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Autore: Btsuga_D    04/04/2019    5 recensioni
[COMPLETA] Nello slang giovanile, "Hook-up" é il famoso rimorchio senza impegno. L'accordo riguarda la possibilità di fare sesso senza che ci sia un sentimento sottostante. Suga, famoso Idol e rapper del gruppo BTS, è conosciuto per le sue "scappatelle di una notte" con le sue fan. La sua regola numero uno: tutto è concesso, tranne i baci sulla bocca. Per delle sfortunate circostanze, Kang Yorin è costretta a dover andare ad un fan-sign dei BTS al posto della sua migliore amica, venendo subito notata dal bel rapper. Yorin accetterà la sua offerta o resterà fedele alla sua regola numero uno, donarsi solo all'uomo che ama?
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hook-Up
❖ Airplane



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«Inviato?»
 
«No,» rispose Ji Woo stringendo il telefono fra le dita.
 
Aspettai ancora un po’.
 
«Inviato?» ripetei la domanda.
 
«No.»
 
Sollevai gli occhi al cielo e le sfilai il cellulare dalle mani, pigiando il tasto al lato della chat per inviare il messaggio composto nella casella di testo. Sullo schermo apparve la solita nuvoletta verde con la spunta grigia, segno che il messaggio era stato inoltrato.
 
«Inviato,» confermai restituendole nuovamente il telefono. Ji Woo si alzò in piedi guardando lo schermo con gli occhi sgranati.
 
«Ti avevo detto che l’avrei fatto io, Yorin!» sbraitò la mia migliore amica spaccandomi quasi un timpano.
 
«Sì, così avremmo fatto notte. Io tra una decina di minuti devo prendere la metro per andare a lavoro, Ji Woo.»
 
«Non l’ha ancora letto,» cambiò discorso la mora fissando intensamente lo schermo. «Deve essere impegnato. Magari sta provando qualche coreografia. L’ultima volta mi aveva detto che ce n’era una abbastanza impegnativa. Gli ho dato anche qualche dritta.»
 
Si notava dal tono della sua voce che le sarebbe dispiaciuto non poter parlare più con Jungkook, ma non potevamo più aspettare. Per quanto odiassi ammetterlo, Yoongi aveva ragione. Era stato piuttosto semplice trovare una scusa per interrompere i contatti con il maknae dei BTS. Secondo la versione ufficiale, Ji Woo avrebbe disattivato il suo numero perché stava cambiando gestore telefonico, ma per quello nuovo ci sarebbe voluto più tempo del previsto. Avevamo escogitato anche un piano B nel caso mi avesse chiesto il numero provvisorio.
 
Guardai l’orologio sul mio polso e vidi che ero decisamente in ritardo. Non mi andava proprio di sorbirmi un’altra ramanzina da parte del puttaniere. Mi ero già maledetta abbastanza per essermi lasciata andare in quel modo con lui. Ero rimasta sinceramente sorpresa dal fatto che non se ne fosse approfittato. Aveva anche trovato una scappatoia per Ji Woo e fatto ingelosire Jongin per farmi un favore.
 
A pensarci bene, sembrava lui quello ubriaco.
 
Salutai Ji Woo e mi diressi verso la porta con indosso la solita maglietta bianca attillata, pantacollant nero e converse ai piedi. Afferrai il giacchetto di jeans e spalancai la porta, indietreggiando non appena mi ritrovai il volto di Yoongi a un centimetro dalla faccia, coperto ovviamente dalla mascherina. Era appoggiato svogliatamente contro lo stipite della porta, incappucciato come se fosse un maledetto ladro pronto a derubarmi.
 
«Dio, mi hai fatto prendere un infarto!» urlai poggiando entrambe le mani sul cuore. «Ma sei deficiente?!»
 
«Cazzo, era ora,» sbottò infastidito infilando le mani nelle tasche della sua felpa extralarge. «Per questo fai sempre tardi a lavoro. Sei una ritardataria cronica. È da venti minuti che ti aspetto!»
 
«E non ti è passato per quella testa bacata di suonare il campanello o mandarmi un fottuto messaggio?!» strillai, infastidita che mi stesse attaccando senza motivo. «E comunque, che diavolo ci fai qui?»
 
«Oltre ad essere ritardataria sei anche svampita. Non ti ho forse detto che non devi più prendere la metro per venire a lavoro?»
 
Sbattei gli occhi e guardai oltre le sue spalle per cercare il SUV nero che usavano di solito i ragazzi. Stranamente, non ce n’era traccia. «Sei venuto a prendermi con il tuo autista?»
 
Si sporse in avanti e mi afferrò per un polso. «Sono io l’autista.»
 
Mi trascinò con lui, dandomi a malapena il tempo di chiudere la porta e salutare Ji Woo, ancora con gli occhi fissi sul telefono. Girammo intorno alla casa e ci ritrovammo sul retro, lì dove aveva parcheggiato la sua Aston Martin, forse pensando che così sarebbe passata inosservata. Come diavolo glielo spiegavo che quella cosa sembrava aver scritto sulla carrozzeria: “Sì, è proprio come pensate. Mi sta guidando un Idol.”
 
