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Autore: inzaghina    04/04/2019    9 recensioni
A pochi giorni dal fatidico 2 maggio 1998 Harry, Ron, Hermione e Ginny s'interrogano su quale sia il modo giusto per ricominciare a vivere, lasciandosi alle spalle i brutti ricordi, ma senza dimenticare le persone che si sono sacrificate per un mondo migliore. Al contempo, George dovrà affrontare per la prima volta un mondo senza il suo gemello, ritrovando la capacità di ridere; Percy dimostrerà che ha sbagliato e, con l’aiuto di una ragazza che lo capisce davvero, ricucirà il rapporto con i suoi familiari; Bill e Fleur cementeranno la loro unione e un ritorno inaspettato ridarà speranza al gruppo.
Uno sguardo sul periodo post-bellico e sulle difficoltà affrontate da tutti loro, e dai loro cari, per ritornare veramente a vivere, preoccupandosi solo del proprio futuro, dell'amicizia che li lega e degli amori che potranno finalmente godersi con serenità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, George Weasley, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista | Coppie: Angelina/George, Audrey/Percy, Bill/Fleur, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is bigger than anything in its way'
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Capitolo 9 – Life’s greatest gift




 
 
“Surprise is the greatest gift
which life can grant us.”
Boris Pasternak 
  


Ginny osservò Harry giocare con il cibo nel piatto durante tutta la cena, il ragazzo spinse le patate sulla ceramica bianca, riuscendo a portare alla bocca solo pochi bocconi dell’appetitoso polpettone di sua madre. Immaginava come dovesse sentirsi, quindi colse la prima opportunità a disposizione, quando Fleur chiese a Molly se la poteva aiutare a sistemare il maglioncino in cotone che stava tentando di sferruzzare per Teddy.
“Certo, cara… arrivo subito,” disse la padrona di casa, mentre Percy si offriva per sparecchiare e Bill e George per lavare ad asciugare i piatti.
“Io mi occupo del caffè,” propose Arthur, stringendo il braccio della moglie, che annuì, prima di prendere posto accanto alla nuora.
“Noi dobbiamo uscire, abbiamo dimenticato di rimettere a posto le scope e le palle da Quidditch oggi,” spiegò Ginny in tono vago, trascinando con sé Harry e Charlie, senza attendere una risposta.
Una volta chiusasi la porta dell’ingresso alle spalle, puntò le iridi in quelle del fratello, incrociando le braccia, “sputa il rospo, Charlie!”
“Va bene, non c’è bisogno di scaldarsi tanto,” ribatté il domatore di draghi, passandosi una mano tra i riccioli ribelli.
“Hai chiamato la bionda misteriosa zia Lexie, perdonami se mi scaldo…” ribatté la Cacciatrice, cercando le dita fredde di Harry per stringerle tra le proprie.
“Beh, come vi dicevo nel pomeriggio, tu eri davvero piccola l’ultima volta che la vedemmo…” iniziò a spiegare Charlie, sedendosi sui gradini del portico. “Lei era da sempre la fidanzata di zio Fabian, entrambi erano a scuola con i tuoi genitori, Harry…” disse il secondogenito di casa Weasley, incrociando gli occhi stupiti del ragazzo di sua sorella.
“Lexie era la migliore amica di tua madre e lei e zio Fabian si sposarono poco prima della morte degli zii…” concluse poi, mentre le iridi di Harry si dilatavano, all'udire dettagli mai sentiti prima sui genitori.
Ginny sentì il suo ragazzo stringere più forte le dita della sua mano e si sedette insieme a lui accanto a Charlie. “Morì anche lei?” domandò poi, immaginando quanto Harry ci tenesse a conoscere la risposta.
Charlie sospirò, scuotendo la testa. “Direi anche peggio…” borbottò infine, passandosi nuovamente le mani tra i capelli, “dopo la morte degli zii, Lexie era totalmente ossessionata dalla volontà di catturare tutti coloro che li avevano uccisi, questo la spinse a seguire le tracce di uno di loro fino negli Stati Uniti.  Ciò che tutti pensano è che proprio questo Mangiamorte l’abbia colpita con una maledizione che l’ha fatta cadere in uno stato di coma profondo. È ricoverata all'ospedale magico di New York da quasi 15 anni…”
