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Autore: tatagma_    31/03/2019    1 recensioni
[MPREG] Dopo sei settimane dall’ultima folle festa tenutasi a casa di Namjoon, una serie di nausee mattutine e strani cambi d’umore prendono pieno possesso del corpo di Park Jimin. Non ci vorrà molto prima che, attraverso una pigra ricerca dei sintomi sul web ed il ricordo di quella notte trascorsa fra i sedili posteriori di un Pickup, il giovane studente scoprirà di aspettare un bambino. [Jikook]
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Mpreg
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7. Thirteen
 

“Okay Jeon, ce la puoi fare” sussurrò Jungkook a se stesso, controllando per l’ennesima volta i capelli sul riflesso dello specchietto retrovisore ed assicurandosi che ogni singola ciocca ben laccata fosse in ordine al suo posto. Il quarterback era lì, seduto sul suo pick up in abito elegante da ormai venti minuti, aspettando la spinta di coraggio necessaria per salire le scale del piccolo portico e bussare alla porta posta a pochi passi da lui. Sarebbe dovuto essere a scuola in quel momento, divertirsi con i suoi migliori amici e oscillare i fianchi sulle note di un dolce e romantico lento con la persona che avrebbe dovuto invitare al ballo, piuttosto che essere parcheggiato sulla soglia del giardino di casa Park, sudando freddo mentre il cuore al suo interno pompava sangue dritto nelle vene ad una velocità per lui incalcolabile. 

Due giorni prima Taehyung lo aveva brutalmente strattonato, preso per un braccio e trascinato nell’aula di letteratura, spiegandogli a denti stretti che avrebbe partecipato al ballo con Yoongi e che Jimin sarebbe invece rimasto completamente solo quella notte. All’inizio Jungkook non capì bene cosa Taehyung stesse cercando di dirgli, ma quando l’altro gli disse “Va’ a fargli compagnia, stupido idiota”, con un sospiro e una mano portata sugli occhi dall’esasperazione, fu allora che il cervello di Jungkook cominciò a processare l’intera idea. Il peso della sua considerevole pancia, l’impossibilità di trovare un vestito adatto e le gambe doloranti accentuate dal caldo di mezz’estate non avrebbero consentito a Jimin di prendere parte al tanto desiderato ballo di fine anno. E Jungkook pensò, che se il biondo non poteva andarci - con il grande rammarico di non poter trascorrere, nei panni di un vero principe, quella serata insieme a Taehyung - avrebbe potuto portargliene un pezzetto. 

Aveva noleggiato così un gazebo con delle belle luci nei pressi di un parco alla periferia della città, preparato un picnic e stilato una playlist delle loro canzoni preferite su di un vecchio cd; con la compagnia di una bellissima luna piena presente in cielo, la sera stellata e le lucciole svolazzanti nella mezzanotte, Jungkook sapeva che lo scenario si sarebbe presentato in maniera fin troppo romantica. Dopo aver pensato a lungo, settimane e settimane sul suo letto a rimuginare quanto successo e ripercorrere i passi della loro storia travagliata, il quarterback era arrivato alla conclusione che Jimin era ancora l’unico, nonostante le ferite, capace di fargli battere cuore. 

Lo voleva, e non solo come amico: voleva tenere quella minuscola mano tra la sua, accarezzare la prominente pancia mentre sussurrava parole stupide alla loro futura figlia, far ridere Jimin e baciarlo tenendolo stretto. Jungkook si era reso conto, forse un po’ troppo tardi, che non gli importava ciò che le persone a scuola avrebbero pensato di loro. Probabilmente non li avrebbe neanche più rivisti dopo il diploma, prendendo atto del fatto che avrebbe dovuto godere le piccole cose che la vita gli stava offrendo per poter essere felice. E Jimin era la prima cosa nella sua lista, che il moro sapeva, lo avrebbe reso felice. 