Spalancò la portiera del passeggero e mi spinse gentilmente sul sedile, richiudendola solo quando si assicurò che avessi i piedi ben piantati sul tappetino. Prese posto sul sedile del guidatore, si tolse la mascherina e mise in moto. Partì con un rombo e una sgommata che mi fece diventare un tutt’uno con il sedile alle mie spalle.
 
«Lo sai che questa macchina è una pessima scelta per qualcuno che vuole passare inosservato? Per non parlare del tuo modo di guidare.»
 
«Non rompere. La macchina è mia e faccio quello che voglio,» mi zittì senza distogliere lo sguardo dalla strada. Con una mano teneva il volante mentre con l’altra aveva appena cambiato marcia.
 
«Sbaglio o oggi sei più suscettibile del solito?» lo stuzzicai incrociando le braccia al petto. Gli fissai il volto privo di imperfezioni nonostante fosse ancora struccato. «Oppure stai cercando di rimediare all’eccessiva dolcezza di ieri?»
 
Lo presi in contropiede. «Dolcezza?» ripeté come se fosse un insulto. «Penso che tu abbia frainteso, Yorin. Questa parola non fa parte del mio vocabolario. L’ho cancellata tempo fa e non ho alcuna intenzione di reinserirla tra i termini che conosco. Ultimamente memorizzo solo ciò che non ritengo una perdita di tempo.»
 
Sogghignai. Chi credeva di prendere per il culo? Mi ricordavo tutto ciò che aveva fatto. Ogni carezza data, parola detta o sguardo rubato.
 
Fermò la macchina al semaforo rosso e ne approfittai per sporgermi verso di lui nonostante fossi bloccata dalla cintura di sicurezza. Non so perché, ma stuzzicarlo era diventato il mio passatempo preferito. Amavo vedere quell’espressione sbigottita che gli si formava sul viso ogni qualvolta ero io a fare la prima mossa. Era appagante.
 
Sollevai una mano e gli passai il pollice sulla guancia, carezzandogliela delicatamente. Il mio tocco lo turbò più di quanto avessi previsto. Voltò la testa di scatto e incatenò il suo sguardo al mio. Mi fissò incredulo mentre continuavo a massaggiargli lo zigomo con una lentezza da manuale, imitando lo stesso identico movimento che aveva fatto lui sulla mia pelle il giorno prima.
 
«Questo non ti dice niente?» lo stuzzicai ancora una volta, mordicchiandomi il labbro inferiore per bloccare la risata che mi stava risalendo i polmoni. Il suo sguardo perso era da premio oscar. «Sono sicura che puoi chiamarlo “gesto dolce”.»
 
Mi afferrò di colpo la mano, facendomi sussultare. Non me l’aspettavo. I suoi occhi si assottigliarono fino a diventare due piccole fessure che intensificarono il suo sguardo già di per sé profondo e intimidatorio.
 
«Non toccarmi in questo modo, Yorin,» sussurrò contro la pelle della mia mano, scendendo poi con le labbra ad accarezzare il resto del mio braccio. Chiuse gli occhi mentre lo osservavo esterrefatta. «Se fai così, non riesco a tenere a bada le mie fantasie.»
 
Sbattei entrambi gli occhi. «Quali fantasie?»
 
Sogghignò e mi lasciò andare quando cercai di liberare il braccio. Il contatto con le sue labbra mi aveva fatto venire un brivido che cercai di mascherare allontanandomi il più possibile da lui. La mia schiena sbatté contro il finestrino alle mie spalle mentre gli occhi scuri di Yoongi facevano la loro comparsa da sotto le palpebre. Mi guardò come se volesse mangiarmi.
 
«Io che ti fotto su quel maledetto sedile. Quindi vedi di startene buona. Ho appena comprato questa macchina e devo ancora inaugurarla, e ammetto che non mi dispiacerebbe farlo proprio con te. Non so se mi spiego.»
 
«In che senso inaugurarl-» Mi bloccai quando vidi il suo sopracciglio sollevarsi. «Oh,» mimai con le labbra, capendo finalmente a cosa si stesse riferendo. «Quindi non ti dai da fare soltanto in albergo?»
 
Yoongi tornò a guardare il semaforo ancora rosso e ridacchiò. «Quando non voglio farmi beccare da Namjoon uso la mia macchina. L’ho cambiata apposta per prenderne una più grande. Quella di prima non aveva abbastanza spazio. Facevo una fatica enorme per muovermi.»
 
Arrossii come un peperone. Perché diavolo mi stava raccontando una cosa del genere? Secondo lui m’importava delle sue scopate occasionali in macchina? Eppure la mia mente elaborò di sua spontanea volontà delle immagini che vedevano Yoongi in posizioni assurde e decisamente troppo hot.
 
A cosa diamine stavo pensando?
 
