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Autore: Pachiderma Anarchico    28/03/2019    3 recensioni
Yuriy si guardò allo specchio, e ciò che vide non gli piacque affatto.
La bianca pelle del volto era porcellana purissima, intatta e liscia come la prima neve.
Non un graffio, non un livido a testimoniare l'aggressione subita la notte precedente.
Un normale ventiduenne sarebbe caduto sotto a quei colpi, un normale ventiduenne sarebbe morto.
Ma non lui.
Non lui con quegli occhi azzurri e l'anima in tempesta.
Per sei anni non aveva alzato un dito, per sei anni non aveva più parlato quella lingua, familiare e inconfondibile, ed era bastata una miserabile, stramaledettissima notte perché il suo corpo si ricordasse com'è che si uccide un uomo.
. . .
-E poi c'è Mosca.- esordì la voce limpida e gelida di Serjei, che si sedette sul divano e prese la Vodka che Yuriy gli aveva stancamente allungato.
-Già..- Yuriy si massaggiò le tempie, abbandonandosi contro lo schienale. -Cosa volete scatenare, una ribellione?- proruppe, sarcastico.
I due ricambiarono il suo sguardo, immobili e seri come il russo non li aveva mai visti.
-…Non starete dicendo sul serio.-
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Julia Fernandez, Kei Hiwatari, Un po' tutti, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Aky ivanov: innanzitutto grazie come sempre per la puntualità e la pazienza con le quali commenti i miei capitoli. 
Rispondendo alle tue parole, Yuriy "tonto" nelle questioni amorose è un po' la tendenza di una larga parte delle fanfiction, soprattutto quelle con Julia, probabilmente a causa del suo passato, del suo carattere freddo e del suo reprimere i sentimenti.
La JuliaxBoris non ricordo di averla mai letta (o forse sì) e, anche se non mi fanno impazzire insieme, non disdegno mai qualcosa di ben scritto.
I tuoi sospetti sono esatti, la mia quiete è sempre il preludio alla tempesta. 
Spero che continuerai a seguirmi, 
Pachiderma Anarchico

P.S.: grazie ad ogni singolo lettore.

 



This is my kingdome come.



 

6. 

Scommessa.
(pt.2)







Kai finì di abbottonare la camicia blu notte, lo sguardo perso nella penombra della stanza.
Il rosso nei suoi occhi parve nero quando vide nel riflesso dello specchio due braccia scure cingergli il collo.
-Cosa dice Vorkov?-
-Cosa dice Yuriy?-
Kai piegò il collo per guardarla.
-Non ti fidi?-
-Dovrei?-
-No.-
Ming Ming sorrise, le labbra carnose atteggiate in una smorfia provocante.
-Quindi fuori da questa stanza mi uccideresti?-
-Perché no?-
Kai seguì la linea delle sua bocca, suo malgrado.
Aveva avuto una moltitudine di ragazze nella sua vita, una più insignificante dell'altra.
C'era la norvegese che era brava a letto ed era durata qualche giorno in più delle altre, la cubana dalla pelle al profumo di cocco, la finlandese con il suo accento strano e gli occhi color cannella, la coreana con la forma minuta e il carattere esplosivo, ma nessuna glielo faceva diventare duro come Ming Ming, con il temperamento di una regina e le movenze di una squillo, la voce al miele e le unghie da strega nere opache, i boccolosi capelli corvini dalle punte cobalto e l'intimo in pizzo viola.
Gli orecchini di swarowski rosa e gli occhi allungati da gatta.
Ming Ming non gliela dava vinta mai.
E Kai adorava vincere.
-Non lo faresti.- sussurrò la ragazza, sfiorandogli il mento con un dito.
-Non sottovalutare le cose che farei.- ribatté il nippo-russo, respirando il suo profumo costoso.
-Potrei tradirti in ogni momento, lo sai? Con Vorkov, con i tuoi amici...-
-Potrei ucciderti in ogni momento, lo sai? E farla passare per autodifesa. Pensi che non mi crederebbero? È una guerra, e siamo su fronti opposti.-
Ming sorrise. -Sei macabro.-
-Sono disposto a tutto.-
-É questo il problema di chi sta dalla parte dei nobili di cuore- proseguì lei, insinuando la mano nel collo della camicia, allungandosi fino ad arrivare a toccargli il petto.
-Non puoi essere disposto a tutto. Hai dei limiti.-
Il nocciola nei suoi occhi si scontró con il porpora di quelli di Kai quando penetrò nel suo sguardo.
-E il Kai che conosco non ha limiti.-
Le loro labbra si avvicinarono per la centesima volta in quella notte senza luna.