Jungkook tuttavia non poté fare a meno di avvertire il panico torcergli lo stomaco. Le probabilità che Jimin potesse rifiutare l’invito ad uscire con lui si mostrarono al di sopra della soglia prevista poiché, in seguito alla discussione avvenuta a casa sua, durante la cena con i suoi genitori, il biondo aveva preso da lui le dovute distanze, fuggendo via dalla classe alla fine di ogni lezione e non dando così a Jungkook opportunità di avvicinarlo in nessun modo. 

“Almeno ci hai provato …” mormorò fra sé e sé, cercando di convincersi invece che tutto sarebbe andato come da lui previsto. Jungkook scese così dal pickup, sistemandosi giacca e la cravatta, e con passi decisi si avvicinò alla porta pigiando con forza il campanello. Il quarterback attese dondolandosi sui talloni, le mani portate dietro la schiena e gli occhi puntati verso l’alto alla ricerca della stanza illuminata di Jimin, aspettando con trepida impazienza fino a quando la porta si aprì rivelando sull’uscio la figura di una minuta donna di mezz’età. 

“Oh, s-salve” balbettò Jungkook con imbarazzo. La donna lo guardò incuriosita con gli stessi occhi nocciola in cui il moro riconobbe sfumature di quelli di Jimin, “Uhm, sono Jungkook … Jeon … un amico di Jimin”

Jungkook” sorrise la donna quasi riconoscendolo “Scommetto che cerchi mio figlio ?”

“E’ in casa ?” domandò lui mordendosi un labbro. 

“Certo, te lo chiamo subito”

“Grazie” mormorò con un sorriso. 

Il moro aspettò sull’uscio camminando avanti ed indietro, sudando nei vestiti e nervoso di vedere quella che sperava - quella notte - sarebbe diventare la sua dolce metà. “Jungkook ?” chiamò la tenue voce di Jimin alle sue spalle. Il quarterback si voltò di scatto e raddrizzò nuovamente gli abiti mentre Jimin, di sua parte, lo osservò con espressione confusa ed accigliata in viso. “Che ci fai qui ?”

“Hey …” salutò lui arrossendo “Passavo da queste parti e ... beh, ho pensato che forse, se non sei impegnato o troppo stanco, potremmo uscire ?”

"Non ti sembra tardi per uscire?" 

Jungkook osservò per integro la sua piccola statura, Jimin indossava dei pantaloncini larghi all’altezza delle cosce e una T-shirt di ampia taglia cadente morbida sul suo addome. “Perché non sei a scuola ? C’è il ballo questa sera” chiese il biondo dopo un momento di pausa, facendo nota degli abiti eleganti portati da Jungkook. 

“Uhm … pensavo che potremmo andarci insieme” borbottò il moro, mordendosi la lingua per aver dimenticato il discorso da lui preparato e per essere apparso invece un completo idiota ai suoi occhi. 

“Al ballo ?” Chiese Jimin confuso, “Non sono nelle condizioni per —“

“Lo so” tagliò lui corto, avanzando di un passo e sprofondando nervosamente le mani nei pantaloni stretti "Ecco perché ho preparato qualcosa di speciale, solo per noi due”

Jimin lo fissò per un istante e Jungkook si preparò così a ricevere il rifiuto che sapeva le sue labbra stavano per pronunciare, ma poi un sorriso giocoso crebbe su di esse. "Non avevi detto che eri qui di passaggio ?” stuzzicò. Il moro arrossì e Jimin rise di conseguenza, facendo risuonare nell’aria di mezz’estate acuti caratteristici che riuscivano da sempre a sciogliere il cuore del minore. "Hai davvero preparato qualcosa?" domandò ancora Jimin, sorridendo quando vide Jungkook annuire timido, ”Okay … ma non posso restare molto a lungo"

“D’accordo” mormorò a guance rosse.

“Mi devo cambiare ?” 