“Ma è terribile, Harry parlò per la prima volta, pensando amareggiato che si trovava in un altro vicolo cieco, proprio ora che s’illudeva di aver trovato qualcuno che conosceva davvero i suoi genitori, si trattava di un’altra sfortunata vittima di quell'assurda guerra durata troppo a lungo...
“Già… mamma e papà non ne parlano molto spesso, ma so che continuano ad essere in contatto con la famiglia di zia Lexie, c’è sempre la speranza che si svegli,” spiegò Charlie.
“Raramente le cose vanno come spero io,” bofonchiò Harry, senza traccia di acredine nella sua voce, era la pura verità: sembrava che ogni singolo legame con i suoi genitori fosse stato eliminato.
“Harry, mi dispiace di averti trascinato in questa storia…”
Il Bambino Sopravvissuto interruppe la ragazza, sorridendole tristemente. “E tu che cosa c’entreresti?”
“Sono io che ti ho detto che avevo già visto la ragazza bionda, che ho insistito per parlarne con Charlie, ma alla fine ti ho condotto ad un’altra pista morta,” ribatté, mordicchiandosi il labbro inferiore.
“Sono contento di aver scoperto chi fosse la misteriosa ragazza bionda che abbiamo visto in così tante foto,” la rassicurò Harry, baciandola sulla guancia, sentendosi vagamente a disagio vista la presenza di uno dei suoi fratelli.
“Zia Lexie potrebbe sempre svegliarsi,” s’arrischiò a ripetere Charlie, dopo una breve pausa.
“Sarebbe forse troppo bello per essere vero,” dichiarò sua sorella.
“Con gli incantesimi oscuri non si può mai sapere,” ribatté lui, scrollando le spalle.
“Diciamo che c’è una flebile speranza,” disse Harry, cercando di credere a quello che diceva.
“Sarà meglio entrare, o mamma avrà una crisi di nervi,” dichiarò infine Ginny.
“Già…” assentì suo fratello. “Dì un po’, dove hai imparato a raccontare così bene le bugie?”
“Nel mio ultimo anno a Hogwarts a volte mentire era l’unico modo di salvarsi,” rispose in tono piatto, una nuova stretta di mano di Harry le ricordò che quei mesi bui erano finalmente finiti e che aveva qualcuno con cui avrebbe potuto aprirsi, non appena sarebbe stata pronta a farlo.
Charlie rimase di stucco, lui a differenza di alcuni dei suoi fratelli minori aveva solo ricordi positivi del suo periodo di studi a Hogwarts, era terribile pensare al modo in cui l’innocenza di Ginny, Ron, dei gemelli e dei loro amici fosse stata strappata a tutti loro; così come era orribile che tanti tra quei ragazzi, Fred incluso, non avessero potuto festeggiare la fine della guerra e la morte di Voldemort. A volte Charlie pensava che avrebbe dovuto rimanere in Inghilterra invece che andarsene in Romania, per stare vicino alla sua famiglia, anche se era ben consapevole che la sua presenza non avrebbe cambiato nulla. Era questo il destino dei sopravvissuti, però, arrovellarsi sui motivi che avevano spinto il destino a salvare loro e non gli altri, chiedersi se avessero potuto fare qualcosa per cambiare il passato, ben sapendo quale fosse la risposta.
Seguì i due ragazzi in casa dei genitori, pensando che la sua famiglia avesse davanti ancora tante sfide, prima di tornare a provare ad essere quella di un tempo. Era comunque certo che rimanendo uniti ce l’avrebbero fatta e sorrise convinto a sua cognata quando gli allungò un pasticcino francese ricevuto proprio quel giorno dai suoi genitori. Quando aveva incontrato per la prima volta la futura moglie di suo fratello, non avrebbe mai immaginato che Fleur fosse destinata a diventare un pilastro della famiglia, ma la francese si stava rivelando decisamente ben più di un grazioso faccino. Non che avrebbe dovuto sorprendersi, ovviamente, Bill non avrebbe mai potuto innamorarsi di una ragazza solo per il suo bell’aspetto, ma era evidente che fosse ormai apprezzata anche dai suoi detrattori più convinti – sua sorella e sua madre, per essere precisi.
Sorrise nuovamente alla vista delle tre donne della famiglia seduta vicine sul divano, intente a commentare quanto fosse adorabile Teddy Lupin, un'altra vittima della scellerata guerra appena conclusa.
Si chiese quanto tempo sarebbe passato prima che anche Bill e Fleur cominciassero a pensare ad allargare la famiglia… un altro bambino avrebbe sicuramente raddoppiato la gioia. E la sua famiglia ne aveva un gran bisogno.
 
