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Autore: WhiteLight Girl    14/04/2019    2 recensioni
Dopo gli eventi di Nella tela del ragno, Adrien non si dà pace e parte per la Cina. Il suo viaggio, però, prende una piega inaspettata quando un varco si apre sotto i suoi piedi e lui finisce in una dimensione sconosciuta. Rimasto solo con Plagg, osa sperare che questo l'abbia portato più vicino a Marinette di quanto lo sia stato nei mesi precendenti, per una volta la fortuna sembra girare a suo favore, ma è davvero così o c'è di nuovo qualcosa o qualcuno che manovra i fili di ciò che gli sta accadendo attorno?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA STRADA PIÙ LUNGA

Il giaciglio che la resistenza aveva fornito ad Adrien era piccolo e scomodo, ma anche se fosse stato il materasso migliore del mondo il ragazzo non sarebbe riuscito comunque ad addormentarsi. Plagg aveva borbottato per ore contro il suo orecchio, ripetendo fino alla nausea quanto lo stomaco gli dolesse per la fame e quanto fosse poco rispettoso che i loro ospiti non fossero corsi immediatamente a cercargli del Camembert. Ad un certo punto, quando il Kwami si era finalmente assopito, il suo stomaco aveva iniziato a brontolare al punto che, per una volta, Adrien ebbe davvero pietà di lui.
Quel rumore ed il russare continuo degli uomini era diventato presto quasi una ninna nanna, ed alla fine Adrien era crollato, stremato e raggomitolato su sé stesso, riflettendo sulle parole che avrebbe voluto dire a Marinette quando fosse riuscito a trovarla.
Il risveglio fu altrettanto spiacevole, con la branda che si agitava cigolando mentre colui che aveva dormito sul lettuccio superiore saltava giù. Adrien sobbalzò, dischiuse gli occhi, intravide la figura esile in piedi accanto a lui e richiuse le palpebre stordito; la luce non era molta, ma bastava a dargli fastidio. Sentì Plagg scivolare sotto al cuscino scricchiolante - non era altro che una federa ripiena di foglie secche - e mosse le labbra per risvegliare anche la bocca impastata.
Vi furono altri scricchiolii, altri uomini si alzarono e, uno dopo l’altro, iniziarono a vestirsi. Erano coordinati come i militari, tanto che Adrien si chiese se non facessero anche loro parte di un esercito. Forse, in quanto membri di un gruppo di ribelli, era come se lo fossero. Attese che tutti fossero fuori, stanco come non avrebbe mai immaginato potesse sentirsi, e solo allora si mise a sedere.
La notte precedente, quando era arrivato e Jonas - l’uomo che li aveva portati lì e gli aveva assegnato un posto - non aveva avuto tempo per familiarizzare con nessuno e quindi, probabilmente, nessuno si era accorto di lui.
I vestiti che Adrien indossava ero sporchi e stropicciati, il suo stomaco brontolava. Cercò a tentoni lo zaino accanto a letto, ma ricordò che per il momento non era in suo possesso e grugnì di disappunto mentre realizzava che quella giornata, soprattutto ora che non poteva leggere qualcuno dei resoconti di Marinette, stava cominciando davvero male.
Si alzò, gli occhi puntati contro il cuscino sotto cui Plagg era ancora nascosto, e rimase lì ad aspettare che lui ne venisse fuori per poter uscire insieme.
Jonas aveva detto che sarebbe stato al sicuro, che nessuno in quel posto aveva interesse a fare del male o ad usare il suo Kwami, ma Plagg non si fidava e forse, in fondo, avrebbe fatto bene a non farlo neanche lui.
Quando vide che Plagg non aveva alcuna intenzione di uscire da solo, Adrien gli domandò: «Non vuoi fare colazione?»
Questo parve risvegliarlo, le sue zampette riemersero da sotto il cuscino sollevandone un lembo ed i suoi grandi occhi lo scrutarono indispettiti dal suo angolino sicuro.
«Come ti pare.» gli disse allora Adrien. «Ti porterò io qualcosa, sperando di trovarti ancora qui al mio ritorno.»
