- ❖
Airplane
🔽🔽🔽
- «Inviato?»
- «No,»
rispose Ji Woo stringendo il telefono
fra le dita.
- Aspettai
ancora un po’.
- «Inviato?»
ripetei la domanda.
- «No.»
- Sollevai
gli occhi al cielo e le sfilai il
cellulare dalle mani, pigiando il tasto al lato della chat per inviare
il
messaggio composto nella casella di testo. Sullo schermo apparve la
solita
nuvoletta verde con la spunta grigia, segno che il messaggio era stato
inoltrato.
- «Inviato,»
confermai restituendole nuovamente
il telefono. Ji Woo si alzò in piedi guardando lo schermo
con gli occhi
sgranati.
- «Ti
avevo detto che l’avrei fatto io, Yorin!»
sbraitò la mia migliore amica spaccandomi quasi un timpano.
- «Sì,
così avremmo fatto notte. Io tra una
decina di minuti devo prendere la metro per andare a lavoro, Ji
Woo.»
- «Non
l’ha ancora letto,» cambiò discorso la
mora fissando intensamente lo schermo. «Deve essere
impegnato. Magari sta
provando qualche coreografia. L’ultima volta mi aveva detto
che ce n’era una
abbastanza impegnativa. Gli ho dato anche qualche dritta.»
- Si
notava dal tono della sua voce che le
sarebbe dispiaciuto non poter parlare più con Jungkook, ma
non potevamo più
aspettare. Per quanto odiassi ammetterlo, Yoongi aveva ragione. Era
stato
piuttosto semplice trovare una scusa per interrompere i contatti con il
maknae
dei BTS. Secondo la versione ufficiale, Ji Woo avrebbe disattivato il
suo
numero perché stava cambiando gestore telefonico, ma per
quello nuovo ci
sarebbe voluto più tempo del previsto. Avevamo escogitato
anche un piano B nel
caso mi avesse chiesto il numero provvisorio.
- Guardai
l’orologio sul mio polso e vidi che
ero decisamente in ritardo. Non mi andava proprio di sorbirmi
un’altra
ramanzina da parte del puttaniere. Mi ero già maledetta
abbastanza per essermi lasciata
andare in quel modo con lui. Ero rimasta sinceramente sorpresa dal
fatto che
non se ne fosse approfittato. Aveva anche trovato una scappatoia per Ji
Woo e fatto
ingelosire Jongin per farmi un favore.
- A
pensarci bene, sembrava lui quello ubriaco.
- Salutai
Ji Woo e mi diressi verso la porta
con indosso la solita maglietta bianca attillata, pantacollant nero e
converse
ai piedi. Afferrai il giacchetto di jeans e spalancai la porta,
indietreggiando
non appena mi ritrovai il volto di Yoongi a un centimetro dalla faccia,
coperto
ovviamente dalla mascherina. Era appoggiato svogliatamente contro lo
stipite della
porta, incappucciato come se fosse un maledetto ladro pronto a
derubarmi.
- «Dio,
mi hai fatto prendere un infarto!»
urlai poggiando entrambe le mani sul cuore. «Ma sei
deficiente?!»
- «Cazzo,
era ora,» sbottò infastidito
infilando le mani nelle tasche della sua felpa extralarge.
«Per questo fai sempre
tardi a lavoro. Sei una ritardataria cronica. È da venti
minuti che ti aspetto!»
- «E
non ti è passato per quella testa bacata
di suonare il campanello o mandarmi un fottuto messaggio?!»
strillai,
infastidita che mi stesse attaccando senza motivo. «E
comunque, che diavolo ci
fai qui?»
- «Oltre
ad essere ritardataria sei anche svampita.
Non ti ho forse detto che non devi più prendere la metro per
venire a lavoro?»
- Sbattei
gli occhi e guardai oltre le sue
spalle per cercare il SUV nero che usavano di solito i ragazzi.
Stranamente,
non ce n’era traccia. «Sei venuto a prendermi con
il tuo autista?»
- Si
sporse in avanti e mi afferrò per un
polso. «Sono io l’autista.»
- Mi
trascinò con lui, dandomi a malapena il
tempo di chiudere la porta e salutare Ji Woo, ancora con gli occhi
fissi sul
telefono. Girammo intorno alla casa e ci ritrovammo sul retro,
lì dove aveva
parcheggiato la sua Aston Martin, forse pensando che così
sarebbe passata
inosservata. Come diavolo glielo spiegavo che quella cosa sembrava aver
scritto
sulla carrozzeria: “Sì, è proprio come
pensate. Mi sta guidando un Idol.”
- Spalancò
la portiera del passeggero e mi
spinse gentilmente sul sedile, richiudendola solo quando si
assicurò che avessi
i piedi ben piantati sul tappetino. Prese posto sul sedile del
guidatore, si
tolse la mascherina e mise in moto. Partì con un rombo e una
sgommata che mi
fece diventare un tutt’uno con il sedile alle mie spalle.
- «Lo
sai che questa macchina è una pessima
scelta per qualcuno che vuole passare inosservato? Per non parlare del
tuo modo
di guidare.»
- «Non
rompere. La macchina è mia e faccio
quello che voglio,» mi zittì senza distogliere lo
sguardo dalla strada. Con una
mano teneva il volante mentre con l’altra aveva appena
cambiato marcia.
