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Autore: milly92    05/04/2019    1 recensioni
“Io sono Alice, piacere. La mediatrice culturale”.
“La che?”.
Offesa, feci una smorfia: il mio era un mestiere come tanti, non di certo uno di quelli super fighi con il titolo tradotto in inglese giusto per sembrare ancora più irraggiungibili.
“La me-dia-tri-ce culturale” rispiegai pazientemente.
“Ah, mediatrice! A causa del viaggio sto così fuso che avevo capito meretrice, ecco perché ero confuso” ridacchiò, con un palese accento romano. “Salvatore, comunque. Piacere. Faccio questo mestiere da cinque anni e non ho mai sentito parlare di una mediatrice nel team!”.
“E’ un’eccezione, oltre agli inglesi ci sono gli spagnoli e l’azienda aveva bisogno di una traduttrice. Diciamo che è un esperimento... Scusami comunque, mi sono bloccata nel bel mezzo della strada perché ho appena ricordato di aver dimenticato l’adattore e il mio cellulare è appena morto”.
“Azzò, sei perspicace, Alice la Mediatrice. Spero non dimentichi le traduzioni delle parole così come dimentichi le cose essenziali”.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Days 19-24: From Belfast with bad news
Capitolo 13
Days 19-24: From Belfast with bad news
Senza sapere come, mi ritrovai in una realtà dei fatti in cui Salvatore era l'unica persona sempre presente al mio fianco, a partire dal lunedì in cui Saverio aveva chiesto a Maurizio di andare nel suo ufficio.
Fu un cambiamento strano, assurdo, che non mi piacque affatto visto che improvvisamente mi sembrò di essere esclusa da non so quale segreto che non poteva essermi detto da nessuno.
Mario stesso, in primis, mi evitava come la peste e certe volte aveva addirittura attaccato bottone con Alba pur di non parlarmi e la cosa ovviamente mi turbò non poco.
Maurizio divenne una sorta di fantasma sempre impegnato, a stento rispondeva ai miei messaggi e passava la vita dietro a Saverio mentre io perdevo ore ed ore dietro ai capricci di Jimena e Sandy rispetto al primo turno, probabilmente a causa di qualche recensione negativa di qualche genitore.
Passavo le mie giornate in ufficio, con Salvatore che veniva a trovarmi senza sapere nulla - almeno da parte mia - della mia situazione, sembrava essere felice di stare lì e fare due chiacchiere, probabilmente a causa del suo iniziare ad essere davvero stanco dopo più di venti giorni di lavoro e del suo non riuscire a tollerare elementi del nuovo staff come quella chiacchierona instancabile di Alba.
Per questo, dopo una settimana strana, in cui ero davvero paonazza e frustrata, ritrovarmi a Belfast nella mia camera singola non fu proprio un piacere, considerando che Alba era proprio nella camera di fronte alla mia e potevo sentire i suoi toni soavi a qualsiasi ora. 
Parlava sempre, continuamente, quando non lavorava mandava diecimila messaggi vocali agli abitanti di mezzo globo terrestre e se non parlava, ovviamente, ascoltava musica e cantava.
Dopo un'ora passata di fronte a lei ero già esausta.
"Voi uscite, io sto qui e mi sbrigo la questione dei biglietti del cinema per lunedì, giusto?" chiesi telegraficamente un paio d'ore dopo l'arrivo a Saverio, il quale stava pranzando con una calma disturbante che mi dava ai nervi.
L'hotel era il solito di due settimane prima ma di certo io non ero più la stessa, messa alla prova dalla settimana più stramba tra tutte quelle vissute in vacanza studio dall'anno prima.
Era assurdo ritrovarsi ogni giorno a pranzo e cena con gente che non parlava e gente che diceva stupidaggini ogni tre secondi, per non parlare della dottoressa che aveva il cattivo vizio di ricordarti telegraficamente tutti i tuoi pasti precedenti e darti la sua non richiesta opinione.
Dal canto mio, iniziavo a fare il conto alla rovescia e non vedevo l'ora di tornare a Roma: che senso aveva stare lì, lavorare come un mulo senza il conforto di un gruppo di colleghi uniti, senza avere la consolazione dei miei amici e della persona che mi interessava al momento?
Ovviamente, anche Nadia era più evasiva che mai e la cosa mi dava ai nervi perché era davvero tutto molto sospetto e non sapevo che pensare.
"Esatto. Ci vediamo a cena" rispose Saverio, tornando al suo pranzo come se nulla fosse e senza nemmeno guardarmi in faccia.
"Poi mi dirai cosa ti ho fatto perché non tollero il tuo atteggiamento, davvero mi hai deluso, è da Galway che ti comporti così" sbottai minacciosa, prima di dargli le spalle e andarmene al mio tavolo dato che gli altri stavano arrivando.
Quando presi posto notai che Saverio se ne stava immobile, immerso in chissà quale pensieri, ed io cercai di non lasciarmi persuadere dalla solita ondata di rabbia che mi pervadeva ogni volta che lo provocavo per avere una risposta che puntualmente non arrivava.
