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Autore: Gavriel    21/07/2009    0 recensioni
Salirono le scale fino alla porta del terrazzo, a cui si accedeva attraverso una scaletta a chiocciola nella biblioteca al quinto piano, e La spinse la porta. La luce delicata del tramonto invernale inondò i loro visi, mentre uscivano sullo spiazzo da cui si poteva osservare tutta la cittadina di Portaroen, le casette bianche di neve tinte di rosa dal tramonto. Sulla loro destra iniziava il tetto, dietro un’inutile ringhiera superabile con un salto. E appollaiata sulle tegole, beatamente sdraiata al sole c’era Celia la gemella di Neli. Le due ragazze erano identiche, gli stessi capelli biondo chiarissimo, la stessa forma delle sopracciglia, del naso, della bocca. L’unica differenza visibile era che Neli aveva gli occhi grigi e Celia verde chiaro. Questa storia l'abbiamo scritta tempo fa io e due amici
Genere: Romantico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1

Guerra e Profezie

(ovvero mai credere di conoscersi)

Il corridoio del Collegio era deserto, solo i granelli di polvere illuminati dalla luce rossastra del tramonto.
Neli sentì la malinconia insinuarsi lentamente nel suo petto. Si mise a correre, non voleva che la tristezza avesse la meglio, non ora.
I passi risuonarono nel corridoio e la polvere girò impazzita al passaggio della ragazza.
Imboccò di corsa le scale e le salì, senza badare a quelli che la salutavano o la chiamavano dai pianerottoli di marmo, la gonna grigia della divisa che fluttuava sopra le ginocchia.
- Neli!-
Riconobbe la voce e stavolta si girò. Un ragazzo poco più alto di lei con i capelli castani e gli occhi scuri era in piedi fuori del dormitorio dei maschi. Era La.
- Ciao, La! Cercavo Celia…- disse sorridendo al suo migliore amico.
- Sul terrazzo. Vieni- rispose La tirandola per il braccio.
Salirono le scale fino alla porta del terrazzo, a cui si accedeva attraverso una scaletta a chiocciola nella biblioteca al quinto piano, e La spinse la porta.
La luce delicata del tramonto invernale inondò i loro visi, mentre uscivano sullo spiazzo da cui si poteva osservare tutta la cittadina di Portaroen, le casette bianche di neve tinte di rosa dal tramonto.
Sulla loro destra iniziava il tetto, dietro un’inutile ringhiera superabile con un salto. E appollaiata sulle tegole, beatamente sdraiata al sole c’era Celia, la gemella di Neli. Le due ragazze erano identiche, gli stessi capelli biondo chiarissimo, la stessa forma delle sopracciglia, del naso, della bocca. L’unica differenza visibile era che Neli aveva gli occhi grigi e Celia verde chiaro.
- Hei, inseparabili, sono qui- chiamò Celia scendendo con un salto dal tetto- stavo pensando.-
- Oh, no La pensava! Secondo te è grave?- esclamò Neli fingendosi preoccupata, dando una gomitata a La che sogghignò.
- Ascolta Neli, so che per te è una cosa strana, ma la gente normale a volte pensa, capisci?- replicò Celia mettendole comprensivamente un braccio intorno alle spalle.
BLAM
La porta si aprì di scatto e comparve l’anello mancante del quartetto. Capelli castano scuro e occhi marrone dorato, Malia entrò trafelata.
- Siamo in guerra!- annunciò ansimando.
- Cosa?!- esclamò La spaventato.
- Il Neran ha mobilitato centomila uomini e ora sono a dieci giorni dal confine! E’ arrivato un messaggero mezzo morto a Magori l’altro giorno, dicendo che era riuscito a sfuggirgli, ma l’Oen non ce la farà mai a resistere a un’armata di centomila uomini, anche se siamo maghi!- li informò con il panico nella voce.
Il Neran era uno stato confinante con la loro nazione, l’Oen, l’unica terra oltre la brulla Terra degli Elfi la cui popolazione fosse magica. Orisum, a capo del Neran aveva degnamente continuato le orme del padre Lizar, nutrendo un odio e una paura profondi verso i maghi e fino ad allora non aveva perso occasione di attaccare l’Oen, durante il suo lunghissimo regno (in effetti, era inspiegabile come un uomo potesse vivere e regnare così a lungo, senza neppure invecchiare). Fino ad allora i maghi dell’Oen erano sempre riusciti a sconfiggere gli Uomini senza Ombra, come erano chiamati i soldati del Neran, ma era impossibile anche per dei maghi sconfiggere un’armata di centomila uomini.
