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Autore: anaiv    10/04/2019    4 recensioni
Sana Kurata ha ventisei anni ed è un'attrice di fama mondiale. Dopo le scuole superiori e un anno di convivenza con il suo fidanzato Akito Hayama, ha deciso di trasferirsi a Londra lasciandosi alle spalle un amore finito male. Ci sarà riuscita?
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Rei Sagami/Robby, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un anno dopo…
 
NOTTE DEGLI OSCAR
 
Sana
 
 
Adoro queste scarpe, a volte ci affezioniamo così tanto a degli oggetti che sembrano essere sempre stati nostri, che siano stati al nostro fianco da sempre. Adoro queste scarpe perché la prima volta le ho indossate avevo sedici anni, in un giorno felice. Ogni volta che le indosso sono felice. Sono candidata come miglior attrice protagonista agli Oscar e stasera ci sarà la premiazione. È uno dei momenti più eccitanti di tutta la mia vita e sono tutti qui: Mama, Rei, Fuka, Luke… Tutti.
- Oh! Sana ma sei bellissima!- Una Fuka avvolta, anzi, strizzata in un mini abito blu elettrico, che le sta di incanto, sbuca alle mie spalle e mi abbraccia.
- Ma perché queste scarpe? Indossi un vestito che costa quanto il mio intero appartamento! Queste sono vecchie!-
- No- la correggo pungolandole il naso -sono vintage e mi rendono felice. Queste scarpe hanno vissuto con me. Le porto sempre con me, non criticarmi!-
- Sei candidata come miglior attrice, hai sentito m-i-g-l-i-o-r a-t-t-r-i-c-e!-
- Lo so, e, come mi hai già fatto notare, indosso un abito che è stato realizzato appositamente per me e che costa quanto il tuo intero appartamento-
- Gne gne! Potrai anche vincere un Oscar, ma resti una vecchia befana bisbetica. Oh, hai visto Luke? È troppo carino, è emozionatissimo, sembra quasi che debba essere lui a salire sul palco e ritirare quel premio!- Già, Luke è un amore. Mi ha sostenuta e amata con tutte le sue forze. Sono davvero fortunata.
- Due cose: non è detto che io vinca e…-
- Ma fammi il piacere! Sei stata strepitosa!-
- Fammi finire. E sì, Luke è un uomo meraviglioso, che a tratti non merito-. Non sempre penso di meritarmi il suo amore. Mi ha comprato una villetta, proprio come aveva promesso, mi ha amata profondamente per un anno, mi ha accompagnata ovunque, ha rispettato i miei silenzi. Sì, Luke è l’uomo della mia… della mia vita. Il mio riflesso allo specchio sembra non corrispondere alla definizione di donna felice, ma sono solo emozionata. È una serata importante. Sarà per questo.
- Lo meriti, e meriti anche che il mese prossimo Luke ti sposi! Oh, Sana, che meraviglia, il vostro matrimonio sarà bellissimo e tu finalmente potrai essere felice, davvero. Sai, amica, mi sono sempre chiesta cosa sarebbe successo, ma guardandoti ho capito che la vita toglie e la vita dà. E la tua vita ti ha dato Luke, il successo, una nipotina meravigliosa. Sono molto felice per te. Davvero-. Luise, la figlia di Rei e Natsumi è la mia gioia, una bambina splendida che ha portato la luce in tutte le nostre vite, gliene sono grata, ogni giorno. Fuka ha ragione, la vita toglie, la vita dà.
 
