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Autore: Lightlyss    10/04/2019    3 recensioni
Thanos, il Titano Folle, ha schioccato le dita e dimezzato l’universo intero. La voce di chi ha lottato si è persa negli spazi immensi del cosmo. Eppure, l’eco di qualcosa è rimasta…
Il corvo sbatté ancora le ali, scuotendo di nuovo il velo sottile di polvere frammista a cenere e rocce sbriciolate, e atterrò con un ticchettio d’artigli sulle cromature rosso-oro semisepolte tra le dune […] Nel buio siderale, un bagliore metallico catturò l’attenzione rapace dell’animale: i resti di un’armatura regale, spoglie di un principe o di un mancato re.
Cap. 1 Prologo
Cap. 2 Tony
Cap. 3 Loki
Cap. 4 Dottor Strange
Cap. 5 Wanda
Cap. 6 Bucky
Cap. 7 Peter
Cap. 8 Steve
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Un sognatore
 

Un sogno, fu un sogno, ma non durò poco
Per questo giurai che avrei fatto [l’eroe],
e non per un Dio e nemmeno per gioco:
perché i ciliegi tornassero in fiore.
Gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro;
e l’anima, d’improvviso, prese il volo
ma non mi sento di sognare con loro
no, non mi riesce di sognare con loro.

 

 

 

Quello che non mi aspettavo, se mai mi sono aspettato qualcosa dalla morte, è tutto questo silenzio.

E anche prima non c’è stata nessuna esplosione, nessuno sparo, nessun grido, se non quello del mio senso di ragno che impazziva e mi terrorizzava con l’annuncio di ciò che stava per accadere, un granello alla volta.

Poi, il silenzio. Sembra quasi una punizione studiata apposta per me, e mi chiedo se anche per gli altri – non voglio pensare a chi, a May, a Ned, a MJ, o mi scoppierebbe il cuore – sia così, se anche loro adesso si trovano di fronte alla cosa che più detestano.

 

Odio il silenzio. Lo riempio sempre come posso, parlando a raffica o con gli auricolari perennemente nelle orecchie, perché mi fa sanguinare i timpani e mi trascina in basso anche quando sono appeso a una ragnatela. Adoro i miei poteri che amplificano il mio udito e anche a notte fonda mi fanno sentire un taxi che passa sul Queens Boulevard, o zia May che dorme due stanze più in là, o un insetto che zampetta in corridoio, e così la notte è più corta. Non c’è più silenzio, se non lo voglio, e non lo voglio perché il silenzio è zio Ben e non è zio Ben – lui era l’opposto – ma è ciò che si è lasciato dietro. Una voce in meno, una battuta mancata, una risata persa. Per questo lo odio, e adesso odio il fatto di esservi immerso, di non aver potuto chiamare May, di non aver sentito la voce del signor Stark e di aver riempito quel silenzio doloroso con le parole sbagliate che non avrebbe mai voluto sentire.

Non pensavo di morire, così come non ho pensato di morire quando ho alzato il palmo contro un drone gigante, o quando mi sono gettato dal Washington Memorial. Ci ho pensato sotto le macerie, la prima prova per dimostrare di essere davvero Spider-Man; ma una parte di me era sicura che, se fossi morto, mi sarei svegliato. Regola numero uno dei sogni, insomma: non puoi morire. E forse è per questo che la prima volta che mi sono lanciato da un grattacielo non ho avuto paura, anche se non ero certo che i miei poteri fossero reali. Ma lo erano. E poi non mi sono più fatto domande, perché quando passi una vita intera a sognare, e poi ti ritrovi davvero dentro al sogno dopo l’incubo, non ti chiedi più nulla e ti limiti a respirare l’aria fredda di New York mentre volteggi a cento metri d’altezza credendo di volare.

 

È stato un volo troppo lungo, o forse troppo breve. Troppo lungo per sentire di meritarmelo davvero, troppo breve per cambiare qualcosa; e adesso è troppo tardi e il mio potere non serve a nulla, non può ricomporre la cenere che non sento neanche più, non può riempire questo vuoto silenzioso in cui galleggio. Non doveva accadere così, non su un pianeta deserto, non lontano da May e Ned e MJ, non tra le braccia spaventate del signor Stark, non senza lasciarmi niente dietro. Non a diciassette anni: che razza di età è, per morire?