Si allontanò, percorrendo lo stretto spazio tra le brande che l’avrebbe condotto all’uscita, e non si preoccupò per guardarsi indietro per incoraggiare ancora Plagg. Solo pochi istanti dopo sentì il Kwami urtargli contro la nuca e tornare a rifugiarsi all’interno del colletto. Sorrise tra sé per questo.

Una volta all’esterno, poté finalmente osservarsi attorno. Era una foresta, abbastanza fitta per coprirli da invasioni aeree, ammesso che lì avessero gli aerei o qualunque altro pericolo volante, e abbastanza in profondità da fargli pensare che le possibilità che li trovassero fossero scarse. Sperava davvero che fosse così, perché sembrava che Emma conoscesse la posizione di quell’unica base e se si fossero spostati avrebbe avuto difficoltà a trovarli.
Tra gli alberi erano state sistemate alcune tavolate grezze a volte sostenute da tronchi, a volte da rocce muschiate. Jonas lo salutò da una di esse e gli fece cenno di raggiungerlo, aveva già due ciotole in mano, più un sacco di juta logoro che gli pendeva da un braccio.
«Allora» gli domandò. «dormito bene?»
Adrien annuì, nel complesso avrebbe potuto dire che era vero; il giorno prima non avrebbe potuto immaginarlo, ma la stanchezza aveva avuto la meglio su di lui nonostante l’adrenalina che aveva in corpo e dopo essere crollato non aveva sentito più nulla.
«Grazie, Jonas, davvero.»
Gli era grato, ma gli era stato rimproverato più volte di essere un ingenuo che tendeva a fidarsi troppo facilmente delle persone, Marinette l’aveva scritto numerose volte, nei suoi diari, indicandolo come uno dei tratti che più amava di lui. Ma Adrien non aveva scelta, Jonas era l’unico appoggio che Adrien aveva e, almeno fino a quando Emma non fosse tornata, avrebbe dovuto farselo bastare e farselo andare bene. Avrebbe solo dovuto stare attento a non farsi cogliere di sorpresa.
Lasciò che Jonas gli indicasse il posto che gli avevano riservato e si accomodò, la zuppa che l’uomo gli posò sotto il naso aveva l’aria di un pranzo, più che di una colazione, ma lui mandò giù il primo boccone, pur ripensando con affettuosa nostalgia ai pasticcini ed ai cornetti della pasticceria Dupain-Cheng, ai quali si era assuefatto (probabilmente per una seconda volta) dopo la scomparsa di Marinette.
Per Plagg, invece, Jonas svuotò il sacco di juta sul tavolo. Alcune forme di formaggio dall’aria non troppo invitante rotolarono sul legno, Jonas impedì ad una di esse di cadere sull’erba e, finalmente, Plagg riemerse per controllare cosa gli avessero portato.
«Non ho idea di cosa sia il camembert» disse Jonas «Ma questi sono i formaggi più puzzolenti che sono riuscito a trovare.»
Adrien vide Plagg avvicinarvisi con fierezza, il petto in fuori e la coda dritta, i modi di fare regali e controllati.
«Sì, può andare.» disse, ma quando si voltò a guardarlo, Adrien capì dallo scintillio dei suoi occhi che era ben più che soddisfatto.
Lasciò che mangiasse il suo formaggio ed affondò il cucchiaio nella zuppa una seconda volta, la fame lo portò a mandarla giù in fretta, più di quelli che erano attorno a lui e poi, quando non riuscì più a recuperare altro dal fondo, portò il piatto alle labbra e bevve ciò che ne restava.
Per un momento si sentì in imbarazzo per ciò che aveva fatto, ma nessuno pareva averci fatto caso e, anzi, c’era chi stava facendo la stessa cosa. Sorrise, la pancia finalmente piena, e prese la ciotola con l’acqua che Jonas gli passò per bere tutto d’un fiato.
Finalmente soddisfatto, realizzò che se avessero voluto avvelenarlo sarebbe probabilmente caduto nella loro trappola, ma si sentiva bene, quindi accantonò quel pensiero.