***
 
Sydney era assolutamente meravigliosa, anche in inverno, Ron aveva convinto Hermione a fare un giro della baia in traghetto al tramonto, avendo la possibilità di ammirare molti dei principali monumenti, godendosi la brezza ed il silenzio, visti i pochi turisti i due erano i soli ad essersi spinti nella parte scoperta dell’imbarcazione. La città era così diversa dalla Londra babbana, e anche da quella magica, Ron avrebbe tanto desiderato fermarsi un altro po’ dopo aver rintracciato i signori Granger; credeva che Hermione avesse decisamente bisogno di rilassarsi, ma non voleva proporglielo prima di aver sistemato tutto con i suoi genitori.
“Hai avuto un’ottima idea, Ron,” sussurrò la ragazza, poggiando la testa sulla sua spalla.
“Vedo che non hai usato un tono sorpreso questa volta…” ribatté, sorridendole.
“Hai intenzione di rinfacciarmelo per sempre, Ronald?”
“Forse,” mormorò lui in risposta, osservando i suoi occhi diventare fiammeggianti. “Adoro quando ti arrabbi!”
“Sei impossibile!” sbuffò.
Ron si strinse nelle spalle, attirandola tra le sue braccia, amando il modo in cui il suo corpo minuto aderiva perfettamente al suo.
“Sembra quasi impossibile…” mormorò la ragazza, dopo una piacevole pausa, protrattasi per un po’.
“Mhmm…” Ron la strinse un pochino più forte in risposta.
“Non avrei mai immaginato che il nostro primo viaggio insieme sarebbe avvenuto così poco tempo dopo la fine della guerra, né che saremmo venuti dall’altra parte del mondo.”
“Figurati io, che prima d’ora avevo lasciato l’Inghilterra solo per andare a trovare Bill,” le rispose, mordicchiandosi l’interno di una guancia. “Fred aveva sempre sognato di venire nel Down Under…”
L’allusione a Fred sorprese la ragazza, che ben conosceva la ritrosia di Ron a parlare del fratello scomparso. “Dici che gli sarebbe piaciuta?”
Il rosso annuì. “Caotica, piena di vita anche in inverno, colorata e poi c’è il mare… l’avrebbe adorata,” disse, osservando l’ampia baia in cui stavano navigando. “Certi giorni non mi sembra ancora vero…”
“Nemmeno a me,” annuì lei, strizzandogli l’avambraccio. “Perdere Fred, pochi istanti dopo aver riabbracciato Percy è stato decisamente crudele.”
“Credi che Percy si senta in colpa?”
La domanda di Ron mostrava quanto esattamente fosse cresciuto negli ultimi mesi e Hermione, nonostante tutto, sorrise. “Ne sono più che convinta, anche se so che nessuno di voi incolpa lui per quanto successo a Fred.”
“Mentirei se ti dicessi che non avevo pensato che si meritasse di soffrire un po’, dopo quello che aveva fatto passare a mamma e papà…” sussurrò tutto d’un fiato, con lo sguardo rivolto verso l’acqua cristallina. “Ma, anche se è parecchio insopportabile, è pur sempre mio fratello e so benissimo che al suo posto io non riuscirei nemmeno a guardarmi allo specchio. La perdita di Fred è già una punizione troppo grande per tutti noi ed è importante rimanere uniti per superarla,” aggiunse, adombrandosi.
“Fred non vorrebbe vedervi tristi,” gli ricordò Hermione, mentre una lacrima solitaria solcava la guancia lentigginosa di Ron.
Lui tirò su col naso, annuendo. “Già…”
“Ne usciremo tutti insieme,” promise la ragazza, sollevando gli occhi nocciola in quelli lucidi di lui, cercando di infondere tutto il suo affetto in quello scambio di sguardi.
“Non potrei superarlo senza di te,” ammise il rosso, stringendo la sua mano.
“Non ti libererai facilmente di me, non l’hai ancora capito?” gli ricordò lei, riuscendo a ottenere un lieve sorriso in risposta al suo, prima di portare le loro labbra a sfiorarsi in un bacio leggero, subito ricambiato entusiasticamente da Ron. Hermione non avrebbe più dovuto stupirsi del numero di sensazioni che le labbra del ragazzo erano in grado di provocarle, il suo corpo venne percorso dai brividi, risvegliandosi in ogni terminazione nervosa, il profumo fresco di Ron pervase ogni fibra della ragazza, che sospirò di piacere, quando lui prese a mordicchiarle il labbro inferiore. Quando le lingue s’incontrarono, Ron aumentò la presa sul corpo di Hermione, cercando di annullare la distanza che li separava a livello fisico, già inesistente a livello emotivo.
“Ti amo così tanto,” le mormorò a fior di labbra, prima di accoglierla in grembo per gustarsi insieme il sole che si tuffava nell’acqua, inondandola dei riflessi arancioni, rossi e dorati, tanto cari ai due Grifondoro.
 