"Uhm, no ... va … va bene così, ci saremo solo tu ed io”

“Okay, prendo le scarpe e arrivo" 

Jimin tornò dentro casa a passi lenti e striscianti causati forse dalle caviglie troppo gonfie e doloranti, riaffacciandosi alla sua vista dopo diversi giri d’orologio con scarpe basse e perfettamente allacciate in fiocchi, i quali Jungkook intuì - per l’impossibilità di piegarsi - erano stati fatti da sua madre. Il tragitto sul pickup fu silenzioso e imbarazzante, poiché vivido nelle loro menti era il ricordo della notte in cui la piccola Jiwoo fu concepita su quei sedili. Jimin decise così di smorzare la tensione, notando quanto Jungkook fosse agitato e come le sue mani stringevano con forti morse il volante davanti a sé. 

“Non mi stai rapendo o cose del genere, vero ?” scherzò.

Jungkook rise abbastanza da rilassarsi e lasciarsi intrappolare in chiacchiere casuali, “No, e seppur lo pensassi non lo farei di certo vestito così”

“Sembri un pinguino” disse Jimin scoppiando a ridere “Non ti avevo mai visto in abiti formali”

“Già, credo sia anche la mia prima volta” rispose lui. 

Fra una canzone e l’altra tirata alla radio e l’asfalto scorrevole sotto le ruote del pickup, i due adolescenti arrivarono in poco tempo presso il luogo in cui Jungkook aveva preparato nei minimi dettagli la sua minuziosa sorpresa. Prima che potesse anche solo provare ad aprire lo sportello e scendere da lì con fatica dettata dal peso del suo addome, Jimin trovò Jungkook fiondato al suo fianco pronto a tendergli la mano e ad aiutarlo con dolcezza a non commettere il minimo sforzo.

“Chiudi gli occhi” disse Jungkook non appena si accorse di esser quasi arrivato al luogo dov’era posto il suo gazebo. “Voglio che sia una sorpresa”.

“Agli ordini, capitano” rispose il biondo ridacchiando incuriosito. 

Jungkook intrecciò così una mano tra la sua, guidandolo verso il sentiero ed aiutandolo a camminare saldamente al suo fianco. Un colorito roseo comparì sulle sue guance non appena percepì - attraverso un semplice e piccolo contatto fra dita - la fiducia che Jimin stava riacquistando a poco a poco in lui. ”Sei pronto?” domandò attendendo che il biondo annuisse, le labbra curve in un sorriso. “Okay apri"

Quando i suoi occhi si aprirono, riprendendo possesso della capacità di distinguere nuovamente colori e contorni, Jimin spalancò la bocca dalla sorpresa. La città, sul promontorio, sembrava sottomessa ai suoi piedi, atta a risplendere la miglioria delle luci brillanti soltanto lì per loro e donando alla notte appena incalzata uno scenario a cui, alla sola vista, Jimin quasi si commosse. Poco distante da loro una piccola struttura in legno, da cui era possibile osservare l’intera magia di Seoul, era decorata con corde di lucine collegata ad una batteria portatile, illuminando il suo interno dove un piccolo tavolo era apparecchiato con dolci e delizie di ogni genere. 

“Tu … tu hai fatto tutto questo per me ?” chiese Jimin voltando la testa di lato e guardando Jungkook che aveva invece taciuto per tutto il tempo.

"Sì ..." sorrise imbarazzato con le gote arrossate, visibili nonostante l'oscurità appena circostante. "Volevo renderlo speciale ... e oh! Abbiamo anche la musica!" cinguettò avvicinandosi al gazebo per raggiungere lo stereo da lui poggiato sul suolo. Jimin non poté fare a meno di ridacchiare per l'entusiasmo contagioso mostrato da Jungkook, oscillando così i fianchi e dirigendosi lentamente in sua direzione.

"Vuoi mangiare qualcosa?" chiese Jungkook quando notò che Jimin non proferì parola al suo fianco. "Ho comprato questi cracker perché so che sono i tuoi preferiti. Oh! E anche questi biscotti al sapore di ciliegia, sono disgustosi per me, ma sembravano piacerti quando li hai provati l'altro giorno e — "

“Jungkook”

“Sì ?”