Flashback undici mesi prima
 
Akito mi ha detto addio per sempre. Ha un figlio, un bambino di tre anni. Ho difficoltà a stare in piedi. Mi ha lasciata qui, su questa panchina, da sola. È fuggito via e l’unica cosa che è riuscito a fare, è stato dirmi di provare a stare con Luke. Come può solo pensare che basti? Come può pensare che io riesca a dimenticare così in fretta? Non posso…
- Kurata!- la sua voce, è tornato. È tornato da me! Forse ha capito, si è reso conto che potremmo affrontare tutto insieme. Salto in piedi felice, sento nuova linfa vitale invadermi corpo e mente. È tornato!
- Aki!- gli salto al collo e lo stringo forte a me
- Kurata… non è come pensi, Natsumi sta per partorire, mi ha chiamato adesso. Dobbiamo andare in ospedale. Scusa-. Con dolore lascio la presa e annuisco. È svanito tutto in un attimo. Adesso devo pensare a Rei, ha fatto troppo per me, merita che io sia lì e che sia felice per lui. Hayama mi offre un passaggio in moto e durante il tragitto lo stringo a me, è l’ultima volta e, nonostante non abbia mai provato tanto dolore in tutta la mia vita, mi concedo questo momento. Il suo profumo, i nostri corpi così vicini… è ancora il mio Akito, lo sarà sempre.
- Siamo arrivati, puoi scendere-. Con poco garbo mi fa notare che la corsa è finita. Lo conosco, è confuso, sta soffrendo ma è deciso, se non lo fosse stato non mi avrebbe portata qui, avrebbe lasciato che a darmi la notizia fosse Rei. Si sente colpevole, in debito, e cerca di sopperire.
- Bene, andiamo-.
- Tu va’, io entrerò quando tu sarai andata via-. Le sue parole mi uccidono e non capisco che senso abbiano
- Non capisco… perché?-
- Perché non voglio più vederti e non posso condividere con te questo momento. È troppo grande, devo imparare a camminare senza di te o il tuo fantasma. Deve finire qui, Kurata-. Si volta, si caccia una sigaretta tra le labbra e si allontana. Respiro, almeno credo di riuscire ancora a farlo, cerco di calmarmi e lo lascio andare. Non so cosa accadrà e se un giorno le cose cambieranno, ma, per adesso, non siamo più Sana e Akito, tutta la nostra storia è stata spazzata da una vita anche troppo complessa. Forse separati riusciremo a rendere le cose semplici. Ora, però, Rei ha bisogno di me. Entro in ospedale indossando il più bel sorriso che posso, mia nipote sta per nascere e voglio che la sua prima impressione del mondo sia felice.
- Sana! Sana, bambina mia, è nata! Luise è nata!- Rei è bellissimo, ha un sorriso enorme e posso sentire il suo cuore da qui, a cinque metri di distanza. Gli corro in contro e lo abbraccio. È diventato papà, ha coronato il suo sogno d’amore dopo una lunga sofferenza. Non importa quanto marcio ci sia nella mia vita adesso, la felicità di Rei è la cosa che più conta. È proprio il caso di dire: la vita toglie, la vita dà.
 
 
- Già, è compensazione. Penso che ogni cosa capiti per una ragione ben precisa. Avervi tutti qui, al mio fianco stasera è la cosa più bella e importante che ci sia. Grazie Fuka, sono felice. Lo sono per me, per te, per la tua nuova attività e tutto il resto-. L’abbraccio forte e lascio che una piccola e indisciplinata lacrima, quasi invisibile, scappi via dai miei occhi.
- Andiamo amica, è tempo di fare il culo a quegli attoruncoli da quattro soldi!-
Arrivo in sala e prendo posto tra Luke e Rei, mentre Fuka siede accanto a mia madre. È bello vederli qui per me, non ho mai pensato di essere sola, ma stasera sento il loro affetto in maniera particolare. Calano le luci e Jimmy Fellon sale sul palco, si comincia.
Due ore e nove premiazioni più tardi, Julia Roberts sta per aprire la lettera che contiene il nome della miglior attrice protagonista; il cuore mi batte all’impazzata, sento la mano di Luke stringere forte la mia, pochi secondi, un pensiero…no, non va bene. Non posso pensarci adesso, non posso farlo mai… la Roberts si sta avvicinando al microfono e…
 