«Non me ne frega niente, pervertito!» lo aggredii voltandomi dall’altra parte per non fargli vedere quanto fossi diventata rossa. Stavo facendo concorrenza al semaforo che per fortuna era appena diventato verde. Non vedevo l’ora di arrivare a destinazione e scendere da quella macchina.
 
«Veramente sei tu che me l’hai chiesto,» ridacchiò Yoongi riprendendo a guidare. Cavolo, aveva ragione. «Comunque sono contento che sei ritornata acida e altezzosa. Ti preferisco così.»
 
«Allora non lamentarti quando ti arriverà l’ennesimo calcio rotante sulle costole. In questo momento potrei anche optare per un pugno sui denti.»
 
Scoppiò a ridere e la sua risata riempì l’abitacolo. «Come va con Jongin?» ritornò serio. «Ti ha chiamata di nuovo?» Il suo tono di voce perse di colpo tutta la sua ilarità.
 
Anch’io m’incupii. «Sì, questa mattina. Ma non ho risposto. Poi mi ha mandato un messaggio dicendomi che vuole assolutamente parlare con me. Mi ha dato appuntamento al nostro ritrovo sul fiume.»
 
«Visto? Te l’avevo detto che non te lo saresti più scollato di dosso,» disse orgoglioso e un tantino… infastidito? «Ora non devi fare altro che continuare a farlo ingelosire.»
 
Voltai subito la testa verso di lui. «Stai scherzando?»
 
«No, per niente,» affermò rafforzando la presa sul volante. «Devi farlo se vuoi riprendertelo.»
 
Mi voltai completamente verso di lui e incrociai le braccia al petto, infastidita. «Punto primo, Jongin non è mai stato mio. Punto secondo, è fidanzato, semmai te lo fossi dimenticato.»
 
«E allora?» mi domandò come se gli avessi detto l’ovvio. «Le fidanzate vanno e vengono. Tu sarai semplicemente la prossima.»
 
«Wow, Min Yoongi. Il tuo lato passionale potrebbe farmi commuovere fino alle lacrime,» ironizzai.
 
«Non fare la stupida,» mi ammonì gettandomi una veloce occhiata per poi ritornare con gli occhi sulla strada. «Devi approfittartene. Che diavolo ti frega di quella là? Se sei davvero innamorata di quel tipo, non guardare in faccia a nessuno. La tua felicità deve venire prima di tutto.»
 
Come diavolo faceva a passare da affermazioni completamente prive di spessore a… questo? E da quando gli importava della mia felicità?
 
«Non è una ragione valida per separare due persone innamorate,» affermai cominciando a torturarmi le dita. «Come ti sentiresti se la tua ragazza ti tradisse con un altro?» Sollevai lo sguardo per guardarlo in faccia. «È quello che ti è successo con Yoona, giusto?»
 
Frenò all’improvviso, e se non fosse stato per la cintura di sicurezza, mi sarei ritrovata con la faccia spalmata sul cruscotto. Lo guardai con gli occhi sbarrati. Era diventato pazzo? Poi mi resi conto che eravamo arrivati a destinazione. I miei occhi si allargarono ancora di più quando realizzai dove ci trovavamo.
 
«Min Yoongi…» lo chiamai minacciosamente mentre lui si liberava della sua cintura di sicurezza e poi della mia. «Perché diavolo siamo all’aeroporto?»
 
Ignorò la mia domanda e tirò fuori dal cruscotto una mascherina bianca. Senza darmi il tempo di reagire, mi passò gli elastici dietro le orecchie così da coprirmi la bocca. Poi si sfilò la felpa e me la lanciò sulle gambe, facendomi cenno d’indossarla.
 
«Scendi,» mi ordinò con voce fredda e distaccata mentre si rinfilava la sua mascherina nera, aprendo lo sportello per uscire dalla vettura.
 
Non me lo feci ripetere due volte. Indossai la felpa che su di me dava più l’aria di essere un vestito e tirai su il cappuccio, seguendolo nel parcheggio dell’aeroporto mentre alcuni membri dello staff raggiungevano l’abitacolo da cui eravamo appena usciti per prendere la valigia di Yoongi. Aumentai il passo e lo afferrai per un braccio prima che potesse sfuggirmi.
 
«Mi spieghi che diavolo ci facciamo qui?»
 
Quando si voltò, riuscì a farmi rimanere senza fiato. Lo squadrai dalla testa ai piedi e solo in quel momento mi resi conto di cosa indossava sotto la felpa che mi aveva prestato. Una camicia bianca, forse di una taglia più grande e tenuta fuori dai pantaloni neri, con lo scollo a V da cui s’intravedeva una collanina d’argento. I capelli neri, non acconciati e perciò più lunghi del solito, lasciavano intravedere gli occhi scuri, la cui severità era accentuata dalla mascherina nera che gli copriva perfettamente il naso e la bocca. Per finire, degli orecchini lunghi con delle croci gli abbellivano il viso, cercando di districarsi tra gli elastici della mascherina.
 
Dovevo ammetterlo. Era etereo, ma anche intimidatorio. Sembrava appena uscito da un anime.
 
«Stiamo andando in America,» affermò lasciandomi di stucco. «Dobbiamo partecipare ai Billboard Music Awards.»
 
