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Autore: _Blanca_    26/03/2019    1 recensioni
| Contesto → Pacifist Route | ● | Deviant!Connor + Human!OC ♡ | ● | Reporter/Detective relationship tropes |
Nova Barton è una reporter freelance nella Detroit del 2038. La metropoli sa essere un’arena ostile e Nova si arrangia come può per sbarcare il lunario. Non era certo nei suoi piani finire invischiata nelle indagini di un tenente di polizia perennemente di cattivo umore e del suo improbabile collega: un avanzatissimo modello di androide, programmato per dare la caccia ai cosiddetti devianti. Che Nova lo voglia o meno, anche lei dovrà fare i conti con le conseguenze delle proprie scelte.
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{ 06.20 capitoli revisionati » 1 – 21 }
Genere: Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor/RK800, Hank Anderson, Kara/AX400, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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 020. CRIME SCENE







DATA: 7 NOVEMBRE 2038
ORA: 08:53

DOWNTOWN, STATE STREET


L’ascensore sta salendo all’ottavo piano. Il tenente Anderson, con le braccia serrate al petto e le spalle buttate all'indietro, prima sbadiglia senza coprire la bocca e poi si gratta un orecchio sotto il groviglio di capelli grigi.
«Ho visto la tua reporter, giù in strada.»
Connor, di fianco all'uomo, valuta il tono come neutro. Scarta la possibilità di chiedere chiarimenti in merito all’uso dell’aggettivo possessivo ed elabora una risposta alla richiesta implicita: il tenente vuole sapere se sia stato lui a informare la donna. «Sappiamo che ha lavorato per questa redazione. Sarebbe venuta presto a conoscenza dell’accaduto.» Una pausa e un tentennamento, segnalato da uno tremolio nel LED. «È rimasta turbata dalla notizia. Le ho consigliato di tornare alla propria abitazione.»
Anderson sbuffa. «E ho visto quanto ti ha dato retta. Giornalisti, che rotture di coglioni.»
A bordo della Brougham, dalla Centrale alla State Street, il tenente lo ha interrogato sull’esito dell’incontro al Cassidy’s ricorrendo alla definizione appuntamento romantico’ e l'androide si è reputato in dovere di sottolineare l’inesattezza nella scelta dei termini. Un'occhiata in tralice da parte dell’uomo lo ha poi convinto ad abbandonare la contestazione a metà. Poco dopo, messo al corrente delle dichiarazioni della reporter, Anderson se n’è rimasto con gli occhi sulla strada, una mano sul volante e la fronte aggrottata. «Continua a non piacermi.»
Connor non avrebbe saputo indicare se il commento fosse diretto al comportamento della donna o alla situazione generale.
«Intende acconsentire alla richiesta?»
«Due giorni per scoprire il mittente della soffiata anonima?» Anderson ha tamburellato il pollice sul volante. «Quella si ficcherà nei casini.» E mentre l’androide respingeva l’impulso di chiedere su quali basi reputasse verosimile il coinvolgimento di Nova Barton in una situazione di pericolo, Anderson ha chiuso il discorso con un borbottio: «Bah, affari suoi. Noi abbiamo un omicidio tra le mani.»