 
Akito
 
- E l’Oscar come miglior attrice protagonista va a… Sana Kurata!- Alice e Natsumi sembrano essere allo stadio, appena Julia Roberts fa il nome di Kurata parte una ola infinita; le ragazze ballano felici davanti alla tv e Andrew e Luise fanno casino, ma loro sono bambini, ha anche senso che non stiano zitti un secondo. Non mi sorprende che Alice sia così felice; dopo aver spifferato alla stampa della sua gravidanza, Alice si è convinta di dovere delle scuse a Kurata. Pochi giorni dopo la nostra definitiva rottura è andata da lei e pare che abbiano chiarito. Da quel momento non si sono più frequentate, ma Alice prova gratitudine e dichiara di essere una sua grande fan a chiunque glielo chieda. Io le credo. Forse.
- Cosa diamine succede?-
- Akito! Il linguaggio!- mi rimbocca Alice
- Sana ha vinto! Ha vinto l’Oscar! Mio dio guarda quanto è bella!- Natsumi si lancia in adorazione davanti alla tv e io… io non riesco a non notarle. Le scarpe che indossa avranno dodici anni. Eravamo due ragazzini quando, un pomeriggio in cui Kurata non aveva voglia di studiare, mi aveva trascinato in giro per negozi e, per la prima volta, fui io a sceglierle un paio di scarpe. Non potrei dimenticarle nemmeno se volessi. Non mi intendo di moda e ho sempre odiato fare shopping, ma quella sera… quella stessa sera abbiamo fatto l’amore per la prima volta. Come posso dimenticarlo? Resto imbambolato davanti alla tv per qualche secondo, è bellissima, radiosa, ma non sembra felice. C’è qualcosa nel suo sguardo che non quadra. Sta recitando. E mentre penso che stia mentendo davanti a mezzo mondo, un altro particolare attira la mia attenzione: la cavigliera. Sta indossando la cavigliera che le ho regalato. Il simbolo del nostro amore. Distolgo lo sguardo e torno in cucina, non posso più stare qui, mi fa ancora male. Nell’ultimo anno le cose sono molto cambiate: ho trascorso quasi ogni giorno insieme ad Andrew, è un bambino straordinario e ho imparato ad amarlo. Da due mesi mi chiama papà e la prima volta che lo ha fatto, ho sentito un monito d’orgoglio invadermi il petto. Avrei tanto voluto che mi padre fosse stato qui per vederlo, ma so che in qualche modo ci è riuscito. Non è stato facile i primi tempi: abbiamo incontrato Bill e quando gli abbiamo raccontato la storia si è commosso, ha abbracciato Alice, ha abbracciato me e ci ha perdonati, anzi, ci ha assicurato che non ci fosse nulla da perdonare. Era felice di essere nonno e, ancora di più, che fossi io il padre di Andrew. Non so, Bill è quanto di più simile io abbia ad un padre, mi sta accanto e mi incoraggia. Dal canto mio, mi impegno molto perché non si senta mai tradito o offeso. Tengo molto a Bill. Quanto ad Alice, due sere fa, abbiamo fatto l’amore. Quando è rientrata nella mia vita, l’ho odiata, mi stava portando via Kurata, l’unica donna che abbia mai amato, il mio sostegno; ma poi, con il tempo, abbiamo imparato a conoscerci e più il tempo passava, più conoscevo Andrew e più apprezzavo lei. Per tre anni ha cresciuto il bambino da sola, è una persona in gamba. Essere andati a letto è un passo importante, abbiamo un figlio insieme, non è cosa da poco. Ancora non ho trovato un equilibrio, questo no, ma sono sulla buona strada. Mia sorella dice che le cose andranno sempre meglio e che, mettendoci un po’ di impegno in più, forse io e Alice potremmo davvero diventare una famiglia. Mi suona terribilmente strano… una famiglia. Avevo sempre pensato che sarebbe successo con Kurata, ma le cose cambiano. La vita toglie, la vita dà.
- Ti sei perso il discorso di Sana- Natsumi mi sorprende alle spalle
- Non entrare mai più così-
- Pensavi a lei?-
- No. Pensavo al fatto che siete terribilmente fastidiose-. Un po’ mento, un po’ no.
- Certo. È ovvio. Sai, Akito, forse dovresti ascoltare ciò che Sana ha detto qualche istante fa. Non dovrebbero essere affari miei, ma siamo una famiglia. Dovresti proprio farlo-.
- Hai ragione, non sono affari tuoi-. Mi avvicino e le prendo Luise dalle braccia. Mi piace tenerla così, mia nipote è una bambina simpatica. Davvero. Il giorno in cui è nata mi ha reso molto felice e da quel momento non sono più riuscito a lasciarla andare.
 
