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Autore: Duncneyforever    29/03/2019    1 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
Capitoli:
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Il Kommandant, nei modi, è sempre stato un signore, galante, rispettoso, eppure anche lui, come ogni altro uomo incontrato finora, trema al sentirsi pervaso dal dolce profumo d'estate, liberato all'agitarsi sbarazzino dei boccoli voluminosi e, sospira, come una fiera addomesticata, nel vedere il meraviglioso gioco di luce accendermi lo sguardo, renderlo dorato, incandescente.

Per Reiner, il bello, la perfezione, ha un gusto tutto italiano: in me rivede un canone di bellezza estinto da tempo che, secondo il suo pensiero, merita di tornare in vigore.

L'aspetto esteriore passa in secondo piano in una società che esalta corpi sani e forti, una gioventù violenta e un ideale di stampo germanico, dominato da colori più chiari e freddi. 

Mi sorprende che lui non costituisca una minaccia per il Reich... Il suo essere così profondamente attaccato alla sua " Vaterland " deve averlo salvato. 

Non ho la presunzione di insinuare che, prima d'ora, non abbia desiderato nessun'altra in questo modo, ma è comunque impressionante vederlo completamente rapito da me, bruciante di passione amorosa e non di sterile lussuria. 

Gli ruoto attorno, girandomi la croce di ferro tra le dita. Lui mi rincorre con lo sguardo, ricambiando l'occhiata eloquente che gli avevo rivolto.

- Ho assolto al mio dovere assecondando i tuoi piaceri. Ora è mio dovere soddisfare i miei. -

- Cosa intendi tu per " piaceri "? Cerca di essere originale, su! - Egli ha veramente messo in pratica tutto ciò che gli avevo chiesto di fare; non sarebbe affatto crudele negare ad un bruto un trofeo ambito, ma sarebbe sleale non concedere la mia riconoscenza a colui che, nel mio nome, ha messo in disparte tutto cio in cui crede, a cui ha dedicato gli anni migliori della sua vita.

Tuttavia, è prematuro farsi problemi su come poter risolvere i conflitti interiori e Reiner può attendere altro tempo: credo nella sua forza di volontà, perciò dubito che cadrà " malato " nell'attesa (sempre se quella di Rüdiger possa definirsi " malattia "). 

- Originale dici... - Si passa una mano sul viso, sconsolato, supplicandomi di smetterla di torturarlo. 

Io, dal canto mio, sorrido con fare materno, alzandomi sulle punte e stringendogli le spalle da dietro, sfiorandogli la base del collo con le dita. 

- Sono certa che tu possa pensare a qualsiasi cosa. - Appoggio la guancia sulla camicia e percepisco il suo respiro irregolare, tale al suono originato da una fisarmonica rotta. 

- Qualsiasi cosa pur di tenerti alla larga dal campo e dai prigionieri... Soprattutto dai prigionieri. - 

- Nessuno mai prenderà il posto che ho riservato a te. - Rispondo, slittando sul suo torace, auscultandogli il cuore. 

Esso non emette un suono percepibile ad orecchio nudo, ma pare davvero di sentirlo palpitare. 

Solo nei miei incubi, potrei immaginare la sua cessata attività. 

- Ho un'idea. Vieni. - Mi accompagna nella cantina del rosso, quella vera, una specie di piccolo magazzino per cianfrusaglie di ogni tipo. 

Questa, è posta alla fine di un secondo sottoscala, al di sotto della cucina, ed è un vano piuttosto sacrificato poichè, probabilmente, è stato pensato per non " rubare " troppo spazio all'adiacente bunker. 

A tal proposito, la " stanza delle torture " potrebbe essere al di là delle pareti, in quanto costruite con il medesimo materiale. 

- Come hai scoperto questo posto? - La polvere depositata sugli scatoloni mi graffia la gola, mi fa starnutire, bruciare gli occhi. - Vuoi proprio farmi fuori, eh? - 

- Non sapevo ne fossi allergica. - 

- Di solito no, ma qui sembra che nessuno ci metta mano da mesi... - 

- È severamente proibito filmare all'interno del campo, ma questo il rosso lo ha saputo solo in seguito. Quando sono entrato per la prima volta, ho avuto l'occasione di visionare alcuni materiali. Sono tutti laggiù, tuttavia, non ho intenzione di farti vedere i filmati. Interessante, per me, è la macchina fotografica. - 

Sono tentata di suggerirgli di usare quelle prove contro Schneider, ma mi vedo costretta a fare un passo indietro: non è possibile che Reiner non ci abbia pensato... 

Deve esserci di sicuro un qualche impedimento. 

- Non ti metti in posa? - Estrae da una delle scatole una fotocamera Kodak, anni trenta, abbastanza nuova per l'epoca. 

- Chi? Io? - Replico, indicandomi. - Non avrei mai detto che ti interessassi di queste cose e, comunque, non credo di essere molto fotogenica... - 

- Concedimi di conservare un ricordo di te. Mi piacerebbe averti sempre con me, anche quando non ci sarai. È pur sempre una forma d'arte. - 

- Solo se mi permetterai di scattarne una a te. - Lui acconsente, per cui faccio lo sforzo di mettermi davanti alla camera, cercando però di adottare l'espressione più naturale possibile. 

Per evitare che, nella foto, salti fuori un sorriso tirato o, ancor peggio, un movimento innaturale del corpo, incateno gli arti in un'imperiosa solidità, puntando, piuttosto, sulla profondità dello sguardo. Dopo tutto, ciò che rende famosa e apprezzata la Gioconda, è l'infinità del suo sguardo e non la sua bellezza, giudicata soggettiva. 

Click.

È molto tempo che non sentivo questo suono; il cellulare, in modalità silenziosa, è praticamente invisibile e, alle volte, non ci si accorge nemmeno di essere fotografati. 