Un cicalino annuncia l’apertura delle porte dell'ascensore.
Anderson esce dalla cabina.
«Hank, finalmente...»
«Ben...» sospira Anderson, a mo’ di saluto.
La pingue figura del detective Collins gli viene stancamente in contro, mentre l’interfaccia visiva di Connor scandaglia il nuovo ambiente: quattro agenti umani sorvegliano la sala, dominata da una palette di grigi, di nero e rosso mattone. Il pavimento di finto marmo riflette la composizione di lampade a goccia che pendono dal soffitto; una delle pareti è interamente composta di vetro antisfondamento e si affaccia sul vuoto sopra la strada. Dietro al banco della reception vuota, il nome del tabloit occupa un monitor trasparente. La Z iniziale ruota sull’asse di una stella a quattro punte, simile a una rosa dei venti.
«Hai un aspetto orribile, Hank» fa notare Collins bonario. Non bada a Connor, fermo a cinque passi di distanza. «Nottataccia?»
«Lasciamo stare.»
«A qualcuno qui è andata peggio.» Collins sposta il datapad da una mano all’altra. «Vieni... è da questa parte.»
I due uomini si spostano verso la porta sulla parete della reception. Connor li segue, in silenzio. Quando attraversano l’ologramma del nastro segnaletico, l’androide in divisa che presidia il corridoio non batte letteralmente ciglio.
Un carrello delle pulizie è abbandonato di traverso in mezzo al corridoio e due piante artificiali, che Connor identifica come dracene, fanno picchetto alla porta chiusa di una sala riunioni. Poco più avanti un distributore di snacks ronza accanto a un mediaschermo spento. Sul lato opposto del corridoio, dei pannelli in policarbonato delimitano un open space: un ordinato affollamento di scrivanie, sedie ergonomiche, computer fissi, faldoni e cartelle stipati in scaffalature di metallo, altre Dracene sintetiche, altri mediaschermi spenti.
«La vittima è stata trovata dalla caporedattrice. Lisa Kane» sta dicendo Collins. «Questa mattina la donna è arrivata in redazione, intorno alla sette e trenta. Pare abbia l’abitudine di arrivare prima di tutti. Non ha trovato l’androide della segreteria al solito posto, all’ingresso, così si è diretta qui, nel proprio ufficio.»
Oltrepassano una doppia porta a vetri. Davanti a una scrivania di vetro curvato, una poliziotta, intenta a lavorare con un datapad, si interrompe per salutare il tenente Anderson.
«E ha visto la porta dell’ufficio del direttore spalancata.»
Collins li guida sulla scena del delitto.
All'interno dell'ufficio del direttore i fotografi della scientifica, avvolti nelle loro tute bianche, si muovono tra marcatori e faretti, distribuiti sul pavimento e sulla scrivania ovale. Un telo bianco nasconde il cadavere, disteso sul pavimento, tra due sedie Eames di polipropilene. Una è ribaltata a terra. Una macchia di liquido scuro, dall’aspetto denso e rappreso, si allarga sotto un angolo del telo. Sempre a terra, sull’elegante resina che riveste il pavimento, a ottantatré centimetri esatti di distanza dal cadavere, un marcatore indica un oggetto dalla forma inconsueta: la scultura di una civetta con le ali chiuse, estremamente stilizzata, tanto da somigliare più un’automa che a un animale. Uno spigolo del piedistallo è sporco di sangue.
Connor si piega sul ginocchio sinistro. Avvia lo scanner con un battito delle palpebre.

    [ RACCOLTA DATI... 100%
        ELABORAZIONE DATI... 100% ]

Un altro battito e riceve le informazioni dalla rete.

    [ ATHENE NOCTUA
    AUTORE: HANA CHO, SOUTH KOREA. 2026
    ALTEZZA: 30 CM. LARGHEZZA PIEDISTALLO: 13 CM
    CORRENTE: NEOSIMBOLISMO
    MATERIALE: BRONZO PLACCATO ARGENTO.
    VALORE COMMERCIALE STIMATO: 800 DOLLARI. ]

Connor torna in piedi e guarda il tenente, in attesa del permesso a procedere con la revisione delle prove sulla scena.
Anderson si sta stropicciando la barba.
«Gli altri impiegati?»
«Sono arrivati nel giro di pochi minuti. Ma i primi agenti erano già qui, chiamati dalla Kane. Non è stato toccato nulla e non dovrebbero aver avuto tempo di parlare tra di loro. Li stiamo ancora ascoltando.» Collins accenna arbitrariamente alle proprie spalle con un movimento del capo. «Abbiamo sgombrato tutti gli uffici su questo piano.»
«E che mi dici dell’androide?»
«Androidi» puntualizza Collins. «Erano due. Una ST400 per le mansioni di segreteria e un WG100 per le pulizie.»
Anderson inarca un sopracciglio. «E sono scomparsi tutti e due?»
«Già. La telecamera del parcheggio sotterraneo li ha ripresi mentre scappano dall’uscita ovest, al livello uno. Esattamente...» Collins controlla il datapad, «alle ventuno e trentotto minuti. Non sono stati ripresi dalla telecamera all’interno dell’ascensore, perciò crediamo che abbiano raggiunto il parcheggio usando le scale di servizio. In quanto all’orario della morte, il coroner l’ha stimato tra le venti e le ventuno di ieri sera.»
«Fammi indovinare... la vittima era da sola, con gli androidi, in quel momento.»
«Gli uffici chiudono alle venti. Tutti i colleghi della vittima hanno dichiarato di aver lasciato la redazione a quell’ora. E le riprese dell’ascensore confermano.»
«Sappiamo perché è rimasto oltre l’orario?»
«Ci hanno detto che lavorava spesso fino a tardi.»
Anderson argina un sospiro dietro una piega amareggiata della bocca, gli stanchi occhi blu fissi sul corpo senza vita occultato dal telo.
Collins gli consegna il datapad.
«Prima di portare via il corpo, immagino che il tuo androide voglia dare un’occhiata. Non che ci sia molto da scoprire sulle modalità dell’omicidio.»
«Frattura aperta dell’osso occipitale sinistro» legge Anderson. «Gli hanno sfondato il cranio.»