- «Sbaglio
o oggi sei più suscettibile del
solito?» lo stuzzicai incrociando le braccia al petto. Gli
fissai il volto privo
di imperfezioni nonostante fosse ancora struccato. «Oppure
stai cercando di
rimediare all’eccessiva dolcezza di ieri?»
- Lo
presi in contropiede. «Dolcezza?»
ripeté come se fosse un
insulto. «Penso che tu abbia frainteso, Yorin. Questa parola
non fa parte del
mio vocabolario. L’ho cancellata tempo fa e non ho alcuna
intenzione di reinserirla
tra i termini che conosco. Ultimamente memorizzo solo ciò
che non ritengo una
perdita di tempo.»
- Sogghignai.
Chi credeva di prendere per il
culo? Mi ricordavo tutto ciò che aveva fatto. Ogni carezza
data, parola detta o
sguardo rubato.
- Fermò
la macchina al semaforo rosso e ne
approfittai per sporgermi verso di lui nonostante fossi bloccata dalla
cintura
di sicurezza. Non so perché, ma stuzzicarlo era diventato il
mio passatempo
preferito. Amavo vedere quell’espressione sbigottita che gli
si formava sul
viso ogni qualvolta ero io a fare la prima mossa. Era appagante.
- Sollevai
una mano e gli passai il pollice
sulla guancia, carezzandogliela delicatamente. Il mio tocco lo
turbò più di
quanto avessi previsto. Voltò la testa di scatto e
incatenò il suo sguardo al
mio. Mi fissò incredulo mentre continuavo a massaggiargli lo
zigomo con una
lentezza da manuale, imitando lo stesso identico movimento che aveva
fatto lui
sulla mia pelle il giorno prima.
- «Questo
non ti dice niente?» lo stuzzicai
ancora una volta, mordicchiandomi il labbro inferiore per bloccare la
risata
che mi stava risalendo i polmoni. Il suo sguardo perso era da premio
oscar. «Sono
sicura che puoi chiamarlo “gesto dolce”.»
- Mi
afferrò di colpo la mano, facendomi
sussultare. Non me l’aspettavo. I suoi occhi si
assottigliarono fino a
diventare due piccole fessure che intensificarono il suo sguardo
già di per sé profondo
e intimidatorio.
- «Non
toccarmi in questo modo, Yorin,»
sussurrò contro la pelle della mia mano, scendendo poi con
le labbra ad
accarezzare il resto del mio braccio. Chiuse gli occhi mentre lo
osservavo
esterrefatta. «Se fai così, non riesco a tenere a
bada le mie fantasie.»
- Sbattei
entrambi gli occhi. «Quali fantasie?»
- Sogghignò
e mi lasciò andare quando cercai di
liberare il braccio. Il contatto con le sue labbra mi aveva fatto
venire un
brivido che cercai di mascherare allontanandomi il più
possibile da lui. La mia
schiena sbatté contro il finestrino alle mie spalle mentre
gli occhi scuri di
Yoongi facevano la loro comparsa da sotto le palpebre. Mi
guardò come se
volesse mangiarmi.
- «Io
che ti fotto su quel maledetto sedile. Quindi
vedi di startene buona. Ho appena comprato questa macchina e devo
ancora
inaugurarla, e ammetto che non mi dispiacerebbe farlo proprio con te.
Non so se
mi spiego.»
- «In
che senso inaugurarl-» Mi bloccai quando
vidi il suo sopracciglio sollevarsi. «Oh,» mimai
con le labbra, capendo
finalmente a cosa si stesse riferendo. «Quindi non ti dai da
fare soltanto in
albergo?»
- Yoongi
tornò a guardare il semaforo ancora
rosso e ridacchiò. «Quando non voglio farmi
beccare da Namjoon uso la mia
macchina. L’ho cambiata apposta per prenderne una
più grande. Quella di prima
non aveva abbastanza spazio. Facevo una fatica enorme per
muovermi.»
- Arrossii
come un peperone. Perché diavolo mi
stava raccontando una cosa del genere? Secondo lui
m’importava delle sue
scopate occasionali in macchina? Eppure la mia mente elaborò
di sua spontanea
volontà delle immagini che vedevano Yoongi in posizioni
assurde e decisamente
troppo hot.
- A
cosa diamine stavo pensando?
- «Non
me ne frega niente, pervertito!» lo
aggredii voltandomi dall’altra parte per non fargli vedere
quanto fossi
diventata rossa. Stavo facendo concorrenza al semaforo che per fortuna
era
appena diventato verde. Non vedevo l’ora di arrivare a
destinazione e scendere
da quella macchina.
- «Veramente
sei tu che me l’hai chiesto,»
ridacchiò Yoongi riprendendo a guidare. Cavolo, aveva
ragione. «Comunque sono
contento che sei ritornata acida e altezzosa. Ti preferisco
così.»
- «Allora
non lamentarti quando ti arriverà
l’ennesimo calcio rotante sulle costole. In questo momento
potrei anche optare
per un pugno sui denti.»
- Scoppiò
a ridere e la sua risata riempì
l’abitacolo. «Come va con Jongin?»
ritornò serio. «Ti ha chiamata di
nuovo?» Il
suo tono di voce perse di colpo tutta la sua ilarità.