- Ora tocca a me! - Mi scompongo subito, saltellandogli attorno e provando a togliergliela dalle mani. 

- Hai visto dove devi premere? - Il biondo me la cede con gentilezza, posizionandosi di fronte all'obbiettivo. 

- Sei troppo alto! - Alzo i gomiti, in cerca dell'angolazione migliore. 

- Abbiamo una professionista. - Il comandante Von Hebel che sorride affettuosamente... Il momento perfetto per scattare. 

Sono certa che, se le persone sapessero dell'esistenza della sua anima, il momento di pura felicità che ho immortalato farebbe invidia al mondo intero. 

Anche adesso mi bruciano gli occhi, ma non per la polvere. 

- Posso tenerla questa? - 

- Certo, meine Kleine. Ora ne facciamo una insieme. Appoggiala pure su quello scaffale; ci penso io. - 

Reiner la posiziona accuratamente in un punto a media altezza, curandosi di reclinarla di poco verso l'alto. Corre alla mia sinistra, cingendomi il fianco con il braccio. 

Senza dirci nulla, ci giriamo, l'uno verso l'altra, ci sfioriamo i palmi delle mani, la mia destra e la sua sinistra.

Tempismo perfetto. 

Decidiamo di scattarne un'altra, questa volta, con la mia testa sulla sua spalla, più sobria, ma ugualmente comunicativa. 

- Dove e quando avresti intenzione di svilupparle? - 

- Nella mia residenza, a Weimer. Intendo appropriarmene. - In pratica, vuole rubarla. Prima si prende il merito di un'azione ch avrebbe dovuto riguardare lui, poi gli sottrae il "giocattolo", assume il suo servo, lo umilia (anche pubblicamente), si stabilisce nella sua villa, sfregia i pavimenti, fa sparire suoi oggetti, rompe la sua porcellana e, infine, requisisce la sua macchina fotografia, dopo aver guardato suoi filmati amatoriali. 

Sommando il fatto che Reiner detti legge nel suo campo, concludo che, uno di questi giorni, il rosso ammazzerà entrambi, pur con il rischio di venir arrestato e giustiziato. 

- Spero tu abbia un piano. Ora, veramente, dovrei ... - 

- Prenderti una pausa. Oggi sei mia, solo mia. L'ungherese ha una dote naturale per il canto, non ha bisogno di esercitarsi. In più, dispone di assistenza sanitaria, cibo e di un giaciglio su cui dormire. Niente lavoro usurante, nè vessazioni esterne. E i Costa ricevono tutto ciò di cui hanno bisogno. Il fratello del cuoco è sano e ancora in forze; ricordi il lavoro di traduzione a cui avevo accennato? Nessuno oserà toccarlo, senza il mio permesso. - Mi avvolge completamente, facendomi piegare in avanti. 

- Come vuoi! Ma sia chiaro... Domani riprenderò e con più costanza. Ora usciamo, per cortesia? Non si respira qua sotto! - 

- Signorina, cosa ne penserebbe se, oggi pomeriggio, vi proponessi di visitare Cracovia? - 

Sarebbe meraviglioso, se solo se non fosse stata praticamente distrutta, oltre che saccheggiata dai nazisti e spogliata del suo patrimonio culturale e storico, in favore dell'omologazione delle "colonie" tedesche. 

Per di più, una delle zone più caratteristiche di Cracovia è sempre stato il quartiere ebraico, Kazimierz. 

È il mese di agosto, dell'anno millenovecentoquarantadue: quasi tutti gli ebrei sono stati allontanati, migliaia, di quelli che erano stati confinati nel ghetto, sono già stati deportati presso Bełżec, un campo di sterminio della Polonia orientale. 

È agosto; dovrebbe esser caldo oggi, ma le temperature sono basse: la frescura portata dal venticello sgradito raffredda le estremità, ma la brutalità di questo " processo " gela il sangue, ancor più dell'insolito freddo. 

Il tempo non consente di uscire in maglietta, per cui mi copro con una felpa, scongiurando un'esplosione di calura. 

- Sicuro di volerci andare? Sarà rimasto qualcosa da vedere? Se devi passare per qualche sottocampo, io preferisco non venire. - Lo avviso, tentennando prima di salire sul veicolo. 

- Quale campo e campo! Io vorrei soltanto passeggiare per le strade di città, tenendo sotto braccio una bella ragazza. Anche questo vorresti vietarmi? Vedrai che cambiare aria ti farà bene! - 

- È quello che dici sempre. - Borbotto, incrociando le braccia. 

- Beh, è vero. - Controbatte, ricevendo una pacca bonaria sul braccio. 

- Domani, però, non voglio sentire scuse. - 

- Domani è un altro giorno. - Mi conduce lui stesso dentro l'auto, chiudendo lo sportello, senza darmi possibilità di rispondere. 

Cracovia, che io sappia, dista circa un'ora e mezza, prendendo l'autostrada e utilizzando, chiaramente, una macchina moderna. 

Reiner, rispetto ad altri, ha il vantaggio di possedere la prima " supercar " della storia, in grado di toccare i duecento dieci chilometri orari. 

La lussuosa e futuristica Atlantic, tuttavia, non si distingue per soli pregi: raggiunti i sessanta chilometri l'ora, viene prodotto dal motore un rumore fastidioso, che impedisce ai passeggeri di intrattenersi in chiacchiere durante il viaggio. 

In più, il comandante non la guida mai a cavallo tra le dodici e le tre del pomeriggio, ora che ci penso, non la utilizza nemmeno in giorni particolarmente caldi o assolati, poichè la vettura si surriscalderebbe tanto da rendere l'aria asfissiante. 

Di conseguenza, trascorro un tempo indefinito in silenzio, anche se confesso di aver ridacchiato al raggiungimento di quei fatidici sessanta. 