Si liberò dalla mia stretta e riprese a camminare come se nulla fosse. Rimasi imbambolata a guardare la sua figura che si allontanava mentre gli altri membri dello staff mi passavano di fianco per raggiungerlo.
 
Cosa diamine aveva detto?
 
«E tu me lo dici così?!» sbraitai colpendo il pavimento con la suola della mia scarpa. Alcune persone si voltarono a guardarmi. Cominciai a correre e lo raggiunsi mentre stava attraversando le porte scorrevoli dell’entrata secondaria dell’aeroporto. «Mi stai seriamente portando con te in America? Lo sai che non ho neanche una valigia, vero? E cosa faccio con Ji Woo? E Jongin? Ti ho detto che oggi voleva incontrarmi e-»
 
Si voltò di scatto facendomi arrestare sul posto. Il suo volto coperto dalla mascherina era a un centimetro di distanza dal mio. Deglutii.
 
«Sì, ti sto portando in America con me perché secondo il nostro contratto devi essere dovunque si trova il mio culo, e oggi il mio culo sarà su uno di quegli aerei. Ti ho già fatto preparare una valigia con un miliardo di vestiti e tutto ciò che potrebbe servirti durante il viaggio. Ji Woo è grande e vaccinata, se la caverà benissimo da sola. E Jongin può anche andare a farsi fottere. Aspetterà semplicemente il tuo ritorno.» Lo fissai incredula. «E ora muoviti, non abbiamo tempo da perdere. Gli altri ci stanno già aspettando.» Ricominciò a camminare, ma poi si bloccò di colpo, voltandosi nuovamente verso di me. «Ah. Se gli altri ti dicono qualcosa di strano, ignorali.»
 
«In che senso?» domandai confusa.
 
«Tu fallo e basta.»
 
Lo seguii cercando di passare inosservata, cosa che non fu per niente difficile visto che dietro la felpa che mi aveva dato Yoongi c’era scritto STAFF a caratteri cubitali. Aveva pensato anche a quello per evitare che venissi presa di mira dalle fan scatenate. Quando raggiungemmo gli altri ragazzi, nessuno di loro mi guardò o mi rivolse la parola. Neanche Jungkook. Cominciarono a parlare tra loro, ignorandomi completamente. Forse perché eravamo in pubblico. Per evitare di stare lì ferma a fare nulla, aiutai le stylist a trasportare le valige piene di vestiti mentre i ragazzi si facevano fotografare dai miliardi di paparazzi appostati davanti a loro.
 
Una marea di gente ci accolse non appena varcammo le seconde porte scorrevoli mentre i bodyguard si schieravano in prima linea per poter difendere i ragazzi da qualche attacco inaspettato. Okay, avevo trovato cosa fare. Passai ad una ragazza dello staff le due valige che mi stavo trascinando dietro e mi diressi velocemente verso una fan che stava per attaccarsi alla felpa nera di Jungkook. Le afferrai il polso senza farle male e la spinsi gentilmente all’indietro. Bloccai all’ultimo secondo un ragazzo che si era fiondato su Jimin e allontanai infastidita un paparazzo che teneva l’obiettivo della macchina fotografica attaccato al viso di Yoongi.
 
Si capiva lontano un miglio che si sentiva a disagio. Non ci avevo mai fatto caso, ma io e Yoongi eravamo simili sotto molti punti di vista. Entrambi non sopportavamo gli obiettivi puntati in faccia, stare al centro dell’attenzione o l’invasione deliberata del nostro spazio personale. Io ero ferma sulle mie decisioni, ma Yoongi aveva dovuto scendere a compromessi a causa del suo lavoro, com’era stato lui stesso a dirmi. Non lo invidiavo per niente.
 
Una volta di fronte ai controlli, mi resi conto di non avere il biglietto. Tutti mostravano il proprio e si tiravano giù la mascherina per farsi riconoscere. Quando fu il mio turno, guardai il controllore e il controllore guardò me. Che momento imbarazzante.
 
Yoongi apparve dal nulla alle mie spalle e gli porse un biglietto con su scritto il mio nome. «Fagli vedere il passaporto,» mi ordinò. «Lo so che ce l’hai.»
 
E come diamine faceva a saperlo? Ero sinceramente intimorita da quanti agganci potesse avere. Con le giuste conoscenze, poteva fare tutto ciò che voleva. Tirai fuori dalla borsa il passaporto (che per fortuna mi portavo sempre dietro insieme al borsellino con i soldi) e lo mostrai al ragazzo dei controlli. Quest’ultimo mi fece cenno di abbassarmi la mascherina per confermare la mia identità. Quando lo feci, Yoongi mi coprì con il suo corpo per evitare foto indesiderate della mia faccia.
 