- Come…dove diavolo gli ha presi quel pazzo di Orisum centomila uomini?- chiese La spaventato.
Malia scosse la testa senza saper che rispondere.
Neli guardò Celia. Nell’ultimo attacco sferrato da Orisum avevano perso la vita i loro genitori, quando loro avevano solo cinque anni. Loro due si erano salvate per miracolo ed erano state portate al Collegio, la scuola di Arti e Magie della città, che fungeva anche da orfanotrofio e da allora erano vissute lì.
Anche La era orfano ma quando non era al Collegio, cioè tutto l’anno scolastico, stava dai suoi odiati zii, i più ricchi proprietari terrieri di Portaroen, che avrebbero fatto di tutto per levarselo dai piedi.
Malia invece era figlia di un mercante che con la moglie e la sorella maggiore di Malia viveva in una città poco distante da Portaroen.
Poi per tutto l’edificio di diffuse la voce amplificata con la magia della orribile direttrice.
- Tutti gli studenti sono pregati di riunirsi nel cortile, causa annuncio urgente- gracchiò.
I ragazzi si guardarono un attimo e poi corsero giù per le scale. Attraversarono l’atrio al piano terra, illuminato dalle grandi finestre rettangolari e dal grande rosone dell’ingresso e dopo aver superato il portone di quercia si ritrovarono nel colonnato che circondava metà del cortile.
La saltò direttamente il muretto basso che separava il cortile di terra battuta dalle colonne di marmo e si allineò vicino a dei suoi amici nella colonna dei maschi, mentre Neli, Celia e Malia si sistemavano tra le ragazze.
- Oh, guarda le sorelle fotocopia…- commentò qualcuno da dietro.
Celia si girò, sapendo già che vedere. Lerani era anche lei dell’ultimo anno, il decimo, e non si poteva proprio dire che adorasse il quartetto e l’antipatia era ricambiata. Era alta e secca, con i capelli rosso scuro e gli occhi neri e come al solito era seguita da un branco di ragazzine ridacchianti.
- Come va con il tuo amore, La?- chiese rivolta a Neli, con il suo solito sorriso orribile.
Neli la guardò con sufficienza. Era abituata a sentirsi dire che La era il suo: fidanzato, ragazzo, marito, amore, tesorino, ciccino, pucci-pucci e via dicendo e ormai non ci faceva caso, come d’altro canto faceva l’amico.
- Tutto qui quello che sai fare Lerani?_ chiese scettica girandosi dall’altra parte_ uhm, stai perdendo colpi, cara-
- E il trucco ti si è sbavato…oh, no scusa quelle sono le occhiaie…-commentò perfida Malia.
Celia rise e Lerani la fulminò con lo sguardo.
- Ridete pure, ma tra poco vedrete…è finito il soggiorno al Collegio orfanelle…- fece oltrepassandole agitando la mano.
- Cosa? Cosa hai detto?- esclamò Celia.
Lerani ridacchiò senza voltarsi. Neli la seguì furente con lo sguardo, ma Celia la agguantò e la fece girare.
- Ripeti- ciò- che- hai- detto.- ringhiò afferrandola per la cravatta grigia e azzurra della divisa.
-Mollami stracciona!- strillò Lerani.
In quel momento la direttrice Rowen fece il suo ingresso in cortile salvando Lerani da un pugno in un occhio da parte di Celia. La direttrice era alta e tarchiata, truccata con uno strato di due dita di fard per nascondere le abbondanti rughe, con i capelli grigi raccolti una rigida crocchia.
- Studenti_ esordì passeggiando tra loro e zittendoli di colpo_ come immagino avrete sentito l’Oen è stato aggredito da parte dello stato del Neran. Non sarà per nulla una guerra facile, ma voglio informarvi che non subirà conseguenze all’interno del Collegio, che è ben protetto. Le lezioni seguiranno il loro corso e non ci saranno sconvolgimenti negli orari o altro. Ripeto, qui al collegio sarete al sicuro e non vi mancherà nulla.- concluse con uno stupido sorriso, mentre un mormorio si diffondeva tra gli studenti.
Neli vide La mormorare qualcosa all’orecchio del suo amico e scoppiare a ridere.
- Sempre che non si facciano battute idiote- sibilò la Rowen avvicinandosi minacciosa al ragazzo che deglutì, ma non si mosse.
- Potete andare. Tutto seguirà il solito corso. L’orario entro il quale si deve tornare nei dormitori rimane invariato. Nessuna eccezione.- aggiunse e il suo sguardo saettò su Celia e Neli.