Mi domando come faccia lui a trattenersi. 

I finestrini mostrano una folta vegetazione, foreste e villaggi risparmiati dall'avanzata delle truppe tedesche. 

Birkenau è una zona paludosa ma, a distanza di alcuni chilometri, i prati verdi risplendono di luce smeraldina, disseminati di fiori. 

Tutto ciò che è stato risparmiato dai cingolati dimostra quanto prodigiosa possa essere la natura, che cresce i suoi bei frutti sull'impronta insanguinata lasciata dagli uomini, infettati dal seme dell'odio. 

Il grano non ancora raccolto, o razziato, mi richiama alla mente Friederick, il ricordo nostalgico, ormai agrodolce, della sua ombra sbiadita. 

Nessuno più si ricorda di lui; tutti hanno dimenticato il ragazzo dai capelli color del grano e dagli occhi spenti. 

Ogni giorno la morte li guarda e sorride ingorda, scegliendo la sua prossima vittima e facendo ipotesi su chi, invece, le verrà offerto in sacrificio. 

Verrà il giorno in cui i tedeschi dovranno lavarsi le mani nel sangue dei tedeschi e, quel giorno, pagheranno e piangeranno le conseguenze del loro errore. 

Dalle rive della Wisła compare la città, le case e la collina del Wawel, sormontata dall'omonimo castello e dalla cattedrale, con gli edifici di mattoni rossi e la sommità del campanile di uno sgargiante color acquamarina. 

- Incredibile. - La nostra velocità media è di all'incirca cinquanta chilometri orari e non vi è più alcun intralcio alla regolare conversazione. - Tu ci sei già stato? - 

- Confesso di no. Un peccato non averla vista prima della guerra. - 

- Ma come... Ti dà fastidio vedere la croce uncinata tappezzare l'intera città? - Alla mia domanda retorica, lui si dimostra indolente, ribadendomi la necessità da parte del Reich di acquisire nuovi territori " vitali ". 

I polacchi, infatti, vengono considerati " Untermenschen ", destinati ad essere schiavizzati e adoperati in funzione dei bisogni dell'impero nazista. 

La Polonia, in virtù di questo ragionamento perverso, deve essere spopolata dei suoi abitanti e ripopolata da tedeschi. 

- Dimmi, cosa ti piacerebbe visitare? - Io, rassegnata, gli indico il castello, ripetendomi di essere una non troppo allegra turista italiana. 

- È per quello che ho detto? - 

- Potresti essere un po' meno... Meno nazista, ecco! - 

- Ti garantisco che sto facendo del mio meglio. - Il suo viso si è adombrato, raccolto nel rammarico d'avermi ferita. 

- È colpa mia. Tu non sei come me. -

- Verzeih mir. / Perdonami. - 

- Es ist nicht einmal deine Schuld. / Non è nemmeno colpa tua. - Torno a guardare il paesaggio, le strade brulicanti di soli soldati, pochi abitanti che, con occhio diffidente, seguono l'avanzata imperiosa dell'Atlantic verso il cuore della loro città. 

Le insegne dei negozi sono state tradotte nella lingua degli invasori, così come i nomi delle vie principali e dei luoghi pubblici. 

Cartelloni propagandistici sono presenti in ogni dove, al pari dell'acquila dalle ali dispiegate, simbolo di potere, e della svastica. 

- Provi così orrore nel vederci al di fuori della Germania? - Mi domanda, dopo essersi fatto liberare un posto proprio ai piedi del colle. 

- Voi non siete turisti. Questa terra non vi appartiene. - Distratto, non presta molta attenzione al soldato che gli ha permesso di parcheggiare l'auto. 

Questo ragazzo non poteva sapere chi fosse Reiner, ma ha considerato che un uomo di media estrazione non avrebbe potuto guidare una Bugatti, per di più, in edizione limitata. 

Inoltre, non tutti, negli anni quaranta, potevano permettersi un'auto. Una qualunque auto. Possederla, era già di per sè un lusso. 

- Saresti un ottimo generale, meine Liebe, ma la realtà non andrebbe di pari passo con le tue aspirazioni. - 

- E se, un giorno, diventassi il tuo nemico? Infrangeresti le regole per me? - L'armistizio dell'otto settembre quarantatré si avvicina e, in un futuro più prossimo di quanto immagino, potrei trovarmi in serio pericolo, specialmente in custodia di un ufficiale nazista così fedele al partito. 

Se, ad esempio, gli venisse ordinato di sbarazzarsi di me, lo farebbe? 

Reiner mi ascolta, immobile. 

Il suo disegno di intoccabili certezze è andato in frantumi, come un prisma di vetro. 

Eppure, ancora una volta, lui reagisce, dimostrandosi una punta di diamante, infrangibile.  

- Se disgraziatamente i nostri paesi dovessero entrare in guerra tra loro, io ti renderò mia sposa, ti darò il mio nome e ti farò ottenere la cittadinanza tedesca. Non permetterò a nessuno di portarti via. - Involontariamente, vengo sommersa da un'emozione tanto grande da rendere l'infinità nulla in confronto all'estensione di ciò che mi sta dilagando nel petto. 

Qualcosa di infinitamente bello, che non ha un nome. 

- Forza, adesso. Abbiamo al massimo tre ore, se vogliamo rientrare entro cena. - 

Scesi dall'auto, il tempo di inalare una boccata d'aria fresca e gli sono subito vicina, avvinghiata al suo braccio. 

- Ich danke Ihnen für den Gefallen. / Vi ringrazio per il favore. - Il soldato arrossisce come una vergine pudica, porgendo i suoi onori al colonnello. 