Una volta sull’aereo, potei finalmente rilassarmi e togliermi la mascherina. Cavolo. Per gli Idol, spostarsi da un posto all’altro era davvero così sfiancante? Ripeto. Non li invidiavo per niente. Mi sarei sotterrata piuttosto che rivivere quella tortura. Mi lasciai cadere su un posto a caso senza nemmeno controllare se fosse il mio, ma dopo un po’ mi accorsi che quell’aereo era decisamente troppo piccolo per far parte di un volo normale. C’erano soltanto otto posti.
 
Cazzo, era un jet privato. Mi guardai intorno, rimanendo a bocca aperta a causa di tutto quel lusso.
 
«Ehi, Ji Woo!» Mi voltai e incontrai il volto sorridente di Jungkook. «Ti sei già messa comoda?» ridacchiò prendendo posto al mio fianco. «Visto che siamo sempre in sette, di solito prendo io i due posti davanti, ma per te farò un’eccezione.»
 
«Oh, se vuoi posso andare a sedermi dietr-»
 
«No no!» mi bloccò scuotendo le mani. «Figurati, mi fa piacere chiacchierare con te. In fondo lo facciamo sempre. E poi devi ancora spiegarmi per bene questa storia del telefono. È un guaio che sia successo proprio adesso che stiamo andando in America.»
 
Cavolo. E ora che diavolo dovevo dirgli? Mentre pensavo ad una scusa, mi resi conto che non c’erano altri membri dello staff. C’eravamo solo io, i ragazzi, le assistenti di volo e il comandante. Puntai su una tattica differente e cambiai completamente argomento.
 
«Jungkook, dov’è il resto dello staff? E i vostri manager?»
 
«Oh, sono su un altro aereo,» disse mettendosi comodo. «Così possiamo avere più privacy e rilassarci.»
 
«E perché io sono qui?» domandai confusa. «Non dovrei essere sull’altro aereo?»
 
«Yoongi-hyung ha voluto che viaggiassi con noi!» s’intromise Taehyung sbucando dallo spazio tra i nostri poggiatesta. «Un jet privato è più comodo di un semplice aereo. Sono 14 ore di volo. Io ti consiglio di metterti comoda.»
 
Anche la testa di Jimin spuntò dal nulla. Lui e Taehyung erano seduti proprio dietro di noi. «Io invece ti consiglio i tappi per le orecchie,» ridacchiò. Si sporse per avvicinarsi a me e sussurrarmi, «Yoongi-hyung di solito è il primo che si addormenta, ma fa un casino della madonna. Tra lui e J-Hope non so chi sia peggio!»
 
«YOONGI RUSSA?! AHAHAHHA» Scoppiai in una risata isterica al solo pensiero. I tre maknae si allarmarono subito e partì un coro di “shhhhhh” che mi fece ridere ancora più forte. Avevano tutti il dito davanti alla bocca e si guardavano intorno con circospezione, quasi avessero paura che una tigre potesse saltargli addosso da un momento all’altro.
 
E la tigre infatti arrivò, però toccò solo a Jimin prendersi lo scappellotto dietro la testa.
 
«Che cazzo le state dicendo?» ringhiò Suga, la mascherina ancora sulla bocca. In quel modo sembrava ancora più minaccioso del solito. «Io non russo.»
 
La maknae line deglutì mentre Jimin si massaggiava il retro del collo.
 
«Non russi solo quando hai il sonno leggero,» s’intromise Jin prendendo posto vicino al corridoio, nella fila parallela a quella mia e di Jungkook. Tra le braccia stringeva un peluche di RJ. «Se sei particolarmente stanco, devo prenderti a calci per farti stare zitto. Quando eravamo compagni di stanza mi veniva voglia di farti cadere addosso quella libreria che ci separava.»
 
A quanto pare la mia risata era contagiosa, perché Hoseok e Jimin si unirono a me, subito seguiti da Jungkook e Taehyung.
 
«Avete finito di prendermi per il culo?» ci minacciò Yoongi togliendosi finalmente la mascherina. «E tu vieni a sederti con me,» m’indicò. «Devo aggiornarti sulla situazione prima di arrivare in America. Non pensare di poter poltrire.»
 
Non me lo feci ripetere due volte. Non ci tenevo proprio a stare vicina a Jungkook. Mi avrebbe riempito di domande e non sarei riuscita ad evitare né lui né la “questione telefono”. Quando mi alzai per raggiungere Yoongi, un coro di fischi si sollevò all’interno del piccolo aereo.
 
Suga roteò gli occhi al cielo. «Ragazzi, dateci un taglio,» li avvertì. «È da ieri che andate avanti con questa storia.»
 
«Esatto, fatela finita,» gli diede ragione Namjoon. Il leader si era appena seduto accanto a Jin, dal lato del finestrino. «Già sono stati degli idioti a fare certe cose in pubblico. Cerchiamo di non complicare la situazione.»
 
Cominciai a sudare freddo e incontrai lo sguardo cupo di Yoongi. «Di che cosa stiamo parlando?» gli domandai. Perché avevo una bruttissima sensazione?
 
J-Hope si avvicinò e mi porse il suo telefono, ridacchiando. «Guarda tu stessa.»
 




