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Autore: Saruwatari_Asuka    02/04/2019    2 recensioni
La vita è una maschera, tu dici, e questo per te è fonte inesauribile di divertimento, e sei così abile che ancora non è riuscito a nessuno di smascherarti: poiché ogni manifestazione tua è sempre un inganno; solo in questo modo tu puoi respirare e far sì che la gente non si serri intorno a te e ostacoli la tua respirazione. In questo sta la tua attività, nel mantenere il tuo nascondiglio, e questo ti riesce, perché la tua maschera è la più misteriosa di tutte; infatti non sei nulla, e sei sempre soltanto in relazione con gli altri, e ciò che tu sei, lo sei per questa relazione. (...)
Non sai che arriverà la mezzanotte in cui ognuno dovrà smascherarsi? Credi che si possa sempre scherzare con la vita? Credi che si possa di nascosto sgattaiolar via un po’ prima della mezzanotte per sfuggirla?
(Søren Kierkegaard)
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aries Mu, Gold Saints, Leo Aiolia
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3

 

 

Deciso ancora più di prima a raggiungere il Tredicesimo Tempio e parlare con Shion, Mu si era messo di pazienza ad aspettare, sperando che con l'arrivo del nuovo giorno il divieto di salire sarebbe stato revocato. In qualsiasi caso, però, avrebbe raggiunto il suo obiettivo, anche se non sapeva ancora come.

Non dovette attendere l'alba, però, non ce ne fu bisogno.

Quando scorse la figura di Shura all'orizzonte, le spalle incassate e il volto cinereo ad invecchiarlo di almeno dieci anni, si vide passare accanto sia il custode della Quarta che della Dodicesima Casa, diretti verso Capricorn.

Come aveva intuito, quei tre erano più amici di quello che volevano apertamente mostrare. Chissà se lo stavano aspettando insieme, in attesa di confortarlo per quanto era appena successo? Gli fece pena, non poté evitarselo, e allo stesso tempo avrebbe anche voluto andare da lui a dirgli a sua volta qualcosa che lo tirasse su. Ma che cosa c'era da dirgli? Niente, proprio niente.

Aveva ucciso un compagno, anche se erano stati gli ordini. Niente avrebbe potuto risollevare l'animo ferito di Shura, nemmeno i due amici.

Li guardò per un po', fermi l'uno davanti all'altro, con Shura che guardava a terra e gli altri due che si scambiavano occhiate allarmate, di qualcuno che vorrebbe ma non può.

Nel momento in cui scorse il sangue a macchiare l'armatura del Capricorno, però, decise immediatamente che non sarebbe rimasto un attimo in più a vegliare su quella patetica scena, e che era il caso invece di approfittarne. Girò le spalle ai tre e iniziò a correre verso il Tredicesimo, prima che anche solo uno di loro potesse fermarlo.

Non ci mise molto ad arrivare, ma ad accoglierlo furono solo le guardie.

"Nobile Mu, la prego di tornare alla sua Dimore. Il Sommo Patriarca non desidera essere disturbato, al momento."

Mu scosse il capo, "Non mi importa! Ho bisogno di parlare con il mio maestro, ditegli che sono qui!"

"Questo non è possibile, Nobile Cavaliere. La prego di andarsene, o sarebbe costretti a mandarla via con la forza."

"Non ne avete le capacità! E adesso annunciatemi, ho detto!"

Perché evitava così di vederlo? Non l'aveva mai fatto, neanche nel cuore della notte, neanche per le cose più sciocche. E quella non era certo una sciocchezza. Dopo quanto successo doveva aspettarsi che avrebbe desiderato vederlo, lo conosceva ormai.

Era Mu quello a non riconoscere più il suo maestro, negli ordini impartiti quella notte. La morte di Aiolos per mano di Shura, il divieto di incontrare persino lui. Che stava succedendo?

Non poteva più aspettare.

Contro ogni suo principio morale, colpì le due guardie mettendole facilmente fuori gioco e, con un movimento secco, aprì il portone che portava alle sale del Sacerdote.

"Maestro! Maestro Shion, devo parlare con voi! Vi prego!"