- Wenn ich es früher vor Ihren Besuch gewusst hätte, hätte ich den Generalgouverneur gewarnt. Wissen Sie, ich bin ein Mitarbeiter von Herrn Frank. / Se avessi saputo prima della sua visita, avrei avvertito il governatore generale. Sapete, sono un collaboratore di Herr Frank. - 

- Ich bin nicht hier, um den Gouverneur zu stören. Meine feste Freundin möchte die Kathedrale besichtigen. Wäre es möglich? / Non sono qui per disturbare il governatore. La mia fidanzata vorrebbe visitare la cattedrale. Sarebbe possibile? - 

Reiner ha utilizzato persino il rafforzativo " feste " per definirmi la sua ragazza, precludendomi la prima valenza del sostantivo " Freundin ", comunemente usato per " amica " generica. 

Il ragazzo mi ha scrutata, interdetto, squadrando prima me e poi lui. 

- Stimmt etwas nicht, Soldat? / Qualcosa non va, soldato? - 

- Nein, nein. Natürlich können Sie die Kathedrale besichtigen. Sie sind ein Kriegsheld... Es ist wirklich eine Ehre, Sie kennenzulernen, Standartenführer Von Hebel. / No, no. Certo che potete visitare la cattedrale. Voi siete un eroe... È davvero un onore conoscervi, colonnello Von Hebel. - Il ragazzo, avendolo riconosciuto, si agita come una fan sfegatata al concerto dei Kiss, intrattenendoci anche più del dovuto. - Bitte, erlauben Sie mir, Sie dem Gouverneur vorzustellen, oder zumindest um mir ein Autogramm zu gawähren. Mein jüngerer Bruder bewundert Sich sehr und möchte genauso wie Sie werden. / Vi prego, permettetemi di introdurvi al governatore o, almeno, concedetemi un autografo. Mio fratello minore vi ammira moltissimo e vorrebbe diventare proprio come voi. - Reiner declina cordialmente l'offerta, affermando di conoscere Hans Frank, il governatore generale, ma accetta di buon grado di firmargli il foglietto, racchiuso in un taccuino, che gli porto, riportando anche una dedica per il fratello del soldato. - Vielen Dank, Herr Kommandant. Auf Wiedersehen! Genießen Sie Ihre Aufenthalt! / Grazie molte, Herr Kommandant. Arrivederci! Godetevi la permanenza! - 

- Accidenti! Sei proprio famoso, allora! - Affermo, strabiliata, iniziando a inerpicarmi per il sentiero che conduce alla sommità del colle. 

- Ruhm wird mich unsterblich machen. / La fama mi renderà immortale. - Accentua con enfasi il valore del coraggio e del sacrificio, come se queste parole potessero scavare la pietra e incidersi su una lapide immaginaria, che non verrà piantata nella terra dei suoi padri, nè altrove, in terra straniera. Nessun sepolcro segnalerà la sua presenza, poichè le sue ossa giaceranno nell'infamia. 

Se solo lui avesse favorito la carriera militare... 

Povero, povero bambino, piccolo principe con sogni di gloria, condannato già in fasce alla carica ventura che avrebbe tramutato il suo nobile eroismo in disonore. 

- La tua fidanzata, eh? - Lo rimbecco, cercando di stargli al passo.

Le sue gambe sono molto più lunghe delle mie, per cui è normale che lui scali i gradoni come uno stambecco... 

Non si rende conto di quanto sia agile. 

- Avevo letto di una statua equestre. - Alza il viso verso la terrazza panoramica, sul bastione nord, trovando effettivamente un grande spazio vuoto. 

- Distrutta dai tuoi compatrioti. - Passo anch'io sotto l'arco in mattoni, spoglio dei suoi stemmi polacchi, accostandomi a lui. - Raffigurava l'eroe nazionale Tadeusz Kościuszko. - 

- Capisco. - Reiner, sentendosi preso in causa, procede verso l'ingresso della cattedrale, mantenendo il silenzio. 

Il cortile offre una vista meravigliosa della città e della Wisła e gli edifici circostanti, più moderni, incorniciano un autentico gioiello, il perfetto connubio tra gusto rinascimentale italiano e polacco.

L'ingresso, monumentale, è in marmo nero, sormontato da una volta a cassettoni, con incastonati minuziosi elementi dorati. 

Marmo nero. 

Non solo per il gusto dell'epoca, ma anche in segno di lutto. La nazione polacca, infatti, non esisteva e ciò sancisce un triste parallelismo con la situazione " contemporanea ".

Come se non fosse bastato tutto ciò ( sommata la cupola di Sigismondo, anch'essa dorata ) a farmi restare a bocca aperta, l'interno mi fa capitolare definitivamente. 

È probabile i pezzi più preziosi, come gli arazzi, siano stati portati via dai polacchi, per ragioni di sicurezza, ma l'altare centrale, somigliante a quello di San Pietro, il marmo rosso d'Ungheria e quello bianco di Carrara, costituiscono un mosaico unico di pezzi e materiali pregiati, che farebbe gola ai predoni nazisti. 

- Wunderbar. / Meraviglioso. - Il biondo si guarda intorno, apprezzando la ricchezza e la varietà di stile delle diciannove cappelle, la contaminazione artistica tra Europa orientale e meridionale. 

" Contaminazione ".

Una parola che i nazisti temono più della morte. 

- Voglio vedere il crocifisso nero. - Lo prendo per mano e lo conduco alla parete in cui è esposto il Cristo in legno nero, ritenuto miracoloso. - Un peccato che l'ingresso sia precluso agli abitanti... Non c'è nessun altro a parte noi. - 

- Al governatore non dispiacerebbe se dessimo un'occhiata al cortile porticato del castello. - 

- Perché ti interessa? - Gli chiedo, non capendo, dalla sua espressione, se ci sia qualcosa di importante o meno al suo interno. 