Per questo, scazzata, mangiai rapidamente e me ne andai in camera a svolgere il mio lavoro, decisa come ero a finire presto per farmi un pisolino e per dimenticare tutto e tutti almeno momentaneamente.


"Ciao, Alice".
Persa nei miei pensieri com'ero, mi parve assurdo sentire la voce di Maurizio che mi stava salutando.
Mi girai di scatto eppure lo vidi lì, alle mie spalle, avvolto dalle tenebre che travolgevano la terrazza dell'hotel in cui mi ero rifugiata per sfuggire alle urla di Alba mentre faceva la ronda più caciara della storia.
"Ciao" risposi, voltandomi di nuovo verso il paesaggio di fronte a me e stringendomi ulteriormente nel plaid che mi stava dando calore in quel freddo sabato di fine luglio.
"Posso...?" chiese pacatamente, avvicinandosi e indicando la parte di pavimento al mio fianco.
"Se non ti fa più schifo starmi vicino, certo" lo beffeggiai, ferita come non mai per il suo atteggiamento.
Ricordare tutte le volte in cui mi ero avvicinata a lui dopo la promessa del massaggio ed ero stata puntualmente liquidata non era proprio confortante per me, infatti due giorni dopo avevo smesso anche solo di provarci.
Sentendo la mia frecciatina Maurizio sospirò pesantemente e, suo malgrado, mi guardò negli occhi.
"Non mi potrebbe mai fare schifo starti vicino, Alice, l'unico che qui fa schifo sono io. Ti devo delle spiegazioni, se me lo concedi" mi supplicò, appoggiando la mano sulla mia gamba, come per impedirmi di andare via.
"No, non ti concedo niente, come tu non mi hai concesso due chiacchiere in questi giorni. Sei stato un vero cafone".
La rabbia per quei giorni di stress e solitudine si faceva sentire ed io non ne potevo più, onestamente, perché mi ero risvegliata dopo un apparente salto di qualità in cui la mia vita finalmente sembrava essere meno cupa e seriosa.
"Sì, sono un cafone e anche bugiardo, ecco perché devi lasciarmi spiegare tutto".
Maurizio non sembrava affatto convincente, anzi, aveva l'aria di chi è combattuto e deve fare qualcosa solo perché deve.
"Se mi fai parlare saprai anche perché Saverio è strano con te" aggiunse pacatamente, sapendo di toccare un nervo scoperto che probabilmente mi avrebbe fatto cambiare idea.
Lo fissai di sottecchi, scettica come poche volte.
"E che c'entra, scusa?" chiesi.
"C'entra perché lui non vuole che tu soffra e ha scoperto una cosa che ho omesso...".
Il mio atteggiamento cambiò repentinamente mentre udivo quella risposta inaspettata, tanto che mi voltai verso di lui, incredula.
"Mi prendi in giro...?" chiesi. 
Maurizio non era il tipo di ragazzo che ometteva qualcosa, era una persona fin troppo trasparente e sincera anche se ultimamente mi aveva ferito e non poco.
"No, fidati, anche se lui crede così".
L'atmosfera cambiò repentinamente, ero decisa a scoprire le ragioni che si celavano dietro il suo comportamento e sapere che cosa era successo a Saverio, capire il perché del suo comportamento assurdo, erano delle ragioni sufficienti per ascoltare Maurizio.
"Dimmi" lo incitai quindi, seppur mesta perché quelle parole non lasciavano presagire nulla di buono.
Il mediatore sembrò colpito da quella affermazione, mi sembrava quasi che avesse preferito un rifiuto dato che aprire bocca gli costò molto.
Si avvicinò ancora di più a me e, cautamente, mi accarezzò il viso.
"Non avrei mai detto di interessarmi a qualcuno qui, in questo contesto. L'anno scorso è stato tutto così assurdo e pieno di gente matta da legare che sono tornato a casa felice del fatto che tutto fosse finito. Ero tranquillo, deciso a pensare solo alle mie cose, poi sei spuntata tu. Nella mia mente la Mediatrice Coordinatrice era una donna molto più grande di me, magari antipatica... Mi hai colpito da quando hai risposto male ad Amanda il primo giorno, Alice. In poche ore hai avuto il coraggio di fare qualcosa che io non ero stato in grado di fare in due settimane! Quando ci siamo avvicinati ero così preso da tutto che... Beh, ho quasi messo in un cassetto il fatto di... Dover partire per l'Argentina, per il dottorato, tra meno di un mese. Tornerò a fine gennaio".
Il suo racconto era stato prima cauto, dolce, poi improvvisamente più pieno di pause ed esitazioni.
Mi stringeva le mani convulsamente, probabilmente timoroso del fatto che io potessi alzarmi di scatto e fuggirmene all'improvviso, invece io ero lì, immobile, incapace di emettere alcun suono.
Quelle parole mi avevano colpito come un cuscino che sembra leggero come una piuma e che poi, all'improvviso, una volta acquisita la velocità, ti colpisce così forte da farti cadere.
Vedendo il mio silenzio, continuò a parlare, un po' più animato dalla mancanza di reazioni negative da parte mia.