Per un lungo istante, Mu non avvertì alcun rumore, né delle guardie né di Shion. Poi i passi di qualcuno che si avvicinava e infine la casacca nera del Patriarca comparve davanti ai suoi occhi.

La maschera sul viso.

"Maestro?" non poté evitarsi di chiamarlo in un sussurro appena, mentre gli si avvicinava.

D'istinto, prima ancora di capire perché, fece un passo indietro.

Shion aveva il passo claudicante degli anziani e odiava portare l'elmo e la maschera a coprirgli il volto, se poteva evitarlo. Con lui non l'aveva mai fatto, nemmeno nella sua veste più formale. Per non parlare del fatto che il peso degli anni vissuti l'aveva reso ricurvo, quasi arcigno a vederlo.

Quindi chi era quello? Chi era quella figura che, vestita come il suo maestro, camminava verso di lui diritto e con la testa alta, la maschera sul volto?

Anche i capelli erano diversi, adesso che gli era più vicino. Appena, ma era così.

"Che cosa succede, Mu? Avevo chiesto di non essere disturbato, come sei arrivato qui?"

"Io...ho approfittato del caos dovuto alla morte di Aiolos...volevo parlarle," gli disse. Sì, l'idea era chiedere spiegazioni, se c'erano. Eppure ora si sentiva la mente svuotata.

"Capisco. Cosa volevi chiedermi, Mu?"

Dietro quella maschera che rendeva più distante e ovattata la voce c'era una nota diversa, che Mu non riconobbe. Era davvero la voce di un vecchio bicentenario? Quella di Shion di norma era dolce, strascicata nei momenti in cui era più stanco. Mentre ora qualcosa era diverso.

Era sicura. Minacciosa.

Sì, Mu si sentì minacciato da quella figura vestita di nero che lo guardava con gli occhi ciechi della maschera.

Voleva andarsene, andarsene subito.

Maestro mio, dove siete?

"E' vero quello che dicono, Sommo? Che Aiolos ha ucciso Athena?" lo chiese comunque, cauto, perché non poteva rendere palese il fatto che sospettasse. Sarebbe stato troppo strano.

"Purtroppo era suo intento farlo, Mu, sì. Ho mandato dietro di lui il giovane Capricorn proprio per impedirlo. Quando tornerà con il resoconto della missione saprò dire di più a tutti voi."

"Non mi aspettavo che Aiolos..."

"Lo so. Nessuno di noi se lo aspettava. Va a dormire, Mu, riposati. La parte più difficile è appena iniziata."

Grato di essere stato scacciato e di poter fuggire senza sembrare sospetto, Mu si piegò in ginocchio davanti a lui in segno di rispetto e corse fuori, non sentendosi più al sicuro in nessuna delle Case che stava oltrepassando. Quasi qualcuno lo stesse spiando.

 

"Shaka, posso entrare nella tua Casa? Sei già sveglio?" la voce di Mu era incerta, il giovane Virgo la colse immediatamente. Shaka, che quella notte come tutti loro non era riuscito a prendere sonno, si avviò verso l'ingresso posteriore della sua Dimora per accogliere l'ospite inatteso. Doveva essere passato anche per salire, ma Shaka stesso era uscito dopo aver sentito il Cosmo di Aiolos spegnersi, e non se ne era minimamente accorto.

"Vieni pure, Mu. Cosa ti porta a fermarti alla Sesta Casa?" domandò, inclinando appena il capo di lato con fare curioso, gli occhi sempre chiusi.

"Shaka, avevo bisogno di parlare con qualcuno," ammise Mu, cercando le parole giuste per spiegare quello che doveva. Avrebbe voluto parlarne anche con Aldebaran, che era il suo più caro amico, ma l'altro era sicuramente insieme ad Aiolia, per confortarlo in quella difficile serata, e non gli sembrava il caso. E poi, Shaka c'era sempre quando si aveva bisogno, e in quel momento lui necessitava di risposte.

Che il Buddha potesse dargliene qualcuna era una cosa che sperava ardentemente.

"Che cosa succede?" s'interessò l'altro, cortese, facendogli cenno di entrare nella sua Casa. Mu però non lo seguì, rimanendo fermo, le mani strette fra loro, quasi fosse nervoso. E forse era così. Forse era persino spaventato.