Kai le sfioró con lentezza, Ming gli prese voracemente il mento con due dita e lui la spinse sul letto.
-Il punto è che non conoscete Kai. Nessuno di voi.- Posò le mani ai lati della sua testa, guardandola fisso negli occhi come un rapace che ha puntato la sua preda dall'alto.
-Io potrei essere qui e non esserci, sopra e sotto, sincero o meno. Magari sto giocando...- soffió sulla sua guancia. -Magari no.-
-Credi di avere il controllo?- Con un colpo di reni Ming Ming intrecciò le gambe attorno alla vita del ragazzo e rivoltò la situazione, issandosi sopra di lui.
-Non questa volta.-
Kai si puntelló sui gomiti per strapparle un morso dalle labbra, ma lei scattò in piedi.
-Mi aiuti?- chiese.
Conosceva già la risposta quando infilò il tubino corallo e scostò i capelli dalla parte alta della schiena per permettere alle dita di Kai di alzare la zip.
Prese un rossetto dalla borsa e osservò il loro riflesso nello specchio.
-Passa dalla nostra parte.-
Kai allacció il Rolex al polso.
-Mi hai preso per uno stupido?-
-Ti ho preso per un condannato a morte.-
-Pensi che essere il burattino di Vorkov e di mio nonno sia meglio della morte?-
Ming Ming infilò gli orecchini sbuffando d'impazienza.
-Non ne uscirete vivi. Non lo capisci? Vorkov è troppo forte. Se non siete con lui siete contro di lui, e non lascerà mai che un potere come il vostro vaghi sul suo regno nascente a meditare vendetta.-
-Quale potere?-
La ragazza osservò la schiena del nippo-russo nello specchio mentre metteva il rossetto sulle labbra piene.
-Mi passeresti le sigarette e l'accendino? Sono nella tasca interna della borsa.-
Kai allungò una mano, aprendo la cerniera all'interno della Chanel di Ming Ming.
-Qual è il tuo vero nome?-
La ragazza sorrise e si voltò per prendere le sigarette e l'accendino che Kai le porgeva.
-Grazie.-
Kai la osservò inarcando un sopracciglio.
-Fragolina87.-
-Divertente.-
-Vuoi lasciare qui le chiavi della tua auto? Sai, mi piacerebbe una Porche.-
Kai si avvicinò pigramente.
Fu allora che Ming Ming partì all'attacco.
Con uno scatto delle dita l'accendino partorì la sua fiamma.
L'avvicinò velocemente alla mano di Kai.
Nonostante i riflessi pronti, era chiaro che il fuoco non aveva lasciato tracce sulla sua pelle.
Ming Ming avrebbe giurato che non si fosse spostato neanche per il dolore.
-Che cazzo fai?!-
-Lo sapevo...-
-Cosa, che sei una pazza? Guarda, lo sapevo anche io.-
Ming Ming proruppe in una risata che sapeva di vittoria.
-Non fare il finto tonto con me, per tua sfortuna non sono stupida. Non ti bruci eh.. il fuoco non ti fa nulla.-
Kai si passò le mani tra i capelli prima di tornare a sedersi sul letto.
Ming Ming non aveva mai visto neanche l'ombra di un'agitazione così intensa sul volto del nippo-russo.
-Non puoi dirlo a nessuno o mi uccideranno.- Sollevò improvvisamente lo sguardo. -A meno che tu non voglia proprio questo.-
-Credi che Vorkov e tuo nonno ti ucciderebbero con un potere del genere tra le mani? Farebbero di tutto per portarti dalla loro parte.-
-Ma io non sarò mai dei loro, e farebbero di tutto per togliermi di mezzo.- concluse alzandosi.
-Quindi non puoi dirlo a nessuno.-
-Magari sputerò il rospo non appena varcherò la soglia di questa porta.- Ming Ming sbatté folte ciglia con fare innocente, come una bambina colta con le mani nel barattolo dei biscotti.
-Non lo farai.- Kai neanche ci provava a sembrare innocente.
-Mmh... e perché no?-
-Perché sono la migliore scopata della tua vita.-
Le loro labbra si parlavano addosso.
-Pensi che non possa trovare di meglio?-
-Dimmelo tu.-
Ming Ming fece schioccare le labbra rosse. L'aroma alla ciliegia del suo lipstick danzò nell'aria.