"Mi sono fregato da solo, con Saverio. Sai che dobbiamo consegnare i nostri curricula... Per caso si è ritrovato a vedere il mio e ha letto che avevo già messo l'esperienza semestrale in Argentina. Ha voluto sapere spiegazioni e mi ha fatto una partaccia, mi ha chiamato deficiente perché mi sono avvicinato a te pur sapendo di dover star via metà anno e mi ha detto che avevo tempo fino a domani per parlartene, altrimenti te lo avrebbe detto lui. Ecco perché ti stava lontano, ti è amico e non tollera omettere delle cose...".
Più Maurizio parlava, più io tacevo.
Avrei voluto dire tante cose, dirgli che avrebbe dovuto parlare prima, dirmelo, non tenerselo per sé mentre parlavamo di vederci dopo l'esperienza lavorativa...
"Va bene, divertiti in Argentina" dissi semplicemente, più passiva-aggressiva che mai.
Gli lanciai la coperta addosso e mi alzai, diretta con finta aria fiera verso l'uscita perché di parlare, urlare e arrabbiarmi non ne avevo voglia, avevo già dato fin troppo negli ultimi mesi.
"Alice, ti prego, dimmi qualcosa, io voglio parlarne con te, trovare un modo...".
Più lui parlava, più io mi allontanavo, sentendo una grande rabbia mista a delusione montare dentro di me.
Mi imposi di non reagire e di non farmi vedere turbata mentre scendevo ai piani inferiori, diretta nemmeno io sapevo dove.
Sentivo le voci dei miei colleghi che chiacchieravano mentre facevano la ronda in modo ovattato, come se fossero anni luce lontani da me.
Eppure, la risposta del mio vagabondare la seppi quando bussai alla stanza 212 e un Saverio come al solito avvolto in tuta e felpa mi aprì la porta, cambiando espressione in maniera notevole appena capì che ero io e che non sembravo proprio allegra.
Non dovevo dire nulla perché lui, vedendomi con gli occhi lucidi e l'espressione distrutta, comprese tutto al volo e mi fece entrare rapidamente, chiudendo con cautela la porta alle mie spalle.
"Perché, perché tutte a me?" urlai, stridula, senza potermi più contenere.
Ero di fronte a chi mi conosceva e mi voleva bene, oltre ad una persona che mi aveva sostenuto sempre nei numerosi momenti negativi dell'ultimo anno.
Caloroso come poche volte da quando lo conoscevo, Saverio mi guardò con comprensione e mi avvolse a sé con le sue braccia, accarezzandomi la testa con dolcezza, come un padre premuroso.
Leggevo nei suoi occhi un velo di scuse, come se fosse anche lui colpevole di qualcosa. Aspettò che dicessi altro ma poi, quando ciò non avvenne, si schiarì la voce come per prepararsi a parlare.
"Alice, scusami, scusami per tutto ma tenermi tutto dentro è stata dura... Fidati, posso capire, ci sono rimasto male io appena l'ho scoperto! Doveva dirtelo subito, dal principio, non è giusto...".
"Perché non posso mai essere felice, perché? Il destino mi prende in giro, l'anno scorso ero io quella che doveva andarsene e ora...".
Non riuscii a placarmi e iniziai a singhiozzare pesantemente, ritrovandomi non so come seduta sul letto di Saverio, stretta a lui che mi faceva da cuscino e da roccia.
"Doveva dirmelo! Doveva! Mi sarei distaccata subito, ora... E' la presa in giro che mi urta, capisci?" mi lamentai, scossa come poche volte nella mia vita.
"Lo so, lo so. Ecco cosa gli ho detto, le stesse identiche parole e lui era mortificato!".
"Mortificato un corno...".
In quel momento compresi che il nostro corpo poteva riuscire a tollerare solo una dose di delusione ed amarezza all'anno visto che io non riuscivo più a contenerne, sentivo una sorta di malessere che conoscevo già e la cosa non mi piaceva perché sapevo anche come mi sarei sentita in seguito.
"Era tutto troppo tranquillo per essere normale" aggiunsi, provando a mettermi a sedere e tirando su con il naso, dando uno spettacolo non proprio carino. "Sono stata bene, non avevo pressioni, doveva esserci qualche fregatura. Con quale faccia tosta parlava di eventuali uscite a Milano!" sbottai, scuotendo il capo con rabbia.
Saverio mi passò un pacco di fazzoletti che aveva sul comodino e poi esitò, con la faccia di chi non sa bene come esprimere un pensiero.
"Però, Alice, non devi vederla così. Ha sbagliato nel non dirlo ma se davvero ne vale la pena sei mesi passano in fretta" mi fece ragionare, cauto come poche volte da quando lo conoscevo. "Le situazioni ideali e perfette da film non esistono, se ne vale la pena bisogna lottare".
"Sono stufa di lottare" sottolineai, "Sei stato fortunato, hai aspettato solo due settimane per rivedere Nadia, l'anno scorso. E poi non ne facciamo un caso di stato, Maurizio è carino ma non merita altre attenzioni".
"Eppure ci stai di merda, Ali. Pensaci, con calma...".
Mi alzai e mi avvicinai alla finestra da cui potevo vedere un piccolo giardino e il cielo un po' nuvoloso di quella fredda sera d'estate che mi stava segnando come non mai, nervosa al massimo.
