lato sia motivo di contentezza – per lei, ovviamente –, dall’altro lo preoccupa un po’, perché ciò vorrebbe dire passare nuovamente giornate intere a girarsi i pollici in attesa del suo ritorno.
Ellie lo guarda stringendo le spalle «Non so… forse andrò a fare un paio di lavatrici. Ho finito i calzini» e questa risposta è ciò che di meglio poteva sentirsi dire. «Tu che vuoi fare?»
Dean le accarezza una guancia «Quello che fai tu» si allunga a darle un altro bacio e le sorride «Mi piaci quando smetti di fare la preziosa e torni quella di sempre».
Ellie lo guarda, fingendosi offesa. «Preziosa io?»
«Sì. Quando non mi parli per qualche giorno e fai la sostenuta».
Si fa appena più seria «Veramente cerco di farti capire come si potrebbero affrontare le cose» si lecca le labbra «E che… che per quanto sia grande il dolore, non puoi lasciare che ti sopraffaccia. Soprattutto se intorno a te ci sono persone che ti vogliono bene che potrebbero farne le spese».
Dean stringe le labbra in una linea sottile «Me ne ricorderò» la guarda negli occhi, il pollice ad accarezzarle piano lo zigomo destro. «Perché hai così tanta pazienza con me?»
 
Il suo è quasi un sussurro, ma è una cosa che si è chiesto più e più volte: Ellie è così paziente e amorevole con lui, così… comprensiva che non può fare a meno di stupirsene ogni volta. Anche dopo come l’ha trattata negli ultimi giorni, è qui ad ascoltarlo e a dargli consigli.
 
Ellie lo guarda intensamente, la mano destra tra i suoi capelli. «Perché tu ne hai avuta, quando si è trattato di me. Perché quando si sta insieme ci si deve aiutare a vicenda e… » sorride appena, le guance un po’ più rosse gli occhi dritti nei suoi. «E perché ti amo».
 
Quelle due parole scivolano fuori dalla sua bocca con una naturalezza disarmante e Dean allarga appena gli occhi, rimanendo in silenzio. Continua a fissarla, il cuore che batte più forte dentro il petto, ma Ellie non dice nulla – anche se è certo che si sia accorta di questo piccolo cambiamento –, continuando a sorridergli con la mano ferma sulla sua guancia. Vorrebbe risponderle qualcosa, qualsiasi cosa, ma non glielo aveva detto mai nessuno e ha come un nodo al centro esatto della gola e non riesce a dire nulla. Poi la porta d’ingresso si apre ed Ellie alza la testa, distogliendo lo sguardo, e per una volta Dean è grato del fatto che involontariamente Sammy li abbia interrotti.
 

[1] I fatti illustrati per sommi capi sono tratti dall’episodio 2x08 “Crossroad blues”.
[2] Riferimento agli avvenimenti dell’episodio 2x05 “Simon said”.
[3] Il dialogo è quasi interamente estrapolato dall’episodio 2x08 “Croassroad blues”.
[4] Riferimento alla scena dell’episodio 2x08 “Crossroad blues” in cui Sam cerca di proteggere Evan Hudson dal cane che vuole ucciderlo, mentre Dean intrappola il demone per costringerlo a revocare il patto.
[5] Riferimento a una scena dell’episodio 6x08 di Lost, dove un personaggio si presenta davvero all’appartamento di una ragazza con sei lattine di birra e un girasole in mano.
[6] L’espressione “vomito di parole” è presa in prestito da Cady, personaggio interpretato da Lindsay Lohan in “Mean Girls”.
[7] L’arredamento della tavola calda prende spunto da quello della catena di ristoranti “America Graffiti”.
  
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