Il castello è una vera e propria fortezza, non straripante di sentinelle, già presenti attorno al perimetro, bensì sorvegliata da soldati scelti. 

La figura imponente, i tratti germanici, la divisa da ufficiale SS, la medaglia al valore che pochi possiedono, rendono la credibilità di Reiner indubitabile. 

Qualcun altro lo riconosce; non in quanto soldato, ma in quanto duca. 

Certamente di Dresda è l'uomo che piega il capo al suo passaggio, appellandosi a lui secondo il titolo nobiliare. 

- Euer Exzellenz, ich fühle mich verpflichtet, Sie zu warnen, dass der Gouverneur und seine Familie derzeit nicht zu Hause sind. / Vostra Eccellenza, mi sento in dovere di avvisarla che il governatore e la sua famiglia, al momento, non sono in casa. - 

Turna! Ma quest'uomo è più ricercato del Führer! 

- Es ist nicht meine Absicht, ihn um eine Anhörung zu bitten. Ich interessiere mich für die Fresken. / Non è mia intenzione chiedergli un'udienza. Ciò che mi interessa, sono gli affreschi. - 

- Die Fresken, Herr Von Hebel? - L'uomo scambia due parole con un collega, cercando il suo appoggio morale per dare al comandante, il cui spiccato interesse per l'arte è reso noto in tutta la Sassonia, la terribile notizia. 

Gli affreschi sono scomparsi, inghiottiti dal bianco della ritinteggiatura ad opera degli austriaci, già nella seconda metà del settecento. 

Il comandante è scosso da tic nervosi. 

La guardia, intimorita, gli propone lo stesso di entrare nel porticato, dichiarando di avere qualcosa da mostrargli. 

Difatti, da una finestra, probabilmente quella dello studio, si riesce a vedere un quadro di piccole dimensioni, davvero inequivocabile. 

Reiner, che si era sporto per guardare meglio, si tira indietro, scioccato dal ritrovamento. 

La " Dama con l'ermellino " abbellisce la parete, ma come mero oggetto ornamentale, più che come opera d'arte. 

Corruccio lo sguardo, indignata, calciando un ciottolo con rabbia. 

Non dovrebbe essere lì, bensì al sicuro, magari insieme agli arazzi di Sigismondo... 

Perché non è stata portata altrove... Al pari dell'intera città, è caduta nelle grinfie dei tedeschi. 

- Andiamo. - Dichiaro, incamminandomi sola, demonizzando coloro che si convincono di possedere ogni cosa, anche l'inestimabile. 

Come un quadro di Leonardo Da Vinci.

Come una vita umana. 

- Non potevo saperlo. - Mi dice, raggiungendomi di corsa. - Non dovevano. - 

- Appropriarsi indebitamente di un'opera d'arte non è un errore. È voluto. Noi abbiamo scelto di condividere la nostra arte affinchè tutti potessero ammirarla e meravigliarsi di cosa il genio dei nostri artisti fosse riuscito a concepire. È molto più che un quadro... È parte della nostra storia. - 

E, se penso a tutto ciò che è stato rubato o trafugato durante la guerra, a tutto ciò che, per un motivo o per l'altro, non tornerà indietro ai legittimi proprietari, potrei versare lacrime persino per questi oggetti, ricordo invisibile di chi ci ha lasciato. 

Reiner, non sapendo come consolarmi, si rammarica del mio dolore, riempiendomi di speranze nel folle tentativo di restituirmi la spensieratezza perduta. 

È finito il tempo dell'innocenza, in cui io stessa mi ergevo sul pulpito di cristallo insanguinato, sognando un mondo in cui avrei distribuito fiori e introdotto i loro steli candidi nelle canne delle mitragliatrici. 

- Piccolo, dolce amore... Ti stanno snaturando. - 

- Mach mich stärker, Reiner. Ich bin ein Seil über einem Abgrunde. / Rendimi più forte, Reiner. Sono una corda sopra l'abisso. - La seconda frase, è una citazione di Nietzsche, riguardante l'essere umano, visto come una " corda tesa " tra la bestia e il " superuomo ". 

Lui se ne sorprende, tantoquanto per la citazione. 

È il contesto a destabilizzarlo. 

Ad Auschwitz, è innegabile che io viva in una sorta di limbo; proprio per questo, spaventata dalle passate esperienze di " pre-morte ", vorrei fare di tutto per restare a galla. 

La condizione di Isaac mi fa tremare le ginocchia e, per i miei aguzzini, non c'è nulla di più appetibile di un'anima " pura " che, sommessamente, si faccia sfruttare e si lasci morire nelle loro mani. 

- Wunden können Monster schaffen, aber was aus Liebe getan wird, geschieht immer jenseits von Gut und Böse. / Le ferite possono creare mostri, ma ciò che viene fatto per amore, lo si fa sempre al di là del bene e del male. - Lui riprende la mia stessa tattica, usufruendo di un'altra celeberrima frase di Nietzsche. 

Liebe.

Vorrei chiedergli di più sulla parola che ha scelto di utilizzare, ma non trovo il coraggio per farlo. 

L'Atlantic si spinge indisturbata fino al distretto centrale di Cracovia, frequentato dalla nuova classe di sgraditi inquilini. 

La città appare sfibrata: i negozi del centro storico sono stati requisiti dai nazisti; su alcune vetrine, è affissa la scritta: " vietato l'ingresso ai cani e ai polacchi ", ovviamente, in tedesco. 

C'è un locale in vista sulla Rynek Główny, la piazza principale, ora ribattezzata " Adolf Hitler Platz " che sembrerebbe frequentato da borghesi ( con le loro signore ) e ufficiali di vari corpi d'armata. 

Reiner lamenta languori allo stomaco e decide di fermarsi, proprio in quel ristorante. 

