Storie originali > Epico
Segui la storia  |       
Autore: Mary P_Stark    16/04/2019    2 recensioni
Cosa succederebbe se gli dèi dell'Olimpo e gli eroi greci camminassero tra noi? Quali potrebbero essere le conseguenze, per noi e per loro? Atena, dea della Guerra, delle Arti e dell'Intelletto, incuriosita dal mondo moderno, ha deciso di vivere tra noi per conoscere le nuove genti che popolano la Terra e che, un tempo, lei governava assieme al Padre Zeus e gli Olimpici. In questa raccolta, verranno raccontate le avventure di Atena, degli dèi olimpici e degli eroi del mito greco, con i loro pregi, i loro difetti e le loro piccole stravaganze. (Naturalmente, i miti sono rivisitati e corretti)
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
Efesto – 1 –
 
 
 
 
Non bastava la zoppia – che sua madre Era soffrisse di emicranie a vita, per questo! – no, ci si doveva mettere anche la sciatica.

Quella maledetta! L’aveva lasciato in pace per millenni, ma ora tornava a infastidirlo con le sue fitte atroci, procurandogli più dolore del sopportabile.

Neppure la sua fucina gli dava più gioia, a quel punto e, anche se in parte si sentiva colpevole per questo, aveva sfogato la sua rabbia fino a far eruttare più volte del consueto il vulcano ove risiedeva.

Non che i catanesi non fossero abituati alle bizze dell’Etna – ci convivevano da secoli e, anche grazie alle sue colate laviche, le terre erano fertilissime – però comprendeva bene quanto, un’eruzione, potesse causare disagi nei tempi moderni.

Niente più uccelli di metallo che ronzavano attorno alla città della Conca d’Oro, niente più uomini a sfidare le ripidi pendici del monte, niente più scienziati impegnati nello studio di casa sua (ma senza sapere della sua presenza).

“Maledizione!” ringhiò Efesto, dando l’ennesimo colpo a terra col suo bastone.

Per diretta conseguenza, l’Etna sbuffò dei lapilli e Teti, scrutando comprensiva il suo figlio adottivo, disse: “Dovresti andare a farti dei bagni di sole, Efesto, oppure dei massaggi. Sarebbero un toccasana, per te.”

“E spaventare i turisti? Non ci penso proprio” brontolò l’acciaccato dio, massaggiandosi la barba cisposa e ripensando alle volte in cui, in preda al panico, la gente si era allontanata da lui nel corso dei millenni.

Sapeva di non essere affascinante come Apollo o Ares, ma non poteva farci nulla se la rabbia di Era si era trasferita sulla sua faccia, rendendolo meno che piacevole alla vista.

Teti gli si avvicinò, lasciando perdere un prezioso monile in bronzo che Efesto aveva fatto per lei e, nel carezzargli la zazzera di capelli sale e pepe, mormorò: “La bellezza non è data solo da un bel viso, ma anche da un buon cuore.”

“Beh, non credo che la gente la pensi come te, metera” sbuffò Efesto, pur apprezzando le parole della nereide.

Gettato con spregio dall’Olimpo perché ripudiato dalla sua stessa madre, Efesto era infine caduto nel mare e lì, pazienti e amorevoli, le nereidi si erano prese cura di lui, allevandolo.

Solo dopo molte e rocambolesche azioni, era riuscito a far riconoscere a sua madre Era le proprie responsabilità genitoriali, concedendogli il titolo di divinità, ma l’Olimpo era sempre stato un luogo troppo ostile, per lui.

Il matrimonio organizzato con Afrodite? Una vera sciocchezza, da parte sua, credere che potesse funzionare e che, a quel modo, i dolori di un’infanzia senza madre potessero essere cancellati.

No, Afrodite lo aveva tradito così tante volte da rendergli invisa persino la sua leggiadra figura e, alla fine, l’aveva lasciata libera di vivere come voleva. Solo e incattivito, si era infine rifugiato nel suo amato Etna per vivere della unica compagnia delle sue opere.