Flashback undici mesi prima
 
- Ciao, Hayama- Sagami si aggira tra i corridoi del reparto neonatale con un enorme sorriso stampato in volto e senza occhiali da sole. È buffo, ma sembra felice davvero.
- Sagami-. Gli stringo la mano e lui, in uno slancio del quale so si pentirà per il resto della vita, mi abbraccia.
- Ok, ora basta- lo allontano perché proprio non so abbracciare un altro uomo. Non fa per me.
- Sì, hai ragione. È solo che sono così felice! Tua sorella è stata bravissima e… un momento, tu dov’eri finito?-
- Sono andato a comprare questo-, tiro fuori dalla busta rossa che stringo tra le mani un orsacchiotto di peluche.
- Oh, grazie-.
- Di niente. Ora vado da Nat. Congratulazioni, Sagami-. Mi ringrazia con un cenno del capo e mi congedo. Devo andare da mia sorella.
- Ciao Mammina-
- Oh! Akito! Ciao! Finalmente sei qui!-
- Già, perdona il ritardo, ho comprato un giocattolo per la bambina, ma penso che sia troppo piccola per capire che le ho comprato qualcosa-
- Stai straparlando. Che c’è? È successo qualcosa?-
- Hai appena avuto una figlia, è nata mia nipote. Non sono bravo a controllare questo tipo di emozioni. In realtà non sono bravo a controllare alcun tipo di emozione. E vorrei tanto che papà fosse qui-. Ecco, l’ho detto. E l’ho fatto guardando mia sorella negli occhi. Nat inizia a singhiozzare, mi avvicino e la stringo forte. Forse non è mai successo, nemmeno quando papà se ne è andato. Ma è giusto così, sono la sua famiglia.
- Sono così felice… ma anche io lo vorrei, tanto-, ammette tra un singhiozzo e l’altro.
Restiamo in questa posizione per almeno dieci minuti, poi un’infermiera irrompe con in braccio lei… lei, mia nipote.
- Eccola, Luise questo è tuo zio Akito- l’infermiera mi porge la bambina
- Nat, io non so come si fa. Potrei farle del male…-
- Non lo farai- prendo la bambina e in un attimo tutto diventa chiaro. La vita toglie, la vita dà.
 
 
Due ore più tardi, Natsumi e Luise dormono profondamente nella mia stanza degli ospiti, Andrew sul divano e Alice legge un libro sul mio letto.
- Ciao- mi stendo accanto a lei. Non abbiamo parlato per tutta la sera, è di un umore strano.
- Ciao-.
- Che c’è?-
- Questo è il tuo modo di chiedere se c’è qualcosa che non va?- chiede sollevando un sopracciglio
- Già-.
- Sai, Akito, sei strano. Andrew è come te per queste cose. Siete criptici-.
- Già-.
- Comunque, c’è che quando Kurata ha ritirato il premio sei scappato in cucina, come un ladro. Cos’è che non mi dici? Ti manca?- le sue parole sono mirate, non ha fatto lunghi e immensi giri, ha scelto di essere diretta.
- No, non mi manca. È più di un anno che non la vedo e che non parlo con lei. Lo sai-
- Allora perché?-
- Non so, non mi piacciono gli Oscar- mento, o meglio, gli Oscar davvero non mi piacciono, ma non volevo vederla e la cavigliera…
- Stai mentendo-
- Smettila, non sai di cosa parli-
- Ha sentito il suo discorso?-
- No e perché continuate a chiedermelo?- rispondo infastidito, forse troppo.
- Facciamo così, tu guardi il video e io non ti chiederò mai più nulla. Ti va?-
- D’accordo, se così la smetterai di rompere, va bene. Dammi quel telefono- Alice mi passa il suo smartphone e vado diretto su Youtube. Anche solo digitare il suo nome mi crea disagio. Eccolo. Play:
 