- Anch’io
m’incupii. «Sì, questa mattina. Ma
non ho risposto. Poi mi ha mandato un messaggio dicendomi che vuole
assolutamente parlare con me. Mi ha dato appuntamento al nostro ritrovo
sul
fiume.»
- «Visto?
Te l’avevo detto che non te lo
saresti più scollato di dosso,» disse orgoglioso e
un tantino… infastidito?
«Ora non devi fare altro che continuare a farlo
ingelosire.»
- Voltai
subito la testa verso di lui. «Stai
scherzando?»
- «No,
per niente,» affermò rafforzando la
presa sul volante. «Devi farlo se vuoi
riprendertelo.»
- Mi
voltai completamente verso di lui e
incrociai le braccia al petto, infastidita. «Punto primo,
Jongin non è mai
stato mio. Punto secondo,
è fidanzato,
semmai te lo fossi dimenticato.»
- «E
allora?» mi domandò come se gli avessi
detto l’ovvio. «Le fidanzate vanno e vengono. Tu
sarai semplicemente la
prossima.»
- «Wow,
Min Yoongi. Il tuo lato passionale potrebbe
farmi commuovere fino alle lacrime,» ironizzai.
- «Non
fare la stupida,» mi ammonì gettandomi
una veloce occhiata per poi ritornare con gli occhi sulla strada.
«Devi
approfittartene. Che diavolo ti frega di quella là? Se sei
davvero innamorata
di quel tipo, non guardare in faccia a nessuno. La tua
felicità deve venire
prima di tutto.»
- Come
diavolo faceva a passare da affermazioni
completamente prive di spessore a… questo? E da quando gli
importava della mia
felicità?
- «Non
è una ragione valida per separare due
persone innamorate,» affermai cominciando a torturarmi le
dita. «Come ti
sentiresti se la tua ragazza ti tradisse con un altro?»
Sollevai lo sguardo per
guardarlo in faccia. «È quello che ti è
successo con Yoona, giusto?»
- Frenò
all’improvviso, e se non fosse stato
per la cintura di sicurezza, mi sarei ritrovata con la faccia spalmata
sul
cruscotto. Lo guardai con gli occhi sbarrati. Era diventato pazzo? Poi
mi resi
conto che eravamo arrivati a destinazione. I miei occhi si allargarono
ancora
di più quando realizzai dove ci trovavamo.
- «Min
Yoongi…» lo chiamai minacciosamente
mentre lui si liberava della sua cintura di sicurezza e poi della mia.
«Perché
diavolo siamo all’aeroporto?»
- Ignorò
la mia domanda e tirò fuori dal cruscotto
una mascherina bianca. Senza darmi il tempo di reagire, mi
passò gli elastici
dietro le orecchie così da coprirmi la bocca. Poi si
sfilò la felpa e me la
lanciò sulle gambe, facendomi cenno d’indossarla.
- «Scendi,»
mi ordinò con voce fredda e
distaccata mentre si rinfilava la sua mascherina nera, aprendo lo
sportello per
uscire dalla vettura.
- Non
me lo feci ripetere due volte. Indossai
la felpa che su di me dava più l’aria di essere un
vestito e tirai su il cappuccio,
seguendolo nel parcheggio dell’aeroporto mentre alcuni membri
dello staff
raggiungevano l’abitacolo da cui eravamo appena usciti per
prendere la valigia
di Yoongi. Aumentai il passo e lo afferrai per un braccio prima che
potesse sfuggirmi.
- «Mi
spieghi che diavolo ci facciamo qui?»
- Quando
si voltò, riuscì a farmi rimanere
senza fiato. Lo squadrai dalla testa ai piedi e solo in quel momento mi
resi conto
di cosa indossava sotto la felpa che mi aveva prestato. Una camicia
bianca,
forse di una taglia più grande e tenuta fuori dai pantaloni
neri, con lo scollo
a V da cui s’intravedeva una collanina d’argento. I
capelli neri, non
acconciati e perciò più lunghi del solito,
lasciavano intravedere gli occhi
scuri, la cui severità era accentuata dalla mascherina nera
che gli copriva
perfettamente il naso e la bocca. Per finire, degli orecchini lunghi
con delle
croci gli abbellivano il viso, cercando di districarsi tra gli elastici
della
mascherina.
- Dovevo
ammetterlo. Era etereo, ma anche intimidatorio.
Sembrava appena uscito da un anime.
- «Stiamo
andando in America,» affermò
lasciandomi di stucco. «Dobbiamo partecipare ai Billboard
Music Awards.»
- Si
liberò dalla mia stretta e riprese a
camminare come se nulla fosse. Rimasi imbambolata a guardare la sua
figura che
si allontanava mentre gli altri membri dello staff mi passavano di
fianco per
raggiungerlo.
- Cosa
diamine aveva detto?
- «E
tu me lo dici così?!» sbraitai colpendo il
pavimento con la suola della mia scarpa. Alcune persone si voltarono a
guardarmi. Cominciai a correre e lo raggiunsi mentre stava
attraversando le
porte scorrevoli dell’entrata secondaria
dell’aeroporto. «Mi stai seriamente
portando con te in America? Lo sai che non ho neanche una valigia,
vero? E cosa
faccio con Ji Woo? E Jongin? Ti ho detto che oggi voleva incontrarmi
e-»
- Si
voltò di scatto facendomi arrestare sul
posto. Il suo volto coperto dalla mascherina era a un centimetro di
distanza
dal mio. Deglutii.