***
 
Lo studio dentistico Wilkies era in una stradina tranquilla, in una zona residenziale di Sydney, quel martedì l’Auror Campbell aveva preso appuntamento per una pulizia dei denti, facendosi accompagnare dai due adolescenti. Quando i tre entrarono nella sala d’aspetto, trovarono altre due persone in attesa, Noah si avvicinò alla receptionist, tallonato da Hermione e Ron. “Buongiorno, ho preso appuntamento a nome Campbell, per le ore 11:30… sono un po’ in anticipo però.”
La donna gli sorrise, prima di consultare il calendario degli appuntamenti. “Campbell, certo! Se vuole accomodarsi...” gli disse, prima di osservare i due ragazzi, in attesa.
“Oh, i miei ragazzi mi hanno accompagnato perché abbiamo un impegno in zona subito dopo...” aggiunse, sorridendo alla donna bionda, che ricambiò, prima di essere distratta dal telefono.
I tre presero posto lontano dagli altri due uomini in attesa.
“Ora che facciamo?” domandò Ron.
“Aspettiamo e vediamo chi sarà chiamato per primo, poi direi di fare un blando incantesimo di memoria all’altro e mandarlo via...”
“Non sarà rischioso?” mormorò Hermione.
“Non ho intenzione di spedirlo a piedi nell’Outback,” la rassicurò l’uomo, strizzandole l’occhio, “lo manderò solo a bersi un caffè in un bel posticino... potrà prendere nuovamente appuntamento dal dentista quando vuole!”
Hermione annuì silenziosamente, riuscendo a concentrarsi solamente sul battito incessante del suo cuore. Ron, notando lo smarrimento nei suoi occhi, allungò la mano sinistra per afferrare la destra di lei e stringerla, infondendole tutto il coraggio che poteva.
“Andrà bene,” le sussurrò, mentre lei annuiva di nuovo.
 