«Allora» gli disse Jonas. «scommetto che hai un sacco di domande.»
Era vero, i sogni di Adrien erano stato gremiti delle immagini del ragazzo sanguinante, a volte al suo posto aveva visto Marinette e l’aveva sentita gridare ed invocare il suo meno, chiedergli aiuto, supplicarlo di salvarla. Non ci era mai riuscito ed il sogno era svanito, i ricordi gli stavano tornando alla mente solo in quel momento.
«Ieri hai detto che stavano nutrendo la terra. In che senso? Come concime?» domandò, e si chiese quanto quella domanda fosse stupida, ma Jonas non rise e tutti quelli che erano seduti a quel tavolo parvero ricordarsi all’improvviso di dover fare qualcosa. In pochi secondi lui e Jonas rimasero soli.
«È un po’ più complicato di così.» rispose Jonas. «Vedi, il fatto è che questo mondo è stato creato sovvertendo quelle che ho sentito chiamare “leggi della fisica”, ed è per questo che oscilla in continuazione su sé stesso con il rischio di collassare.»
Adrien annuì, spingendolo a continuare.
«Vedi, in qualche modo devono nutrire l’essenza che tiene in piedi questo mondo, la magia non è inesauribile e va sostituita ogni volta che quella che c’è già viene consumata. La Carovana rapisce le persone con poteri magici dagli universi più vicini e li porta qui, li aiuta a sviluppare al massimo il loro potenziale e poi li sacrifica perché gli elementi li assorbano e si rinvigoriscano.»
Ripensando al sorriso del ragazzo morto, Adrien si domandò il perché di quella calma. Perché non aveva provato a ribellarsi? Perché aveva lasciato che lo uccidessero?
Jonas parve leggerglielo negli occhi, perché rispose: «Li prendono fin da bambini, sai? Se riescono ad individuare in tempo dove e da chi nasceranno portano qui le loro madri, li fanno nascere qui, li educano e raccontano loro un mucchio di frottole sul perché di tutto questo. Li convincono che sia l’unico modo per salvare le persone che abitano qui, in modo che si facciano sacrifichino volontariamente.»
«Era questo che volevano fare a Marinette? Sacrificarla?»
Jonas gli premette una mano sul capo. «Ho detto che li prendono fin da piccoli, lei era già grandicella per subire il lavaggio del cervello.»
Adrien sospirò, gli occhi puntati sul tavolo mentre la immaginava spalle al muro, con i soldati che le puntavano le armi contro e la costringevano a seguirli.
Per fortuna, si disse, almeno Tikki era con lei.
Si morse il labbro, scambiò un’occhiata con Plagg ed accennò un sorriso. Il Kwami non aveva mai fatto mistero della nostalgia che anche lui provava nei confronti della ragazza, né nei confronti del suo Kwami, anche se era rimasto discretamente da parte, seppure sempre disponibile per consolarlo ad ogni accenno di necessità. In quei mesi aveva dato la priorità al suo dolore e questo aveva fatto sì che lui lo apprezzasse ancora di più.
Sospirarono entrambi, ancora occhi negli occhi, beandosi di quell’empatia complice che nel corso degli anni si era formata tra loro. Finché fossero rimasti insieme avevano ancora speranza.
I tavoli si svuotarono, alcuni gruppi si allontanarono e sparirono nella boscaglia, alcuni arrivarono con enormi secchi d’acqua.
Adrien rimase seduto con Jonas, sfilò da sotto il naso di Plagg alcune forme di formaggio e le rimise nel sacco di juta.
«Queste è meglio tenerle da parte.» disse.
Jonas annuì. «Ottima scelta.»
Adrien si alzò, pronto a seguirlo, ma lui si fermò e gli fece cenno di voltarsi a guardare dietro di sé. Ferma in mezzo ai tavoli, i capelli biondi raccolti in una crocchia disordinata e lo zaino logoro con i diari di Marinette appeso alla spalla, c’era Emma. Ad Adrien parve più alta di come la ricordava, con i tratti meno infantili. Al suo fianco, appena qualche centimetro al di sopra della sua spalla, c’era Tikki.
   
 
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