- «Sì,
ti sto portando in America con me perché
secondo il nostro contratto devi essere dovunque si trova il mio culo,
e oggi
il mio culo sarà su uno di quegli aerei. Ti ho
già fatto preparare una valigia
con un miliardo di vestiti e tutto ciò che potrebbe servirti
durante il viaggio.
Ji Woo è grande e vaccinata, se la caverà
benissimo da sola. E Jongin può anche
andare a farsi fottere. Aspetterà semplicemente il tuo
ritorno.» Lo fissai
incredula. «E ora muoviti, non abbiamo tempo da perdere. Gli
altri ci stanno
già aspettando.» Ricominciò a
camminare, ma poi si bloccò di colpo, voltandosi
nuovamente verso di me. «Ah. Se gli altri ti dicono qualcosa
di strano,
ignorali.»
- «In
che senso?» domandai confusa.
- «Tu
fallo e basta.»
- Lo
seguii cercando di passare inosservata, cosa
che non fu per niente difficile visto che dietro la felpa che mi aveva
dato Yoongi
c’era scritto STAFF a caratteri cubitali. Aveva pensato anche
a quello per
evitare che venissi presa di mira dalle fan scatenate. Quando
raggiungemmo gli
altri ragazzi, nessuno di loro mi guardò o mi rivolse la
parola. Neanche
Jungkook. Cominciarono a parlare tra loro, ignorandomi completamente.
Forse
perché eravamo in pubblico. Per evitare di stare
lì ferma a fare nulla, aiutai
le stylist a trasportare le valige piene di vestiti mentre i ragazzi si
facevano
fotografare dai miliardi di paparazzi appostati davanti a loro.
- Una
marea di gente ci accolse non appena
varcammo le seconde porte scorrevoli mentre i bodyguard si schieravano
in prima
linea per poter difendere i ragazzi da qualche attacco inaspettato.
Okay, avevo
trovato cosa fare. Passai ad una ragazza dello staff le due valige che
mi stavo
trascinando dietro e mi diressi velocemente verso una fan che stava per
attaccarsi alla felpa nera di Jungkook. Le afferrai il polso senza
farle male e
la spinsi gentilmente all’indietro. Bloccai
all’ultimo secondo un ragazzo che
si era fiondato su Jimin e allontanai infastidita un paparazzo che
teneva l’obiettivo
della macchina fotografica attaccato al viso di Yoongi.
- Si
capiva lontano un miglio che si sentiva a
disagio. Non ci avevo mai fatto caso, ma io e Yoongi eravamo simili
sotto molti
punti di vista. Entrambi non sopportavamo gli obiettivi puntati in
faccia,
stare al centro dell’attenzione o l’invasione
deliberata del nostro spazio
personale. Io ero ferma sulle mie decisioni, ma Yoongi aveva dovuto
scendere a
compromessi a causa del suo lavoro, com’era stato lui stesso
a dirmi. Non lo invidiavo
per niente.
- Una
volta di fronte ai controlli, mi resi
conto di non avere il biglietto. Tutti mostravano il proprio e si
tiravano giù
la mascherina per farsi riconoscere. Quando fu il mio turno, guardai il
controllore e il controllore guardò me. Che momento
imbarazzante.
- Yoongi
apparve dal nulla alle mie spalle e gli
porse un biglietto con su scritto il mio nome. «Fagli vedere
il passaporto,» mi
ordinò. «Lo so che ce l’hai.»
- E
come diamine faceva a saperlo? Ero
sinceramente intimorita da quanti agganci potesse avere. Con le giuste
conoscenze, poteva fare tutto ciò che voleva. Tirai fuori
dalla borsa il
passaporto (che per fortuna mi portavo sempre dietro insieme al
borsellino con
i soldi) e lo mostrai al ragazzo dei controlli. Quest’ultimo
mi fece cenno di
abbassarmi la mascherina per confermare la mia identità.
Quando lo feci, Yoongi
mi coprì con il suo corpo per evitare foto indesiderate
della mia faccia.
- Una
volta sull’aereo, potei finalmente
rilassarmi e togliermi la mascherina. Cavolo. Per gli Idol, spostarsi
da un
posto all’altro era davvero così sfiancante?
Ripeto. Non li invidiavo per
niente. Mi sarei sotterrata piuttosto che rivivere quella tortura. Mi
lasciai
cadere su un posto a caso senza nemmeno controllare se fosse il mio, ma
dopo un
po’ mi accorsi che quell’aereo era decisamente
troppo piccolo per far parte di
un volo normale. C’erano soltanto otto posti.
- Cazzo,
era un jet privato. Mi guardai
intorno, rimanendo a bocca aperta a causa di tutto quel lusso.
- «Ehi,
Ji Woo!» Mi voltai e incontrai il volto
sorridente di Jungkook. «Ti sei già messa
comoda?» ridacchiò prendendo posto al
mio fianco. «Visto che siamo sempre in sette, di solito
prendo io i due posti
davanti, ma per te farò un’eccezione.»
- «Oh,
se vuoi posso andare a sedermi dietr-»
- «No
no!» mi bloccò scuotendo le mani.