Un paio di minuti dopo, una donna alta uscì dalla porta bianca alla destra del bancone della reception e la segretaria la salutò, prima di chiamare un uomo di mezza età. “Signor Crawford, la dottoressa Wilkies la aspetta,” gli disse sorridendo.
Quello si avviò, mentre la donna alta si chiudeva la porta alle spalle. Noah estrasse con circospezione la bacchetta dalla tasca, puntandola verso l’uomo biondo che leggeva una rivista di surf. Pochi attimi dopo il biondo si rimise in piedi, osservando l’orologio da polso ed avvicinandosi alla receptionist. “Mi dispiace infinitamente, ma mi sono appena ricordato di un appuntamento urgente dall’altra parte della città, Marla… possiamo rischedulare l’appuntamento?”
“Ma certo Steward. Può andar bene martedì prossimo alla stessa ora?”
Il biondo annuì, prendendo il cartoncino che la donna sorridente gli stava porgendo.
“Ci vediamo la prossima settimana,” salutò, andandosene di corsa.
“Pare che sia stato fortunato, signor Campbell” gli sorrise Marla.
“La puntualità aiuta sempre,” ribatté lui, ricambiando il sorriso.
Qualche minuto dopo anche la porta alla sinistra del bancone si aprì, lasciando emergere una mamma con un bambino di circa tre anni.
“Può andare,” disse la donna bionda, prima di rivolgersi alla paziente con il bambino.
Hermione e Ron seguirono Noah nello studio in cui li aspettava il papà della ragazza, il cui cuore aveva ripreso a battere a ritmo erratico; Ron le strinse la mano con forza, sorridendole per darle forza.
“Buongiorno signor Campbell, sono il dottor Wilkies! So che è qui per una pulizia dei denti…” disse Paul Granger, prima di girarsi e trovarsi davanti ben tre persone. “Temo che questi due ragazzi la debbano attendere fuori, però…” aggiunse, occhieggiando i due adolescenti e tornando a rivolgersi al biondo.
Gli occhi di Hermione s’erano riempiti di lacrime alla vista del genitore che, chiaramente, non aveva idea di chi lei fosse. Ron, che aveva visto il signor Granger l’ultima volta un paio d’anni prima, rivedeva gli occhi della ragazza che amava in quelli dell’uomo dall’aspetto confortante che li osservava. Prima che i due avessero tempo di rispondere, l’Auror Campbell estrasse la bacchetta, pronunciando le parole per sollevare l’incantesimo della memoria, trasfigurando il viso sereno di Paul Granger in un’espressione prima confusa, poi perplessa ed infine sbalordita. L’uomo aveva infatti smesso di fissare quello che avrebbe dovuto essere il suo paziente, concentrandosi sui due ragazzi che lo accompagnavano. Il sacchetto di strumenti sterilizzati cadde a terra con un forte clangore e i caldi occhi nocciola di Paul si ritrovarono a fissare i loro gemelli, sul viso ormai rigato di lacrime della figlia che non vedeva da quasi un anno.
“Hermione?” mormorò a mezza voce.
“Sì, papà. Sono io,” sussurrò in risposta, non riuscendo a smettere di piangere, correndogli incontro per abbracciarlo.
Paul ricambiò la stretta, notando che la figlia sembrava più magra dell’ultima volta in cui l’aveva vista, anche se non ricordava quando fosse stato. “Io non capisco... dove siamo? E chi è quest’uomo?” chiese, allontanando un poco la figlia da sé per osservarla meglio.
“È una lunga storia,” rispose Ron, avvicinandosi ai due.
“È un piacere rivederti, Ron. Sei cresciuto ancora dall’ultima volta…” disse Paul, stringendogli la mano.
“Piacere mio, signor Granger.”
“Ora avete intenzione di spiegarmi cos'è successo?”
Entrambi annuirono, prima che Ron si schiarisse la voce. “Forse dovremmo chiamare anche tua madre, non credi?”
Le labbra di Hermione si spalancarono in un’espressione meravigliata. “Ma certo! Come ho potuto scordarmene!”
“Con tutto quello che è appena successo mi sembra normale,” la rassicurò il suo ragazzo, stringendole con affetto la mano, un gesto che non passò inosservato al padre di lei, che non riusciva a smettere di osservarli.
“Forse dovrei andare a dire a Marla di annullare gli appuntamenti del pomeriggio e prendersi il resto della giornata libera,” commentò Paul, ricordandosi solo in quel momento dello studio dentistico, che apparentemente era suo, ma che non somigliava affatto allo studio londinese in cui aveva lavorato per anni con la moglie.
“Buona idea,” ribatté Campbell, prima di porgergli la mano e aggiungere, “Noah Campbell, non ci siamo presentati.”
“Paul Granger, come mai lei è qui?”
“Sono un Auror ed ho aiutato sua figlia a rimettersi in contatto con voi.”
