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Autore: flower_of_moon    26/03/2019    0 recensioni
Voglio raccontarti una storia. La storia di un ragazzo...
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Questa storia la sto pubblicando anche su Wattpad.
{[Sterek] [Thiam] [Scalia] [Marrish]}
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash | Personaggi: Derek/Stiles, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!
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11. Stephanós

Note-dell'-Autrice-che-dovrebbe-aggiornare-più-spesso: Alloraaaaaaa, voglio scusarmi per essere stata così assente, ma l'unico momento che trovo per pubblicare è quando sto male, quindi sì, sono a casa con la febbre... DA FIENO, quindi, chiunque abbia l'allergia al polline mi potrà capire.

Allora vi lascio alla lettura! Cya cya!

La pioggia batteva insistente e scrosciava formando piccoli fiumiciattoli ai lati della strada. Derek si era fermato appena aveva raggiunto la strada asfaltata.

Quell'odore.

Quell'odore
lo aveva paralizzato. Gli sembrava che fossero passati anni da quando lo aveva sentito per l'ultima volta, invece sapeva che erano solo pochi mesi. Rimase immobile dietro ai cespugli bagnati ai lati della strada, il suo lupo uggiolava e mugolava un sentimento misto tra la tristezza e la gioia. Per quanto avrebbe voluto avvicinarsi al giovane inginocchiato davanti ai fari della Jeep,  anche solo per poter rivedere i suoi occhi, anche solo per poter risentire il suo calore sfiorarlo, per riprovare accanto a sé quella presenza che gli era mancata in quei due mesi, sapeva che non era il momento di cedere ai sentimentalismi. Rimase fermo lì a guardarli, Stiles era palesemente sconvolto. Teneva tra le braccia quel ragazzino tremante e bagnato in piena trasformazione ed era palese che non sapesse cosa fare. Derek studiò i lenti movimenti di Cora che, da spaventata aveva, lo stesso, preso in mano la situazione e in quel momento si stava avvicinando cautamente a Stiles. Gli posò una mano sulla spalla e scese ad accarezzarlo sulla schiena.

"Stiles, è meglio se torniamo in macchina, piove come Dio comanda, non fa bene al ragazzino né a te. Su dai."
Derek sentì la sorella sussurrare quelle parole di conforto nell'orecchio di Stiles e la vide mentre gli passava una mano tra i capelli bagnati con un gesto consolatorio. Sentì il ritmo cardiaco di Stiles sobbalzare al tocco della ragazza, quasi ne fosse spaventato e il suo lupo interiore emise di nuovo un uggiolio, ma con un ringhio basso lo riportò al silenzio. Assicuratosi che i due fossero saliti nella Jeep e che Stiles non si fosse rimesso alla guida, si voltò e tornò al Loft. Ma, mentre correva sotto la pioggia, l'unica cosa che sentì, il solo rumore che sovrastò lo sciabordio dell'acqua e l'ululare del vento fu l'inconfondibile suono del battito del cuore di Stiles, che ancora gli rimbimbava nella testa.

Stephen era ancora seduto quando Malia, furiosa, lo raggiunse. Gli puntò un dito con tanto di artiglio davanti al viso ed emise un ringhio. "Non mi frega niente del tuo esilio! Devi spiegarci questa situazione! E se non vuoi parlare vorrà dire che passeremo alle maniere forti."

Quella che da bambino aveva sempre considerato essere una donna genuina, con principi forti, una donna che non si faceva mettere i piedi in testa, ma non per questo non era dolce con le persone a cui teneva, ora le sembrava una pazza scatenata. Gli occhi azzurri che brillavano, artigli e zanne che facevano bella mostra di sé e l'ira che emanava ad ogni movimento. Questa parta di Zia Malia non l'aveva mai vista e non l'avrebbe mai voluta vedere. "Scott!" La voce della donna lo riscosse. L'Alpha si era avvicinato alla moglie, ma negli occhi aveva una luce contrariata e dispiaciuta. Lo vide deglutire a vuoto, spostare un attimo lo sguardo su Liam e poi sospirò tornando con gli occhi, ora rossi, su Stephen. "Ti prego Stephen, non farmi usare la forza." La sua voce esprimeva una dolorosa consapevolezza, come se avesse capito qualcosa che aveva appena scoperto e voleva confermare, ma che aveva paura a confermare perché lo avrebbe portato a dover fare delle enormi cazzate e lui era stanco delle cazzate. Stephe non disse nulla. Si sedette sul divano con la schiena dritta e aspettò che l'Alpha facesse ciò che doveva fare. 
 