Non è mai stato tipo da bettola, lui. 

Come se quel posto gli fosse riservato da sempre, trova parcheggio ad un paio di metri contati dai tavolini del dehors. 

Una cameriera ci viene subito incontro, facendoci accomodare all'interno. 

Una ragazza giovane, carina, forse polacca, dato il leggero accento dell'est. 

- Was möchten Sie bestellen? - 

- Ein Steak, Medium gegart, mit Pommes. / Una bistecca, cottura media, con patate. - 

- Sehr schön, und für das Fräulein? / Molto bene, e per la signorina? - 

Sento chiaramente la domanda, tuttavia, resto basita dopo aver origliato il discorso di una donna, tutta imbellettata, che non appena mi ha vista, mora e bassina, ha intrapreso un discorso sulla salvaguardia della " razza " con un uomo e amici, i quali, si sono voltati verso il nostro tavolo, all'unisono, senza curarsi d'essere discreti. 

- Das gleiche. / Lo stesso. - Lui risponde al posto mio, affrettandosi ad ordinare una bottiglia d'acqua e una pinta di birra, sotto lo sguardo stranito della cameriera. 

- Magari, si aspettava un bicchiere di vino pregiato... - L'ironia non lo smuove di un millimetro. 

Il biondo mi prende la mano con delicatezza, rigirandosela tra le sue. 

- La gente è pettegola, ma starnazza solo. Non sentirti a disagio per quanto hanno detto, o sarò costretto a rompergli il culo, uno ad uno. - Mi sfugge un risolino acuto, presto intercettato dalla donna spocchiosa che aveva iniziato a lamentarsi. 

Ella incontra gli occhi fiammeggianti di Reiner, appena reclinatosi verso di me. 

Io apro bocca per chiedergli spiegazioni, spiegazioni che, evidentemente, non ha alcuna intenzione di darmi. 

Agli occhi di quella donna potrà sembrare volgare, grottesco, ma un singolo bacio, per lui, ha il sapore della libertà: non è più lo " scolaretto " che avevo sorpreso con la mia inaspettata intraprendenza, ma un uomo attratto dal pomo della discordia che, nell'impetuosità di un attimo, si appropria delle mie labbra, vincendo l'iniziale resistenza dovuta al virginale senso di pudore. 

Nè i greci durante l'assedio di Troia, nè i francesi di Jeanne dopo aver abbattuto le porte d'Orléans, gioirono così tanto del loro trionfo. 

Con le labbra piene di rossore e il viso deliziosamente contratto in un gesto di diniego, lo rimetto a sedere, immergendomi nel menù. 

- Siete scandaloso, Herr Kommandant. - I clienti del locale sono rimasti attoniti, ma fino ad un certo punto. Un ufficiale della Wehrmacht, al contrario, ha alzato il calice di vino, in segno di buon augurio. 

- Lo avrei fatto anche davanti al governatore generale. - Ammette, dopo aver ricambiato il " Prost " dell'altro, il nostro " cin cin ". - Le risa sono il modo più pregevole di mostrarsi invidiosi. La loro rabbia e il loro disprezzo non mi toccano minimamente. - 

- Lo vedo. -  

Il chiacchiericcio non si affievolisce nemmeno dopo il nostro allontanamento. 

L'ho rimproverato d'aver buttato tanti soldi per il taglio pregiato della carne e per il dessert al cioccolato che ha voluto prendere a tutti i costi, sapendo quanto i cibi particolarmente dolci piacciano a me, oltre che a lui. 

La popolazione è costretta al razionamento: lo zucchero è praticamente inaccessibile, così come l'olio e altri grassi. Il consumo di carne è soggetto pesanti limitazioni e la farina prodotta è di un solo tipo, abburattata. 

Milioni di persone patiscono la fame; un'intero strato sociale vive al limite della sopravvivenza, in stato di deperimento organico. 

Rüdiger non si fa mancare nulla e, compiaciuto della propria ricchezza, sperpera fiumi di denaro allo scopo di procacciarsi prodotti spariti dal mercato, anche provenienti da altri paesi. 

Reiner, per mantenere la sua muscolatura, ingerisce un gran numero di proteine, in assenza delle quali non saprebbe vivere. Il dolce è un vizio che si concede quasi ogni giorno, come un rituale. 

E, mentre l'industria bellica ingrassa i suoi finanziatori, un continente di oppressi muore di stenti. 

- Mi rifiuto di portarti al ghetto. - Ho provato a proporglielo, insistendo di voler vedere con i miei occhi le condizioni degli ebrei di Cracovia. 

Il centro storico merita attenzione; i suoi palazzi risalenti al diciassettesimo e diciottesimo secolo, il " Sukiennice " ( il grande Mercato dei Tessuti ), le chiese gotiche e in stile liberty sono di certo un'attrattiva, tuttavia, in questo poco tempo che resta, vorrei recarmi in un luogo ben preciso: il quartiere di Podgórze, adibito alla segregazione della minoranza ebraica. 

- Perchè mai? Auschwitz-Birkenau è forse meglio? Non ho intenzione di entrarci; vorrei solo guardare. Dall'esterno, si intende. - 

- Dall'esterno. - Ribadisce, una volta passato il ponte sulla Vistola, il quale, diversamente a come me l'ero figurato, non costituisce una netta separazione tra due distinte zone della città. Il perimetro del ghetto è delimitato da una sorta di cinta muraria, costruita con materiale ricavato dalla distruzione delle loro lapidi, razziate dai cimiteri; la forma dei diversi blocchi in pietra ricorda appunto quella di una lapide, come a far intendere che coloro vi sono entrati non faranno più ritorno. 

È una visione cupa, orrorosa, ma anche terribilmente prossima alla realtà. 

Le finestre che danno sulla parte " ariana " sono murate e l'ingresso è sorvegliato da corpi di pattuglia. 