Diciassette è un numero spigoloso, uno di quelli che non vuol dire nulla e che sembra servire soltanto da raccordo per quelli che lo seguono. Un numero inutile, una tappa obbligatoria che ti fa vivere nell’aspettativa e nell’inadeguatezza; perché, anche se sei quasi adulto, non lo sei; e anche se sei Spider-Man, non lo sei. Sono il nerd sfigato cha ama Star Wars e passa i venerdì sera a giocare ai cabinati con un altro nerd sfigato e una ragazza stramba. Sono il secchione che cerca di non esserlo in modo troppo evidente, quello che si crede chissà chi perché ha vinto la borsa di studio alle Stark Industries e conosce Spider-Man. Quanto di più lontano da un eroe.

Poi mi metto il costume e sento che tutto mi scivola addosso: non sono un eroe, solo un amichevole ragno di quartiere, ma sono libero, in volo, in missione per scelta e per mantenere una promessa. Anche se ho diciassette anni. Anche se sono Peter Parker. E anche se magari è solo un sogno, è un bel sogno.

Non sono mai riuscito a rimanere nella zona grigia di cui parlava il signor Stark. Non ci riesco, è inutile: vedo qualcosa che non va e reagisco prima di potermi fermare. È un istinto inciso nel mio DNA da ben prima del ragno; dopo è solo diventato più forte. Più rapido, più efficace, in grado di agire e di non costringermi semplicemente a guardare impotente.

E non potevo rimanere a guardare l’astronave, non potevo lasciare che gli stessi nemici che hanno quasi distrutto la mia città – la mia casa, il mio sottofondo costante che riempie il silenzio – scappassero con una persona a me cara mettendo in pericolo le altre. Non potevo rimanere a guardare: so come va a finire. Se puoi impedire qualcosa di brutto e non lo fai, è colpa tua. Non volevo fosse di nuovo colpa mia, non volevo infrangere il sogno, rovinarlo e trasformarlo in incubo.

 

Poi è successo.

Il sogno si è distorto comunque, sfaldandosi nella cenere, in parole mancate e in questo silenzio insopportabile che vorrei spezzare, sollevare e gettare da parte come ho fatto con le macerie. Ma quello non si muove e ricomincia a premermi addosso con l’eco di ogni mia parola persa. Mi chiedo se questo sia davvero l’aldilà, o se sono semplicemente rimasto intrappolato a metà strada, incapace di sentire la voce delle persone che amo da entrambi i lati, incapace di raggiungerle. Se questa è un’altra prova, se magari devo dimostrare di essere qualcuno, un eroe, anche se adesso non sono né Spider-Man né Peter Parker.

 

Chiudo gli occhi nel vuoto, nel silenzio, nel sogno che continua.

Forse devo solo aspettare di svegliarmi.






Light
 

Note Dell'Autrice:

Carissimi Lettori,
ammetto che sono molto, molto emozionata nel pubblicare questo capitolo. Spider-Man è stato il super-eroe che mi ha introdotto al mondo della Marvel e per forza di cose vi sono affezionatissima, quindi potete immaginare quanto ci tenessi alla sua resa. Qui forse appare più serio e meno ingenuo di quanto non sia nel MCU, ma vedo la sua scomparsa (e ci tengo a non chiamarla morte) su Titano come un punto di svolta cruciale per il suo personaggio, in grado di portare alla luce i suoi lati più cupi. Rimane comunque colmo di speranza, insicuro di sé, chiacchierone (e infatti il suo capitolo è il più lungo), eroico nel senso più puro del termine anche se non penserà mai di esserlo. Spero di avergli reso giustizia, e che voi lo abbiate apprezzato in questa mia versione <3

Le canzoni di De André scelte sono Un medico e Un malato di cuore. Nella prima ho sostituito la parola "dottore" con "[eroe]" per riferirla in modo più immediato a Peter.

Ringraziamo tutti coloro che hanno commentato finora e che hanno aggiunto la storia alle seguite/ricordate preferite, o che leggono semplicemente. Ogni vostra parola è importante per noi <3

Per questa settimana è tutto, e la prossima toccherà alla mia collega intrattenervi... ci avviciniamo alla conclusione, di pari passo con Endgame ;)
Un caro saluto e a mercoledì,

-Light-

P.S. Il leitmotiv del silenzio associato a Peter è riconducibile alla mia long "Di ritorni, vittorie ed effetti collaterali", e le sezioni in cui se ne parla in questo capitolo sono da considerarsi una blanda genesi per gli eventi descritti nella suddetta.



 
   
 
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