Lloyd stava placidamente dormendo, anche se era ormai quasi mezzogiorno. Non dormiva mai per così tante ore di seguito, ma la sera prima era stato così male…
Ricordava i suoi occhi azzurro chiaro pieni di lacrime e arrossati e il suo faccino sofferente. Lo credeva insensibile, un mostriciattolo dal bel visino e dal cuore di ghiaccio, e invece.. era riuscito a commuoversi per lui e per la sua storia. Era un passo avanti, anche se in realtà era solo una mossa di Kenny.
Sapeva che uno dei suoi strani, nuovi poteri da essere sovrannaturale era poter causare certe emozioni e pensieri nelle persone, ma non l’aveva mai davvero provato seriamente. Con Abby, almeno quindici anni prima, non aveva funzionato, ma anche lei aveva avuto qualche giramento di testa a causa sua. Aveva provato a instillare qualche emozione ed empatia nel testone duro di Lloyd e aveva finito per farlo ammalare e quasi svenire.
Kenneth sospirò pesantemente e si legò i capelli in una alta coda di cavallo, per tenerli lontani dal viso.
Aveva comunque funzionato, no? Qualcosa aveva provato.
Con Abby aveva provato a farsi amare, far amare il suo ricordo dopo la sua morte, ma il piano era fallito. Abby non aveva mai provato rimorso e nostalgia, e nulla aveva attecchito in lei. Con Lloyd, invece...
Non lo credeva sensibile, proprio per nulla. Forse non lo conosceva così bene come credeva. Forse c’era qualcosa di salvabile in quel ragazzino. Nessuno aveva salvato Kenny, ma lui poteva, invece, cambiare la sorte di qualcuno.
Si voltò un’ultima volta a fissarlo, assopito e raggomitolato su sé stesso come un cucciolotto.
Era così carino…
Kenny aveva deciso di preparargli qualcosa da mangiare. Lloyd aveva la febbre, e probabilmente si era raffreddato in quei giorni in cui era uscito per studiare e interrogare i vari abitanti di Ronansay. Almeno, sperava fosse quello e non il suo tentativo di scombussolargli il cervello. Sì, gli avrebbe fatto un bel pranzetto caldo, così sarebbe stato meglio. E si sarebbe fatto perdonare.
In quegli anni qualche chef era stato ospite dell’albergo, e nella notte Ken era entrato nelle loro camere per leggere i loro libri e appunti di ricette. Amava leggere, e da diciassette anni non aveva fatto altro che quello. Aveva, però, imparato tante cose. Un astronomo e tutta la sua crew erano stati due settimane a Ronansay per studiare il cielo terso sopra l’isola, e Kenneth aveva letto tutti i libri che si erano portati dietro. Ogni volta che vedeva il cielo, ora, riusciva a riconoscere stelle e costellazioni e galassie al primo colpo, che ruotavano in un ciclo infinito che ormai conosceva a memoria, giorno per giorno, ininterrottamente. Un ciclo infinito di cui anche lui si sentiva parte, oramai.
I suoi libri preferiti, però, rimanevano quelli di ricette.
Le sue mani erano ormai poco abituate al caldo, ma almeno non si scottava più. Quando sentiva il calore del fuoco, la sua mente gli diceva di ritrarre la mano, di proteggersi, ma il fuoco era ormai qualcosa che non scalfiva più la sua pelle.
Scaldò un pentolone di brodo e iniziò a tagliare con calma i petti di pollo che aveva fatto arrivare a casa grazie a quelle nuove, strambe tecnologie di Lloyd. Amazzonia? Just do it? Come aveva detto che si chiamavano?
Il pollo faceva bene, soprattutto nelle sue condizioni. E faceva bene anche perchè quel bambinetto mangiava solo ed esclusivamente schifezze.
Era così debole… e aveva bisogno di carne sulle ossa. Kenny non era mai stato particolarmente magro, e non si era mai ammalato. Atletico e muscoloso, sempre, ma non aveva mai visto nessun osso sporgere dal proprio corpo.
Beh, forse ora, con la decomposizione di un cadavere nel Mare del Nord per quasi vent’anni….
Il brodo iniziava a bollire prima del previsto, e sopra al rumore delle bolle che scoppiavano sulla superficie dorata del liquido profumato, non sentì la porta aprirsi.
-Oh. Non sapevo che... ci fosse…-
Kenny si voltò quasi spaventato a fissare chi l’aveva scoperto. Chi l’aveva visto.
Un paio di occhi identici ai suoi lo fulminarono sul posto.
Jo strinse gli asciugamani al petto, abbassando istintivamente lo sguardo. -Perdonami se ti ho… disturbato.- sussurrò, arretrando.
Kenny deglutì così forte che probabilmente lo sentì anche la ragazza. Era sconvolto.
Lei lo vedeva…
Era sicuro che lei l’avrebbe riconosciuto, se avesse solo alzato lo sguardo su di lui.
Non lo fece.
Era una ragazzina insicura, timida e riservata. Ed era identica a lui.
Aveva il bel viso rotondo di sua madre Abby, gli occhi più grandi di quelli di Kenneth, ma era alta e dai capelli rosso scuro che Kenneth non aveva visto in mai nessun altro se non sé stesso, e gli occhi colore del mare del Nord, come quel mare che l’aveva preso e…
...se volesse prendere anche lei? La sua unica figlia?
-Non mi hai disturbato.- rispose Kenny, sorridendole. Non l’aveva vista nascere, non da vivo, ma lui era sempre stato lì.
Cercò di ricacciare giù le lacrime, pensando a quanto avrebbe voluto abbracciarla e non lasciarla andare mai più. -Tu sei Jo, vero? - chiese, in uno sprizzo di coraggio che non avrebbe dovuto avere. -Sei una brava ragazza.-
Lei alzò appena il suo sguardo, annuendo timidamente. Rimase a fissarlo, stranita e incuriosita, sgranando un paio di volte gli occhi. Negò lentamente, come se un qualche pensiero si fosse infranto nella sua mente, e poi si voltò, verso la porta, pronta a tornare a lavorare.
Si voltò, però, un’ultima volta, come a imprimersi il suo volto nella mente. Sorrise timidamente, e poi scappò via dalla porta della camera.
Che l’avesse riconosciuto?
Che sapesse qualcosa? O forse era solo felice di aver ricevuto qualche parola gentile?
Kenneth era ancora pensieroso, e ancora stava fissando la porta, come a sperare che la figlia facesse ritorno.
Non lo fece.
Abbassò lo sguardo su Lloyd che, nel frattempo, si era rigirato un paio di volte nel sonno.
Altri scoppi di bolle. Si voltò e notò che il coperchio della pentola si stava alzando con violenza.
Il brodo! Ecco cosa si stava dimenticando.
Velocemente, Kenny abbassò il fuoco e tornò a tagliare il pollo per cucinarlo al ragazzo. Ora doveva pensare a lui.