Certo, gli dèi lo visitavano spesso perché lui forgiasse le loro armi, e persino quel borioso di Ares gli aveva chiesto più volte di prestarsi alle sue richieste.

Lui lo aveva fatto di malavoglia, nelle prime occasioni ma, nel corso dei secoli, si era reso conto che quel pallone gonfiato era, in fondo, un bonaccione con un caratteraccio tale e quale al suo, e perciò avevano finito con l’andare d’accordo.

Afrodite, invece, non gli aveva mai chiesto nulla. Forse per rispetto, forse per ribrezzo, ma non si era mai presentata sulla bocca del vulcano per chiedere udienza.

A Efesto non importava, comunque.

Però, se quella maledetta sciatica non lo avesse lasciato in pace, neppure la solitudine all’interno della sua fucina sarebbe più stata un balsamo, per lui.

“Perché non vai a trovare Artemide e Atena? So che vivono in un posto moderno e soleggiato. Credo ti farebbe bene passare del tempo con qualcuno che apprezzi, ti pare?” gli propose Teti, sorridendogli speranzosa.

Già, le due dee che si erano spinte a dare un calcio alla porta d’entrata dell’Olimpo per vivere in mezzo agli umani.

Dopotutto, Artemide e Atena non erano mai state crudeli con lui e, anche se non erano mai stati amici amici, erano pur sempre divinità che lo rispettavano.

Forse, non lo avrebbero messo alla porta, se avesse chiesto asilo politico per un po’.

“Hai il loro indirizzo?” domandò a quel punto Efesto.

Teti assentì e, dopo aver estratto il suo cellulare dalla scarsella che portava in vita, gli inviò il tutto e poi domandò: “Conti di andare in aereo, o di…?”

“Aereo? Scherzerai, spero! Cadono, metera” brontolò Efesto, levandosi in piedi a fatica dal treppiede su cui era rimasto assiso fino a quel momento.

La sciatica gli scaricò una fitta tremenda lungo la gamba destra e, mentre Teti lo sorreggeva a un braccio, replicò: “Non cadono tutti, Efesto. E poi, un viaggio in compagnia ti avrebbe giovato.”

“In compagnia? Con degli umani chiassosi, puzzolenti e ficcanaso? No, grazie” sbottò il dio, lasciandosi però aiutare dalla nereide a raggiungere la sua stanza da letto.

Spartana al pari della fucina, la grotta in cui viveva Efesto era dotata di tutti i confort tecnologici – dalla TV a schermo piatto, all’abbonamento a Sky e Netflix – ma, quanto a eleganza, lasciava alquanto a desiderare.

A parte un divano grigio, un tavolo grigio con quattro sedie grigie e una cucina a vista grigia, si poteva contare poco altro in quella living room.

“Ci vorrebbe davvero un tocco femminile” chiosò Teti, oltrepassando quel locale per giungere infine nella camera da letto di Efesto.

Un letto alla francese era posizionato accanto a un cassettone e a una poltrona Ikea – Teti non ricordava se fosse una Tullsta o una Ektorp, ma erano di sicuro un dono di Eurinome, patita di quella marca di mobili – ma, oltre a quello, null’altro abbelliva quella stanzetta angusta e buia.

“Non credo che una donna vorrebbe vivere qui, metera” chiosò Efesto, scostandosi da lei per afferrare una valigia morbida da sotto il letto e infilarci dentro le prime quattro cose che trovò nel cassettone.

“Solo perché tu fai di tutto per tenere alla porta la gente” replicò gentilmente la nereide. “In ogni caso, pensi di chiamarle, prima di piombare là di colpo?”

“Se le chiamassi, troverebbero una scusa per dirmi di no, perciò farò loro una comparsata” scrollò le spalle curve Efesto, chiudendo la sua borsa. “Sai dov’è la porta. A presto.”

Ciò detto, scomparve in uno scintillio di fuoco e Teti, scuotendo il capo, esalò esasperata: “E dire che gli ho dato un’educazione, da piccolo.”
 
***

Un vento forte proveniente da sud spirava sulla collina di Pescadero Point mentre Efesto, armato di valigia e di bastone, avanzava claudicante verso la villetta di Atena.