Mentre le tre ragazze stavano raggiungendo La, le gemelle sentirono la mano grassoccia della direttrice agguantarle.
- Dopo cena vi voglio nel mio ufficio- disse con un sorriso tirato, quando le ragazze si girarono.
- Non siamo state noi.- esclamarono meccanicamente in coro le sorelle.
- Coda di paglia, eh? Puntuali.- gracchiò superandole.
Neli e Celia si guardarono preoccupate, mentre Lerani le superava guardandole come dire “Visto?”.
Cosa voleva la direttrice?

L’ufficio della Rowen a prima vista poteva sembrare un emporio di oggetti raccolti in negozi d’antiquariato in fallimento; poi se facevi attenzione e aguzzavi la vista potevi scorgere tra un tappeto e un comodino un lembo di pavimento di moquette. Le pareti, ingombre di ventagli ricamati e pizzi incorniciati, una volta dovevano essere coperti di arazzi antichi, ma ora questi erano ammassati nei ripostigli ed avevano lasciato il posto ad orrendi vassoi da the appesi.
Celia entrò in quell’ufficio ormai familiare: in effetti, anche se andava bene a scuola non era proprio un angioletto, a quanto diceva la condotta…
Dribblando raggiunse la scrivania al momento vuota e si sedette su una vezzosa sedia fucsia coperta di pizzi viola.
- Sera-
Una voce uscì da dietro di lei. Era la Rowen, incombeva controluce e proiettava la sua ombra minacciosa.
Celia trasalì, l’unica cosa che veniva bene alla direttrice erano le entrate teatrali, per il resto…
- Piacere di rivederla, sa cominciavo a chiedermi che fine avesse fatto; è più di una settimana che non ci incontriamo.- disse la Rowen sedendosi dietro la scrivania sommersa di vasi di fiori secchi.
- Sinceramente anche io cominciavo a preoccuparmi pensando a lei senza di me che lo qualcosa da fare…- disse Celia terrorizzata; cercava di dissimulare la sua inquietudine, sperava che non l’avessero beccata ad uscire di nascosto per seguire gli allenamenti di scherma riservati ai maschi… o del fatto delle corse di criceti…
Toc-toc  
- Avanti-
Neli entrò impacciata; chiuse la porta dietro di lei, facendo attenzione a non toccare i soprammobili di cristallo.
I suoi occhi vagavano sulle pareti, sui vassoi, sui pizzi…un vetro infranto la riportò alla realtà. Aveva urtato contro un tavolino da the intarsiato e aveva fatto cadere un enorme rospo di vetro soffiato.
Assumendo una gradevole tonalità di fucsia che si intonava perfettamente con la poltroncina verde lasciata libera vicino alla sorella si sedette.
Neli era un po’ nervosa per la scultura infranta, ma nulla in confronto al terrore che fosse arrivato alle orecchie della direttrice il gruzzolo di rupe vinte nelle scommesse sulle corse di criceti o l’impressionante quantità di compiti passati a La durante l’anno scolastico…
- Siete state selezionate tra un campione di 200 studenti per ottenere un posto alla prestigiosa Scuola di Secondo Grado della vicina città di Nalier.  Ormai avete compiuto i quindici anni obbligatori per l’iscrizione e questo _ “grazie al cielo” pensò_ sarebbe comunque il vostro ultimo anno al Collegio. Visti i vostri eccellenti profitti scolastici… che dire? Congratulazioni.- concluse tronfia.
Neli ebbe la netta impressione che nel dire questo si fosse tolta un enorme peso…poi le tornò a mente che fine aveva fatto l’allevamento di furetti albini del custode e dovette a malincuore dar ragione alla Rowen.    
- Mi scusi… ma solo noi due so tutti gli 80 studenti dell’ultimo anno del Collegio? Non siamo le sole ad andare bene…- chiese Celia senza sapere perché lo stava chiedendo.
La sua domanda spiazzò la Rowen. Aveva ragione non era credibile…
- Oh, no…anche…_ l’occhio le cadde sull’elenco delle punizioni sulla scrivania davanti a sè _ il signor La Roen e… _inventò_ la signorina Malia Gareth, sì…-
Celia corrugò la fronte. La Rowen aveva sempre cercato di separare per quanto possibile il quartetto, e ora li mandava insieme alla Secondaria? Ma forse era solo una tattica astuta per levarli tutti insieme dalla circolazione.
-La?- chiese invece Neli stupita.