«Figurati,
mi fa piacere chiacchierare con te. In fondo lo facciamo sempre. E poi
devi
ancora spiegarmi per bene questa storia del telefono. È un
guaio che sia
successo proprio adesso che stiamo andando in America.»
- Cavolo.
E ora che diavolo dovevo dirgli?
Mentre pensavo ad una scusa, mi resi conto che non c’erano
altri membri dello
staff. C’eravamo solo io, i ragazzi, le assistenti di volo e
il comandante.
Puntai su una tattica differente e cambiai completamente argomento.
- «Jungkook,
dov’è il resto dello staff? E i vostri
manager?»
- «Oh,
sono su un altro aereo,» disse
mettendosi comodo. «Così possiamo avere
più privacy e rilassarci.»
- «E
perché io sono qui?» domandai confusa.
«Non
dovrei essere sull’altro aereo?»
- «Yoongi-hyung
ha voluto che viaggiassi con
noi!» s’intromise Taehyung sbucando dallo spazio
tra i nostri poggiatesta. «Un
jet privato è più comodo di un semplice aereo.
Sono 14 ore di volo. Io ti
consiglio di metterti comoda.»
- Anche
la testa di Jimin spuntò dal nulla. Lui
e Taehyung erano seduti proprio dietro di noi. «Io invece ti
consiglio i tappi
per le orecchie,» ridacchiò. Si sporse per
avvicinarsi a me e sussurrarmi, «Yoongi-hyung
di solito è il primo che si addormenta, ma fa un casino
della madonna. Tra lui
e J-Hope non so chi sia peggio!»
- «YOONGI
RUSSA?! AHAHAHHA» Scoppiai in una
risata isterica al solo pensiero. I tre maknae si allarmarono subito e
partì un
coro di “shhhhhh” che mi fece ridere ancora
più forte. Avevano tutti il dito
davanti alla bocca e si guardavano intorno con circospezione, quasi
avessero
paura che una tigre potesse saltargli addosso da un momento
all’altro.
- E
la tigre infatti arrivò, però toccò
solo a
Jimin prendersi lo scappellotto dietro la testa.
- «Che
cazzo le state dicendo?» ringhiò Suga,
la mascherina ancora sulla bocca. In quel modo sembrava ancora
più minaccioso
del solito. «Io non russo.»
- La
maknae line deglutì mentre Jimin si
massaggiava il retro del collo.
- «Non
russi solo quando hai il sonno leggero,»
s’intromise Jin prendendo posto vicino al corridoio, nella
fila parallela a
quella mia e di Jungkook. Tra le braccia stringeva un peluche di RJ.
«Se sei
particolarmente stanco, devo prenderti a calci per farti stare zitto.
Quando
eravamo compagni di stanza mi veniva voglia di farti cadere addosso
quella
libreria che ci separava.»
- A
quanto pare la mia risata era contagiosa,
perché Hoseok e Jimin si unirono a me, subito seguiti da
Jungkook e Taehyung.
- «Avete
finito di prendermi per il culo?» ci
minacciò Yoongi togliendosi finalmente la mascherina.
«E tu vieni a sederti con
me,» m’indicò. «Devo
aggiornarti sulla situazione prima di arrivare in America.
Non pensare di poter poltrire.»
- Non
me lo feci ripetere due volte. Non ci
tenevo proprio a stare vicina a Jungkook. Mi avrebbe riempito di
domande e non
sarei riuscita ad evitare né lui né la
“questione telefono”. Quando mi alzai
per raggiungere Yoongi, un coro di fischi si sollevò
all’interno del piccolo
aereo.
- Suga
roteò gli occhi al cielo. «Ragazzi,
dateci un taglio,» li avvertì.
«È da ieri che andate avanti con questa
storia.»
- «Esatto,
fatela finita,» gli diede ragione
Namjoon. Il leader si era appena seduto accanto a Jin, dal lato del
finestrino.
«Già sono stati degli idioti a fare certe cose in
pubblico. Cerchiamo di non complicare
la situazione.»
- Cominciai
a sudare freddo e incontrai lo
sguardo cupo di Yoongi. «Di che cosa stiamo
parlando?» gli domandai. Perché
avevo una bruttissima sensazione?
- J-Hope
si avvicinò e mi porse il suo telefono,
ridacchiando. «Guarda tu stessa.»
- Gli
occhi mi uscirono quasi fuori dalle
orbite. Era il momento in cui avevo dato quel “quasi
bacio” a Yoongi per
ringraziarlo. Sembrava quasi che ci stessimo davvero… Oh
cielo. Guardai Yoongi,
che stava evitando volutamente il mio sguardo.
- «Ti
avevo detto di cancellarla,» intervenne
Namjoon riferendosi a J-Hope. «Potrebbe finire nelle mani
sbagliate. Immagina
se qualcuno ti rubasse il telefono! Quella foto potrebbe finire sui
giornali.»
- «Ma
dai, Hyung!» disse Jimin. «Non gli si
vede neanche la faccia. Non riuscirebbero mai a capire che si tratta di
Yoongi-hyung.»
- «Beh,
però la scenata di gelosia che ha fatto
a Kai l’hanno sentita tutti,» s’intromise
Jungkook. Il maknae aveva perso il
sorriso dopo che era saltato fuori quell’argomento.