 
Gli occhi mi uscirono quasi fuori dalle orbite. Era il momento in cui avevo dato quel “quasi bacio” a Yoongi per ringraziarlo. Sembrava quasi che ci stessimo davvero… Oh cielo. Guardai Yoongi, che stava evitando volutamente il mio sguardo.
 
«Ti avevo detto di cancellarla,» intervenne Namjoon riferendosi a J-Hope. «Potrebbe finire nelle mani sbagliate. Immagina se qualcuno ti rubasse il telefono! Quella foto potrebbe finire sui giornali.»
 
«Ma dai, Hyung!» disse Jimin. «Non gli si vede neanche la faccia. Non riuscirebbero mai a capire che si tratta di Yoongi-hyung.»
 
«Beh, però la scenata di gelosia che ha fatto a Kai l’hanno sentita tutti,» s’intromise Jungkook. Il maknae aveva perso il sorriso dopo che era saltato fuori quell’argomento. «Ci sei andato piuttosto pesante, Yoongi-hyung,» disse mettendo il broncio.
 
«Ve l’ho già spiegato,» rispose il diretto interessato massaggiandosi il ponte del naso. «Non è come sembra, okay? Non ci siamo baciati, per la miseria! E se anche fosse, sarebbe solo un maledettissimo bacio. Non me la sono mica scopata davanti a tutti!»
 
Jin si sistemò meglio sulla poltroncina e canticchiò, «Un bacio tira l’altro e ti porto in sala parto!» Piombò un silenzio gelido e imbarazzante. Gelido quanto lo sguardo che gli riservai. Scoppiò a ridere solo lui. «Daaaai, era carinaa!» cercò di smuoverci, ma si zittì quando incontrò i miei occhi assassini. Il sorriso gli scivolò via dalle labbra. «Scusa. Non parlo più.»
 
«Ecco bravo.»
 
«Io ci credo che non si sono baciati,» disse Taehyung. «Yoongi-hyung non bacia nessuno, ricordate? Non da quando-»
 
«Tae, chiudi la bocca,» lo bloccò subito Namjoon. «Comunque diamo un taglio a questo discorso. Stiamo per partire. Cercate di riposarvi e non affaticate troppo la mente. Dobbiamo essere belli carichi per domani.»
 
Che voleva dire V con: “Yoongi-hyung non bacia nessuno”?
 
L’aereo cominciò a muoversi sulla pista e la voce del comandante c’invitò a prendere posto e allacciare le cinture di sicurezza. Mi avvicinai agli unici due posti vuoti, quelli dietro Jin e Namjoon, ma poi vidi Yoongi ancora in piedi. Mi guardò.
 
«Vuoi stare vicino al finestrino?» mi domandò, aspettando una mia risposta.
 
Negai con la testa e gli feci cenno di andare avanti. Il moro annuì leggermente e si sedette al suo posto. Io mi accomodai di fianco a lui. Cavolo. A volte dimenticavo di soffrire di vertigini. Guardare dal vetro di una finestra era fattibile, ma stare a 13.000 metri da terra… Sentii un brivido attraversarmi la schiena. La cosa peggiore? Non avevo mai preso un aereo in tutta la mia vita.
 
Ero brava a mascherare le mie paure, ma sperai con tutto il cuore di non cominciare a tremare come una ragazzina. Sarebbe stato patetico. Presi un profondo respiro cercando di non farmi vedere, ringraziando mentalmente chi avesse deciso di abbassare le luci in cabina. Stavo tremando.
 
L’aereo cominciò a muoversi e mi paralizzai sulla poltroncina al solo pensiero che di lì a poco saremmo arrivati così in alto. Il velivolo prese velocità e s’inclinò, puntando il muso verso il cielo. Una strana sensazione mi colpì le orecchie e per un momento mi sembrò di cadere nel vuoto. Mi aggrappai alla prima cosa che trovai: la mano di Yoongi.
 
Nel buio, sentii il suo sguardo addosso. Cercai di fare dei respiri profondi, ma il pensiero di essere così in alto mi mandò a puttane il cervello. Non riuscii a contenere un ansimo di paura.
 
«Yorin…» La sua voce calda mi sfiorò l’orecchio. «Tutto bene?»
 
No, per niente. «Sì. Sto bene,» gracchiai.
 
«Non mi sembra.» Lo sentii avvicinarsi ancora di più. «Hai paura dell’aereo?»
 
«No.»
 
Mi strinse la mano tra la sua, cominciando ad accarezzare il dorso con il pollice. Poi fece intrecciare le nostre dita con una gentilezza che mi fece sussultare il cuore. «Allora perché stai tremando?»
 
L’aereo ondeggiò in seguito ad un leggero scossone, facendo schizzare la mia paura alle stelle. Non ero più sull’aereo. La mia mente mi aveva di nuovo teletrasportato su quella ruota panoramica di quindici anni fa. Riuscivo a vedere i nostri genitori, che dal basso ci guardavano con gli occhi pieni di terrore. Le urla di mia sorella, la mia mano che l’afferrava prima che potesse cadere nel vuoto. Le oscillazioni e il tremore della nostra cabina che si era bloccata nel punto più alto, impedendoci di raggiungere il suolo. I lampi e i fulmini che quel giorno promettevano pioggia. E infine, gli occhi supplicanti di mia sorella che mi imploravano di non lasciarla andare, di non farla cadere.
 