Accusare il Sacerdote era contro le leggi del Santuario. Ma quello non era il Sacerdote, e lui ormai ne aveva avuto conferma.

"Tu non hai avuto strane sensazioni, questa notte, Shaka?"

"Svariate cose sono state strane questa notte, Mu, primo fra tutte il comportamento di Aiolos, non trovi? A che cosa ti stai riferendo, di preciso?"

"E se non fosse Aiolos quello sospetto? Hai percepito anche tu il terzo Cosmo che questa notte si è mosso per un istante nel Tredicesimo Tempio, non puoi non averlo fatto! Devi esserti accorto anche tu che c'era qualcosa!"

Il piccolo Shaka aggrottò le sopracciglia, "Certo che c'era qualcosa. Aiolos che tentava di uccidere Athena, ancora in fasce, infangando il nome di tutti noi Saint."

Mu scosse il capo, con più forza. Lo aveva sentito anche Shaka, come Aldebaran e Aiolia, non c'erano dubbi. Che volesse vedere la realtà dei fatti o meno.

"No, non è così! C'era una terza persona che non ho riconosciuto, stanotte, devi averla percepita!"

Shaka assottigliò le labbra, abbassando appena il capo, "Stavo dormendo ed è stato solo un istante..."

"Però l'hai sentito! Hai sentito che c'è stato qualcosa!"

"Forse," ammise, "Ma non ne sono sicuro. Cosa c'entra, questo?"

"C'entra perché quando quel Cosmo è sparito, prima che divampasse quello di Aiolos, anche quello del mio maestro è sparito. E non riesco più a percepirlo, adesso!"

"Non dire sciocchezze, Mu. Devi esserti fatto influenzare da qualcosa, senza alcun dubbio. Sei stato al Tredicesimo Tempio proprio ora, hai visto con i tuoi occhi il Sommo, sano e salvo."

"No, Shaka, sono sicuro di quello che ho sentito! E anche di quello che ho visto ora. Il Gran Sacerdote che ho incontrato adesso era...diverso! Non era il mio maestro, ne sono certo."

"Blasfemie!" esclamò Shaka, spalancando gli occhi. Normalmente, Mu sarebbe stato felice di vederli, invece qualcosa in quello sguardo lo fece rabbrividire e si ritrovò in posizione di difesa.

Doveva immaginarlo, quindi perché aveva parlato? Perché non aveva taciuto? Credeva Shaka suo amico fino al punto da andare contro le leggi del Santuario, forse? Era vero, sì, che Shaka gli era affezionato e lo stimava, ma quello che aveva sperato era troppo.

Però aveva così tanto bisogno di sfogarsi, dopo ciò che aveva visto, che la sua bocca e il suo corpo avevano agito prima della sua mente. Aveva sperato.

"Quello che stai dicendo è un insulto, Mu! Dubitare del Gran Sacerdote, come puoi? Questo solo basterebbe per farti accusare di tradimento, lo sai bene!"

Mu strinse i pugni, "Ne sono consapevole, ma so quello che dico! Perché non provi a stare ad ascoltarmi, Shaka? Te ne supplico, credi alle mie parole. Ho mai forse dato motivo di farti dubitare di me?"

Il piccolo Shaka rizzò la schiena e chiuse di nuovo gli occhi. "No, questo no," fece, "Ma sono io a supplicarti di tornare in te, Mu. Ti prego di tutto cuore, perché ti rispetto come compagno, di ritirare quello che hai detto."

"Shaka..."

"Per aver dubitato del Gran Sacerdote, dovrei attaccarti seduta stante."

"Quello non è il mio maestro!" trillò la voce di Mu, ferito. Non solo non gli credeva, ma si dimostrava pronto ad attaccarlo, persino.

Shaka parve tendersi come una corda di violino, a quelle ultime affermazioni, e l'istinto era senz'altro quello di congiungere le mani e colpire, come avrebbe fatto contro chiunque altro.

Ma contro Mu no. Contro di lui non poteva con così tanta leggerezza.