-Posso trovarne altri dieci come te.-
-Ah sì?- Kai prese la giacca. -Io invece credo di no.-
-Cosa te lo fa pensare?-
-Perché sei qui- Kai si rigirò le chiavi dell'auto attorno all'indice, -con il nemico, rischiando di perdere quella testolina all'odore di zucchero filato che ti ritrovi.-
-Se scoprono me scoprono anche te, sweetheart.- La ragazza gli passò accanto, ancheggiando con fare provocante. -I tradimenti si fanno sempre in due.-
Il vestito aderente si sollevò di qualche centimetro, scoprendo una voglia colore caffè latte a forma di goccia sulla coscia sinistra.
Kai la afferrò da un braccio, costringendola a guardarlo negli occhi.
-Attenta a ciò che dici. Se parli siamo entrambi rovinati, ma io sono un Hiwatari e prima di uccidermi ci penseranno tre volte. Tu non vali quanto me, dolcezza.-
 
 
***
 
Julia entrò nella Jacksonville bianca dal motore acceso, che la figura appollaiata sul posto di guida faceva rombare rumorosamente.
-Ti stai divertendo aquí?-
Yuriy premette un pulsante su un piccolo dispositivo metallico che ricordava un comune telecomando, solo quattro volte più tecnologico.
La porta del garage si sollevò.
-E’ una bella auto.-
-No creo que a Kai interessino le macchine, lo fa più per una questione di…-
-… reputatsii.-
-reputación- dissero nello stesso istante.
Julia ridacchiò, aggiustandosi meglio sul sedile in pelle.
-E tu? Eres appassionato di motori?-
-Di solito quello che rubava le auto era Ivan ma…- tirò un colpetto sullo sterzo, -Kai li sa spendere i suoi soldi.-
-Questo secondo te è bianco antico, avorio, latte, navajo, floreale o fantasma?- Julia iniziò a toccare la rifinitura in pelle dello schienale, il cruscotto, la striscia di separazione tra i due sedili in legno, lo screen touch super-sottile.
Yuriy le lanciò un’occhiata attonita.
-Sono fissata con i colori.-
-Io devierei verso il manicomio.-
-Come siamo spiritosi stasera.- commentò la spagnola accendendo lo screen con un doppio touch.
-Woa, credevo funzionasse solo nei film.-
-Io credevo che "credevo funzionasse solo nei film" lo dicessero solo nei film.-
Julia gli rispose con uno sfarfallare fintamente scocciato di ciglia e riuscì a collegarsi a internet.
-Che canzone metto? Questa, es vecchia però me gusta mucho.-
Le note incalzanti di "Te amo" si diffusero nell'abitacolo, seguite dall'avvolgente voce di Rihanna.
-Ti piacciono le canzoni ballabili.-
-Then she said Te amo, then she put her hand around my waist, I told her no, she cried Te amo
I told her I'm not gonna run away, but let me go
...-
Yuriy cambiò la marcia e si inserì nel traffico variopinto della sera di Tokyo.
-Se ondeggi un altro po' si stacca il sedile.-
Julia scoppiò a ridere con un colpo secco, come quello di una pistola carica.
-Que estupido.-
Si poggiò alla portiera per guardarlo meglio.
-Chi ti ha insegnato a guidare?-
Yuriy non si curò di dissimulare l’esitazone.
-Perché?-
-Così.-
Il russo sospirò.
-La sorella di Ivan.-
Illuminò lo schermo del cellulare per dargli un'occhiata.
-É una tua amica?-
Yuriy accennò un sorriso con gli occhi puntati sul telefono.
-É come se fosse mia sorella.-
-Una sorella con cui sei andato a letto?-
Il moscovita la guardò.
-Oh vamos chico, so riconoscerlo lo sguardo di un uomo che parla di una donna con cui è stato a letto, per chi mi hai presa?-
Yuriy chiuse il cellulare e suonò il clacson.
-Perché nessuno sa guidare nelle grandi città...?- borbottó sottovoce.
Julia seguì il modo in cui il maglione verde militare si sollevava sul polso quando stringeva lo sterzo con entrambe le mani.
L'incarnato della pelle faceva a gara con il bianco della macchina, e stava vincendo.
Le eleganti dita delle mani sfioravano con indolenza lo sterzo, come se non stesse davvero prestando attenzione, e le vene sottopelle se ne stavano in rilievo senza sforzo, segno che, per quanto a primo impatto paressero le mani di un pianista, non era un musicista.
-É bella?-
-Ivanka?-
Julia ridacchiò.
-Già il nome dice tutto.-
-Tutti i nomi russi sono così... intensi. Ma lei non è come te la immagini.-
-É come me la immagino?-
-Alta, bionda, occhi azzurri, forme voluttuose, tacchi rosso fuoco, vestiti che spaziano dal rosa confetto al verde pastello e passo da regina.-
Julia fece per protestare, poi chiuse la bocca.
Era proprio quello che pensava.
