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Autore: JoSeBach    15/04/2019    1 recensioni
*Attenzione: scena di suicidio nel primo capitolo!* (incompiuta)
Da quando Randall è precipitato in quelle rovine, Hershel non è più lo stesso: sembra vuoto, apatico, come se lui stesso stia affogando in quelle tenebre...
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Angela Ledore, Erik Ledore, Hershel Layton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Tematiche delicate
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Hershel Layton POV

Sollevo le palpebre, ritrovandomi a fissare il soffitto. Il suo pallore è simile al mio, se non identico. La sua rigidità è comune ai miei muscoli che non vogliono rispondere ai miei comandi.

Come i polmoni: vorrei far loro smettere di farmi respirare, ma ecco che il diaframma dondola donandomi respiri profondi.

Come il cuore: vorrei far cessare il battito per poter sentire il silenzio dall'estenuante suono monotono sincronizzato, ma quello rimarrà solo un desiderio. Eppure credevo di aver tolto tutto il sangue necessario per il funzionamento del macchinario.

Anche quella volta ho chiesto, pregato, implorato alla mia mano di tenere la presa, ma ecco che il sudore vieta il compimento dell'ordine.

Una tessera di domino caduta nel verso sbagliato, un castello di triangoli diventato mucchi di carte. La causalità è una macchina perfetta e parassita: senza la sventura degli uomini essa non avrebbe scopo. Il suo unico obiettivo è portarci alla follia con la più semplice ma anche alta logica. E ci sta riuscendo bene.

Una mano stringe la mia fatale con un'improvvisa forza imprevista, procurandomi dolori allucinanti. Un grido fugge dalla muraglia di denti, svegliando la figura oscura da immobile, poi facilmente riconoscibile e familiare.

«Mamma» è tutto ciò che posso dire.

Nei suoi occhi traspare la gioia... fittizia? Non saprei come descriverla. Se il suo intento è fingere serenità, non è efficiente quanto la causalità. Questa svanisce alla vista del mio broncio, proiettando la mia stessa espressione. Fisso i tagli celati da delle bende che hanno una presa solida sulla mia pelle. Nascondere le ferite non serve a nulla. Il suo sguardo segue il mio, riflettendo ironicamente i miei dubbi.

«Che c'è, tesoruccio?―mi chiede con fare provocatorio―ti fa ancora male?»

Non ricevendo risposta, decide di verificarlo lei stessa, tastando con forza inverosimile per una donna della sua età le bende. Queste corrodono la pelle e la carne che torna a prendere vita sputando la linfa cremisi. Il grido al dolore è inevitabile e le dita si contorcono in cerca di una distrazione.

Aumenta l'adrenalina, il battito. Straripa il sangue. Scarseggio d'ossigeno, procurando altra adrenalina e così via, contorcendosi in una spirale mortale, circondando le mie speranze in una morsa eliminatoria.

Ma la ribellione è un istinto innato, invincibile. Un guardiano che ti getta nella mischia verso la libertà. Si nutre esclusivamente della perdita di sangue e si alimenta di scandali, dicerie, paranoia, il peggior flagello della paura. Paura di sé, del prossimo, del mondo, della realtà.

L'impulso prende possesso del mio agire, scorre nel mio sangue, ora nei miei muscoli, nel cuore che, come per masochismo, accellera il motore. Le convulsioni gli incidono sulle articolazioni delle strisce rosse e procura dolori alle ossa a causa delle catene-

Un momento. Ho detto catene?


I polsi sono fusi con i gelidi anelli ancorati alle sbarre laterali del letto, bloccandomi in una posizione pentagonale deformabile ma indistruttibile. Come lo so? Lo so e basta.

La donna dai capelli sbiaditi si volge verso la porta, facendo entrare i visitatori che hanno gentilmente bussato. Con molta cautela (sia maledetta la premura!) gira la maniglia e la porta fa accedere gli ospiti nella stanza con il loro regalo: la consapevolezza. La massa è costellata di mille volti familiari e conosciuti: il signor Ascot, Angela, Erik e il volto dorato senza valore. Lucille non sembra turbata, nonostante la presenza del primo dovrebbe scaturirle rabbia e disgusto, l'uomo che ha osato dare una sberla-

«Quindi siete arrivati, finalmente.» sorride lei maliziosamente, voltandosi verso di me. Gli altri fanno lo stesso.

Mi dimeno, procurando più dolore, comportando più panico e istigando l'istinto di fuga-

Sono ancora bloccato. No, non di nuovo...!

NonoNoNOOoonoNO!


Si avvicinano. Non hanno ostacoli che impediscono l'avanzata, ma il tempo non dà loro fretta. La collisione tra suole e pavimento aumenta di frequenza, insieme al mio battito. Mani sulle orecchie. Chiusi gli occhi. Ma i sensori trapassanole barriere immaginarie.

O è tutto nella mia testa? Forse dovrei dare ascolto ai miei pensier-

Basta. BASTA!


Non posso parlare, le corde vocali troppo tese, respiri troppo stretti. Mi manca l'aria. Lucille alla mia sinistra, il signor Ascot sul lato opposto e l'Uomo con la compagna di fronte a me, le loro dita fuse tra di loro, gli anelli fonte del raggio che mi abbaglia occasionalmente. Finché le lampadine saltano e le tapparelle sono in caduta libera.

L'oscurità ora mi uccide, traditrice. Sento una risatina provenire dalle sagome dorate che circondano un'area mimetizzata con l'ambiente circostante. Lei è di fronte a me, ora sussurra alle mie orecchie.

«Chi la fa, l'aspetti.»

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