Un
narciso le era caduto di mano, da quella mano piccola e diafana, dalle
dita
sottili e le unghie rotonde e rosate.
Il
narciso giaceva a terra, lo sguardo della fanciulla era enigmatico,
fisso nel
suo.
Ade
si chiese come potesse sapere dov’erano i suoi occhi, celati
sotto l’Elmo
dell’Oscurità. Come poteva, ella, scrutare
l’Invisibile, penetrarlo con lo
sguardo simile alla saetta che squarcia una notte placida?
Non
trovò risposta, la vide volgersi e andare via, abbandonando
il narciso lì ai
suoi piedi, sul terreno brullo dove aveva posato il calcagno.
Ade
si chinò, lo prese e ne aspirò il profumo, prima
che perisse nel palmo, fra le
dita tremanti.