-E invece?-
-E invece è come me.-
Julia giocherelló con i grandi orecchini che aveva messo, dorati come la collana a fiori sul vestito in lana.
-In che senso?-
-Pratica, nocche sfregiate, anfibi, capelli legati e cicatrici. La più abile giocatrice di Poker che abbia mai conosciuto.-
Julia si passò una mano tra i capelli.
-Ah, in questo senso.-
Yuriy sfiorò il touch per avviare il navigatore.
-Diamine, è in giapponese, col cavolo che lo capisco. Dove vuoi andare?-
-Mi fai anche decidere? Che galantuomo.-
-Perché, avresti accettato di non essere interpellata?-
-Per niente.-
Julia si stiracchiò.
-Peró... eres el príncipe azzurro.- lo stuzzicò la spagnola fingendo di guardare i grattacieli stratosferici della capitale.
Le insegne luminose dei locali notturni brillavano come accecanti costellazioni.
Yuriy alzò gli occhi al cielo.
-Decido io.-
-Sushi.- Julia si voltó. -Siamo a Tokyo, in Giappone, approfittiamone. Te gusta il Sushi vero? Dime que che te gusta, me vuelva loco.-
Yuriy osservò una macchina nello specchietto retrovisore.
-Chiama Takao, fatti consigliare qualche ristorante di Sushi.-
-Takao? Estas seguro? Mangia qualsiasi cosa abbia vagamente l'aria commestibile. Provo con Kai.-
-Kai non avrà mai provato un ristorante per noi comuni mortali in tutta la sua vita, ha uno status da raffinato ricco ereditiere da mantenere. Prova con Max.-
-Max, quello che mette la maionese sulla pasta al sugo.-
-...Giusto.-
-Rei.-
Il russo annuì.
-Rei.-
-Anche se non è giapponese è stato qui tantissime volte, sa cucinare, ha praticamente ingoiato una guida culinaria ed è pure caliente. Bueno.- La madrilena batté le mani soddisfatta e sfoderò il cellulare come un'arma.
-Non so, Mao si deve preoccupare? Sembra che tu debba chiedergli altro, non un locale.-
Julia fece una smorfia.
-Mucho caliente. Non l'acqua congelata in stalattiti dopo un giorno di pioggia a zero gradi.- ribattè lei, cercando il numero di Rei in rubrica.
Yuriy accennò un sorriso.
-Sí, Sì... Sì... Ah! Dovremmo esserci. Tra poco... Strada laterale... Gira... GIRA! Escusame, a destra. Dovrebbe... ecco. Sì, Nabu Tokyo . Graciaaas Rei, muchas besos.-
Chiuse la comunicazione e abbottonò la giacca bordeaux.
-É questo.-
-L'avevo capito.- Yuriy scese dalla macchina.
Julia gli fece una linguaccia alle spalle e lo seguì nel ristorante.
Si sedettero a un tavolo e Julia si massaggiò le mani protette dai guanti tagliati a metà dito.
-Fa freddo in questa città a gennaio.-
-Stai parlando con uno che ha le Converse a gennaio.-
Julia sbirciò sotto al tavolo.
-Ma sei pazzo?!-
-Sono russo.-
Julia si sforzò di trovare qualcosa da rispondergli, poi si arrese giocando con una bacchetta.
Si guardò attorno sfilando il soprabito e i guanti.
L'ambiente era confortevole, investito di una calda luce gialla che si specchiava sui tavoli in legno. Il lieve aroma di pera e cannella aleggiava nell'aria e i separé di carta di riso recavano classiche raffigurazioni orientali di leggende in cui i draghi vincevano sempre.
Una cameriera dai capelli colorati di un biondo platino legati in tante piccole trecce si avvicinò con i menù e un sorriso di circostanza sulle labbra.
Quando vide Yuriy poggiato allo schienale di una sedia nel suo locale il suo sorriso divenne improvvisamente sincero.
Julia rispose cortesemente alle sue domande e chiese una birra, indicandola a caso sul menù.
-Chi sa come sono le birre giapponesi..-
Yuriy né ordinò un'altra e sfogliarono per due minuti i menù in silenzio, fino a quando il russo non avvertì una presenza addosso.
Alzò lo sguardo dai nomi delle pietanze.
Julia lo stava spudoratamente fissando.
-Ora Boris avrebbe esordito con una roba simile a: "Sai che io non sono sul menù, vero?"-
La madrilena sbarrò gli occhi e sotterrò la bocca nel fazzoletto per impedire alla sua risata di evadere.
-Lo imiti... in una... mani-maniera pazzesca!- Tossì e scosse i lunghi capelli ondulati.