"Ha aspettato una settimana, mi ha ignorato, cosa devo pensare?".
"Che preferiva non parlarti piuttosto che deluderti. Si è confidato con me, Alice, e ti posso assicurare che sei nei suoi pensieri come una persona importante, non sai quante volte l'ho beccato a guardare le vostre foto e non sai quante volte ha passato ore intere a parlarmi di te. Si sente uno schifo e ha addiritura cercato dei voli nel mezzo dei sei mesi per venire in Italia ma costano quanto un rene, lo sai?".
"Saverio... E' tutta apparenza" mormorai, affranta. Smisi di dargli le spalle e lo guardai a stento, intimorita dal suo sguardo su di me perché sapevo che mi conosceva bene. "L'amore non esiste, qui, tu e Nadia siete l'eccezione".
"Non ho parlato di amore" mi corresse, severo. "Non siamo in una fiaba, qui esistono persone che capiscono di essere legate da qualcosa e il resto si vedrà".
"Il mio "resto" fa sempre schifo, ma non c'è problema, il problema qui non è Maurizio, sono io che per l'ennesima volta ho pensato come una stupida che qualcosa potesse cambiare" ribattei subito, piccata e arrabbiata per passare sempre per quella che crede nelle favole.
Paziente come poche volte lo era stato, Saverio mi si avvicinò, posando una mano sulla mia spalla, senza distogliere lo sguardo dal mio.
"Ora ti devi calmare, Alice, sono sicuro che a breve potrai avere una prospettiva sulla questione. Capisci perché mi sono comportato così? Pensa se vi foste comportati normalmente, il peso di un'altra settimana passata in sintonia sarebbe stato asfissiante".
Annuii, mesta.
"Penso che andrò in camera mia e ti prego, dì ad Alba di fare la ronda lontano dalla mia camera che è insopportabile" sbottai, esausta.
Saverio annuii e mi accompagnò alla porta, riabbracciandomi ancora una volta. "Nadia è stata silenziosa a causa mia, scusaci" soffiò nel mio orecchio, accarezzando una spalla.
Feci un gesto indecifrabile e lo strinsi a mia volta prima di uscire e provare a sorridergli, seppur con poco successo.
Optai per le scale, dovevo scendere solo due piani, immersa nei miei pensieri com'ero a stento notai che fuori la mia porta, seduto come se stesse facendo l'elemosina, c'era proprio Maurizio.
Sbuffai sonoramente e alzai gli occhi al cielo, sentendo che non ero pronta ad avere una discussione in quel momento così funesto per me.
Aveva i capelli un po' appiattiti, probabilmente a causa dell'umidità che c'era fuori al terrazzo, lo sguardo dispiaciuto e l'aria di chi farebbe di tutto pur di farsi perdonare.
"Alice, per favore, parliamone" mi implorò, alzandosi appena mi vide all'ingresso del corridoio e correndomi incontro con urgenza, come se da ciò dipendesse l'esito della sua vita.
"Non c'è niente da dire, Maurizio" risposi.
Mi avvicinai alla porta e presi la tessera per entrare ma lui, come se nulla fosse, mi strinse a sé afferrandomi la vita da dietro mentre io per tutta risposta lo strattonavo e mi allontanavo.
"Senti, non è successo niente, non è che devi giurarmi fedeltà eterna per due bacetti, vai in Argentina e fai le tue cose come io le farò a Milano, tutto qui" lo sminuii, aprendo la porta e sorpassando la soglia rapidamente. "Ti auguro una buona notte, ora sì che puoi fare sogni tranquilli".
Senza premurarmi di essere carina o gentile gli sbattei la porta in faccia e mi affrettai a correre sotto la doccia per non avere tentazioni e riaprirla per provare a sentire le sue ragioni.
In quel momento volevo sentire solo le mie ragioni e volevo avere il diritto di sentirmi triste senza avere nessuno tra le scatole.


"Troppo figa la ronda stanotte, ho pescato due che stavano per entrare nella camera di due ragazze, io mi sono nascosta e quando quelle hanno aperto la porta ho urlato "Boom!" , capite? Che sfizio, raga, che sfizio!".
La tentazione di zittire Alba gettandole del thé caldo addosso era molto forte visto che continuavo a non essere di buonumore e avevo un mal di testa pazzesco, anche se per fortuna il solo scambiare uno sguardo con il povero Salvatore che non ne poteva più mi diede un pizzico di buonumore.
"Alba, e te stai zitta? So' undici giorni che non chiudi quella bocca, della tua ronda non ce ne frega un cazzo, io ieri ho stoppato un festino in piena regola ma mica ve lo vengo a dì! So' le sette e trenta di domenica mattina, abbi pietà di noi!" esclamò, non potendone più, quando la ragazza iniziò a fare un vero e proprio elenco dei momenti indimenticabili - secondo il suo giudizio - della sera prima.
"Oh, ma che cazzo dici? Io parlerò tanto, ma tu non parli proprio" si difese Alba, alzando ulteriormente il tono in un modo da far quasi impallidire i presenti.
"Quindi se parlo ora un motivo ce sarà!".
"Ragazzi, calma, calma!".