Appariva ben tenuta e accogliente, con un ampio giardino che la circondava su ogni lato, un’altalena accanto a un piccolo laghetto e tanti fiori profumati a inondare l’aria.

Davvero un bel posto dove vivere, pensò Efesto, pigiando il pulsante del campanello.

Udì chiaramente il suono all’interno della casa, ma nessuno venne ad aprire e, per un attimo, il dio si chiese se per caso Teti l’avesse avvisata, e Atena si fosse data alla macchia.

Non ci avrebbe trovato niente di strano. Gli dèi sapevano essere dei gran bastardi, quando ci si mettevano.

“Mamma non è a casa” disse una voce fanciullesca, poco lontano.

Efesto si volse a mezzo e, aggrappato alla recinzione che delimitava la proprietà, il dio vide un giovane decenne dai neri capelli e i profondi occhi verdi che, sorridente, lo stava osservando.

Cos’aveva da sorridere tanto, quel ragazzino dall’aria innocente? Lo trovava così orrendo da ridere di lui?

“Hai detto ‘mamma’, ragazzo?” chiese comunque Efesto, domandandosi se quello non fosse il fantomatico figlio di Atena. Ma non era nell’Oltretomba?

Ecco cosa succedeva a non partecipare alle chat di gruppo! Non venivi mai aggiornato in tempo reale!

“Sono Alekos. Tu chi sei? Non ti ho mai visto qui intorno, ma so che sei un dio” disse con semplicità il ragazzino, spostandosi lungo la recinzione per avvicinarsi a lui.

“Il mio nome è Efesto. Quindi, tu percepisci le divinità?”

Annuendo con vigore, il ragazzino asserì: “Érebos dice che dipende dal sangue di mamma.”

“Perché conosci una divinità Ctonia?” si domandò confuso Efesto.

Il ragazzino sorrise felice e dichiarò: “Érebos sta con la mamma. Il mio papà umano è morto in un incidente, così non può più stare con noi. Érebos, però, mi fa da padre. Sapevi che ama scalare le montagne? Mi ci porta spesso.”

Vagamente confuso dal colloquiare tranquillo del bambino, Efesto fece per chiedere altro quando, dalla porta di casa della villetta accanto a quella di Atena, fece la sua apparizione la statuaria Artemide.

Abbigliata con una striminzita salopette e i capelli cortissimi e rosso fuoco sparati sulla testa, sembrava reduce da una guerra all’ultimo pennello con un pittore o un tinteggiatore.

Alekos si volse nell’udire il rumore della porta e, ridendo sommessamente, celiò: “Zia… hai rovesciato ancora la latta del colore?”

“Lasciamo perdere, Alekos… io e i lavori manuali non abbiamo feeling” brontolò la donna, avvicinandosi alla staccionata. Poggiate poi le mani sui fianchi, fissò accigliata Efesto per alcuni attimi prima di riconoscerlo ed esalare: “Ehi, zio! Che ci fai in zona? L’Etna ti è diventato stretto?”

Efesto sbuffò. Artemide era sempre uno schiacciasassi, nel parlare.

La vicinanza con la sorellastra non l’aveva affatto ammorbidita, però sembrava molto protettiva nei confronti del bambino che, evidentemente, le era stato affidato. Il braccio poggiato sulle spalle del bambino lasciava intendere che la dea avrebbe dato fondo a ogni suo potere, pur di proteggerlo.

“Buongiorno, Artemide. Ho soltanto seguito il consiglio di Teti, e sono venuto in villeggiatura per qualche tempo” scrollò le spalle l’anziano dio, storcendo la bocca.

“Beh, Atena è via per il week-end” replicò Arty, ammiccando poi maliziosa. “Érebos ha pensato di organizzare qualcosa di romantico per lei. Se non hai già prenotato da qualche parte, ti ospito io. Tanto, questa villa ha quattro stanze da letto, e io non dormo in tutte.”