-E in ogni caso no, non mi interessi tu Ivanov, ma i tuoi orecchini- Indicò la cartilagine dell'orecchio sinistro. -Non ricordo di averteli mai visti.-
-Perché non esistevano, fino a ieri.-
Julia si portò il boccale di birra alle labbra mentre la stessa cameriera di prima ci metteva ottocento anni in più per poggiare l'altra davanti a Yuriy.
-Noia, Boris, vodka. Devo aggiungere altro?-
Julia sorrise scuotendo la testa.
-Ti ricordi almeno di averli fatti?-
-Macché, stamattina mi sono svegliato con questi cosi all'orecchio. Volevo ucciderlo.-
-Non ricordi nulla?-
-Ricordo vagamente di averli fatti a Boris e lui, Kai, Ivan e Sergej devono averne fatto uno a testa a me.-
Yuriy si toccò il lobo dell'orecchio.
-Il disco nero è sicuramente di Kai, l'anello argentato di Boris, l'anello più piccolo con la pistola pendente di Ivan e la fascia più sopra Sergej, ci scommetto.-
-Da soli? Li avete fatti da soli? Anche Sergej?-
-Non riesce davvero a restare fuori dal divertimento.- rispose Yuriy con un ghigno.
-Ma non potevate barcollare fino a uno studio per piercing?-
-E il divertimento dove sarebbe stato?-
Julia scosse la testa e chiamò un cameriere per ordinare.
-Voglio esto, esto, esto y…esto. Ah, y esto, gracias.- sorrise amabilmente, poi guardò un'ultima volta gli orecchini del russo, evidenti grazie alla coda in cui lui aveva legato i capelli.
-Ti sei fatto male?-
-Figurati, per quattro buchi, che vuoi che siano.-
Julia aspettò che la cameriera carina posasse i piatti sul tavolo e girasse i tacchi prima di ricominciare a parlare.
-Ah, tu non mi dovevi una scommessa?-
Yuriy prese la forchetta.
-Cosa volevi sapere?-
-Come ti sei procurato la cicatrice lunga sulla clavicola.-
Se l'inverno fosse stato una persona Julia avrebbe giurato che si fosse appena seduto al loro tavolo.
Esattamente tra di loro.
Yuriy era capace di trasformare l'atmosfera attorno a loro con la sola posizione del corpo (rigida), con il solo cambiare della luce negli occhi, ora guardinghi.
La madrilena attese in silenzio, decisa a dargli tutto il tempo, ma anche ad andare fino in fondo.
-Vorkov ci faceva combattere quasi tutti i giorni, ma c'era una volta all’anno in particolare in cui era fondamentale vincere.-
Julia continuò a guardarlo mentre prendeva le bacchette e si serviva di Teramaki e roll di riso, salmone, curcuma e menta.
-Ci faceva lottare a coppie, in tre o quattro per valutare chi fosse abbastanza forte da meritare ancora le sue “attenzioni” e chi no.- Bevve un sorso di birra. -Non c'erano regole, pause, pietà, non c'era niente fino a quando non ne rimaneva solo uno in piedi.-
-E chi perdeva?-
-Moriva.-
Julia si bloccò con le bacchette a mezz'aria.
Non sapeva se fu l'impossibilità con cui lo disse, l'assoluta neutralità del suo volto o il concetto in sé.
Come se stesse parlando del tempo.
Come se avesse vissuto a fianco della morte per così tanti anni da non fargli più nessun effetto.
Quasi ci avesse fatto l'amore, con la morte.
-... Como...?-  deglutì. –Come moriva?-
-Colpo di pistola se eri veramente fortunato. Di fame e sete se lo eri così e così. Dissanguamento se non lo eri.-
Yuriy si distrasse un attimo a osservare un giovane thailandese che mostrava un anello nuovo di zecca alla sua fidanzata. Quella si portò le mani sulla bocca, gli occhi lucidi di felicità.
Anche questo non gli faceva effetto.
-Io non ho perso mai, per questo sono qui.- Bagnò un Futomaki nella salsa di soia.
-Una delle ultime volte mi scontrai con il fratello maggiore di Sergej. Si portò dietro il vetro di una bottiglia rotta e mi sfregiò la clavicola in perpendicolare fino al collo. Andò in profonditá, ricordo che i medici dopo dissero che se fosse andato solo un paio di millimetri più su avrebbe tagliato la carotide. Persi più sangue di quello che avevo in corpo ma rifiutai di arrendermi, e il combattimento non poteva finire. Mi accasciai al suolo. Non ricordo neanche il dolore, solo le vertigini e l'odore di ferro ovunque... ovunque.- Yuriy si poggiò allo schienale della sedia, passandosi le nocche sulle labbra.