Avvertì il suo Lupo ringhiare a contatto con gli artigli, era da tanto che non passava così tanto tempo con un branco o con un Alpha, il suo Lupo era esasperato, sentiva odori conosciuti ma estranei e non sapeva se fidarsi e dicerto la sua parte umana non era d'aiuto visto quello che stava pensando e provando. 
 
Sgranò gli occhi appena gli artigli affondarono nel collo, poi brillarono di giallo.

Scott si sentiva leggero, come fosse stato racchiuso in un enorme bolla accogliente ed anche il nero intorno a lui era accogliente, tutto era estremamente piacevole. "Sourwolf ti ho detto di smetterla!" Conosceva quella voce e per quanto la sua parte che era ancora Scott l'associasse al suo migliore amico, l'altra, quella che aveva il sopravvento, in quel momento, di Stephen la riconosceva come quella voce che lo stava cullando e amando da quando era lì, da quando aveva potuto ascoltarla e distinquerla da quell'altra che lo teneva al sicuro, che lo aveva protetto dalla paura e non lo aveva mai lasciato solo, così da non avergli fatto ancora conoscere quel sentimento.

"Stiles..."

Eccola, era roca come sempre, gentile e calda ma aveva qualcosa di triste che a Stephen non piaceva, che alla sua coscienza primitiva, quella che il cucciolo di Lupo chiamava 'istinto', lo faceva preoccupare. "Stiles... ti prego... dimmi che non è uno scherzo." La voce parlò di nuovo, era ancora triste ma c'era qualcosa che Stephen non riusciva a capire e che non avrebbe capito ancora per un po'. Ma Scott l'aveva capita, era paura quella nella voce di Derek, era il terrore che tutto fosse finto.

"Derek."

Esordì Stiles, la voce dolce e amorevole. Avvertì un fievole calore, quasi una carezza, ma era troppo lontana per poterla definire con chiarezza, sapeva solo che aveva calmato l'agitazione di Stephen.
"Non so se lo puoi sentire, ma è qui... È qui... non se n'è andato... non di nuovo... e non lo farà più, il nostro cucciolo si è fatto aspettare, ma è qui... è qui e qui resterà." Avvertì, nella voce del migliore amico, un leggero incrinamento, ma era di pura felicità ricolma di gioia. Dovevano averne passate di tutti i colori quel Derek e quello Stiles.

Dopo quella frase gli sembrò che il tempo fosse passato in un lampo, l'oscurità che c'era prima si era affievolita per cedere il posto ad un leggero rosso-rosato.
Stephen non aveva ancora visto niente del mondo esterno, non lo poteva ancora conoscere, era troppo piccolo e indifeso per affrontarlo e anche quando sarebbe nato sarebbe dovuto trascorrere del tempo per poterlo esplorare, ma per furtuna ci sarebbero stati Derek e Stiles a farglielo conoscere.

Stephen si mosse e stirò pigramente una gamba. Avvertì lo stesso calore dell'ultima volta, ma questa volta era più vicino, più delineato, più conosciuto.
"Ehi, tesoro mio. Torna a dormire che la mamma ha bisogno di un po' di sonno."
La voce dolce di Derek fece stupire Scott. Certo, sapeva che dietro quella maschera da burbero e stronzo c'era un cuore dolce e gentile che si nascondeva dal dolore perché ne aveva avuto anche troppo, ma non si sarebbe mai aspettato di sentire un giorno Derek dire 'tesoro mio' a suo figlio, per farlo calmare.



La parte cosciente di Scott sapeva che quella era la parte più passiva della memoria di Stephen che, nonostante conoscesse la presenza di Scott e ci si stesse abituando, cercava di proteggerlo, di difendere i suoi ricordi più profondi, quelli che interessavano a lui, proponendogli quella barriera di ricordi primitivi, di cui nemmeno Stephen era a conoscenza.