Lo scenario cambiò. La strada cementata sotto di lei si trasformò nelle onde burrascose del mare e io non riuscii più a sorreggere il suo peso. Yoona cadde nel vuoto e sparì tra quelle acque nere come la notte. Mi aveva lasciato senza che io potessi fare niente per impedirlo. Mi mancava. Mi mancava da morire.
 
Liberai la mano da quella di Yoongi e mi alzai di scatto per correre verso il bagno. Non mi ero nemmeno accorta di stare singhiozzando. Spalancai la porta della toilette e me la richiusi alle spalle, chinandomi sul water per liberarmi dalla nausea che mi aveva stretto lo stomaco.
 
 
Si liberò dalla mia mano e si catapultò verso il bagno, lasciandomi completamente di stucco di fronte ai suoi singhiozzi e alle lacrime che avevano cominciato a rigarle il volto. Sganciai subito la cintura di sicurezza che mi stringeva i fianchi e mi diressi a passo spedito verso la piccola toilette nell’angolo del velivolo.
 
«C-Che cos’ha?» disse Jimin alzandosi in piedi. «Soffre il mal d’aria?»
 
«Fino al punto di piangere?» domandò incredulo Seokjin. Stava abbracciando RJ come se non ci fosse un domani. «Forse ha paura dell’aereo. Yoongi, non gliel’hai chiesto prima di farla salire?»
 
«Io ho delle pastiglie contro la nausea, se possono tornare utili,» disse Hoseok cominciando a rovistare nella sua borsa trasparente. «Le porto sempre con me. Dove diamine le ho messe?»
 
«Ma quali pastiglie!» urlò Taehyung sull’orlo di una crisi di panico. «Ci vuole un dottore! Che facciamo se sviene?! Qualcuno sa praticare la respirazione bocca a bocca?!» Si portò le mani nei capelli. «Oddio, oddio! Cosa facciamo?!»
 
«Ma te la vuoi dare una calmata?» lo rimproverò Jungkook facendolo sedere nuovamente al suo posto mentre io continuavo a bussare insistentemente alla porta del bagno. Riuscivo a sentire distintamente i singhiozzi di Yorin. Stavo per diventare matto. «Penso che abbia fatto così perché soffre di vertigini,» rifletté Jungkook.
 
Mi voltai di scatto, incrociando lo sguardo con quello del maknae. «Cosa?»
 
«Vertigini?» domandò Namjoon. «Strano, sull’aereo non si dovrebbe soffrire di vertigini. A meno che queste non siano collegate ad un evento piuttosto traumatico.»
 
La mia mente fece due più due e rimise insieme i pezzi di quel puzzle ancora incompleto. Yorin mi aveva detto che Yoona soffriva di vertigini, per questo era impossibile che si fosse lanciata spontaneamente nel vuoto. Ora Jungkook mi stava dicendo che anche Yorin soffriva di vertigini, quindi questo suo scoppio era dovuto ad un ricordo della sorella?
 
Yorin stava piangendo per Yoona?
 
«Yorin. Yorin, apri questa porta,» le ordinai severo mentre sbattevo il pugno contro la superficie di legno. Non m’importò neanche di averla smascherata. Non avrei mai potuto convincerla continuando a chiamarla con un nome che non le apparteneva. In quel momento, non sarei stato in grado di portare avanti quella farsa. «Yorin, ti ho detto di aprire questa fottuta porta!»
 
«Yorin?» domandò Jungkook confuso. «Chi è Yorin?»
 
«Non era la sua amica?» domandò a sua volta Taehyung. «Quella che ballava.»
 
Jimin si sbatté la mano sulla fronte. «Diamine, hai ragione! Si chiamava Yorin.» Il suo sorriso scomparve non appena si rese conto che qualcosa non andava. «Hyung, perché stai chiamando Ji Woo Yorin?»
 
«Perché è così che si chiama,» risposi stringendo i denti. «Si chiama Kang Yorin. Ficcatevelo bene in testa.»
 
Non riuscivo più a sentire i suoi singhiozzi, così aprii la porta senza il suo consenso. La trovai davanti allo specchio con le mani sul viso e il corpo leggermente chino in avanti mentre si asciugava le ultime lacrime.
 
«Dio, Yorin. Si può sapere che ti è preso?» le domandai avvicinandomi di un passo. Il mio riflesso si unì al suo nello specchio. «Ti senti bene?»
 
Yorin sollevò la testa e i nostri occhi s’incontrarono attraverso quello stesso riflesso. Era così pallida che mi si strinse il cuore. «Yoongi, ti prego… Lasciami sola…»
 
«Non ti giudicherò,» le sussurrai facendole risollevare lo sguardo. Mi guardò ancora una volta con gli occhi lucidi e increduli. «Perciò lasciati andare. Non nascondermi niente.»
 