Poteva sentirlo anche adesso l'odore del sangue, come cascate.
Poteva vederne il colore come tende cremisi dietro le palpebre.
-Mi venne addosso e sentì come se mi avessero aperto in due il petto. Ero certo che quelli fossero i miei ultimi respiri e li usai. Li usai male.- La mano sul tavolo ebbe uno spasmo.
-Malissimo.-
Julia l'ascoltava immobile. Non era sicura di poter ascoltare ancora, ma sapeva di non poter smettere.
-Lui allungò un braccio per infilare le dita nella ferita e io usai l’attimo in cui il suo avambraccio si trovò vicino alla mia faccia per morderlo. La bocca era l’unica cosa che riuscivo a muovere. Lo morsi con tutta la forza che mi rimaneva, con la sensazione che la spalla e il collo mi si staccassero dal corpo. Riuscì a beccare una sua vecchia ferita mai completamente guarita.-
Yuriy si guardava le dita delle mani con insistenza.
-Il morso di un lupo. Lo morsi nello stesso punto in cui l’animale l’aveva morso anni prima. Lui allentò la presa delle dita sul coccio di vetro e io glielo piantai in mezzo agli occhi.-
Tutta la difficoltà nel parlare era svanita.
Tornò a guardarla, neutrale come un robot.
Sguardo assente, voce controllata, alti e bassi nei punti giusti, preciso, conciso e veloce.
Ma la mano, impercettibilmente, continuava a tremare.
-Il fratello di... e Sergej ti è rimasto accanto lo stesso?-
-O io o lui. O io o loro. O io o la morte. E Vorkov non mi avrebbe mai graziato con una pallottola nel cranio, sarei stata la sua più grande delusione.- Per la prima volta dopo quelli che sembrarono secoli si fece guardare negli occhi.
-Invece sarò il suo più grande errore.-
Julia non si era resa conto di aver contratto le gambe per tutto il racconto. Le sciolse lentamente.
L'unica cosa che non riusciva a sciogliere era la durezza dei suoi occhi.
Vedeva riflesso in esso la bottiglia rotta, gli anni di buio, la sofferenza e la solitudine. Il dolore. Un immenso dolore. I suoi occhi erano come gallerie infinite, asfissianti a tratti, che si richiudevano su loro stesse e su di te, se cercavi di attraversarle.
Ma anche la rabbia, l'odio, la violenza.
Bellissimi e inumani.
Bellissimi e insopportabili.
Non era giusto.
Non era giusto per due occhi così riflettere il buio, e non la luce.
Julia gli strinse di slancio la mano con la sua.
Yuriy sobbalzò.
Una torcia si aprì improvvisamente in quelle gallerie oscure.
Flebile come una candela, ma vera.
Calore vero.
Il ragazzo aggrottò appena le sopracciglia.
-Non è colpa tua se sei bravo a sopravvivere, Yuriy. Non è colpa tua se non volevi morire, non sei stato tu ad aver scelto tutto questo. Sei stato gettato nel bel mezzo del gioco e hai dovuto giocare meglio di chiunque altro.-
Julia non si rese conto di cosa aveva fatto, ma chiunque avesse conosciuto Yuriy avrebbe capito che non era estate da molto, moltissimo tempo nell'anima del russo e che, quella sera, per la prima volta dopo anni, la tempesta si attenuò.
-Avrei potuto decidere. Avrei dovuto decidere di morire.- disse tagliente.
-E adesso magari non ci sarebbe nessuno a tentare di fermarlo.-
-Chi se ne frega se ho fatto il suo gioco per anni.-
-Hai imparato così bene le regole del suo gioco tanto da poterle usarle contro di lui.- Julia gli strinsi di più la mano con la sua per farsi guardare.
-Tu vuoi fermare questa ruota, vuoi impedire che altre persone debbano subire ciò che hai subito tu. Eri solo un bambino che ha dovuto sopravvivere all'inferno, e ci sei riuscito, sei qui, sulle tue gambe. Ti sembra poco?-
Yuriy si concesse di sentire il calore di quel contatto nato dall'impulso per due secondi. Non appena iniziò a goderselo ritirò bruscamente la mano.
Julia sospirò mettendosi dritta.
Fece schioccare il collo, avvertendo una fitta alla spalla per la tensione.
-Comunque... es una vergogna che tu sappia costruire una bomba a mano ad occhi chiusi e non mangiare con le bacchette.-
Il russo respirò pesantemente spalmando la schiena contro la sedia. Poggiò il mento sulla mano e la guardò.
Un'estremità delle labbra si sollevò in un sorriso.
-Vie' qua, te enseño.-
Julia gli ficcò le bacchette in mano e prese le sue.