Vagamente sorpreso da quell’offerta spontanea e non richiesta, Efesto annuì lentamente ma Artemide, prevenendo qualsiasi sua risposta verbale, aggiunse: “Prima, però, ti accompagnano in centro. Devi rifarti un po’ il guardaroba e, credi a me, anche un po’ il look. Sei un po’ datato, per questa parte di mondo, sai?”

“Non ci penso proprio a farmi fissare dalla gente per essere deriso!” sbottò immediatamente Efesto, rifiutandosi categoricamente.

Artemide, però, non si fece affatto impressionare dal suo cipiglio e, scrollando una spalla, inviò Alekos a recuperare le chiavi della sua Ford Mustang Shelby 500 e, rivolta allo zio, asserì: “Qui nessuno ti nota, se non sei un divo del cinema, tranquillo. E poi, credimi. Una rassettata da chi dico io, e ti sentirai rinato.”

“Tu che ne sai? Sei sempre stata perfetta!” brontolò il dio, picchiando a terra il bastone.

Come si permetteva, quella dea da strapazzo, di lagnarsi di fantomatici difetti con lui, che invece ci conviveva da millenni?

Artemide addolcì inaspettatamente lo sguardo e replicò: “So quanto Era possa essere bastarda, credimi e, anche se non mi ha scaraventato giù dall’Olimpo, ho assaggiato la sferza della sua lingua fin da quando sono nata e papà mi ha portato a casa sua. Gli umani avranno tanti difetti, non lo nego, ma sono molto meno rompipalle rispetto a certe divinità di nostra conoscenza. E sanno come farti sentire meglio.”

Efesto rimase in silenzio, non sapendo se crederle o meno e, quando vide tornare Alekos tutto eccitato e con le chiavi dell’auto in mano, si limitò a un assenso forzato. Non avrebbe fatto la parte del pavido, ma pregò dentro di sé che Artemide non scherzasse, o si sarebbe vendicato degnamente di lei.

Dopotutto, era figlio di Era, e sapeva come fare per escogitare delle vendette coi fiocchi.
 
***

Il Secret Oasis Day SPA di San Josè era tutto ciò che una persona bisognosa di attenzioni poteva desiderare; locali dalle luci soffuse, musiche ayurvediche, profumi delicati, personale competente.

Quando Efesto, Artemide e Alekos vi misero piede, il dio borbottò all’indirizzo della nipote: “Ma… è un luogo di culto egizio?”

Artemide ridacchiò, notando le statue della dea-gatto Bastet, ma scosse il capo e replicò: “Per gli umani, il mondo egizio e il culto del corpo che avevano loro equivalgono a eccellenza, perciò troverai svariati oggetti di provenienza egizia, qui dentro. Credimi, sono assai bravi. Io mi faccio massaggiare le spalle, quando mi fanno male. Tirare con l’arco stanca anche gli dèi, cosa credi?”

Efesto parve poco convinto, ma la seguì silenzioso lungo il corridoio dalle tinte color cannella, dove diverse dracene marginate esplodevano dai loro vasi panciuti, allungandosi come mani sinuose ad accarezzare i nuovi venuti.

Una graziosa umana dai corti capelli neri tagliati a paggetto li accolse, dando loro il benvenuto da dietro il bancone dell’accettazione.

Indossava un camice bianco su cui era cucito il nome – Selene O’Keefe – e sorrise invariabilmente a tutti, indirizzando identici sguardi professionali senza mai venire meno alla sua compostezza.

Questo colpì non poco Efesto, da sempre abituato agli sguardi di disgusto delle donne, e di derisione degli uomini.

“Buongiorno. Ho chiamato prima per prenotare una cura del corpo completa. Ho parlato con Samantha” esordì Artemide, avvolgendo con naturalezza un braccio attorno alle spalle di Alekos.

“Oh, sì, miss Phoebe Basileia1” assentì la giovane, scrutando velocemente lo schermo del suo computer. “Prego, potete raggiungere la saletta numero tre. Adam vi sta aspettando assieme a Cassandra.”

“Ottimo” annuì Artemide, avviandosi lungo il corridoio assieme al suo sparuto gruppo.

Efesto si accodò sempre meno convinto, già pronto ad assalire verbalmente chi si fosse trovato dinanzi ma, quando entrò nella stanza indicata loro, la sorpresa lo azzittì.