- Oh sì… i suoi voti hanno avuto un’impennata negli ultimi tempi, anche se molti dei suoi insegnanti mi hanno fatto notare come i compiti del signor Roen assomiglino straordinariamente ai suoi, signorina… ma abbiamo perso fin troppo tempo. Partirete dopodomani alle 5.30. Della mattina- concluse assumendo una tonalità color pulce.
-Cos… domani?! 5.30?!- ribattè Celia.
- Sì, niente commenti prego… a domani- tagliò la Rowen agitando una mano.
- Ma…- tentò Neli.
- A domani- concluse brusca la direttrice girandosi per raddrizzare un vassoio.
Le gemelle si guardarono stupite, poi si alzarono e andarono verso la porta.
Qualcosa attirò l’attenzione di Neli. Il rospo che aveva rotto poco prima era ancora a terra a pezzi, ma al suo interno si vedeva chiaramente un libro, con la copertina viola chiaro e gli angoli neri.
Lo raccolse e lo infilò in fretta nella borsa con i libri.
- Signorina Zotopi!-
Neli raggelò e si girò. La direttrice non poteva averla vista, in quel momento era girata.
- Questo è suo se non erro- disse porgendole una piccola trottola dai colori sgargianti.
- Oh sì il mio Annebbiatore…- fece Neli cauta prendendolo dalle mani della Rowen.
- Il periodo di sequestro è finito, ma provi a ridurre di nuovo la biblioteca in quello stato e lo terrò io. Per sempre- concluse gelida.
Neli fece il suo miglior sorriso tirato e poi uscirono tirando un sospiro di sollievo. Per un po’ camminarono senza parlare, dirette al Dormitorio femminile.
- Era un po’ debole come scusa, no?- commentò infine Neli.
- Anche per te quella di mandarci alla Secondaria di Nalier è una scusa?- chiese Celia.
Neli la guardò con un’occhiata eloquente.
- Perchè secondo te non ci vuole più qua? Voglio dire, lo so che abbiamo creato un bel po’ di problemi, ma credevo che punirci le piacesse…- chiese alla sorella.
Celia scosse la testa senza sapere che rispondere. Camminarono ancora in silenzio.
Quando imboccarono le scale dirette al terzo piano dove c’erano i Dormitori femminili Celia chiese- Cosa hai raccolto nell’ufficio della rospa?-.
Neli sogghignò.
-Non ti sfugge nulla, eh? Boh, era un libro nel rospo che ho fatto cadere- rispose frugando nella borsa.
- No aspetta non tirarlo fuori qui. Quando siamo in Dormitorio, qua c’è in giro Moman- disse Celia alludendo al custode.
Avevano salito le sei rampe di scale che separavano il piano terra, dove si trovava l’ufficio della Rowen, dal terzo piano del loro dormitorio. Al primo e al secondo piano c’erano solo aule, mentre al quarto e al quinto rispettivamente il Dormitorio dei maschi e la biblioteca. Sopra c’era solo il terrazzo, a cui teoricamente non avevano accesso, ma che tutti frequentavano lo stesso.
Celia spinse la porta del Dormitorio ed entrarono.
- Allora?_ chiese Malia, schizzando su dal letto azzurro, che aveva le sue buone ragioni per credere che la Rowen le avesse chiamate per assegnarle altre serate di punizione_ quanti giorni?-
- Per sempre- sentenziò Celia lasciandosi cadere sul letto.
- Siete state espulse?!-
- Non in questo senso- sogghignò Neli lasciando il libro sul comodino.
- E allora?- chiese Malia impaziente.
- Siamo iscritti alla Secondaria di Nalier. Noi tre e La- riassunse Neli chiudendo gli occhi.
- Cos… La?!- chiese Malia stralunata.
- Già. Con tutti i compiti che ha copiato da Neli…- commentò Celia.
Malia aggrottò le sopracciglia.
- E perché non lo ha detto a tutti di persona?- chiese.
- Sì neanche a noi quadrano parecchie cose di questa faccenda_ fece Celia_ comunque non possiamo farci nulla…-
Neli riaprì gli occhi e prese in mano il libretto dal comodino. Era un piccolo libro violetto con gli angoli rinforzati in metallo nero e una piccola serratura mai chiusa da nessuna chiave. Sulla copertina in un cupo inchiostro nero c’era scritto:
“Profezie”

Neli lo aprì a caso: ogni pagina conteneva una specie di poesia senza rime precise, scritta sul bordo destro del foglio, invece sulla sinistra c’erano appunti, piccoli fogli, disegni davvero raccapriccianti o piccole tasche di carta contenenti minuscole buste sigillate in ceralacca viola e altre cose strane. Alcune poesie erano molto lunghe, altre si limitavano a poche parole, altre ancora erano scritte in alfabeti che aveva visto solo sul libro di rune, ma che non sapeva tradurre.