"Basta così. Farò finta di non aver sentito, e che Athena ti perdoni, ma adesso vattene subito!" esclamò, a voce altrettanto alta, "Non costringermi ad attaccarti e ad ucciderti, Mu, non voglio macchiare di sangue la Sesta Casa."

"Bene. Perdonami per averti disturbato."

Shaka lo guardò continuare la discesa, la testa incassata nelle spalle, curve verso il basso come se fossero schiacciate da qualcosa di troppo pesante e grande perché lui, a otto anni, potesse riuscire a sorreggerlo da solo.

 

Quella notte Shaka aveva cacciato Mu in malo modo, ma le sue parole gli erano comunque rimaste impresse. Per quanto non fosse disposto a credere che il Patriarca fosse un impostore, sapeva che Mu non era tipo da parlare a sproposito, su una cosa del genere men che meno. Per quel motivo aveva continuato a pensarci, incessantemente, ma solo incontrandolo a sua volta, da solo, aveva potuto notare quei dettagli che Mu doveva aver colto all'istante, vedendolo.

La postura, la voce, i gesti.

Che fossero stati loro i ciechi?

Si chiese dove potesse essere ora l'altro, se fosse al sicuro o se avesse intenzione di tornare. Avrebbe voluto parlare di nuovo con lui di quel fatto, ma non sapeva dove fosse e non poteva quindi raggiungerlo. Non di persona, almeno.

Ma chissà se Mu avrebbe risposto ad un suo messaggio telepatico, visto come l'aveva trattato?

"Mu? Mu, riesci a sentirmi? Ho bisogno di parlare con te."

La risposta fu solo l'ostinato silenzio della Sesta Casa, in un primo momento. E a ragione, perché neanche lui avrebbe accettato niente dopo essere stato minacciato in quel modo.

Ma Mu era una persona troppo giusta e corretta, seppur nient'affatto sciocca.

Shaka ricevette la sua risposta solo quando lasciò i confini del santuario, Pandora Box e sacca il spalla, diretto verso l'aereo che l'avrebbe portato in India.

Anche telepaticamente, il Santuario non era più un posto sicuro. Non per Mu, comunque.

Shaka studiò appena l'uomo che lo stava accompagnando, giusto per non far apparire troppo sospetto un bambino di otto anni che viaggiava da solo in quel modo, e che probabilmente non era altro che un emissario del falso Sacerdote per tenerlo sott'occhio.

Ma era davvero quindi un impostore, l'uomo che aveva incontrato quella mattina? Non sapeva più che pensare.

C'era un modo familiare di porsi che però non gli ricordava Shion. Familiare era stato anche il Cosmo estraneo percepito quella notte, ma non riconosciuto.

Shaka continuava a protrarsi verso quella sensazione, la soluzione a tutto, senza riuscire a raggiungerla, a toccarla.

Se era familiare perché non era riuscito a riconoscervi nessuno? Cosa gli sfuggiva che neanche Mu, che conosceva Shion così bene, era stato in grado di comprendere?

"Ho visto il Patriarca. Con in mente quello che mi avevi detto tu, non ho potuto fare a meno di lasciarmi confondere e vedere cose che forse non ci sono. E forse anche tu hai notato queste cose, Mu. So che eri in buona fede, ti conosco, non avresti mai parlato in quel modo per niente, eppure...io non ho colto alcuna malvagità nel cuore del Sommo, Mu. E' possibile che tu ti sia sbagliato?"

"E' possibile che sia tu ad esserti sbagliato?"

Shaka rimase impassibile sentendo la voce di Mu direttamente nella sua testa, per non destare sospetti. Fino a quel momento non gli aveva risposto, e adesso gli insinuava ancora dei dubbi?

"So quello che ho visto."

"Anche io so quello che ho visto, Shaka. E so meglio di tutti voi com'è il Sommo Shion privatamente."

Fu il turno di Shaka di tacere, questa volta.

Certo, era vero per ovvi motivi che Mu fosse l'unico a conoscere davvero bene Shion, visto che ne era direttamente l'allievo, e forse solo Saga e Aiolos avrebbero potuto dissipare quella nebbia e rispondere alle loro domande. Ma uno era morto e l'altro, partito segretamente in missione, non avrebbe fatto ritorno molto presto.

"E se avessimo ragione entrambi?"