Stephen, come a rispondere a suo padre si mosse di nuovo posando una manina sulla parte da cui veniva il calore familiare e la tenne lì.
Derek mosse, lento, parte di quel calore e poi sospirò il nome del figlio. "Stephen."
Il piccolo tolse e rimise la manina dov'era come per dire al padre che aveva capito che stava parlando con lui.
"Stiles è proprio bravo con i nomi. Sei il coronamento del nostro sogno. Il nostro piccolo principe. Il nostro cucciolo." Stephen non capì cosa avesse fatto il padre, ma quella sua dimostrazione d'affetto gli piacque così tanto che si mosse per poter avvicinare la testa a quella cosa sconosciuta, Scott invece capì.


Derek aveva posato le labbra sul ventre di Stiles. Il cuore gli si riempì di tenerezza e tristezza.

Chissà cos'avevano patito quei due per arrivare lì? Come erano riusciti ad arrivare lì? E lui? Lui c'era stato per Stiles? Gli era rimasto accanto nei momenti no? O durante una discussione tra l'umano e l'altro lupo? Sarebbe rimasto con Stiles se gli avesse detto di essere incinto di Derek?
Lo avrebbe sostenuto?
Quell'ultima domanda se la ripeteva nella testa, quasi facendosi male.


Lo avrebbe sostenuto?
Non lo sapeva. Probabilmente dopo il parto sì, ci sarebbe stato di sicuro, Stiles era suo fratello non lo avrebbe mai abbandonato in un momento tanto fragile come il post-parto. Ma durante? Quando lui avrebbe avuto le nausee, gli sbalzi d'umore, le voglie, i dolori alla schiena... lui ci sarebbe stato?


Solo quando avvertì la sua voce, pronunciare quelle parole, capì che sì, ci sarebbe stato, avrebbero affrontato tutto insieme, come fratelli...


Una luce abbagliante lo investì e strinse le palebre per proteggere gli occhi, solo dopo riuscì ad aprirli.
Dopo tanto tempo passato al buio, gli era difficile abituarsi alla luce tanto in fretta, anche se era un licantropo.
Quanto tempo era passato?
Pochi secondi o qualche ora? Sperava solamente che non lo staccassero di forza dal ragazzo, ora che stava entrando nella sua coscienza attiva, ci sarebbero potuti essere dei danni consecutivi.


"Stephen scendi dal letto! Farai tardi a scuola!" La voce di Stiles lo raggiunse forte e deciso, come il freddo che in fretta si appropriò dal suo corpo.
Scott rabbrividì insieme a Stephen, sapeva cosa significava la levatura delle coperte, c'era passato anche lui quando andava a scuola e sua madre non era mai stata molto gentile dopo quel gesto.


"Mamma!"
La voce acuta e così diversa da quella del diciassettenne che aveva incontrato, lo riscosse. Stephen si sedette al brodo del letto e dopo essersi stroppicciato gli occhi guardò Stiles.
La figura del genitore era imponente e immobile davanti a lui, aveva le braccia incrociate al petto e addosso, sopra ai vestiti, portava un vecchio grembiule giallo.


"Niente Mamma! Sei già in ritardo, non riuscirai a fare colazione. Tsk, licantropi dei miei stivali, te e tuo padre siete certi pigroni che mi chiedo se il vostro Lupo interiore funzioni a dovere!"
Il ragazzino di appena dieci anni sbuffò divertito.


"Logorroico come sempre vedo."
Vide il volto di Stiles deformarsi in un dolce sorriso divertito, non disse niente, semplicemente tirò la guancia del figlio e uscì dalla sua camera.

Stephen sapeva che quando sua madre faceva così era perché qualcosa lo turbava. Guardò la sveglia notando che erano solo le sei e cinquanta. C'erano tutti i sintomi:
La fretta mattutina, che non era affatto tipica di sua madre, le frecciatine verso suo padre, che erano troppo blande rispetto al solito e per ultimo, ma non per importanza, il grembiule da cucina giallo, quello della Nonna che lui, purtroppo, non aveva mai conosciuto.

C'era sicuramente qualcosa che turbava sua madre e Stephen credeva di averlo già capito quando, appena fu nel corridoio vide la figura di Derek nella stanza di suo fratello minore. Lo guardava mentre camminava in su e giù per la stanza con un piccolo Davide di soli sei anni, che dormiva tra le braccia del genitore.