Sapevo che non voleva mostrare a nessuno il suo lato debole. Era una persona troppo orgogliosa e testarda per farmi vedere le sue lacrime. La capivo perché ero proprio come lei. Anch’io non volevo mostrare la mia parte debole a nessuno, ma proprio per questo ero consapevole che a volte bisognava farlo. Bisognava lasciarsi andare per diventare più forti.
 
«Non devi fare la dura davanti a me. Non ce n’è bisogno.»
 
Yorin si morse il labbro inferiore e abbassò ancora una volta lo sguardo, evitando di proposito il mio. «Mi manca, Yoongi.» Aggrottai la fronte. «Mi manca mia sorella. E ho ancora il terrore che possa aver sofferto per colpa mia. Ho paura che possa essere caduta in depressione perché non le sono stata vicina quando ne aveva più bisogno.» Mi avvicinai fin quando il mio petto non incontrò la sua schiena. Posai le mani sul lavandino di fronte a noi, al lato dei suoi fianchi. «Le ho detto che non la riconoscevo più, che era cambiata… e lei se n’è andata senza sapere che in realtà le volevo bene.»
 
«Sono sicuro che lo sapeva,» le sussurrai contro l’orecchio, sfregando la punta del naso contro il profilo della sua guancia. «Non darti la colpa per qualcosa che non hai fatto.»
 
Si voltò piano e ci ritrovammo a una spanna di distanza. Mi persi in quelle gocce di tristezza ancora intrappolate nei suoi occhi. Ma non volevo forzarla. Non volevo che si sentisse costretta a piangere davanti a me. Lo avrei accettato solo se avesse voluto farlo.
 
«Vuoi che ti lasci da sola?» le soffiai a un centimetro dalle labbra. «Dimmelo e me ne vado. Ti basta una parola.»
 
Non mi rispose, ma distolse lo sguardo dal mio per abbassarlo sul pavimento. Quella per me era già una risposta. Sospirai e raddrizzai la schiena, allontanando le mani dal marmo freddo del lavandino. La guardai un’ultima volta prima di voltarmi e lasciarle la privacy che meritava, ma non riuscì a fare un passo perché mi sentii tirare nuovamente all’indietro. Mi voltai e vidi Yorin, la testa ancora china e le mani strette con forza intorno alla manica larga della mia camicia bianca. Sollevai gli occhi sul suo viso.
 
Buttai fuori l’aria che avevo accumulato nel petto. «Dimmelo, Yorin,» la spronai, quasi una supplica a fior di labbra. «Dimmi cosa vuoi che faccia.»
 
Rafforzò la presa intorno alla mia camicia. «Abbracciami.»
 
Non ci fu bisogno di ripeterlo. Le passai una mano intorno alla vita e l’attirai verso il mio corpo, nascondendole il volto contro lo scollo a V della mia camicia. E proprio in quel momento… Yorin scoppiò a piangere, mostrandomi ogni sua più piccola debolezza. Le avvolsi le braccia intorno a quel corpo talmente piccolo e minuto da poterlo cingere con una mano sola. Yorin fece scivolare le braccia dietro la mia schiena e si aggrappò alla stoffa della mia camicia come se la sua vita dipendesse da questo. Le mie labbra trovarono subito la sua fronte, le sue guance. Per qualche ragione, non riuscivo a staccarmi dalla sua pelle. La riempii letteralmente di baci.
 
La strinsi così forte che mi fece male il petto. O forse il dolore non proveniva dalla forza di quell’abbraccio, ma dal mio cuore che veniva scalfito da ogni suo singhiozzo. Quel cuore che dopo tanto tempo aveva finalmente ripreso a battere.
 
Eppure, io quella paura ce l’avevo ancora. La paura di amare.
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ᗩngolo.ᗩutore
Dico sempre di aggiornare presto ma non lo faccio mai! AaaRgghh uccidetemi 😩 Stavolta ero troppo impegnata con l'altra mia storia, Can You See Me, che mi prende davvero tantissimo tempo, perciò scusate se gli aggiornamenti di questa vanno un po' a rilento.

Ancora una volta Yoongi ci stupisce, forse ancora più della volta scorsa. Yorin poco a poco sta mettendo da parte il suo carattere un po' burbero per mostrare a Yoongi i suoi lati più deboli e sensibili, lati che non ha mai fatto vedere a nessuno, neanche alla sua migliore amica Ji Woo. Ma non preoccupatevi, Yorin rimane sempre Yorin 😉 (E finalmente i ragazzi hanno scoperto il suo vero nome. Era anche ora!)

Non sapete quanto ho riso con la chat di gruppo 😂 Il povero Jimin ormai viene bullizzato con questo "Cosa viene dopo il tre?" Povero AHAHAH Sicuramente ci saranno altre chat così perché adoro il genere ❤ Fatemi sapere se le trovate divertenti anche voi 😘

Se il capitolo vi è piaciuto lasciatemi pure un commentino, sapete che ci tengo ❤ Un bacione e alla prossima 💪

Instagram: btsuga_d
   
 
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