Il locale, ampio e dalle tinte tenui dell’azzurro e del grigio ghiaccio, conteneva un lettino, uno schermo TV e un mobiletto a vetri ove erano contenuti delle boccette di diverse forme e colori.

Lì, un uomo sui trent’anni e una donna di circa cinquanta li stavano aspettando, entrambi vestiti di bianco e dall’aspetto curato.

“Buongiorno, Phoebe” esordì l’uomo – Adam – allungando una mano per stringere quella protesa di Artemide.

“Adam… Mrs Abramopulos” replicò lei, accennando un saluto alla donna. “Mio zio avrebbe bisogno di un po’ di coccole, come ho già accennato a Samantha per telefono.”

“Siamo qui per questo” si limitò a dire Cassandra, sorridendo cordiale a Efesto che, subito, si irrigidì. “Ci sono patologie di cui dovremmo tener conto?”

Artemide, a quel punto, lanciò uno sguardo allo zio e lui, non potendo fare altro, tossicchiò e disse: “Ci sono… alcune cose.”

Annuendo subito, Adam dichiarò pacifico: “Phoebe, noi ora discuteremo in privato con tuo zio. Perché non vai con il bambino… tuo nipote, se non ricordo male, nella sala relax? Ti chiameremo più tardi, quando avremo fatto.”

Titubante, Artemide squadrò accigliata Efesto e disse mentalmente: “Ricordati di non ucciderli. Sono qui per aiutarti, è chiaro?”

“Farò del mio meglio” brontolò il dio.

Artemide, allora, accettò e salutò Efesto prima di uscire con Alekos, che augurò un buon massaggio allo zio.

Rimasto solo con i due umani, la divinità alla fine borbottò: “Al momento, ho un problema con la sciatica. E la schiena è messa maluccio.”

“Una scogliosi?” domandò professionale Cassandra.

Efesto assentì spiacente, ma sul viso della donna non comparve né disgusto, né pietà, cosa che lo sorprese non poco.

“Adam è bravissimo con i massaggi, perciò lui tratterà la sua schiena, mentre io mi prenderò cura dei piedi. La riflessologia plantare fa miracoli e le assicuro che, quando uscirà da qui, si sentirà molto meglio” gli predisse la donna.

La sola idea che quella umana potesse toccare i suoi piedi lo riempì di orrore ma, non volendo apparire scontroso e, soprattutto, pavido, si limitò a seguire le loro indicazioni e si spogliò, sistemandosi un asciugamani intorno alla vita.

Sdraiatosi poi sul lettino, si lasciò manipolare da entrambi gli umani e, a sorpresa, sentì realmente il suo corpo riprendere vigore sotto il loro tocco.

Era mai possibile che quegli esseri mortali fossero riusciti a impadronirsi di capacità così eccelse? Ed era mai possibile che la sua testardaggine lo avesse tenuto lontano da simili piaceri per così tanto tempo?
 
***

“… dovrebbe davvero pensare di iscriversi a una SPA nella sua città natale, signor Basileia… problematiche come le sue possono essere tenute sotto controllo, e calmierate, con massaggi continui e un buon esercizio fisico” asserì a un certo punto Cassandra, asciugandosi le mani dall’ammorbidente che aveva usato durante il massaggio.

Efesto si stava rivestendo dietro un paravento, dopo quasi un’ora di incredibile, meraviglioso massaggio rigenerante.

Era stato stimolante non solo tornare a percepire il suo corpo senza i classici dolori a esso collegati, ma anche parlare dei propri problemi con qualcuno che non solo ascoltava, ma capiva.

Durante la sessione di massaggio, Adam aveva ammesso con candore di avere una protesi a una gamba, persa durante una battaglia in Afghanistan per colpa di una mina.

Ritiratosi dall’esercito, si era fatto curare in una clinica e aveva imparato ad apprezzare ciò che massaggiatori e terapisti compivano su persone come lui. Da questo, aveva preso lo spunto per diventare lui stesso un addetto nel settore.