«Ci sei andato piuttosto
pesante, Yoongi-hyung,» disse mettendo il broncio.
- «Ve
l’ho già spiegato,» rispose il diretto
interessato massaggiandosi il ponte del naso. «Non
è come sembra, okay? Non ci
siamo baciati, per la miseria! E se anche fosse, sarebbe solo un
maledettissimo
bacio. Non me la sono mica scopata davanti a tutti!»
- Jin
si sistemò meglio sulla poltroncina e
canticchiò, «Un bacio tira l’altro e ti
porto in sala parto!» Piombò un
silenzio gelido e imbarazzante. Gelido quanto lo sguardo che gli
riservai.
Scoppiò a ridere solo lui. «Daaaai, era
carinaa!» cercò di smuoverci, ma si
zittì quando incontrò i miei occhi assassini. Il
sorriso gli scivolò via dalle
labbra. «Scusa. Non parlo più.»
- «Ecco
bravo.»
- «Io
ci credo che non si sono baciati,» disse
Taehyung. «Yoongi-hyung non bacia nessuno, ricordate? Non da
quando-»
- «Tae,
chiudi la bocca,» lo bloccò subito Namjoon.
«Comunque diamo un taglio a questo discorso. Stiamo per
partire. Cercate di
riposarvi e non affaticate troppo la mente. Dobbiamo essere belli
carichi per
domani.»
- Che
voleva dire V con: “Yoongi-hyung non
bacia nessuno”?
- L’aereo
cominciò a muoversi sulla pista e la
voce del comandante c’invitò a prendere posto e
allacciare le cinture di
sicurezza. Mi avvicinai agli unici due posti vuoti, quelli dietro Jin e
Namjoon, ma poi vidi Yoongi ancora in piedi. Mi guardò.
- «Vuoi
stare vicino al finestrino?» mi domandò,
aspettando una mia risposta.
- Negai
con la testa e gli feci cenno di andare
avanti. Il moro annuì leggermente e si sedette al suo posto.
Io mi accomodai di
fianco a lui. Cavolo. A volte dimenticavo di soffrire di vertigini.
Guardare
dal vetro di una finestra era fattibile, ma stare a 13.000 metri da
terra…
Sentii un brivido attraversarmi la schiena. La cosa peggiore? Non avevo
mai
preso un aereo in tutta la mia vita.
- Ero
brava a mascherare le mie paure, ma
sperai con tutto il cuore di non cominciare a tremare come una
ragazzina.
Sarebbe stato patetico. Presi un profondo respiro cercando di non farmi
vedere,
ringraziando mentalmente chi avesse deciso di abbassare le luci in
cabina.
Stavo tremando.
- L’aereo
cominciò a muoversi e mi paralizzai
sulla poltroncina al solo pensiero che di lì a poco saremmo
arrivati così in
alto. Il velivolo prese velocità e
s’inclinò, puntando il muso verso il cielo.
Una strana sensazione mi colpì le orecchie e per un momento
mi sembrò di cadere
nel vuoto. Mi aggrappai alla prima cosa che trovai: la mano di Yoongi.
- Nel
buio, sentii il suo sguardo addosso. Cercai
di fare dei respiri profondi, ma il pensiero di essere così
in alto mi mandò a
puttane il cervello. Non riuscii a contenere un ansimo di paura.
- «Yorin…»
La sua voce calda mi sfiorò l’orecchio.
«Tutto bene?»
- No,
per niente. «Sì. Sto bene,» gracchiai.
- «Non
mi sembra.» Lo sentii avvicinarsi ancora
di più. «Hai paura dell’aereo?»
- «No.»
- Mi
strinse la mano tra la sua, cominciando ad
accarezzare il dorso con il pollice. Poi fece intrecciare le nostre
dita con
una gentilezza che mi fece sussultare il cuore. «Allora
perché stai tremando?»
- L’aereo
ondeggiò in seguito ad un leggero
scossone, facendo schizzare la mia paura alle stelle. Non ero
più sull’aereo.
La mia mente mi aveva di nuovo teletrasportato su quella ruota
panoramica di quindici
anni fa. Riuscivo a vedere i nostri genitori, che dal basso ci
guardavano con
gli occhi pieni di terrore. Le urla di mia sorella, la mia mano che
l’afferrava
prima che potesse cadere nel vuoto. Le oscillazioni e il tremore della
nostra
cabina che si era bloccata nel punto più alto, impedendoci
di raggiungere il
suolo. I lampi e i fulmini che quel giorno promettevano pioggia. E
infine, gli
occhi supplicanti di mia sorella che mi imploravano di non lasciarla
andare, di
non farla cadere.
- Lo
scenario cambiò. La strada cementata sotto
di lei si trasformò nelle onde burrascose del mare e io non
riuscii più a
sorreggere il suo peso. Yoona cadde nel vuoto e sparì tra
quelle acque nere
come la notte. Mi aveva lasciato senza che io potessi fare niente per
impedirlo. Mi mancava. Mi mancava da morire.
- Liberai
la mano da quella di Yoongi e mi
alzai di scatto per correre verso il bagno. Non mi ero nemmeno accorta
di stare
singhiozzando. Spalancai la porta della toilette e me la richiusi alle
spalle,
chinandomi sul water per liberarmi dalla nausea che mi aveva stretto lo
stomaco.