Neli voltava quelle pagine fruscianti di pergamena e sentiva di dover trovare qualcosa… più avanti…ancora un po’…
- Allora cos’è?- chiese Celia curiosa.
Ecco. Il suo nome. Il suo e quello di Celia, scritti in alto a destra, con una scrittura elegante e fluida ma allo stesso tempo inquietante.
- C’è il nostro nome qui. C’è il nostro…-
- Da qua!-
Celia prese il libro e subito sentì che odorava di antico, qualcosa di involabile e arcano era nascosto in quelle pagine, qualcosa che nessuno doveva sapere…
Con mano tremante sfiorò il libricino e vide scritta a caratteri stretti la pagina di Profezia dove c’era davvero il loro nome.
D’istinto toccò di nuovo il libro, ma fu una mossa sbagliata: una valanga di immagini la colpì in pieno cervello. Vedeva immagini, immagini del passato, due schegge di luce, due uomini incappucciati di nero sigillavano qualcosa dentro una parete di ghiaccio azzurro, ma nel compiere il gesto un dei due si voltava verso di lei e la guardava con occhi verde scuro, sbarrati, pieni di rimprovero.
- Non devi stare qui! Va via!- diceva con aria arrabbiata e preoccupata. Ma proprio quando muoveva le labbra i suoi occhi si spegnevano e il suo sguardo perdeva vita…
- Celia puoi leggere per piacere?- chiese Malia eccitata.
Celia guardò smarrita Neli e le passò il libro, incapace di leggere al momento.
Neli prese il libro con mani tremanti e lesse:
“Due Draghi rinchiusi
due cuori perduti
dall’alba al tramonto
sarà il tormento
il cerchio infinito
verrà spezzato
amor mai vissuto
sarà immolato
la prima morte
da mano innocente
sarà della guerra
impronta sicura
l’ultimo a avere il settimo dono
lo negherà a chi ne ha bisogno
un soffio di vita
un soffio di morte
perché del mondo si salvi la sorte.”
Neli finì di leggere.
- Cosa significa?- chiese Malia stavolta spaventata.
Celia guardò con sguardo vacuo la sorella, senza capire.
Quella Profezia era inquietante, come un presagio di morte. Parlava di guerra, di destino, di morte, dei fili che legavano le vite delle gemelle a dei Draghi.
- Penso… _ cominciò Neli. Poi la sua voce cambiò, diventando un sussurro roco_ significa che dobbiamo andare fino ai monti del nord, dove dovremo risvegliare i Dragoni di Ghiaccio, evocando il nostro spirito. E poi la guerra potrà avere conclusione-
Celia la guardò spaventata.
- Neli… come…-
Neli respirava affannosamente, come se avesse fatto una corsa, con le mani premute sull’addome.
- Non… non era la mia voce. Parlavo, ma non ero io a formulare le parole, uscivano da sole!- disse riprendendo fiato.
Malia le guardò. Profezia. Profezia significava destino. Non si poteva infrangere una Profezia, o meglio nessuno lo aveva mai fatto, perché avrebbe avuto conseguenze orribili, catastrofiche, anche se nessuno sapeva dire quali. Inoltre le Profezie erano così rare, solo una volta ogni 200 anni ne era formulata una. E ora le sue migliori amiche ne erano il soggetto…
- Ecco perché._ disse Celia dando un pugno al cuscino_ Ecco perché la Rowen non ci voleva qua e ci ha mandato alla Secondaria a Nalier. Lei sapeva della Profezia e probabilmente lo sa anche Orisum. Così quella… ci ha scaricato alla Secondaria, per non mettersi in pericolo. Ma certo ora Orisum farà di tutto per assoggettarci o… ucciderci-.
Neli trattenne il fiato.
- Orisum vuole...noi¬_ disse senza fiato_ noi -.
Sembrava impossibile che l’imperatore del più sanguinario dei regni volesse proprio loro, due orfane, due ragazze… loro! Loro avrebbero dovuto portare a compimento una Profezia, salvare il loro popolo, risvegliare qualcosa che fino a dieci minuti fa ritenevano una leggenda. Loro.
- Cosa facciamo?- chiese Neli riassumendo la domanda di tutte e tre.
- Aspettiamo domani mattina. Parliamone con La e poi vediamo - rispose Celia.
- Parliamone con La?- chiese Malia con una risatina nervosa.
Neli alzò le spalle.
- C’è dentro anche lui a questo punto-
  
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