Paul annuì. Se c’era una cosa che aveva imparato, nei quasi sette anni in cui sua figlia aveva avuto a che fare con la magia, era che a volte era molto meglio non chiedere. Questa sembrava decisamente una di quelle volte.
Meno di dieci minuti dopo, Paul era di ritorno. “Marla era felice della possibilità ed è già andata a casa, Kathleen invece sta terminando la pulizia del suo paziente, le ho detto di venire qui non appena avrà terminato.”
Gli altri tre annuirono e Paul si riavvicinò alla figlia. “Sono un po’ confuso riguardo all'ultima volta in cui ci siamo visti… possiamo parlarne o anche per quello dobbiamo aspettare mamma?”
Hermione, che stava tormentandosi un ciuffo di capelli sfuggito allo chignon in cui li aveva raccolti, scosse la testa. “Sono passati dieci mesi papà…”
“Immagino che tu non voglia aggiungere altro, almeno per ora.”
Lei scosse la testa.
“Sono davvero felice di rivederti,” le mormorò l’uomo, abbracciandola di nuovo.
“Anche io,” rispose, inalando il profumo del dopobarba che suo padre aveva sempre usato. Anche a migliaia di miglia da casa, si sentiva al sicuro tra le braccia che l’avevano sostenuta in ogni momento della sua crescita.
La porta si aprì, lasciando entrare Kathleen Granger, che osservò stranita il marito abbracciato ad una ragazza che non le sembrava di aver mai visto prima. Campbell non le diede nemmeno il tempo di porre la domanda, eseguendo lo stesso incantesimo effettuato poco prima su Paul ed osservando la stessa sequenza di emozioni attraversare le iridi acquamarina della donna.
“Hermione?” la voce della donna era a malapena un bisbiglio, ma, visto che la stanza era avvolta dal silenzio, la sentirono tutti.
“Sì mamma, sono io,” dichiarò, prima di avvicinarsi a lei e abbracciarla, come non faceva da mesi.
“Cos'è successo?” domandò anche lei, facendo sospirare Hermione, ancora impaurita per la possibile reazione dei genitori alla sua scelta.
La ragazza si mordicchiò il labbro, per la prima volta non sapeva da dove cominciare a spiegare quello che aveva fatto, abbassò lo sguardo sul pavimento, per poi sollevarlo ed incontrare gli occhi cerulei di Ron.
“Forse dovresti iniziare chiedendo loro l’ultimo ricordo che hanno di te prima di oggi,” le suggerì il ragazzo.
“Ciao Ron, non ti avevo notato,” disse Kathleen, sorridendo al ragazzo, che ricambiò saluto e sorriso, sentendo le orecchie diventare rosse.
“L’ultimo ricordo, vediamo… è tutto un po’ nebuloso in realtà. Tu cosa ricordi Kathleen?”
“Una visita ad una mostra in centro, credo che fosse un pomeriggio di luglio,” rispose dubbiosa.
Hermione annuì. “Sì, al Tate Modern.”
“E poi cos’è successo?” domandò Paul.
“E perché siamo finiti in Australia?” aggiunse la moglie.
“Vi ho effettuato un incantesimo della memoria, facendovi credere di essere Wendell e Monica Wilkies e che non vedevate l’ora di venire a vivere quaggiù,” rispose la ragazza in un soffio.
I suoi genitori si cambiarono uno sguardo sconcertato, strabuzzando gli occhi increduli.
“Ma perché?” domandò infine Kathleen.
“L’ho fatto per proteggervi.”
“Da quel Tu-Sai-Chi di cui ci hai parlato più volte?” s’informò suo padre.
La ragazza annuì, continuando a fissare le proprie mani, torcendole per cercare di calmarsi.
“E ora?” chiese nuovamente sua madre.
“Ora è finalmente finita,” disse Hermione, trovando la forza di guardare i genitori.
“Vuoi dire che è morto?” continuò la donna.
La figlia annuì.
“Harry l’ha sconfitto,” spiegò Ron.
“Ma è una notizia stupenda!” s’entusiasmò il signor Granger, stringendo nuovamente tra le braccia la figlia ritrovata, subito raggiunto dalla moglie.
Noah Campbell lasciò la stanza, immaginando che avessero voglia di stare un po’ da soli, lasciando Ron in piedi nelle vicinanze della famiglia riunita.
Quando i genitori la liberarono, gli occhi di Hermione corsero subito alla figura allampanata del ragazzo dai capelli rossi che era diventato una delle persona più importanti della sua vita.
“Vieni anche tu, Ron,” gli disse Kathleen, prima di abbracciarlo.
“Avete festeggiato?” fu la domanda successiva di Paul.
“Non proprio, no,” la figlia scosse la testa, scambiandosi un’occhiata incerta con Ron, vedendo le sue iridi adombrarsi.
Kathleen intuì subito quale potesse essere la ragione. “Non tutti i vostri amici sono sopravvissuti, vero?”
Entrambi i giovani scossero tristemente la testa, facendo comprendere ai due coniugi che, nonostante fossero passati solo dieci mesi, la loro Hermione non era più la ragazza che ricordavano.
 