-Non si può mangiare il Sushi senza bacchette, neanche la cameriera carina ti guarderebbe più se ti vedesse infilzare il salmón. Segui i miei passi.-
Yuriy inarcò un sopracciglio, ma il sangue aveva ripreso a circolargli nel corpo.
-Metti quella superiore aquí... poggiata al medio e al pollice. Non deve muoversi! Mi raccomando. La bacchetta di sotto fa todo. Sono come gli uomini e le donne. Voi fate il minimo sforzo in todo tranne nel rompere le scatole, e noi facciamo tutto, rompere le scatole compreso. E lo facciamo meglio. Mi segui?-
Yuriy la imitò, tenendo le bacchette come lei, che barcollavano pericolosamente.
-Ora, abbassa... muovi la donna... stringi, sollevi, en la boca, oplá! Abbassi, muovi la donna, stringi, sollevi, intingi nella salsa di soia, en la boca, oplá! Entendiste todo?-
Yuriy sbatté le palpebre un paio di volte, cercò in tutti i modi di afferrare qualcosa ma le bacchette s'incrociavano fra di loro e distruggevano il riso.
-Mi sento impedito. No... è una questione di principio.-
Aggiustò le bacchette con l'altra mano.
Ci riprovò e riprovò ancora, ma al settimo tentativo “l’uomo” quasi non gli volò nella toilette dall’altra parte della sala, mentre Julia se la rideva sotto ai baffi.
-Cambio mano. Aspetta. Sono ambidestro, non impazzito. Ecco... ecco. Ho vinto. No cazzo! L'ho buttato nella salsa di soia, sta affogando! Che cosa ridi, aiutami. Ho appena ucciso un Nigiri e tu ridi.-
-La tua faccia è troppo... hahahahahahahahahahahahahaha... non ci credo che sei così impedito.-
-Dici a me? Non stai parlando con il tuo amico Takao.-
-Ah Takao è giapponese DOC e ti assicuro che le bacchette le sa usare e molto bene anche. Aspetta.-
La madrilena si alzò e gli andò alle spalle, piegandosi fino ad avere le labbra all'altezza del suo orecchio.
Non si rese conto di essersi avvicinata tanto fino a quando non parlò.
-También.-
Posò le mani sulle sue, aggiustando la presa e facendo pressione nel modo giusto.
Yuriy sollevò un Gunkan con le mani di Julia ancora sulle sue e lo avvicinò alle labbra della ragazza, seguendolo con gli occhi.
Julia gli diede un morso, lentamente.
Abbastanza lentamente perché Yuriy non si perdesse neanche un solo movimento delle labbra rosse.
Come si arricciarono, come i solchi color fuoco parvero mappe per un altro destino.
L'odore di Julia era quello della Vigilia di Natale nelle case delle famiglie felici, quando i biscotti di pan di zenzero uscivano dal forno e i colori della carta regalo parevano luccicare.
I momenti che Yuriy aveva sempre osservato dall’esterno, nella neve, attraverso il vetro di una spessa finestra.
Si alzò, facendo un passo indietro.
-Ho voglia di Doraiaki. Vieni.-
Uscirono nella notte affollata, Julia coperta fin quasi a metà viso dalla spessa sciarpa color crema, Yuriy con le converse bianche che si preparavano a staccarsi dal suolo.
-Pronta?-
-Para que?-
-Per attraversare.-
Julia non ebbe tempo di fargli notare che la strada era larga, trafficata, bombardata di clacson e taxi, che erano a Tokyo, capitale del Giappone, nella notte brava di un venerdì gennaio movimentato, che il russo era già volato sull'asfalto tirandola con sé.
Zigzagarono a velocità folle tra le auto, alcune inchiodarono bruscamente, qualcuno li mandò al diavolo in un giapponese furioso.
Yuriy si fermò di botto e Julia gli sbatté contro, col fiato corto e le guance arrossate.
-TU ESTAS LOCO!-
Yuriy incrociò le braccia con un ghigno venato di strafottenza pura.
-Ti scaldi tanto per una corsetta? E io che ti facevo una tipina coraggiosa.-
Il russo era certo che il toro della corrida di Madrid avesse le stesse sembianze della ragazza davanti a lei in quel momento.
-Uno, io sono calda di mio; dos, "tipina" lo dici a qualcun'altra e tres, sono così coraggiosa da prenderti a schiaffi in faccia di nuovo!-
-C'è stata una prima volta?-
La beffarda calma del moscovita la irritò ancora di più.