Sul terreno sono presenti i solchi della linea tramviaria e ciò mi fa presupporre che, almeno nelle prime fasi, fosse possibile attraversare il quartiere. 

Non vi è alcun cancello ma, in ogni modo, escludo la possibilità che si siano verificati numerevoli tentativi di fuga. 

- Accosta. - Gli dico, spalancando lo sportello ancor prima d'aver sentito spegnersi il motore. 

- Ferma. È richiesto un permesso per accedere all'interno. - Come se non avessi ascoltato nulla di quanto mi aveva detto in centro, insisto per entrare, questo, per non assimilarmi all'immaginario che le persone confinate nel quartiere potrebbero avere di me. 

Da questa distanza, potrei sembrare in tutto e per tutto una bambina, per cui non mi sorprende affatto sentire i loro sguardi addosso. 

È un orario particolare, poiché molti lavoratori rientrano adesso dalle fabbriche ( finalizzate allo sfruttamento intensivo di manodopera coatta ), pertanto, possono riabbracciare i loro cari, specialmente, bambini piccoli e anziani, inadatti al lavoro. 

Il centro di " raccoglimento " comprende solo pochi isolati, benché vi risiedano, nonostante le prime retate, ancora migliaia di persone.  

La " Deutsche Emaillewaren-Fabrik ", proprietà di Oskar Schindler, è un faro luminoso per gli ebrei di Cracovia e un gruppo numeroso pare stia camminando proprio nella direzione opposta, verso quest'entrata. 

- Nein, wir brauchen keinen Sichtvermerk. Sie ist zu neugierig. Weißen Sie, Jugendliche... Es ist unmöglich, sie zu kontrollieren. / No, non abbiamo bisogno di un visto. Lei è troppo curiosa. Sapete, i giovani...È impossibile controllarli. - 

Reiner non cederà mai. 

Ormai ha già convinto le guardie che la nostra presenza sia fortuita, dovuta al capriccio di una ragazzetta indisciplinata. 

Reiner si ucciderebbe se sapesse come sono entrata... 

Una disattenzione.

Il suo carisma ha fatto sì che le guardie si interessassero a lui e non facessero caso a me che, naturalmente agile, avvantaggiata dalla bassa statura e dall'assoluta nonchalance con cui mi sono spinta in mezzo al gruppo compatto di lavoratori e lavoratrici, ho varcato l'ingresso nell'ombra, consapevole che non si possa scambiare un papavero per una rosa. 

Qualcuno, tra gli operai, si accorge di me, benchè non osi domandare cosa ci faccia io in mezzo a loro. 

I soldati bivaccano agli angoli delle strade, si divertono ad umiliare i nuovi " abitanti " di Podgórze ma, per il resto, è principalmente la polizia ebraica, che fa capo alle autorità tedesche, ad occuparsi della supervisione dei lavoratori e dell'amministrazione interna del ghetto. 

La mia paura non riguarda l'esser scambiata per ebrea, poichè la croce di Reiner farebbe comunque riflettere i crucchi sulla mia provenienza, tuttalpiù è l'essere respinta e malvista a spaventarmi. 

Io non sono qui per turismo. 

Cerco di passare inosservata, nascondendo il braccio sul quale dovrebbe essere avvolta la fascia bianca con la stella blu. 

Una donna si guarda ben intorno prima di rivolgersi a me: - co tu robisz? Nie jestés Żydówką. / Cosa ci fai tu qui? Non sei un'ebrea. - 

- Es tut mir leid. Ich verstehe nicht. / Mi dispiace. Non capisco. - Altre persone, udendo parole in una lingua straniera, aspra ( a loro famigliare ) si voltano per capire cosa stia succedendo. - Ich bitte euch, macht es nicht. / Vi prego, non fatelo. - Al passaggio di una guardia, mi schiaccio contro la donna, ingannando così l'SS. 

- Wollen Sie sterben? Es ist zu gefährlich! / Volete morire? È troppo pericoloso! - Mormora un uomo, sulla destra, aggiustandosi la montatura degli occhiali, stirandosi il viso pallido d'angoscia.  

- Du bist nicht mal deusch. / Non sei nemmeno tedesca. - Aggiunge un giovane dagli occhi stanchi, grigi come le nubi che offuscano il cielo di Cracovia. A primo acchito, parrebbero austeri ma, ad un'analisi più attenta, è la paura a fare le sue veci e non l'odio.

O la rabbia. 

- Przestán mówić. Przez ciebie zginiemy. / Smettila di parlare. Ci farai ammazzare tutti. - Lo rimprovera un altro, continuando a camminare. 

Il gruppo inizia a smistarsi, a dirigersi ognuno verso la propria palazzina. 

" Propria " è un termine improprio, dal momento che i veri proprietari sono stati forzati a trasferirsi altrove, a cedere le loro abitazioni agli ebrei espulsi da Kazimierz. 

Un singolo appartamento, così come i letti a castello di Birkenau, è sovraffollato e vi sono stipate all'interno anche decine di persone, appartenenti a famiglie diverse. 

Alcuni, sicuramente, penseranno di aver già toccato il fondo ma, purtroppo, non possono sapere che, per i nazisti, la detta " Endlösung " ( la soluzione finale della questione ebraica ) ha la priorità su tutto e che, quindi, siano disposti a far partire convogli da tutta l'Europa pur di " evacuare " le " razze " inquinanti, indesiderate. 

Le condizioni di vita all'interno del ghetto sono assai dure ma, dal momento che le retate hanno subito una battuta d'arresto, l'aria che si respira al suo interno non è delle più pesanti. 

Molti di loro sono impiegati nell'industria bellica e ciò li porta a credere di essere " necessari " per i titolari delle fabbriche e, quindi, anche per il Reich. 