Jimin alzò lo sguardo su di lui mostrando occhi colmi di emozione e di lacrime non versate. "Grazie …” mormorò appena. Jungkook scosse così la testa, pronto a metter fine ai suoi futili tentativi di mostrar gratitudine, ma fu stoppato non appena Jimin riprese il filo del suo discorso. "La nostra relazione è stata un po’ difficile negli ultimi tempi … e ti stai mostrando così carino con me in questi giorni che … tutto ciò mi confonde, Jungkook, non so davvero cosa dire” 

“Ammetto di non averla resa facile, abbiamo sofferto tanto Jimin, ed è per questo che … sto cercando in tutti i modi di riconquistare la tua fiducia, voglio che tu possa sentirti nuovamente a tuo agio con me”

“Lo apprezzo davvero tanto” 

Jungkook fece un passo avanti e afferrò la mano di Jimin con dolcezza, attirando il biondo come un magnete al suo corpo costruito. Jimin sentì il respiro mozzarsi per l’estrema vicinanza, la punta del naso che sfiorava come un soffio la sua, gli occhi nocciola che viaggiavano sulla pelle studiando i dettagli - le particolarità - del suo viso perfetto: la forma del suo sguardo, come Jimin era solito vederci l’universo all’interno, il neo al di sotto del suo labbro inferiore, il modo in cui i suoi denti sporgevano ad ogni accenno di sorriso sincero. Jimin era agitato per l’estremo contatto, ma non disse nulla quando le dita di Jungkook guidarono le sue mani sulle sue spalle, posando in seguito le sue sui suoi fianchi stretti, cominciando a muoversi e a far oscillare i corpi al ritmo lento della musica risuonante dalla radio. 

I due rimasero in silenzio per un po’, ballando e godendosi il momento creato, Jimin con le braccia allacciate dietro al suo collo e la testa poggiata sulla spalla del minore, Jungkook con la testa inclinata sulla sua inalando la dolce fragranza sprigionata dai suoi capelli freschi del solito - e adorato - shampoo alla fragola. "Questo è … davvero carino” mormorò Jimin con un sorriso, sentendo in pancia la piccola scalciare. “A Jiwoo piace” 

“E a te piace ?” domandò Jungkook posando le labbra sulla sua fronte. 

“Mh-mh” annuì lui chiudendo gli occhi. “Vedo inoltre che hai fatto pratica” 

“Di cosa stai parlando ?” 

“Dallo scorso ballo, hai imparato a non pestarmi i piedi” 

“Oh andiamo non mi muovevo così male!” 

“Eri un disastro Jungkook” sogghignò Jimin “Un ceppo di legno sarebbe stato di certo più agile e fluente di te”

Il quarterback scoppiò a ridere, nascondendo il viso imbarazzato tra i suoi capelli d’oro, “Quella fu davvero una bella serata” 

La notte del loro primo bacio, Jimin ricordò “Già, davvero bella” sussurrò. 

“Ci pensi mai ?” 

“A cosa ?”

A noi …” 

Jimin si irrigidì al suono di quelle agrodolci parole dettate dalle sue labbra, “Jungkook ascolta —“ 

“Non è solo per il ballo che ti ho portato qui questa sera, per ricreare la magia di una cosa importante” rivelò come un segreto crollato “Voglio stare con te, Jimin” disse dopo un intero - a tratti secolare - minuto di silenzio. Il biondo smise di muoversi, staccandosi dalla sua stretta e traendosi all’indietro per guardare al meglio le espressioni del suo viso. Jungkook avrebbe voluto dire qualcosa di significativo e romantico che avrebbe fatto sì Jimin potesse ricambiare i suoi sentimenti, ma la notte non stava andando esattamente come l’aveva programmata, e la sua bocca proprio non voleva saperne di smetterla di blaterale sola.

