Un sognatore
Un
sogno, fu un sogno, ma non durò poco
Per
questo giurai che avrei fatto [l’eroe],
e
non per un Dio e nemmeno per gioco:
perché
i ciliegi tornassero in fiore.
Gli
altri sognan se stessi e tu sogni di loro;
e
l’anima, d’improvviso, prese il volo
ma
non mi sento di sognare con loro
no,
non mi riesce di sognare con loro.
Quello
che non mi
aspettavo, se mai mi sono aspettato qualcosa dalla morte, è
tutto questo
silenzio.
Odio
il silenzio. Lo
riempio sempre come posso, parlando a raffica o con gli auricolari
perennemente
nelle orecchie, perché mi fa sanguinare i timpani e mi
trascina in basso anche
quando sono appeso a una ragnatela. Adoro i miei poteri che amplificano
il mio
udito e anche a notte fonda mi fanno sentire un taxi che passa sul
Queens
Boulevard, o zia May che dorme due stanze più in
là, o un insetto che zampetta
in corridoio, e così la notte è più
corta. Non c’è più silenzio, se non lo
voglio, e non lo voglio perché il silenzio è zio
Ben e non è zio Ben
– lui era l’opposto – ma è
ciò che si è lasciato
dietro. Una voce in meno, una battuta mancata, una risata persa. Per
questo lo odio,
e adesso odio il fatto di esservi immerso, di non aver potuto chiamare
May, di
non aver sentito la voce del signor Stark e di aver riempito quel
silenzio doloroso
con le parole sbagliate che non avrebbe mai voluto sentire.
È
stato un volo troppo
lungo, o forse troppo breve. Troppo lungo per sentire di meritarmelo
davvero,
troppo breve per cambiare qualcosa; e adesso è troppo tardi
e il mio potere non
serve a nulla, non può ricomporre la cenere che non sento
neanche più, non può
riempire questo vuoto silenzioso in cui galleggio. Non doveva accadere
così,
non su un pianeta deserto, non lontano da May e Ned e MJ, non tra le
braccia spaventate
del signor Stark, non senza lasciarmi niente dietro. Non a diciassette
anni:
che razza di età è, per morire?
Non
sono mai riuscito
a rimanere nella zona grigia di cui parlava il signor Stark. Non ci
riesco, è
inutile: vedo qualcosa che non va e reagisco prima di potermi fermare.
È un
istinto inciso nel mio DNA da ben prima del ragno; dopo è
solo diventato più forte.
Più rapido, più efficace, in grado di agire e di
non costringermi semplicemente
a guardare impotente.
Poi
è successo.
Chiudo
gli occhi nel
vuoto, nel silenzio, nel sogno che continua.
Light
Note Dell'Autrice:
Carissimi Lettori,
ammetto che sono molto, molto emozionata nel pubblicare questo capitolo. Spider-Man è stato il super-eroe che mi ha introdotto al mondo della Marvel e per forza di cose vi sono affezionatissima, quindi potete immaginare quanto ci tenessi alla sua resa. Qui forse appare più serio e meno ingenuo di quanto non sia nel MCU, ma vedo la sua scomparsa (e ci tengo a non chiamarla morte) su Titano come un punto di svolta cruciale per il suo personaggio, in grado di portare alla luce i suoi lati più cupi. Rimane comunque colmo di speranza, insicuro di sé, chiacchierone (e infatti il suo capitolo è il più lungo), eroico nel senso più puro del termine anche se non penserà mai di esserlo. Spero di avergli reso giustizia, e che voi lo abbiate apprezzato in questa mia versione <3
Le canzoni di De André scelte sono Un medico e Un malato di cuore. Nella prima ho sostituito la parola "dottore" con "[eroe]" per riferirla in modo più immediato a Peter.
Ringraziamo tutti coloro che hanno commentato finora e che hanno aggiunto la storia alle seguite/ricordate preferite, o che leggono semplicemente. Ogni vostra parola è importante per noi <3
Per questa settimana è tutto, e la prossima toccherà alla mia collega intrattenervi... ci avviciniamo alla conclusione, di pari passo con Endgame ;)
Un caro saluto e a mercoledì,
-Light-
P.S. Il leitmotiv del silenzio associato a Peter è riconducibile alla mia long "Di ritorni, vittorie ed effetti collaterali", e le sezioni in cui se ne parla in questo capitolo sono da considerarsi una blanda genesi per gli eventi descritti nella suddetta.