/\/


Il parcheggio sotterraneo è come un mondo parallelo. Gli schiamazzi della State Street non arrivano fin laggiù e c'è qualcosa di elettrico nell’aria bluastra: si dirama da una all’altra delle centinaia di automobili automatizzate, in attesa dei loro proprietari, nel chiarore fluorescente delle frecce olografiche che galleggiano sull’asfalto levigato delle corsie.
Anche Nova è in attesa. La schiena appoggiata contro le portiere di una Flux color ardesia e i pollici agganciati alle tasche del trench. Mentre l’RK800 tornava alla centrale, lei ha raggiunto di corsa la fermata del bus. A detta dell’androide nel rapporto non era compreso il nome o le generalità della vittima, così appena salita a bordo, ha contattato Walty.
Ha inviato un messaggio tramite chat.
Che non è stato ricevuto.
Ha avviato tre chiamate.
Tutte e tre le volte si è ritrovata ad ascoltare la voce di Walty registrata nella segreteria telefonica.
Quando è scesa sulla State Street, alla fermata più vicina al palazzo dello Zenosyne, ha trovato un mezzo principio di assedio: giornalisti e curiosi confinati sul marciapiede da una squadra di androidi della polizia e da un pugno di agenti in carne e ossa. Ha capito subito che, anche avesse avuto con sé il tesserino da giornalista, le porte del palazzo sarebbero rimaste chiuse come le bocche degli agenti.
Si è imposta di non cedere all’agitazione. Di ragionare e non rimuginare. Restare là fuori a sperare di udire per caso delle informazioni credibili non le è parsa una perdita d tempo. In quanto al tentare di contattare qualcuno dello Zenosyne, lei non è mai stata nelle grazie di nessuno in redazione ed ed è certa di essere l’ultima persona con cui vorrebbero parlare al telefono in un momento del genere. È stato allora che Nova si è ricordata che per gli impiegati dello Zenosyne esistono dei posti riservati nel parcheggio sotterrano.
È sgattaiolata nel parcheggio passando per l’uscita sul lato est. Se la sorveglianza, costituita da telecamere e sensori, si è accorta di lei, nessuno sembra aver reputato urgente andarla a cercare: sono venti minuti che vigila sull’automobile di Lisa Kane. E per venti minuti il suo cervello non ha fatto altro che camminare in punta di piedi attorno a allo stesso angoscioso pensiero.
Walty non risponde al telefono.
Nova cava il cellulare dalla tasca e apre l’applicazione di O-DISPATCH. Attraverso il display venato, rilesse l’ultimo messaggio che le ha inviato Walty. I crampi allo stomaco si arrampicano fino al petto, scavandosi una nicchia in mezzo ai polmoni, ridotti a due stracci rattrappiti.

    06/11/2038
    20:01
    INDOVINA CHI STA PER CHIEDERE UN AUMENTO A MALONE? ;)


Un ticchettio di passi frettolosi e uno squittio soffocato le impediscono di avviare un'altra chiamata.
«Che stai facendo tu qui?»
Lisa Kane, in bilico sulle scarpine nere dal tacco a spillo, fissa Nova come l’avesse sorpresa a nascondere una partita di Red Ice nel bagagliaio della sua automobile.
Nova si stacca dalla portiera con una spinta dei reni.
«Scusami. Non volevo spaventarti.»
Lisa sbatacchia le palpebre macchiate di mascara sciolto. Ha il trucco sfatto. La luce cruda del parcheggio dà all’incarnato bruno un che di malaticcio, ma Nova immagina che nemmeno lei sotto quella luce, tra lividi e occhiaie e capelli sporchi, sia il ritratto della salute.
«Ho saputo cosa è successo.» Nova va dritta al punto. «Volevo solo sapere—»
«La polizia mi ha raccomandato di non parlare con nessuno.» Nel tono scostante della caporedattrice c'è un sottofondo provato e umidiccio. Getta il fazzoletto appallottolato nella mano dentro la rigida borsa di vernice appesa al gomito. «E io non ti farò infamare il nostro giornale con uno dei tuoi articoletti saccenti.»
«Lisa...» Nova sospira. «Ero... sono preoccupata. Ho provato a telefonare a Zach, ma non mi risponde.»
L'espressione risentita di Lisa si dissolve in uno sguardo di angoscia.