La risposta di Jimin arrivò con voce strozzata, “Che cosa ?” mormorò. 

“Voglio stare con te, voglio … la nostra famiglia … la nostra bambina” ripeté il quarterback più forte, determinato questa volta, ma di sua risposta Jimin arretrò di un passo guardandolo con espressione accigliata. 

“Stai mentendo” affermò “Hai detto di no, che non avremmo funzionato”

“So quello che ho detto e … soltanto dopo averlo realizzato ho capito che avrei dovuto rimangiare quelle parole sin dall’inizio” disse Jungkook con sfacciataggine, “Mi dispiace … ero confuso e non pensavo che —“ 

“Non voglio ascoltarti Jungkook!” Replicò Jimin scuotendo la testa ed arretrando di un altro passo “Portami a casa”

“Jimin —“

“No, ho detto portami a casa!” urlò. 

Il tragitto di ritorno verso casa Park fu silenzioso e imbarazzante. Jungkook guidò con lo stomaco in subbuglio, stringendo forte il volante e voltandosi alla sua destra - di tanto in tanto - per guardare Jimin seduto di fianco a lui, la cui fronte era premuta sul vetro freddo del finestrino, gli occhi tristi fissi sulla strada fluente e la mano che protettiva si muoveva su e giù lungo la curvatura della sua pancia.

Jungkook desiderava soltanto lasciarsi andare ad un pianto liberatorio, poiché il peso del rifiuto lo stava logorando, ed il fatto che Jimin, silenzioso, non lo stesse nemmeno guardando rendeva tutto ancora più doloroso. 

“Mi dispiace” mormorò il quarterback prima che Jimin potesse uscire dall’auto, la portiera già aperta ed una gamba fuori pronta a ricevere comando di muoversi ed andare via. “So che continuo a rovinare ogni cosa tra noi, è solo che … non so come risolvere. Sto cercando di essere una persona migliore, di prendere in mano le mie responsabilità, voglio stare con te Jimin … crescere questa bambina insieme e … ”

“Non puoi rifiutarmi e poi dirmi di volerci riprovare, Jungkook. Non dopo che ho faticato così tanto per reprimere i miei sentimenti ed ignorarli ogni qual volta mi sorridevi o eri gentile con me”

Jimin si voltò per guardarlo, occhi pieni di lacrime sporgenti fu tutto quello che focalizzò. Jungkook così, alla sua vista, si sgretolò come una piramide di carta gettata giù dal vento, non riuscendo più a trattenere le emozioni e permettendo così a dirotte goccioline salate di cadere sinuose sulle sue guance.

“Ero spaventato, okay ?!” singhiozzò. “Sono stato abbastanza stupido da preoccuparmi più di ciò che gli altri avrebbero detto di noi piuttosto che credere nei miei istinti ed ignorare quelle inutili voci. Cazzo, sono innamorato di te Jimin … lo sono sempre stato! Anche quando mi hai spezzato il cuore, lasciandomi con un messaggio mentre ero lì da solo a Boston; quando ci siamo rivisti alla festa di Namjoon, promettendoci che niente più ci sarebbe stato fra di noi, che quello era l’addio che non ci siamo mai dati e non il bentornato che tanto aspettavo invece di ricevere. Credi che sarei venuto a letto con te se non ti amassi davvero ? Che quella è stata per me una scopata come tante altre ?” gridò Jungkook disperato non curante del fatto che tutti i vicini avrebbero potuto sentirlo lì nel cuore della notte. “Ti amo Jimin, non ho mai smesso di farlo, ti amo così tanto che fa male e —“ 

“Vieni qui stupido idiota” borbottò il biondo afferrando il quarterback per il colletto della camicia. Le loro labbra si scontrarono duramente, come un mare in tempesta violento sugli scogli, adattandosi pian piano uno alle curve sinuose dell’altro. Jimin accarezzò il naso con il suo, i denti goffamente batterono all’inizio, ma nonostante ciò il bacio era perfetto. 