"Se è un impostore come potrebbe avere un cuore puro?"

"A questo non so rispondere," ammise il giovane indiano, "Ma se anche quello non era lo Shion che conosciamo noi, io non ho scorto malvagità."

"E io mi fido del tuo giudizio più di ogni altra cosa, Shaka. Ma mi fido anche dei miei occhi, e del mio cuore. C'è un'ombra funesta sul Santuario, è un luogo non più sicuro ormai. Troverò il modo per dimostrarlo e scacciarlo, fosse l'ultima cosa che faccio," assicurò, e la voce di Mu nella sua testa era decisa, in netta contrapposizione con il tremore che aveva avuto quella notte.

Aveva preso la sua decisione, e ne era sicuro.

Non sapeva quindi che cosa sarebbe successo adesso, ma il suo istinto gli faceva temere il peggio.

"Mi denuncerai?"

"No," fece, senza pensarci neanche, "Sto andando in India, adesso. Mi è stato ordinato di completare il mio addestramento e forse darà lo stesso ordine anche agli altri, nell'attesa di ritrovare Athena. Probabilmente, se hai ragione tu, lo userà come scusa per giustificare la tua assenza."

"E cosa ne sarà allora di Aiolia? La sua terra di addestramento è il Santuario, era Aiolos il suo maestro!"

"Non lo so. Ma tu non fare ritorno, Mu. Diventerebbe il tuo sepolcro."

"Ti ringrazio, Shaka. Anche per aver pensato alle mie parole."

"Di più non posso fare, per ora."

"E' sufficiente," assicurò. Andava bene così, per il momento.

C'era ancora tempo prima che il destino si compisse.

 

Tibet. Jamir. 5 Dicembre 1973.

 

Quando la voce di Shaka sfumò e scomparve dalla sua testa, Mu si alzò dal giaciglio approssimato che aveva nella pagoda in Jamir, lì dove si era allenato con Shion per imparare a riparare le armature. Ne sfiorò una con la punta delle dita, sentendola fredda al tatto.

Tutto lì era freddo ormai, il suo stesso cuore lo era.

Non avrebbe mai creduto di doversi nascondere così, come il peggiore dei criminali, senza più poter fare ritorno in quella che, a conti fatti, era la sua casa. Scacciato dalla sua stessa famiglia.

Almeno, però, Aiolia e Shaka sembravano credergli, o quantomeno Shaka aveva mostrato di non voler escludere a priori le sue parole, puntandogli contro il dito. Per lui significava tanto, visto come era stato trattato quella notte.

Chissà se anche Aldebaran gli avrebbe creduto? Forse. Ma anche in quel caso, Shaka si sarebbe tenuto da parte piuttosto che rischiare di commettere il grave errore di colpire un innocente ed inoltre cosa mai avrebbero potuto fare? Attaccarlo?

Per altro, Aldebaran sicuramente sarebbe tornato in Brasile, come Shaka in India.

Era preoccupato per Aiolia, a quel pensiero, non poteva farne a meno. Che cosa avrebbe fatto tutto da solo, come si sarebbe sentito? Abbandonato a forza dai suoi compagni, lasciato a se stesso.

Loro erano i suoi unici amici, loro che lo conoscevano e sapevano quanto era bravo, forte, di buon cuore. Per anni era stato additato per essere un raccomandato e adesso sarebbe stata la stessa cosa per colpa del tradimento di Aiolos. Cosa ne sarebbe stato, di lui?

Di sicuro, se lo conosceva, avrebbe fatto di tutto per non rimanere indietro. Con gli altri sparsi in giro per il mondo a completare l'addestramento e solo l'assassino di Aiolos, con Aphrodite e Deathmask, al Santuario, oltre all'impostore, Aiolia avrebbe di certo fatto in modo di continuare ad allenarsi da solo. Per diventare più forte, abbastanza da non dover abbassare il capo dinnanzi a nessuno, neanche il falso Patriarca.

Ed era giusto così.

Anche Mu doveva fare la stessa cosa. Diventare molto più forte di com'era adesso.

 

Grecia, Santuario di Atene. 10 Dicembre 1973.