-Sí! Non fare finta che non sia successo solo para salvarti la faccia. A Mosca, nella Piazza Rossa!-
-Aaah... Ma quello non era uno schiaffo, era appena appena la carezza di una bambina di cinque anni.-
-Ma se ti ho fatto girare la cabeza cuatro volte.-
-Sí eh? Allora riprovaci. Dopo mesi di allenamento corpo a corpo sarai bravissima.-
-Questa volta te la faccio girare anche cinco volte IVA- si spiaccicò una mano sulla bocca, zittendosi di botto.
-Ringrazia che ho voglia di zuccheri querida.- Sollevò il mento in una mossa che pareva appena uscita dal manuale d'istruzioni "Come diventare Kai Hiwatari in 10 iconiche pose".
-Ma guarda tu questo... che antipatico de mierda.- mormorò tra sé e sé raggiungendolo. -In ogni caso io e Hilary l’altra volta siamo state in un posto dove vendono el mejor Doraiaki del sud di Tokyo, però li fanno solo d'asporto. Se ti vanno dovremo mangiarli in macchina, fa troppo freddo fuori.-
-La macchina è di Kai.-
-...e lo zucchero appiccica.-
-e il cioccolato macchia...-
-...e la macchina è nuova...-
Si guardarono nello stesso istante e due secondi dopo erano in macchina, Julia inseriva il nome del piccolo bar sul Google Maps del suo cellulare e Yuriy metteva in moto.
-Se ci cade qualcosa possiamo scavarci la tomba da soli.- commentò la spagnola, senza riuscire a nascondere l’ironia nella voce.
-Noi in quel caso negheremo fino alla morte.-
Quando giunsero a destinazione Julia insistette per comprarli, visto he Yuriy aveva pagato la cena.
Cinque minuti ed era già appollaiata sul sedile, con un vassoio di cartone in grembo pieno zeppo di piccoli dischi color miele al profumo di vaniglia e cioccolato.
-Questi sono i classici al cioccolato, questi allo sciroppo d'acero, questi al pistacchio e questi al cioccolato bianco.-
Si erano fermati con la Jacksonville nel parcheggio di un grande cinema, ora quasi interamente deserto.
Le macchine scorrevano veloci sulla strada dietro di loro, finalmente libere dall'ingorgo del centro città.
Nel silenzio il rumore delle auto in corsa spargeva nell'aria polvere di euforica malinconia.
Yuriy ne prese uno classico, Julia sollevò delicatamente quello al pistacchio.
La superficie morbida della pasta era gonfia di ripieno.
-Okay... uno, dos, tres... vámonos.-
Diedero entrambi un morso.
-Mierda! Mi sta cadendo!- Julia si leccò forsennatamente le labbra fermando con la mano un grosso rivolo di crema verde in caduta libera.
Yuriy bofonchiò qualcosa mentre sollevava il Doraiaki in modo che la piccola cascata di cioccolato centrasse la sua bocca.
-Mmmh... son muy buenos. Vale la pena rischiare l'ira di Kai.-
Uno dopo l'altro, giunsero agli ultimi due superstiti senza problemi.
Ne era rimasto uno allo sciroppo d'acero e uno al cioccolato bianco.
-Tu quale vuoi?- chiese Julia. -Per me è uguale.-
Yuriy prese quello allo sciroppo, Julia sollevò l'altro e leccò lo zucchero a velo prima di dargli un morso.
Il russo si guardò attorno.
-Non posso crederci che non abbiamo sporcato nul...- il cioccolato bianco parve cadere a rallentatore. -JULIA!-
La ragazza sobbalzò, mulinò le braccia, perse la prea sul Doraiaki che, con la velocità di una bomba nucleare, si andò a spiccicare sul finestrino dietro di lei.
Yuriy si bloccò.
Julia perse un battito.
-Quanto grave es...?-
La ragazza si voltò.
Yuriy fece schioccare le dita, senza distogliere lo sguardo.
Pareva l'opera d'arte di un Picasso ubriaco, sotto anfetamine, infuriato perché la fidanzata lo aveva appena mollato per un venditore di banane alle Hawaii.
Il disegno di un disco di pasta tondeggiante con il segno di un morso sul lato destro e una schiera di raggi al cioccolato bianco intorno.
-Pensa, se qualcuno lo vedesse da fuori crederà che...- Julia si morse l'interno della guancia per sedare l’eruzione di risa che le stava nascendo nel petto..
-Pensa se Kai lo vedesse da fuori.-
Yuriy mise in moto, Julia preparò la fotocamera del suo cellulare.
-Facciamoglielo vedere.-
I due si guardarono e scoppiarono a ridere come se non ci fosse stato un domani.
E Yuriy non era certo che il domani ci fosse davvero, ma in fondo, per quella sera, non gli importava.

 
 
  
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