 
*Discorso di Sana*
 
- Grazie. Grazie, davvero. Sono commossa. La mia vita è stata bellissima sino ad ora e questo premio non fa che renderla ancora più bella. Vorrei ringraziare la mia famiglia e i miei amici: mia madre, il mio manager, nonché fratello maggiore, Rei, Natsumi, una sorella acquisita che stasera, ahimè, non ha potuto essere qui e Fuka, la mia amica di sempre. Riguardo i grandi assenti, un pensiero e un enorme grazie va a Fuyuki, un amico, un padre, un sole. A lui devo la mia vita: quando sono stata coinvolta in un incidente quasi mortale, l’ho sognato e mi ha incoraggiata a combattere, a non mollare. Mi ha chiesto di tornare indietro ed è grazie alle sue parole che stasera sono qui di fronte a voi. Ovunque tu sia, grazie. Questo film mi ha dato tanto e oltre a rivolgere tutta la mia gratitudine alla produzione che mi ha permesso di vivere tutto questo, ringrazio chi ha scritto la bellissima storia che ho interpretato: un amore folle, unico, ostacolato, doloroso, un amore irripetibile che non può avere fine. Beh, questo amore, mi ha resa più forte e più ricca, il mio bagaglio di vita è diventato enorme, anche ingombrante -risate dal pubblico-. Insomma, non potrei essere più felice. In ultimo, vorrei ringraziare Luke, il mio compagno, che tra poco più di un mese, diventerà mio marito. Grazie di tutto. Buonanotte a tutti.
 
- Stai bene?- No. Non sto bene. Non potrei stare bene, anche se lo volessi. Il suo sguardo, mentre parlava di mio padre, era sincero e puro. Non so cosa fare. Una serie di emozioni contrastanti mi affollano mente e cuore. È assurdo pensare che siamo arrivati a questo. È assurdo che io debba sentire queste parole tramite uno schermo. Ho voglia di fuggire, ma non posso. Siamo andati avanti
- Sì, ha fatto un bel discorso. È un’attrice, d’altra parte, ed è stata premiata per questo-
- Ha parlato di tuo padre e di te…-
- Non mi pare. Kurata era molto legata a mio padre, ha avuto un bel pensiero. Quanto a me, dove lo hai sentito?- Alice si mette a sedere e sbuffa, come se stesse parlando con un bambino cocciuto.
- Quando ha parlato dell’amore. Parlava di voi-.
- Tu vaneggi-.
- No, io e Luke dovremmo farci qualche domanda-. Adesso basta, questo discorso sta andando troppo oltre. Tiro Alice per un braccio e la stringo al petto – Nessuna domanda, io sto con te e Andrew. Vi voglio bene, abbiamo la nostra vita. Kurata è il passato e sta per sposarsi, sta’ tranquilla-, si rilassa e mi stringe a sua volta. Ho convinto lei, ma non me.
 
 
 
DUE SETTIMANE PRIMA DELLE NOZZE
 
Sana
 
 
- Luke, vado al mercato, è sabato e non posso rinunciare al mio giro a Portobello Road-
- Aspetta, amore, vengo con te-.
- No, devo comprare delle cose per il matrimonio. Sorprese!- Luke sorride e mi bacia dolcemente
- Come vuoi tu, quasi moglie-, gli sorrido di rimando ed esco. Ho sempre detto che Londra sia adorabile, una città viva, che sa rispettare i silenzi e alzare il volume quando ce n’è bisogno. Dopo aver ricevuto l’Oscar ho festeggiato molto, non ho avuto un secondo di tregua tra interviste, ospitate e messaggi. Tutti in visibilio, tranne me. Sono contenta di aver vinto, ma sento di avere ancora un vuoto da colmare, forse questa sensazione sparirà quando sarò sposata. Cammino felice tra le strade, mi godo la primavera, che quest’anno è arrivata un po’ in anticipo, è una giornata di sole e non posso che sorridere a questa città. Va tutto per il verso giusto. Proprio ieri ho trascorso la serata a casa di Rei e Natsumi, sono stata con la piccola Luise ed è stato bellissimo, il cuore mi scoppiava di gioia. È tutto sul binario giusto, spero non deragli. Cammino, cammino, cammino, fino a quando un piccolo scoiattolo dal musetto simpatico mi gira intorno con la speranza che abbia qualche nocciolina da dargli, inizio a giocare con lui, a rincorrerlo, fino a quando, senza nemmeno rendermene conto, arrivo ad Hyde Park. Proprio davanti alla panchina, quella panchina. Mi ci siedo sperando di legare a lei un ricordo diverso, un ricordo che non sia amaro e doloroso. Non vedo Akito da più di un anno, so che sta bene, che adora Andrew, e non poteva essere altrimenti, ma avrei voluto sentirlo da lui, avrei tanto voluto chiedergli…
- Kurata-. Alzo lentamente lo sguardo e incontro il suo. Hayama è qui di fronte a me, dopo un anno, un lungo, lunghissimo, anno. Indossa una tuta ed è sudato. Ancora corre. E lui corre solo quando qualcosa gli frulla per la testa ma non sa come dirlo.
- Cosa c’è che non va, Aki?- glielo chiedo spontaneamente, come se tutto questo tempo non fosse mai trascorso, come se lui non avesse un figlio e io non stessi per sposarmi.
- Pensieri-
- Lo so, ma di che tipo?-
- Pensavo a mio padre, a proposito, grazie per quello che hai detto-
- Era la verità, è la verità. Io gli devo tutto-. Gli occhi mi si riempiono di lacrime, ma cerco di controllarmi.
- Già. Congratulazioni, comunque-
- Grazie. Come sta Andrew?- Hayama si illumina e io sento una fitta al petto… è solo SUO figlio.
- Bene, cresce ed è forte. Gli voglio bene-.
- Questo mi rende felice. Te lo meriti-
- Ti sposi tra un po’, giusto?- chiede leggermente in difficoltà
- Già…- Per qualche istante restiamo in silenzio, incapaci di guardarci, incapaci di parlarci.
- Io vado, ti saluto Kurata-.
- Ciao Hayama-. Finisce così. Come un anno fa, ma con la consapevolezza che le nostre vite sono cambiate per sempre, che abbiamo nuove persone, nuove direzioni. La vita toglie, la vita dà.
 