La mano di Jungkook formò una coppa sul viso delicato del biondo, inclinandolo per approfondire ancor di più quel contatto tanto richiesto, mancato e cercato. Il pollice prese ad accarezzargli gli zigomi pieni causati dalla gravidanza e dai chili guadagnati; c’erano giorni in cui Jimin odiava profondamente le sue forme, i vestiti indossati, la mancanza dei suoi jeans preferiti e quel suo senso di appetito improvviso - delle pietanze più stravaganti - che solito era colpirlo in momenti meno adatti. Jungkook trovò invece quella condizione gli donasse magnificamente, che Jimin brillasse al pari di una stella guida in una notte di mezz’estate. Il bacio divenne esigente ad ogni schiocco dato, Jimin leccò il labbro inferiore dell’altro affinché la sua lingua avesse accesso ad incontrare disperata la sua, brividi si propagarono lungo la sua spina dorsale non appena Jungkook lo tirò per i fianchi a sedersi su di sé dando inizio ad una sessione tra le loro bocche decisamente più calda ed umida. 

Jimin sorrise sulle labbra non appena si accorse che i loro corpi non aderirono perfettamente come pezzi complementari dello stesso puzzle, ma che qualcosa di ingombrante - e fin troppo bello - giaceva tra loro stavolta: la piccola e scalciante Jiwoo. Jungkook sentì i capelli arruffarsi tra le dita del biondo, gli stessi su cui aveva trascorso addietro minuti preziosi affinché questi apparissero perfetti ai suoi occhi, e di cui adesso non aveva di certo più importanza. Fece scivolare le mani sul suo petto sensibile, giocando con il tessuto leggero della maglietta, fino a poggiarle con protezione sul guscio che caldo racchiudeva la loro bambina. I due si toccarono disperatamente avvertendo la pelle fremere e bruciare sotto di essi, i cuori battere impazziti nell’aria, lasciando sì che i loro sentimenti - fino allora imbottigliati - emergessero nei loro gesti liberi e raggianti. 

“Ti amo anch’io” sussurrò Jimin quando le bocche si separarono per recuperare respiro, il naso piccolo che strofinava sul suo. Jungkook era così bello sotto la luce della luna, con gli occhi socchiusi e le labbra gonfie che lucide brillavano come stelle. “Così tanto …”

Poggiando le mani sugli zigomi pieni, Jungkook si sporse in avanti per catturare nuovamente le labbra delicate in un bacio più lento e passionale. Jimin gemette sulla sua lingua, dolce melodia che a Jungkook mancò sentire e che andò dritto a colpire le sue velate regioni basse. “Perché mi hai lasciato, Jimin ?” domandò d’un tratto, poggiando la fronte sulla sua, “Non me l’hai mai detto e ho bisogno di saperlo”. 

Jimin si morse un labbro ed abbassò lo sguardo non appena il ricordo della rottura attanagliò la sua mente, “Perché … perché io ero solo un ostacolo ai tuoi sogni, Jungkook” confessò “La mia vita era qui a Seoul, la tua piena di successi lì a Boston. C’erano due interi continenti a dividerci, quattordici ore di fuso orario” 

“Avremo potuto funzionare, stava andando tutto bene tra noi Jimin…” 

Il biondo scosse la testa, “No Jungkook, non andava tutto bene. I tuoi allenamenti ti rubavano molto tempo, noi ci sentivamo a malapena, litigavamo e …” Jimin si fermò d’un botto per riprendere aria nella gola smorzata, guardando in alto con gli occhi pronti a sgorgare, “ … non sapevo più cosa facevi, con chi eri … trascorrevo notti in bianco stretto al cellulare aspettando solo di sentire la tua voce per qualche minuto …” infine crollò “Sono stato così egoista Jungkook, così tanto egoista che non mi importava più niente della borsa di studio, della felicità e del tuo futuro, desideravo soltanto che tu tornassi a casa da me il prima possibile perché non averti accanto faceva terribilmente male ma … questo non era giusto, tutto questo non era giusto nei tuoi confronti” 

“E hai pensato che rompere con me fosse la soluzione migliore? Che avrebbe sistemato ogni cosa ?” 