Saverio intervenne, incredulo per quel battibecco, anche se evidentemente gli costava molto stare in una zona neutrale e non schierarsi con Salvatore.
"Rispetto, e che diamine!" esclamò, in un modo così teatrale che mi rese impossibile essere seria, tanto che mi alzai e mi finsi interessata a chissà cosa per non far vedere che stavo ridacchiando.
"Alice, a proposito, vieni qui" mi richiamò all'attenzione Saverio, con un tono totalmente diverso da quello appena usato.
"Sì?" chiesi.
"Solita storia, non mi fido molto di Toni quindi, per favore, puoi restare qui e sbrigare delle faccende burocratiche per me? Sai quante scartoffie ci sono alla fine di ogni turno e sono con l'acqua alla gola, siamo indietro con i verbali delle riunioni, dovresti prendere quelli delle settimane scorse e adattarli ai contenuti attuali, che dici?".
Sembrava nervoso all'idea di chiedermi ciò ma non capiva che mi faceva un favore visto che così facendo potevo starmene per conto mio senza rompiscatole tra i piedi.
"No problem, inizio subito!" esclamai, allettata dall'idea di finire presto e avere qualche oretta di sonno da fare prima della partenza.
"Sei un angelo, Alice" rispose lui, più gentile del dovuto, tanto da sorridermi.
Lo sapevo perché lo faceva ma la cosa non mi aiutava visto che sentirmi compatita era ancora peggio che essere indifferente, ma cercai di non badarci.


Alle undici e trenta avevo finito di sistemare i documenti e mi ero dedicata alla solita doccia super calda e rilassante con tanto di karaoke pazzo e sfrenato, solita cosa che tendevo a fare quando stavo affrontando un momento no.
Ebbi a stento il tempo di vestirmi che sentii qualcuno alla porta bussare e dire "Room Service!".
Sorpresa, aprii la porta e mi ritrovai Maurizio di fronte che sorrideva, imbarazzato, mentre reggeva una rosa in mia direzione.
"Le rose non si mangiano, al mio paese, e nemmeno a Belfast. Si mettono in bocca in Argentina per ballare il tango, al massimo" lo apostrofai, decisissima a chiudergli la porta in faccia.
Era rimasto anche lui in hotel? Possibile ?
Come se mi avesse letto nel pensiero scosse il capo, ostinandosi a sorridere.
"Ho appena finito, eravamo in centro e Saverio mi ha autorizzato a tornare prima. Alice, per favore, fammi entrare" mi supplicò. Aveva sorriso per la mia frecciatina con l'aria di chi sa di essere nel torto e vuole fare di tutto per rimediare.
Mise un piede tra la porta e lo stipite per impedirmi di chiuderla e fece un balzo in avanti per entrare per poi porgermi la rosa.
"Non era meditato, giuro. L'ho vista in un giardino e l'ho presa, mi sono anche punto, su, solo per questo dovresti accettarla!" spiegò, guardandomi con quelli che definirei occhi da cucciolo indifeso.
Sbuffai, presi la rosa e lo guardai con aria di presa in giro.
"Soddisfatto?".
"No, certo che no. Sai da quanto tempo sono diviso tra due fuochi?" domandò retorico, incrociando le braccia e fissandomi con aria seria.
"Non mi interessa!" risposi.
"Ti interessa perché ti prendi la briga di allontanarti da me per dimostrarmi qualcosa, non sei indifferente nei confronti di questa situazione, Alice".
"Non sono indifferente alle prese in giro, sì, mi urtano non poco" ribattei, puntandogli l'indice contro a mia volta con aria seria, fin troppa, onestamente.
Cosa voleva fare? Chiedere ancora scusa? A che pro? Le sue scuse non mi servivano a nulla, con le sue scuse non ci avrei fatto nulla di concreto per andare avanti nella mia vita.
"Non è una presa in giro" si difese, sospirando. "Una presa in giro prevede meditazione, organizzazione... Io non ho previsto di essere preso da te, Alice, eppure è successo. Un giorno andava tutto bene, l'altro mi sono ritrovato a difendere una sconosciuta senza nemmeno sapere perché, una sconosciuta che dopo cinque giorni ha finalmente deciso di sorridere, gettare la maschera di persona incazzata col mondo e mostrarmi tutta la sua bellezza nell'attuare piani che avrebbero avuto luogo tra Dublino e Milano. Mi hai conquistato, ho fatto il possibile per fare l'indifferente ma non ce l'ho fatta! Io... Mi hai preso alla sprovvista! Non era meditato, nella mia testa dovevo venire qui, lavorare, tornare a casa, fare i bagagli e ripartire! Tutto doveva andare secondi piani, capisci? Io adoro pianificare tutto, lo ricordi? Sono quello che ti tiene in ordine il planner! Eppure a causa tua ho dimenticato di inserire una riunione, una volta, ed ora sta succedendo la stessa cosa nella mia vita... Tu sei quella riunione che non ho inserito in agenda ma a cui non posso mancare!".
Parlando, si avvicinò a me e mi prese il volto tra le mani con forza e decisione, in un modo che non gli avevo mai visto usare prima d'ora.