«Ti prego, Barton, la polizia mi ha riempito di domande per un’ora... non chiedermi di parlarne di nuovo.»
Nova è confusamente grata di avere un sedile sotto di sé — Lisa ha aperto le portiere della Flux per farla mettere seduta — perché dubita di possedere ancora la capacità di tenersi in piedi; ogni briciola di energia e volontà è risucchiata nello sforzo di non crollare davanti a Lisa Kane. Ha i polmoni in fiamme, per la fatica di trattenere le lacrime e mantenere un respiro regolare.
La caporedattrice è rimasta fuori, in piedi davanti alle portiere spalancate, con le braccia strette davanti al petto. Sta osservando Nova con un cipiglio a metà tra l’impietosito e l’impaziente.
«Vuoi un fazzoletto?»
Nova scuote la testa.
Walty è morto.
Morto.
Ammazzato.
No.
Non è vero. Non è reale. Non stanno davvero parlando di Walty.
«Ma... perché?» sussurra Nova. «Perché l’hanno ucciso? Che cosa è successo ieri sera?»
«Ti ho già detto che non lo so» risponde Lisa, aspra. Inghiotte a vuoto e l’asprezza si attenua. «Ho sentito gli agenti parlare di devianti.»
Nova chiude gli occhi. Strofina le dita lungo le sopracciglia. Il profumo di cocco che infesta l’abitacolo le fa girare la testa. «Lisa...» La logica. Deve aggrapparsi alla logica. «Tu vedevi gli androidi tutti i giorni. Hai mai notato qualche comportamento insolito?»
Lisa fa cenno di no.
Nova aggrotta la fronte. «E non è possibile che ieri sera Walty abbia fatto qualcosa che possa averli... non so... spaventati?»
Lisa trasale. «Spaventati? Che stai insinuando? Che Walton se l’è cercata? Dio, se avessi visto come lo hanno ridotto!» La voce della donna si fa stridula. «Avrò bisogno di anni di terapia per dimenticare cosa ho visto!»
«Sto solo cercando di capire...» mormora Nova. Il giramento di testa diventa un’atroce vertigine.
Lisa, invece, par riprendere un minimo di controllo. «Tu e Walton vi conoscevate da anni, no? Sai che tipo era. Un nerd fatto e finito. E un fanatico degli androidi. In redazione passava praticamente più tempo a chiacchierare con Jimmy che con noi. Non avrebbe mai fatto... del male, come dici tu, a quei due.»
Nova serra i denti fino sentir male alla mascella. Lisa Kane ha ragione. Non riesce a immaginare Walty maltrattare di proposito un androide. In effetti, non riesce a immaginare Walty maltrattare chiunque.
«Quei mostri sono andati in corto circuito!» sbotta Lisa. «E Walton ha avuto la sfortuna di trovarsi nelle loro mani, quando è successo.»
Però non combacia con quello che mi ha detto di aver scoperto Connor, Nova si guarda i palmi della mani. Freddi e sudaticci. Deve esserci stata una causa scatenante.
«E gli altri? Qualcun altro in redazione li vessava? A parole? Fisicamente?»
Lisa fissa Nova, tra l’incredulo e l’inorridito. «Sono androidi, Barton. Noi diamo gli ordini, loro eseguono. Punto. Nessuno gli ha mai messo le mani addosso, se è questo che intendi. Li ha acquistati Malone. Pensi che avessimo voglia di farci sottrarre i soldi dallo stipendio per le riparazioni?»
Prende un respiro.
Si calma.
«Vuoi... vuoi che ti accompagni a casa?»
«No... no, grazie.» Nova scivola giù dal sedile. Le suole delle sneakers incontrano l’asfalto e le gambe non la tradiscono. «Devo trovare una persona.»