- Si
liberò dalla mia mano e si catapultò verso
il bagno, lasciandomi completamente di stucco di fronte ai suoi
singhiozzi e
alle lacrime che avevano cominciato a rigarle il volto. Sganciai subito
la
cintura di sicurezza che mi stringeva i fianchi e mi diressi a passo
spedito
verso la piccola toilette nell’angolo del velivolo.
- «C-Che
cos’ha?» disse Jimin alzandosi in
piedi. «Soffre il mal d’aria?»
- «Fino
al punto di piangere?» domandò
incredulo Seokjin. Stava abbracciando RJ come se non ci fosse un
domani. «Forse
ha paura dell’aereo. Yoongi, non gliel’hai chiesto
prima di farla salire?»
- «Io
ho delle pastiglie contro la nausea, se
possono tornare utili,» disse Hoseok cominciando a rovistare
nella sua borsa
trasparente. «Le porto sempre con me. Dove diamine le ho
messe?»
- «Ma
quali pastiglie!» urlò Taehyung
sull’orlo
di una crisi di panico. «Ci vuole un dottore! Che facciamo se
sviene?! Qualcuno
sa praticare la respirazione bocca a bocca?!» Si
portò le mani nei capelli. «Oddio,
oddio! Cosa facciamo?!»
- «Ma
te la vuoi dare una calmata?» lo rimproverò
Jungkook facendolo sedere nuovamente al suo posto mentre io continuavo
a
bussare insistentemente alla porta del bagno. Riuscivo a sentire
distintamente i
singhiozzi di Yorin. Stavo per diventare matto. «Penso che
abbia fatto così perché
soffre di vertigini,» rifletté Jungkook.
- Mi
voltai di scatto, incrociando lo sguardo
con quello del maknae. «Cosa?»
- «Vertigini?»
domandò Namjoon. «Strano, sull’aereo
non si dovrebbe soffrire di vertigini. A meno che queste non siano
collegate ad
un evento piuttosto traumatico.»
- La
mia mente fece due più due e rimise
insieme i pezzi di quel puzzle ancora incompleto. Yorin mi aveva detto
che
Yoona soffriva di vertigini, per questo era impossibile che si fosse
lanciata
spontaneamente nel vuoto. Ora Jungkook mi stava dicendo che anche Yorin
soffriva di vertigini, quindi questo suo scoppio era dovuto ad un
ricordo della
sorella?
- Yorin
stava piangendo per Yoona?
- «Yorin.
Yorin, apri questa porta,» le ordinai
severo mentre sbattevo il pugno contro la superficie di legno. Non
m’importò
neanche di averla smascherata. Non avrei mai potuto convincerla
continuando a
chiamarla con un nome che non le apparteneva. In quel momento, non
sarei stato
in grado di portare avanti quella farsa. «Yorin, ti ho detto
di aprire questa
fottuta porta!»
- «Yorin?»
domandò Jungkook confuso. «Chi è
Yorin?»
- «Non
era la sua amica?» domandò a sua volta Taehyung.
«Quella che ballava.»
- Jimin
si sbatté la mano sulla fronte. «Diamine,
hai ragione! Si chiamava Yorin.» Il suo sorriso scomparve non
appena si rese
conto che qualcosa non andava. «Hyung, perché stai
chiamando Ji Woo Yorin?»
- «Perché
è così che si chiama,» risposi
stringendo i denti. «Si chiama Kang Yorin. Ficcatevelo bene
in testa.»
- Non
riuscivo più a sentire i suoi singhiozzi,
così aprii la porta senza il suo consenso. La trovai davanti
allo specchio con
le mani sul viso e il corpo leggermente chino in avanti mentre si
asciugava le
ultime lacrime.
- «Dio,
Yorin. Si può sapere che ti è preso?»
le domandai avvicinandomi di un passo. Il mio riflesso si
unì al suo nello
specchio. «Ti senti bene?»
- Yorin
sollevò la testa e i nostri occhi s’incontrarono
attraverso quello stesso riflesso. Era così pallida che mi
si strinse il cuore.
«Yoongi, ti prego… Lasciami
sola…»
- «Non
ti giudicherò,» le sussurrai facendole
risollevare lo sguardo. Mi guardò ancora una volta con gli
occhi lucidi e
increduli. «Perciò lasciati andare. Non
nascondermi niente.»
- Sapevo
che non voleva mostrare a nessuno il
suo lato debole. Era una persona troppo orgogliosa e testarda per farmi
vedere
le sue lacrime. La capivo perché ero proprio come lei.
Anch’io non volevo
mostrare la mia parte debole a nessuno, ma proprio per questo ero
consapevole
che a volte bisognava farlo. Bisognava lasciarsi andare per diventare
più
forti.
- «Non
devi fare la dura davanti a me. Non ce n’è
bisogno.»
- Yorin
si morse il labbro inferiore e abbassò
ancora una volta lo sguardo, evitando di proposito il mio.
«Mi manca, Yoongi.»