Per me lui era pacato, misurato nei gesti, deciso in modo razionale, non era il tipo che fa una cosa perché vuole e lo ha deciso sul momento, quindi quel gesto mi sorprese non poco ma mi riportò al tempo stesso indietro di una settimana, a quando ci eravamo ritrovati a stretto contatto per l'ultima volta.
Mi baciò con trasporto, continuando a stringere il mio volto tra le mani come per impedirmi di fuggire via, cosa che non avevo intenzione di fare in nessun modo: tutta la mia decisione era scomparsa nel momento in cui aveva parlato, anche se mi sentivo una stupida che si lascia rabbonire dalle prime parole carine che un ragazzo le dice.
Ero stata stupida e cieca per mesi, che senso aveva quel minuto in più?
Lo strinsi a me mentre lasciavo che approfondisse il bacio, accarezzandomi il volto e facendomi trovare seduta sul letto.
Si chinò su di me e quando si separò mi abbracciò con slancio, respirando profondamente tra i miei capelli.
"Io non sono come mi vedi" sussurrò al mio orecchio, con un tono quasi risentito.
Non dissi nulla, mi limitai a guardarlo con aria interrogativa.
"Io sono... Sono abituato a pensare solo per me, ad agire per il mio bene, vivo da solo da quando ho iniziato l'univeristà, pensare solo a me mi fa comodo e quando ho saputo dell'Argentina sono stato al settimo cielo, tanto i miei sono abituati ad avermi lontano e non avevo altre persone a cui pensare. Ora... Ora sento che partirò con un peso sullo stomaco" rivelò, passandosi una mano tra i capelli e sedendosi al mio fianco.
"Nessun peso, Maurizio, davvero... Usciremo da qui e in breve avremo rimosso come ci sentiamo ora, questo è l'effetto vacanza-studio, lo stesso che capita ai ragazzi che sono qui con noi".
Non ci credevo, onestamente, ma volevo fare la parte della dura che sa gestire la situazione.
"Non abbiamo sedici anni, Alice. Io so che vale la pena vederci, frequentarci...".
"Come Saverio e Nadia?" lo presi in giro, scuotendo il capo.
"Certo!".
"Ma per favore!".
Mi misi il capo tra le mani, esausta da tutte quelle parole che non ci avrebbero condotto da nessuna parte.
Il pensiero di paragonarci a Nadia e Saverio era assurdo e ci tenevo a specificarlo: era assurdo perché nessuno poteva eguagliarli, nessuno aveva lo spirito di sacrificio che avevano avuto loro e, soprattutto, nella mia visione dei fatti un amore così era davvero raro e io non mi sentivo di avere quella fortuna nel trovarne e viverne uno simile.
"Non voglio lasciarti andare" mi supplicò, accarezzandomi una ciocca di capelli con dolcezza.
"Io voglio qualcuno che sia presente, Maurizio, non voglio vivere di nuovo l'incubo di essere distante...".
"La lontananza è una cosa, Alice, la distanza ne è un'altra. Io sento che pur stando in un altro continente continuerei a sentirti vicina. Sei mesi passano in fretta, davvero, restiamo in contatto, proviamoci... Non ci costa nulla".
Scossi il capo, non convinta da quelle parole seppur così dolci. Dire una cosa era diverso dal metterlo in pratica ed io ero davvero spaventata dal fidarmi di qualcuno che a breve avrebbe vissuto altre avventure e nel giro di poco sarebbe scomparso.
Sarebbe stato umiliante, non volevo sentirmi di nuovo come l'eroina che ci prova e poi resta a mani vuote e con la testa piena di pensieri e problemi.
"Mi costa. Sei tanto dolce ma... Non lo so, forse sto dando troppa importanza a tutto come al solito, solo che davvero sono stata bene con te pur conoscendoti poco e temo di restare a fissare il telefono in attesa di una videochiamata che non arriverà mai" ammisi, non trovando il coraggio di guardarlo negli occhi.
Maurizio si lasciò scappare un sorrisino ironico e mi prese una mano tra le sue.
"Alice, parli come se qui a metterti in gioco fossi solo tu. Perché? Può succedere anche a te di tornare a Milano e trovarti qualcuno, qui non rischi solo tu, eppure io sto decidendo comunque di continuare ciò che c'è tra noi, credo valga di più di tutte le mie paranoie. Se non va, non va, ma se per sei mesi riusciamo a non perderci... Sai che vittoria?".
"Maurizio...".
"Se poi non ti va e hai solo scuse non c'è nessun problema, basta dirlo" tagliò corto, probabilmente deluso dal mio continuare ad obiettare.
"Mi andrebbe così tanto che ho paura a morte di farlo, capisci?" piagnucolai, scuotendo il capo in maniera disperata.
Lui mi strinse a sé, mi accarezzò le spalle e poi mi guardò un'ultima volta.
"Questa frase ti ha tradito, Alice. Pensaci, non voglio riempirti la testa di parole. Vado a fare i bagagli".
Così tranquillo come era venuto, il mediatore uscì dalla mia stanza rifilandomi un'ultima occhiata e poi se ne andò, lasciandomi in un totale senso di vuoto che non sapevo spiegarmi.