/\/


«Sì, due devianti in fuga.» Anderson sta parlando al telefono. «Ricercati per omicidio.» Le parole si trasformano in nuvolette di fiato mentre l'uomo cammina indolente davanti alla portiera della Brougham. I fiocchi cadono fitti e ingrossano i cumuli di neve sporca ammucchiati ai bordi della strada. L’automobile è parcheggiata in una via secondaria, poco distante dalla State Street, fuori dal radar della stampa accorsa sul posto.
«Dobbiamo battere a tappeto tutta la Downtown. Controllate ogni strada. Ogni telecamera. Ogni drone. Questo caso deve avere la priorità.»
Connor, che attende accanto al muso della macchina, non recepisce la risposta dalla Centrale perché i suoi sensori audio vengono dirottati su un rumore di passi.
Qualcuno corre, verso di loro.
L’androide volta il capo verso la propria destra.
L'intensità del LED aumenta.
È Nova Barton.
«Tenente Anderson!»
L'interfaccia visiva segue i movimenti della reporter: lei gli passa davanti, ignorandolo, e si piazza davanti al tenente. Il ritmo respiratorio della donna è alterato e gli appare più pallida rispetto a quando l’ha lasciata su Howard Street. In quanto ad Anderson, non sembra sorpreso dalla comparsa della donna ma Connor riconosce i familiari segnali di irritazione nel linguaggio fisico dell'uomo.
Il tenente chiude senza tante cerimonie la telefonata, ficca il cellulare in tasca e agguanta la maniglia della portiera. «Non ti darò un’esclusiva su questo caso.»  
«No... no, aspetti!»
Il LED di Connor ha un tremito: ha rilevato un cambiamento nella voce della reporter. Suona incerta e arrochita.
«Il ragazzo che è stato ucciso... era mio amico.»
La mano di Anderson abbandona la maniglia. Trattiene il respiro, per un istante. Poi lo butta fuori, scuotendo la testa. «Mi dispiace.» E Connor rintraccia nel sospiro dell’uomo una somiglianza con l’avvilimento della notte precedente, al Riverside Park.
«È vero che sono stati gli androidi?»
La diffidenza di Anderson riaffiora in un nodo di rughe sulla fronte.
«Come lo sai?»
«Ho parlato con la caporedattrice.»
Il tenente annuisce, riluttante.
«Avete capito il motivo? Sapete che cosa è successo?»
«Stiamo indagando.»
«E che cosa avete scoperto?»
«Secondo le ricostruzioni del mio software—»
«Connor.»
L'androide ammutolisce, trattenuto dallo sguardo truce di Anderson. Ma anche Nova lo sta guardando adesso e Connor si vede offrire la possibilità di eludere l’ordine di Anderson. Potrebbe continuare a parlare. Batte le palpebre. E si piega alla programmazione.

   [ RESTA IN SILENZIO. ]

«Sta’ a sentire... mi dispiace per il tuo amico» ripete Anderson. La mano destra esita, allungandosi verso il braccio della donna. Riesce a battere una goffa pacca sulla spalla, pur senza guardarla in faccia. «Dico davvero.» Ritira la mano. «Troveremo i devianti.» E si volta verso la portiera.
«E dopo?» sbotta Nova.
Anderson torna a guardarla.
«Cosa succederà dopo che li avrete trovati? Chi pagherà per quello che è successo a Walty? Non potete sbattere in galera degli androidi.»
«La Cyberlife—»
«La Cyberlife pagherà? Oh, sì. Pagheranno il padre di Walty, e chiunque dovesse azzardarsi a costituirsi parte lesa, per non finire sotto processo, giusto?»
«No, non è giusto. È il contrario di giusto» abbaia Anderson. «Ma così gira il mondo, ragazzina. È ingiusto. È un fottuto schifo. E noi non possiamo farci un cazzo.»
«È quello che si ripete ogni giorno, prima di iniziare il suo lavoro di cagnolino da riporto per la Cyberlife?»
Il tenente accorcia di mezzo passo la distanza da Nova Barton.
Connor si sposta automaticamente verso l'uomo.
Pronto a intervenire.
Ma non c’è niente da fermare.
L’androide lo vede aprire la portiera, con un fiacco strattone.
«Connor, andiamo.»
Connor guarda Nova. Lei è indietreggiata. Mantiene le labbra serrate, nel probabile sforzo di non lasciarle tremare, e le braccia rigide lungo i fianchi. La lucidità negli occhi chiari è anomala. Sono tutti elementi spia di uno stato emotivo di tensione e sconforto.
L’androide dà le spalle alle donna, fa il giro della Brougham e sale in macchina.







   
 
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