***
 
Il gufo reale planò con eleganza sul tavolo della cucina, entrando dalla finestra aperta, e avvicinandosi alle due persone presenti in quel momento.
“Dici che sarà di Hermione e Ron?” chiese Fleur a Molly.
La padrona di casa scosse la testa. “Non ne ho idea.”
Una volta consegnata la busta, il volatile spiccò di nuovo il volo, andandosene da dove era venuto. Molly girò la busta per leggere l’intestazione, osservando una grafia conosciuta, sì, ma che era sicura di non leggere da molto tempo.
“Non è dei ragazzi,” disse alla nuora, aprendo la busta e tirando fuori la breve lettera; la lesse velocemente, prima di posarla e spaventare la donna più giovane scoppiando in lacrime.
“Che suscede, Molly?” si preoccupò Fleur, prendendo la mano dell’altra tra le proprie. “Brutte notizie?”
La matriarca Weasley scosse la testa con veemenza, asciugandosi le guance con il dorso della mano destra. “È una lettera di Edward Ashworth, che mi comunica che sua figlia si è svegliata dal coma dopo quasi 15 anni…”
“È merveilleux,” commentò la Veela, dando qualche pacca sulla spalla della suocera.
“Lo è,” sorrise Molly. “Lexie Ashworth è la moglie di mio fratello Fabian,” aggiunse in un sussurro.
“Quindi è la zia dei tuoi figli?” s’accertò Fleur.
“Esatto.”
“Saranno tutti très contenti…”
“Immagino proprio di sì,” sussurrò, riprendendo la lettera per leggerla una seconda volta.
“Vuoi andare a trovarla?” domandò la nuora.
“Purtroppo è ancora ricoverata a New York, ma ci faranno sapere quando la dimetteranno.”
“Allora stasera dobbiamo festeggiare,” disse la francese.
“Direi proprio di sì.”
 
***
 
Le scartoffie non erano mai state la parte preferita del lavoro da Auror, per questo Hestia Jones tentava sempre di rimandarle. L’essere stata colei che aveva posto fine alla miserabile vita di Magnus Rosier però, implicava che le carte riguardo alla sua morte fossero compilate da lei. Seduta ad una scrivania piuttosto ingombra all’interno dell’open space decisamente meno popolato rispetto a qualche anno prima, non si accorse dell’uomo alto e biondo che aveva appena chiesto di lei a un collega.
Stava sbadigliando sonoramente, in arretrato di diverse ore di sonno, quando un viso che non vedeva da anni si palesò davanti a lei.
“A quanto pare la mia famiglia deve ringraziarti, Jones,” mormorò la stessa voce suadente che ricordava dai tempi di Hogwarts.
“Per il diadema perduto di Rowena!” esclamò, riconoscendo subito il suo visitatore. “È passata un’infinità di tempo dall'ultima volta…”
Lui annuì, prendendo posto alla sedia libera di fronte alla scrivania in palissandro.



 
Note dell’autrice:
Buonasera a tutti, miei cari lettori.
Non posso che iniziare scusandomi per il ritardo dell’aggiornamento di questa storia, dopo settimane piuttosto silenziose oggi ho aggiornato ben tre volte, ma non abituatevi. Purtroppo è stato un periodo davvero complicato, conclusosi con la morte della mia adorata nonna, avvenuta due settimane fa. Ho avuto la fortuna di essere cresciuta da lei, che era rimasta vedova a 38 anni e ha tirato su due figlie praticamente da sola, e quindi mi manca infinitamente. Voglio dedicare questo capitolo a lei, sperando davvero che la sua anima e quella di mio nonno si siano finalmente ritrovate, dopo quasi 50 anni di separazione.
Venendo al capitolo, direi che sia Harry e Ginny, che Ron e Hermione sono sulla buona strada per le loro missioni ormai. Il Bambino sopravvissuto ha scoperto la storia di Lexie, anche se ancora non sa che si è risvegliata, per ora, gli altri due terzi del trio invece hanno finalmente tolto l’incantesimo di memoria ai signori Granger, che ora avranno tutto il tempo per aggiornarsi su quanto successo durante il loro esilio nel DownUnder. Chi di voi ha letto “Promesse da mantenere” e “Legami indissolubili” sicuramente avrà riconosciuto il visitatore dell’Auror Jones, per gli altri invece temo che dovrete aspettare il prossimo capitolo, che arriverà presto, lo prometto.
Come sempre ringrazio tutti voi per la pazienza con cui state seguendo questa storia e per il sostegno che mi date nelle recensioni.
   
 
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