Stephen capì che il fratellino doveva aver avuto un altro dei suoi atticchi quella notte. Si morse il labbro inferiore. Era inutile come fratello maggiore, non riusciva ad aiutare i suoi genitori con suo fratello, anzi, dal complenano del più piccolo, si era allontanato da Davide, aveva avuto sempre più attacchi e sua madre lo voleva proteggere da quell'orribile vista. La Volpe interiore di suo fratello non si stava abituando al suo corpo e lo straziava con lunghe e dolorose trasformazioni notturne, dove il corpo del piccolo non trovava pace e sapeva che sua madre si dava la colpa. Aveva preso qualla cosa da lui e non si dava pace al pensiero che se non fosse stato sua madre, forse, non avrebbe sofferto tutto quel dolore.

"Stephen muoviti! Si raffredda la colazione!" Il ragazzino si riscosse e distolto lo sguardo dal padre, scese le scale. Cosa poteva fare?

Scott rimase stupito da quella scoperta.
I pensieri di un bambino di appena dieci anni erano così puri che era difficile sbagliarsi nel capirli. Davide era una Volpe? Che tipo di volpe? E come l'aveva ereditato da Stiles? Forse Stiles era stato morso e invece che un Licantropo era diventato una Volpe? Che fosse stato il Nogitsune a trasformarlo? Forse era così che era riuscito a rimanere incinto due volte. Scosse la testa, non poteva crederci, Stiles era una... Kitsune? Quindi lo era anche Davide? Ma poteva chiamarli Kitsune? Forse erano qualcos'altro...

Non riusciva più a capirci niente, aveva visto poco o niente di quei ricordi e si stava già sommergendo di domande.
A questo punto l'unica cosa da fare era scavare nella memoria del giovane.
Il ricordo appena visto si fermò, erano tutti immobili come statue. Li vide muoversi velocemente, avvertì il passare incredibilmente dei giorni, i mesi, fino ad arrivare ad un anno dopo.


Stephen guardava attraverso uno spiraglio della porta di camera sua. L'udito sviluppato in allerta a captare il discorso dei genitori.
"Derek stai esagerando! È una settimana da Liam, non lo lasciamo mica in mezzo al bosco!" Aveva strepitato stanco sua madre, era rabbrividito quando il ringhio di suo padre aveva dato la sua risposta, quel ringhio da Alpha lo terrorizzava sempre e non capiva come facesse sua madre a non averne paura, avrebbe tanto voluto essere come lui.

"Non ringhiare con me Sourwolf! Davide ha bisogno di un po' di pace e solo Nathaniel, Liam e Theo riescono a dargliela." il sospiro esasperato del genitore sembrò calmare la situazione.
Stava per ascoltare la risposta del padre quando qualcuno lo tirò dalle spalle buttandolo per terra.

Urlò spaventato, però poi riconobbe il suo aggressore.
"Che fifone che sei!" esclamò quella voce , Scott si bloccò, l'undicenne che aveva davanti era suo figlio, era Manuel.
Il ricordo si bloccò e sparì, una luce accecante prese il sopravvento e Scott chiuse gli occhi accecato dalla Luce.
Quando riuscì ad aprirli si ritrovò in una stanza bianca, non c'erano mobili era vuota e bianca e lui non riusciva a distinguere il pavimento dal soffitto. Era spaesato. Cos'era successo? Cosa poteva averlo buttato fuori dal ricordo?
Non riuscì a formulare altre domande che un ringhio basso lo colse alle spalle.

Si voltò di scatto. Zanne, artigli e occhi esposti, era pronto a difendersi. Davanti a lui c'erano due animali possenti, un enorme Lupo grigio con le zanne snudate e gli occhi gialli che brillavano, accanto a lui, tanto arrabbiata quanto il compagno, c'era una Volpe, molto più piccola del lupo, ma comunque gigante per Scott. Rimase imbambolato a quella vista, non aveva ma visto animali tanto grandi, sembravano enormi statue greche, eppure erano vivi e non inanimati.
Il Lupo ringhiò di nuovo e la Volpe provò a calmarlo sdrusciando il naso contro il collo dell'altro.

"Vero Alpha, non è così che ti devi comportare. Non puoi semplicemente entrare nei ricordi di un ragazzo e obbligarlo a farti vedere la sua storia! È la sua vita, sono i suoi ricordi, tutto ciò che gli è rimasto della sua famiglia!"
Esordì il Lupo enorme e Scott rimase senza parole, l'animale aveva parlato senza aprire bocca.

   
 
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