 

Quando diversi giorni dopo anche gli altri tre mancanti all'appello partirono, ognuno per la terra in cui avevano già svolto la parte fondamentale del proprio addestramento, Saga fu certo di aver isolato a dovere Aiolia. Non avrebbe azzardato nulla contro di lui e, anche se l'avesse fatto, non sarebbe riuscito ad ottenere nient'altro che la morte.

Anche gli altri sospettano di te, folle!

Saga scosse il capo. Si, certo che sospettavano di lui. Shaka e Camus non erano certo degli sciocchi e anche se Aldebaran e Milo peccavano spesso d'ingenuità, rischiava comunque che cogliessero qualcosa.

Il tutto era stato troppo improvviso perché riuscisse a creare una mascherata impeccabile e non aveva purtroppo potuto ignorare la presenza degli altri Gold suoi pari.

Per questo li aveva mandati via, lontano da lui e dalla furia del Leone, lontani dal suo piano quasi perfetto il tempo sufficiente perché ogni dubbio venisse dissipato.

Non a tuo favore! Torneranno più forti di prima, e per te sarà la fine!

"Taci!" sbottò, lanciando senza alcuna posa l'elmo del Patriarca contro il grande specchio a muro presente nelle stanze private precedentemente appartenute a Shion e frantumandolo, "Non è certo per questo che li ho mandati via!"

Non importa il motivo per il quale l'hai fatto. Ti sei scavato la fossa da solo.

Saga puntò quegli occhi fin troppo rossi in uno dei cocci sparsi a terra, specchiandosi in un altro paio, uguali e diversi. Azzurri e furiosi.

"Quei mentecatti non avranno il coraggio di rivoltarsi contro di me."

Hai ordinato a Shura di uccidere Aiolos, hai privato Mu del suo maestro e Aiolia di suo fratello. Non ti perdoneranno mai!

"Non me ne faccio nulla del loro perdono. Io desidero solo il potere," calpestò ciò che rimaneva dei vetri, ferendosi il piede nudo, e si avviò verso la sala da bagno adiacente.

Certo, quello che diceva l'altro Saga era vero, la decisione presa era rischiosa, senz'altro. Mandarli a completare il loro addestramento significava riaverli più forti ma non necessariamente dalla sua parte. Ciononostante, avrebbe avuto dalla sua del tempo.

Tempo per organizzare il falso ritrovamento di Athena al Santuario, e per diventare più forte a sua volta. Imparare a padroneggiare il Genro Mao Ken era la sua unica possibilità. Plagiare la mente di qualcuno come Shaka non sarebbe stato affatto semplice, ma tutti gli altri erano alla sua portata, persino Mu, se fosse riuscito a trovarlo. Altrimenti l'avrebbe ucciso.

Non sarebbe stata una grossa perdita.

Purtroppo, per anni l'altro Saga aveva combattuto una strenua resistenza alla sua coscienza ed era riuscito a prendere il sopravvento solo quando anche su di lui l'ira e il risentimento avevano avuto la meglio. Insieme alla frustrazione e alla delusione per la scelta del Patriarca ricaduta su Aiolos, quel Saga che adesso stava camminando verso la vasca era riuscito a prendere il controllo, e da lì era stata tutta una strada in discesa. Disorganizzata, però, e questo non gli aveva permesso di evitare che Aiolos lo scoprisse e salvasse Athena. E poi anche Mu aveva capito, nonostante avesse ordinato a quell'idiota di Deathmask di non far passare nessuno.

Ma d'altronde, che doveva aspettarsi?

Da adesso, però, niente doveva più essere lasciato al caso o alla fortuna. Tutto doveva essere assolutamente perfetto.

 

 

ANGOLINO AUTRICE:

Salve! Innanzitutto, grazie mille a Oktavia e _FireStar_55 per aver commentato! Arriverò a rispondere il prima possibile, non temete!

Punto due. Sì, lo so che il modo in cui muove il piccolo Shaka è strano e opposto a quello che conosciamo solitamente, ma come detto in Little Lotus, non credo che Shaka da bambino fosse così cinico e insopportabile come quello che conosciamo noi alla Sesta.
Spero comunque che non stoni troppi! =)
Un bacione,

Asu

   
 
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