Ebbi la sensazione di star vivendo una giornata lunghissima quando mi ritrovai alla serata karaoke, una volta ritornati a Dublino.
Per fortuna non vi avevo preso parte e nessuno mi aveva rotto le scatole affinché cambiassi idea, anche perché già vedere Alba e Toni che cantavano insieme "Anima mia" sul palco mi sembrava una punizione sufficiente.
Mi trascinai fino alla zona della sala in cui c'erano i divanetti per provare a stare più comoda quando vidi Saverio raggiungermi con aria seria.
Reggeva un bicchiere di aranciata, me lo porse con gentilezza e si lasciò scappare un sorriso che onestamente mi lasciò un po' interdetta.
"Alice, non ce la faccio a vederti così" mormorò, sincero.
"Così come? Sto bene" minimizzai.
Scosse il capo e si torturò le mani per qualche secondo, poi parlò con il tono di chi sa di cosa sta parlando e vuole farlo con estrema cautela.
"Quello che hai scoperto non deve frenarti. Passa questi quattro giorni con lui e alla fine decidi, trattenerti non serve a nulla, ci stai male comunque. Ti prego, fallo per te, azzera tutto e non confrontare queste settimane con quelle dell'anno scorso!" esclamò, accarezzandomi un braccio con fare fraterno.
Forse ero davvero esausta, forse ero davvero arrivata al limite o forse ero davvero stufa di impormi un copione da seguire, fatto sta che sospirai e guardai avanti, in direzione di Maurizio che ascoltava le canzoni e batteva le mani a ritmo di musica mentre ridacchiava con Mario.
"Penso spesso a come sarebbe lasciarmi andare con lui. Mi chiedo che tipo è, se è passionale, se è dolce, se avremmo chimica, o anche solo semplicemente come sarebbe starmene stretta a lui per un tempo infinito, mentre fuori sorge l'alba... E' sempre controllato, non so che pensare".
"Sembra tu stia parlando di te. Siete simili... Osa tu e vedi che ti seguirà, fidati di me. Cos'hai da perdere?".
Il fatto di riuscire a parlare così tranquillamente con Saverio era indice della grande confidenza che avevamo raggiunto e la cosa mi tranquillizzava come non mai.
Ero così insicura a tal punto da avere bisogno del consenso altrui?
"Io già così penso molto a lui, figuriamoci se la cosa dovesse svilupparsi...".
"Pensi comunque molto, Ali, tanto vale pensarci per qualcosa degno di nota".
Guardai Saverio di sbieco e lui alzò i pollici come per approvare, cosa che mi fece ridere non poco.
"Che turno di merda, Savé" dissi infine per cambiare argomento, vedendo la dottoressa che duettava con Salvatore.
"Puoi dirlo forte!".
La serata continuò per un'altra oretta, poi ci trascinammo tutti in sala riunioni per un breve resoconto della giornata successiva.
Lottai contro me stessa ma non riuscii a non essere gentile e premurosa con Maurizio, arrivando al punto di servirgli dei biscotti e, mentre nessuno ci guardava, appoggiandogli una mano sulla gamba. In quel momento lui sussultò leggermente prima di guardarmi, sorpreso e sorridente, con l'aria di chi non crede ai suoi occhi.
Parlare con Saverio mi aveva fatto immaginare delle possibilità che, presa dall'ira, avevo escluso a priori, ma ventiquattro ore dopo la rivelazione del segreto dell'Argentina mi sentivo già un po' più leggera.
A fine riunione mi sentii improvvisamente euforica e il fatto che Maurizio avesse preso la mia mano tra le sue di nascosto mentre tutti firmavano il verbale mi aiutò ad essere più sciolta.
"Andiamo, devo darti il planner" dissi con finta aria disinvolta e, senza lasciare la sua mano, lo trascinai verso l'ascensore.
Lui era evidentemente sorpreso, tanto da guardarmi con gli occhi spalancati e un'aria da pesce lesso che non gli donava affatto.
Durante tutto il percorso continuammo a mantenerci per mano come due bambini che stanno scoprendo qualcosa insieme per la prima volta, era una sensazione che mi faceva sentire viva, gioiosa, tutto il contrario delle ore successive.
Era forse un bene smettere di pensare, certe volte?
Quando mi apprestai ad aprire la porta della stanza, Maurizio mi abbracciò da dietro e mi strinse a sé. "Posso sapere che ti è successo?" chiese, tra il curioso e il divertito.
"Io e te pensiamo sempre... Per una volta siamo noi stessi, senza paranoie, senza casini, vediamo come va" proposi, euforica, già confortata dalle sue mani che si insinuavano sotto la mia maglietta.
Potevo sentire il suo livello di attenzione nei confronti del mondo esterno calare per concentrarsi solo su di me, su di noi.
"Va bene. Sarà bello non pensare insieme" mormorò.
Aprii la porta della camera e, contro ogni aspettativa, restammo imbambolati uno di fronte all'altro prima di ridacchiare e baciarci con slancio.
Forse, per la prima vera volta da quando ci conoscevamo, eravamo davvero noi, senza barriere, senza imposizioni.