“No … ma avresti potuto concentrarti sui tuoi allenamenti senza più pensare a cosa avevi dall’altro lato. Il tuo posto non era qui con me Jungkook, lo sapevamo entrambi”

Jungkook intrecciò le dita delle loro mani, “Non c’era altro posto in cui volevo stare se non fra le tue braccia. Sarei corso qui se solo me l’avessi chiesto, se solo mi avessi detto cosa stavi provando. Quel messaggio … mi ha devastato Jimin, mi ha spezzato il cuore” 

Il biondo tirò su con il naso, lasciando che a sua volta Jungkook gli asciugasse le lacrime con fior di baci, “Mi dispiace” borbottò sulla sua bocca “Credevo che ricominciare le nostre vite da capo in due città diverse sarebbe stato il meglio per noi … per te. Ma la verità …” rise Jimin fra il pianto “È che non ho mai smesso di guardarti succedere Jungkook, di seguire le partite del giovedì dallo stupido schermo del Net-Cafè, perché in quel bar la connessione era più veloce di scuola, e tifare per te ogni volta. Sono impazzito il giorno in cui hai cambiato numero di maglia, non ti ho riconosciuto in campo, pensavo ti fossi fatto del male e —“ 

“Era per te” lo interruppe Jungkook guardandolo negli occhi.

“Cosa ?”

“Il numero 13 della mia maglia, era per … tenerti sempre con me” 

Jimin scoppiò così in un pianto singhiozzato, accasciandosi sulla spalla di Jungkook per stringerlo forte a sé e recuperare quei mesi di pura mancanza. Jungkook gli accarezzò la schiena minuta, baciandogli il collo e le guance di tanto in tanto. “Mi dispiace di averti trascurato” disse lui “Non succederà mai più, ve lo prometto” mormorò con mano aperta sulla pancia gonfia. 

“Non ho mai smesso di amarti” sussurrò Jimin “Nemmeno per un istante”

“Neanche io, mai” annuì Jungkook prima di baciarlo di nuovo, ancora e ancora e ancora, fermandosi soltanto quando le labbra sarebbero state gonfie e doloranti per il fuoco ardente della loro stessa passione. 





 

“Non ci posso credere che tu mi abbia davvero trascinato qui …” borbottò Taehyung con broncio. Yoongi rise al suo fianco di tutta risposta, passando al grigio - come consolazione - una busta piena fino all’orlo di caramelle gommose. 

“Stai zitto” disse Jimin dall’altro lato, allungando il braccio per afferrare i dolciumi. “Ho bisogno del tuo supporto”

Taehyung sbuffò, incrociando le braccia al petto e spingendo via la mano del biondo dalla busta che Yoongi aveva comprato per lui, guardando dopo poco il broncio dispiaciuto del suo migliore amico nascere sulle labbra rosee e piene. 

“Come se … tu non hai bisogno di vedere il tuo ragazzo giocare a basket ogni volta” stuzzicò Yoongi passando, con tradimento, le caramelle a Jimin. 

“Ma tu da che parte stai ?”, lo sgridò allora Taehyung. 

“Jungkook è in campo e qui c’è molta gente” disse il biondo con ansia, mentre osservava la folla esultare rumorosamente ad ogni punto segnato dalla propria squadra. “Continuano a fissarmi tutti come se fossi un alieno” 

“Sei brutto e enorme, ovvio che la gente ti fissi” rispose Taehyung, ridendo a crepapelle mentre Jimin lo colpiva ripetutamente alle spalle. 