Aggrottai la fronte. «Mi manca mia sorella. E ho ancora il
terrore che possa aver
sofferto per colpa mia. Ho paura che possa essere caduta in depressione
perché
non le sono stata vicina quando ne aveva più
bisogno.» Mi avvicinai fin quando
il mio petto non incontrò la sua schiena. Posai le mani sul
lavandino di fronte
a noi, al lato dei suoi fianchi. «Le ho detto che non la
riconoscevo più, che era
cambiata… e lei se n’è andata senza
sapere che in realtà le volevo bene.»
- «Sono
sicuro che lo sapeva,» le sussurrai
contro l’orecchio, sfregando la punta del naso contro il
profilo della sua
guancia. «Non darti la colpa per qualcosa che non hai
fatto.»
- Si
voltò piano e ci ritrovammo a una spanna di
distanza. Mi persi in quelle gocce di tristezza ancora intrappolate nei
suoi
occhi. Ma non volevo forzarla. Non volevo che si sentisse costretta a
piangere
davanti a me. Lo avrei accettato solo se avesse voluto farlo.
- «Vuoi
che ti lasci da sola?» le soffiai a un
centimetro dalle labbra. «Dimmelo e me ne vado. Ti basta una
parola.»
- Non
mi rispose, ma distolse lo sguardo dal
mio per abbassarlo sul pavimento. Quella per me era già una
risposta. Sospirai
e raddrizzai la schiena, allontanando le mani dal marmo freddo del
lavandino. La
guardai un’ultima volta prima di voltarmi e lasciarle la
privacy che meritava,
ma non riuscì a fare un passo perché mi sentii
tirare nuovamente all’indietro. Mi
voltai e vidi Yorin, la testa ancora china e le mani strette con forza
intorno
alla manica larga della mia camicia bianca. Sollevai gli occhi sul suo
viso.
- Buttai
fuori l’aria che avevo accumulato nel
petto. «Dimmelo, Yorin,» la spronai, quasi una
supplica a fior di labbra. «Dimmi
cosa vuoi che faccia.»
- Rafforzò
la presa intorno alla mia camicia. «Abbracciami.»
- Non
ci fu bisogno di ripeterlo. Le passai una
mano intorno alla vita e l’attirai verso il mio corpo,
nascondendole il volto contro
lo scollo a V della mia camicia. E proprio in quel momento…
Yorin scoppiò a piangere,
mostrandomi ogni sua più piccola debolezza. Le avvolsi le
braccia intorno a
quel corpo talmente piccolo e minuto da poterlo cingere con una mano
sola.
Yorin fece scivolare le braccia dietro la mia schiena e si
aggrappò alla stoffa
della mia camicia come se la sua vita dipendesse da questo. Le mie
labbra
trovarono subito la sua fronte, le sue guance. Per qualche ragione, non
riuscivo
a staccarmi dalla sua pelle. La riempii letteralmente di baci.
- La
strinsi così forte che mi fece male il
petto. O forse il dolore non proveniva dalla forza di
quell’abbraccio, ma dal
mio cuore che veniva scalfito da ogni suo singhiozzo. Quel cuore che
dopo tanto
tempo aveva finalmente ripreso a battere.
- Eppure,
io quella paura ce l’avevo ancora. La
paura di amare.
🔼🔼🔼
- ᗩngolo.ᗩutore
Dico
sempre di aggiornare presto ma non lo faccio mai! AaaRgghh uccidetemi
😩 Stavolta ero troppo impegnata con l'altra mia storia, Can You See
Me, che mi prende davvero tantissimo tempo, perciò scusate
se
gli aggiornamenti di questa vanno un po' a rilento.
Ancora una volta Yoongi ci stupisce, forse ancora più della volta scorsa. Yorin poco a poco sta mettendo da parte il suo carattere un po' burbero per mostrare a Yoongi i suoi lati più deboli e sensibili, lati che non ha mai fatto vedere a nessuno, neanche alla sua migliore amica Ji Woo. Ma non preoccupatevi, Yorin rimane sempre Yorin 😉 (E finalmente i ragazzi hanno scoperto il suo vero nome. Era anche ora!)
Non sapete quanto ho riso con la chat di gruppo 😂 Il povero Jimin ormai viene bullizzato con questo "Cosa viene dopo il tre?" Povero AHAHAH Sicuramente ci saranno altre chat così perché adoro il genere ❤ Fatemi sapere se le trovate divertenti anche voi 😘
Se il capitolo vi è piaciuto lasciatemi pure un commentino, sapete che ci tengo ❤ Un bacione e alla prossima 💪
Instagram: btsuga_d
Ancora una volta Yoongi ci stupisce, forse ancora più della volta scorsa. Yorin poco a poco sta mettendo da parte il suo carattere un po' burbero per mostrare a Yoongi i suoi lati più deboli e sensibili, lati che non ha mai fatto vedere a nessuno, neanche alla sua migliore amica Ji Woo. Ma non preoccupatevi, Yorin rimane sempre Yorin 😉 (E finalmente i ragazzi hanno scoperto il suo vero nome. Era anche ora!)
Non sapete quanto ho riso con la chat di gruppo 😂 Il povero Jimin ormai viene bullizzato con questo "Cosa viene dopo il tre?" Povero AHAHAH Sicuramente ci saranno altre chat così perché adoro il genere ❤ Fatemi sapere se le trovate divertenti anche voi 😘
Se il capitolo vi è piaciuto lasciatemi pure un commentino, sapete che ci tengo ❤ Un bacione e alla prossima 💪
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