Il fatto che un uomo così forte e prestante potesse avere un difetto fisico, aveva sorpreso Efesto così come lo aveva rasserenato. Soprattutto quando aveva udito Adam parlare di normalità, non di difetti o mancanze.

“Se ne ha la possibilità, faccia degli esercizi in piscina. Le saranno d’aiuto per la schiena” aggiunse ancora Cassandra, sorridendogli con calore. “Vedrà che, così facendo, starà molto meglio e non arriverà ad avere contratture così forti alla schiena.”

“Farò così” assentì Efesto, sentendosi più pronto che mai ad accettare consigli da loro.

“Dirò a Selene di fissarle un’altra seduta tra tre o quattro giorni, va bene?” domandò a quel punto Adam.

“Oh, … ah, sì. Rimarrò qui per un po’, quindi…” annuì più sicura di sé la divinità, prima di aggiungere grato: “… non ho mai avuto molta fiducia in queste cose, ma mi sono davvero ricreduto.”

“Io ho impiegato dieci anni a convincere mio marito a farsi fare un massaggio” ironizzò Cassandra, scuotendo una mano come se nulla fosse. “Non mi dice nulla di nuovo, signor Basileia. Molte persone temono di esporsi troppo, e mettersi a nudo impensierisce quasi tutti. Ma noi non siamo qui per giudicare nessuno. Noi aiutiamo a fare star bene le persone.”

Ciò detto, aprì la porta per accompagnarlo nella sala relax, dove Artemide e Alekos stavano aspettando, e aggiunse: “Chi vuole giudicare e basta, non è gradito qui da noi.”

Efesto assentì con fervore e, quando infine vide i suoi nipoti, si ritrovò persino a sorridere. Era davvero bello, per una volta, non sentirsi teso e acciaccato.

Certo, quando il calore terapeutico del massaggio fosse passato, avrebbe sentito ancor più dolore, per un po’ – era stato avvertito per tempo – ma, dopo alcune sedute, ne avrebbe sentito gli effetti in tutto il corpo.

Artemide lo fissò a occhi sgranati, chiaramente sorpresa dalla sensazione di benessere che proveniva da lui e, ghignando, dichiarò: “Mi sa che hanno fatto miracoli, con te, zio. Ti vedo meglio.”

Sto meglio” sottolineò lui.

“Ottimo… perché ora penseremo al tuo guardaroba. E alla tua barba” precisò la dea, mettendolo subito in allarme.

Cassandra rise sommessamente e, dando una pacca sulla spalla a Efesto, asserì: “Sua nipote è proprio decisa a viziarla. Ne approfitti. E’ cosa rara.”

Efesto non fu del tutto certo di potersi fidare di Artemide, visto il suo carattere ballerino, ma confidò che almeno Alekos – che appariva così maturo – sapesse tenerla a bada.

Lui, in tutta onestà, non sapeva cosa pensare, di quella strana vacanza. Però, di una cosa, era certo. Avrebbe fatto ancora dei massaggi.

Cascasse il mondo.

 
 
 
 
 
N.d.A.: ed ecco che ritroviamo di nuovo Artemide, in compagnia - come già preannunciato - di una nuova divinità; Efesto, il dio del fuoco e della metallurgia.
La reclusione forzata di Efesto è stata interrotta grazie alle parole gentili di Teti che, preoccupata per il suo figliastro, ha deciso di spedirlo per un po' fuori dalla sua fucina. Efesto riuscirà a trovare altri interessi, a parte maglio e incudine, o la vita al di fuori del suo vulcano gli verrà presto a mancare?
Lo scopriremo ben presto! Per ora, grazie per essere passati! (P.S. come mi è stato giustamente fatto notare, Efesto non sarebbe propriamente uno zio, per Artemide e Atena. Nel caso specifico, il titolo di "zio" è un segno di rispetto, non tanto di parentela stretta.)

 
 
1 Phoebe Basileia: Appellativi di Artemide. Phoebe è la versione femminile dell’appellativo del fratello, Febo Apollo. Basileia significa “sovrana”.

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Epico / Vai alla pagina dell'autore: Mary P_Stark