 
DUE GIORNI PRIMA DELLE NOZZE
 
Akito
 
Oggi sono da solo con Andrew, Alice è a un colloquio di lavoro. Abbiamo giocato per ore con un modellino di automobile, ma adesso si è stancato e girovaga mezzo barcollante per il mio apartamento. È strano vederlo qui, così. Ancora non mi ci sono abituato del tutto. Non che sia una brutta cosa, anzi, sono… sono felice. Lo vedo sgattaiolare in camera mia e lo seguo come un’ombra, mi piace che sia qui, ma la mia camera da letto è sacra e può starci solo quando io e Alice siamo presenti. Lo vedo fermarsi all’improvviso di fronte a uno scaffale poi, con pochissima agilità, si arrampica e prima che io possa fermarlo agguanta… agguanta l’ultima cosa che dovrebbe.
- Posso tenerlo?- chiede innocente, senza sapere che quella statuetta, quel dinosauro è parte integrante di me, della mia storia… è il simbolo di tutto quello che sono riuscito a superare in questi anni.
- Andy, questo è del papà- cerco di portarglielo via, ma è irremovibile.
- Mi piacciano molto i dinosauri- queste parole mi colpiscono diritte al petto. E in un lampo tutto mi è chiaro: mio padre lo ha comprato a me e io devo darlo a Andrew. Una sorta di passaggio del testimone.
- Facciamo così, io te lo regalo, ma tu devi promettermi che ne avrai molta cura e che non lo perderai mai-, annuisce poi inaspettatamente lo ripone sullo scaffale e mi abbraccia. Ecco, forse è questo il senso di tutto. Dopo l’incontro con Kurata ho avuto qualche difficoltà a parlare con Alice; le ho raccontato di averla incontrata e lei mi ha solo chiesto di prendermi del tempo per riflettere. Già, riflettere, come se ci fosse qualcosa a cui pensare. Kurata sta per sposarsi e io ho un figlio, fine.
- Papà! Sveglia, suonano alla porta- lo gnomo che mi sta appiccicato mi sta anche riprendendo perché non ho sentito il campanello. È proprio mi figlio.
- Tu sta buono qui e non combinare guai-. Percorro il corridoio un po’ confuso, non aspettavo nessuno e il fatto che stessi pensando a lei… no. Non è lei e io non dovrei più pensarci. Inspiro e apro la porta.
- Ciao Hayama-
- Oh, ciao- Luke, il tizio che Kurata sta per sposare, è qui davanti a me con un’aria funerea
- Vuoi entrare?-
- No, grazie. Voglio solo… ecco…-
 
 
 
 
 
Fine prima parte! Non ammazzatemi, tutto questo ha un senso. Promesso. Ci aggiorniamo settiamana prossima con l’ultimo capitolo. Un bacio a tutti!
  
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