La sirena d’allarme suonò per segnalare la fine del time-out che la squadra avversaria aveva chiesto e una volta che i giocatori tornarono in campo, il pubblico si scatenò ancora una volta. Era la finale del torneo, Jungkook era stato impegnato con gli allenamenti per tutto il mese e riusciva a malapena a godere in pace dell’estate appena sorta che anticipavano i mesi di preparazione al college. Il moro si era lamentato così tanto che avrebbe voluto lasciar perdere tutto e trascorrere del tempo libero con Jimin poiché, una volta che settembre sarebbe arrivato e l’università così iniziata, sarebbe stato per loro tutto tremendamente frenetico. Ma Jungkook non poteva abbandonare la sua squadra a metà stagione, non solo perché era il capitano e i suoi compagni non l’avrebbero mai perdonato, ma perché doveva continuare a giocare se voleva mantenere i guadagni della borsa di studio ricevuta in America. I suoi genitori avrebbero potuto pagargli l’università senza alcun tipo di problema ma Jungkook decise di iniziare a fare le cose nel verso giusto e a dipendere da solo. Al solo fianco di Jimin e Jiwoo. 

“Fai gli occhi a cuoricino quando lo vedi, che schifo” prese in giro Taehyung, la voce quasi attutita dagli applausi della gente circondante quando uno dei giocatori segnò punto. 

“Anche tu con Yoongi, bleah” replicò Jimin, sorridendo compiaciuto quando sia Yoongi che Taehyung arrossirono come pomodori. Erano carini. 

Il ronzio che segnò la fine della partita fu accompagnato dai cori da stadio della folla che felici celebravano la vittoria degli Yellow Stripes, la squadra del loro liceo. Persino Jimin, che non amava molto lo sport, applaudì sorridente fino a dolergli le mani, poiché era la squadra del suo Jungkook quella che aveva portato a casa la vittoria. 

“Congratulazioni!” urlò Jimin ad alta voce quando vide il moro avvicinarsi, sudato e sorridente. 

Tutti festeggiarono in campo la loro vittoria, con coriandoli e acqua gettata dagli irrigatori. Il biondo si apprestò, al suono della sirena, a scendere le scale e raggiungere il fondo delle tribune affinché potesse accogliere e congratularsi, con le mani protettive sul ventre ormai entrato nell’ottavo mese, il giovane e promettente capitano della squadra. 

I compagni continuarono a dare a Jungkook pacche di incoraggiamento sulla schiena, seguite da parole di congratulazione ed affettuose, ma l’attenzione del moro era tutta su Jimin. “Grazie” rispose posandogli le mani sui fianchi per attirarlo più vicino, “Non credi che meriti un premio per la vittoria?” chiese al suo orecchio con espressione maliziosa.

Jimin si morse il labbro per contenere il suo sorriso di gioia, consapevole degli occhi curiosi della gente attorno. Nessuno a scuola sapeva che i due erano tornati insieme, Jungkook e Jimin erano stati discreti nei mesi successivi alla decisione di provare a costruire da capo la loro relazione. “Posso darti delle caramelle” rispose il biondo sollevando la busta che era riuscito a rubare dalle mani del suo amico. Ma Jungkook sapeva che non avrebbe ottenuto nulla da lui, decidendo allora così di prendere un pezzo del suo premio di sua spontanea volontà: si sporse in avanti catturando le labbra di Jimin in un bacio dolce che durò più di quando avrebbe dovuto considerare. 

Insieme al rumore del cuore battente nel petto e il sangue pompargli rumorosamente nelle orecchie arrossate, Jimin sentì alcune persone dietro di loro esultare e fischiare. “Ci stanno guardando tutti, ti odio” disse il biondo imbarazzato, il viso sorridente nascosto nel collo sudato di Jungkook. 

“E allora ? È bene che sappiano che sei il mio ragazzo adesso” rispose Jungkook baciandogli la fronte. 

Jimin lo strinse forte, sorridendo ancora più di cuore. Era ufficialmente il suo ragazzo, e il biondo sapeva che - in quel momento - nessun suono pronunciato da quelle labbra così morbide avrebbe avuto al mondo melodia più bella.

 
   
 
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