Colgo l'occasione per imboccare un vicolo laterale, estraniandomi dalla calca.  

Le osservo dall'ombra, decine di persone che procedono in fila, apparentemente più quiete delle altre che avevo visto nel piazzale. 

Sono gli ebrei di Schindler: non solo uomini giovani e forti, ma anche donne, persone anziane e ragazzini, all'incirca della mia età. 

Nessuno mai li avrebbe assunti, tuttavia, grazie all'umanità di quell'uomo, avranno salva la vita, che altresì gli sarebbe stata tolta. 

Qualcuno mi tira la felpa da dietro. 

" Oddio " mi dico, mi avranno trovata. 

Reiner mi urlerà contro appena mi avrà sotto tiro; non mi farà più uscire di casa. 

- Ich gebe auf. Ich werde ohne viel Aufhebens wegkommen. / Mi arrendo. Verrò via senza fare storie. - Quando mi volgo indietro, però, non vedo alcun soldato, ma una bambina, di sette o otto anni. 

- Gdzie jest twoja gwiazda? / Dov'è la tua stella? - Mi chiede, con la tipica innocenza e ingenuità degli infanti. 

È una bella bambina, dai tratti delicati e i capelli biondissimi. Le guance scavate mettono in evidenza gli occhi grandi, con i quali mi trafigge direttamente al petto. Il vestitino buono, consumato, scopre le gambette e le braccine filiformi; è bianco, benché la sua pelle appaia più pallida ancora, segnando un contrasto commuovente con il suo sguardo, vispo come quello di un qualunque bambino. 

Mi tasta con le sue piccole mani bianche, girandomi intorno un paio di volte. 

Deduco che stia cercando la banda distintiva e, di conseguenza, non reagisco, fin quando non preme su qualcosa nella mia tasca, che emette un crepitìo inconfondibile. 

Mi ritrovo i suoi occhioni blu puntati addosso e la caramella viene fuori spontaneamente, siccome gliel'avrei donata in ogni caso. 

Anch'io amavo le caramelle alla sua età. 

Lei la riceve con gioia, sorridendomi. 

Io pure sorrido, piangendo intimamente nel blando ricordo dei bambini francesi di Friederick. 

È troppo tardi per questa bambina. 

Così com'era tardi per Maël, Leonard e per tutti quei bambini uccisi barbaramente nei Bunker di Birkenau.

Intercetto una lacrima di dolore, spazzandola via con il dorso della mano. 

Intanto, si avvicina a noi un giovane uomo, il quale, sembra conoscere la piccola. 

Lui, notando sul mio braccio l'assenza della stella, la trascina verso di sè, spingendosela dietro la schiena. 

Potrebbe essere il fratello maggiore, per quanto mi riguarda; in ogni caso, mi percepisce come una minaccia. 

- Dlaczego tu jestés? / Cosa ci fai qui? - Io, che non capisco il polacco, decido di non peggiorare la situazione e di non rispondere, in qualsivoglia lingua. - Rozumiesz mnie? / Mi capisci? - Il mio sguardo cade sulla bambina, che tira il ragazzo per la camicia, provando ad attirare la sua attenzione. 

Allo stesso tempo, come un segno del destino, irrompe la voce di un tedesco all'altoparlante, che chiama più volte il mio nome, intimandomi di uscire allo scoperto. 

Interviene anche Reiner, urlando allo stesso modo. 

Commetto il grave errore di voltarmi verso lo sbocco del vicolo sullo slargo, confermandomi colpevole di quel trambusto. 

Lui vacilla per un secondo; mi guarda e nel suo sguardo leggo paura, speranza, determinazione. 

È un'occasione troppo ghiotta e la disperazione offusca le menti. 

Conosco quello sguardo, capto le sue intenzioni e non muovo un singolo muscolo, sapendo che arretrare vorrebbe dire scavarmi la fossa da sola. 

Ha capito che, per il bene della bambina, non mi metterò ad urlare, perciò le sue chance di avere successo aumentano. 

Non ho idea di cosa nasconda nelle tasche o, magari da qualche altra parte; per quanto ne so, potrebbe anche essere armato. 

Non una pistola, ma un qualche oggetto appunto sì. 

- Nie ma nic osobistego. Muszę spróbowac. / Non c'è niente di personale. Devo provarci. - 

Un passo. Un battito.

Due passi. Due battiti.

Tre passi... 

Prima che il tallone possa toccare terra, con uno scatto improvviso, prendo a correre verso l’inizio della viuzza, quanto basta per confonderlo e uscire dalla semioscurità, creata dall’adiacenza delle palazzine. 

Sono esposta davanti ad uno stuolo di persone, tra cui Reiner, che porta dipinto in volto il pallore della morte. 

Non appena mi vede, riprende colore e sono sicura che sia anche a causa dell'arrabbiatura. 

Tutti mi guardano, mi indicano, mi giudicano, ma io non vedo e non sento più nessuno. 

Riprendo a correre per tuffarmi tra le sue braccia, soffocando le lacrime al sentire il suo calore contro il mio viso. 

- Ich werde nie mehr verschwinden. / Non sparirò mai più. - Gli prometto, sparendo nella sua giacca. 

- Mai più. - Ripeto, socchiudendo gli occhi nel sentire la sua mano accarezzarmi teneramente la nuca. 

Lui non è più un eroe, eppure ha sacrificato il suo onore per venirmi a cercare, per salvarmi e, questo, almeno un po', almeno per adesso, lo rende il mio di eroe. 

Ho trovato una macchina perfetta e gli ho restituito un mondo che riteneva superfluo. 

Ora anche Reiner Von Hebel conosce la sofferenza. 

Il dolore che si prova nel vedersi strappare via ciò che si ama. 

 

 

 

 

  
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