Mentre avvertivo Maurizio baciarmi e stringermi a sé con sempre più slancio, tanto da far attaccare il mio viso al suo in un modo asimmetrico, io giocavo con i suoi ricci e toccavo le sue spalle larghe, forse il primo vero dettaglio che avevo notato di lui.
Non ci eravamo mai spinti oltre una semplice pomiciata adolescenziale e quella novità del potersi sentire tranquilli e indisturbati ci faceva sentire euforici come non mai.
"Spogliami" ordinai, bisognosa di sentirlo su di me e di esplorare il suo corpo.
"Alice..." sospirò, con un tono affannato ma che non presagiva nulla di buono.
"Che c'è?" chiesi, quasi disturbata da una affermazione che non fosse "Subito, certo, ora!".
Lui si bloccò e mi guardò negli occhi, mortificato.
"Non ho preservativi con me" sbuffò, infastidito dalla sua dimenticanza in una situazione così cruciale.
Davanti a quell'affermazione mi sentii stupida nello starmene lì, pronta, provocatoria, con le gambe attorcigliate al suo busto e l'interno coscia che già pulsava al pensiero di averlo a breve dentro di me, bello, possente, magari per un po' di tempo , magari – nei miei sogni – fino allo sfinimento.
"Ok, nemmeno io..." sospirai, delusa.
"Posso andare in farmacia , faccio subito...".
"No, no, onestamente è tardi e per quando vai e torni l'atmosfera non sarà la stessa. Fa nulla" provai a minimizzare, sentendomi un po' ipocrita.
Avevo davvero voglia di stare lì con lui ma evidentemente non era destino.
"Però posso sfruttare comunque l'atmosfera se per te va bene...".
Sembrava deciso a rimediare alla sua mancanza e la cosa mi sorprese: mi attirò di nuovo a sé, baciandomi con maestria, per poi accarezzarmi una caviglia, risalire fino alla coscia e andare verso l'interno di essa.
Mi accarezzò in quella zona e mi fissò, esitante, come a chiedermi il consenso; quando compresi le sue intenzioni spalancai gli occhi e mi ritrassi, forse a causa della magia che era scomparsa per quel piccolo dettaglio che mi aveva detto.
"Dai, direi che non era destino" sussurrai, ritraendomi con cautela.
"Sono uno stupido...".
Sorrisi dolcemente e gli accarezzai il volto, scuotendo il capo con decisione.
"No, in un certo senso è dolce, se non ne hai significa che non credevi di averne bisogno, in effetti sono stata io quella irruenta che ti ha trascinato qui" gli ricordai.
"Ma non c'entra, ho comunque fatto la figura del quindicenne di turno che...".
"Shhh".
Murizio sembrava davvero preso per quella sorta di mancanza che aveva pregiudicato la nostra sera ed io ero decisa a calmarlo perché non ne aveva nessuna colpa.
Lo strinsi a me e lasciai che ricambiasse la stretta con dolcezza.
"Mi basta dormire abbracciati, ti va?" proposi.
"Non che sia lo stesso, eh...".
"Scemo!".
Gli gettai addosso un cuscino ma, stanchi come eravamo, davvero ci ritrovammo stesi l'uno al fianco dell'altra, questa volta stretti e non a distanza come due settimane prima a Belfast.
"Ho già un meraviglioso ricordo dell'Irlanda, Ali, ed è grazie a te" mormorò, abbracciandomi da dietro e posando un bacio sulla spalla.
"Io vorrei avere anche un bel ricordo di Milano, grazie a te..." ammisi, senza filtri.
"Avremo anche quello, ne sono sicuro".
Cullati dalle incertezze ci addormentammo nel giro di poco, speranzosi come poche volte nelle nostre vite.


*°*°*°*
Capitolo nuovo, intrecci nuovi, scoperte nuove.
Salve a tutti!
Come state?
Io cerco sempre di sopravvivere ai mille impegni quotidiani ma non dimentico mai di tornare qui e aggiornare questa storia.
Siamo davvero agli sgoccioli e ogni capitolo porta con sé novità che pregiudicano gli equilibri.
Maurizio rivela il segreto che lo ha portato ad essere distante e Saverio è sempre più mamma-chioccia nei confronti di Alice.
Cosa ne pensate?
Io mi sforzo sempre di rendere il tutto "verosimile" , il comportamento di Alice in primis, quindi mi chiedo sempre cosa ne pensate.
Fatemi sapere :D
Come sempre ecco qualche spoiler:
"Sì ma perché sembravi pronta, evidentemente non lo sei. Non far sì che Maurizio paghi le conseguenze di ciò che ha fatto Luca, lui merita di conoscerti per quella che sei davvero" spiegò saggiamente.
"E chi sono io, davvero?" chiesi esasperata, fissando il vuoto come in attesa di trovare una risposta.


"Stasera niente sfighe" lo ammonii, ridacchiando, mentre premevo il pulsante dell'ascensore.


"Sai" sussurrò, "Forse mi trasferisco anche io a Milano... Il lavoro a Napoli nell'agenzia di animazione non fa più per me, è cambiato il dirigente e ho un contratto schifoso".


A presto!
Milly.
  
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