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Autore: titania76    17/04/2019    1 recensioni
Questa è una raccolta eterogenea di mini-racconti scritti per le gare settimanali #fantastiche10 e #scrivilotu indette dal gruppo fb Letture Sale&Pepe. Racconti nei quali devono comparire dieci parole assegnate ogni settimana o usare una frase specifica come prompt fisso. Poche ore a disposizione per consegnarli.
Pubblicati prima su facebook, ora approdano anche qui su EFP.
Genere: Generale, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il paradiso è la mia casa



“Era in arrivo una tempesta, la sentiva in lontananza. Non aveva paura, la casa al mare che le aveva lasciato la nonna era sicura, ma quando il primo fulmine squarciò il cielo, in lontananza vide una strana figura...”


*****


(parole: 1108)
La notizia era arrivata con la posta di venerdì, in una mattinata che minacciava di essere insopportabilmente afosa. Rosaline l'aveva ricevuta dalle mani di Matt, il loro postino di fiducia –  che non mancava di farle il filo ogni volta che la vedeva – appena fuori dal cancelletto che dava sul giardino, con ancora le mani piene delle borse della spesa.
Quella busta bianca, che spiccava fra le altre per dimensioni, portava l'intestazione di uno studio notarile che non aveva mai sentito nominare, nemmeno nei discorsi in famiglia nel giorno del Ringraziamento o a Natale. Era indirizzata proprio a lei. Corrugò la fronte: nessuno sapeva che era tornata a casa dai suoi genitori, come poteva ricevere della posta?
Appoggiò la spesa sul tavolo da pranzo e l'aprì, colta da una curiosità che quasi la emozionava.
Al suo interno, oltre ad alcuni fogli scritti al computer, vi era un pacchettino sottile, ben avvolto dal nastro adesivo marroncino e da carta da pacchi, che nascondeva una scatolina di legno intarsiata nella quale era stata riposta una vecchia chiave.
Nella lettera di accompagnamento si parlava di un cottage appartenuto a sua nonna, Florence Stillman, che da almeno cinquant'anni aveva fatto perdere le tracce di sé, e che ora passava di proprietà – come attestava il documento in ultima pagina – a Rosaline Florence Dauwson.
Rimase a fissare quei fogli senza trovare una ragione per tanta fortuna rivolta a lei. Per volontà di suo padre, a cui non aveva mai chiesto spiegazioni, non l'aveva mai conosciuta. Allora perché le aveva lasciato una tale eredità?
Sospirò, riflettendo, mentre il gelato al pistacchio si scioglieva nel barattolo e l'odore del pesce fresco attirava le pericolose attenzioni di Piumina per le borse della spesa.
Rosaline si riscosse nel momento in cui sentì un gran tonfo e il crack delle uova che si sfracellavano sulle piastrelle di cotto finto toscano. Sistemò quel poco che si poteva salvare della spesa e si mise al computer per cercare notizie sullo studio del notaio Friedman.
Se la cosa fosse stata vera, sarebbe stata una manna dal cielo per lei. Era arrivata a un punto della sua vita nella quale aveva bisogno di tirare le somme e capire in che direzione voleva andare, visti anche i flop degli ultimi racconti che aveva mandato alla sua agente; e, un posto tutto suo, magari lontano dalla civiltà, così come presupponeva quella lettera, glielo avrebbe permesso.
«Tutto vero», sospirò, appoggiandosi stancamente alla sedia.
Non solo aveva trovato il sito del notaio Friedman, con le sue credenziali e i contatti, ma aveva trovato anche le notizie sul luogo dove si trovava il cottage, anche se non erano molto rassicuranti.
Attraversare mezzo mondo per prendere possesso di quella casa, seppure in un luogo che dalle immagini sembrava paradisiaco non era mica facile. Il suo conto in banca languiva e non se la sentiva di chiedere un prestito a suo padre.
Come poteva fare?
Rilesse una seconda volta la lettera e scoprì che oltre alla casa c'era di mezzo un fondo fiduciario notevole.
«Sembra troppo bello per essere vero.»
Però... Decise di chiamare lo studio notarile e chiedere un incontro, approfittando del fatto che i suoi genitori stavano trascorrendo qualche giorno di vacanza in montagna.
Il notaio Marcus Friedman era un uomo alto, spalle larghe, petto ampio, decisamente atletico, capelli sale e pepe e un fascino alla George Clooney che per un attimo la fece titubare, quando la segretaria la introdusse nel suo ufficio.
Rosaline si stupì della cordialità e della disponibilità. Sembrava che non aspettasse altro che occuparsi del suo caso. L'uomo infatti aveva già organizzato tutto: documenti, biglietto aereo, biglietto del traghetto per il passaggio all'isola e aveva avvertito la governante che in quegli anni aveva tenuto in ordine la casa.
«C'è già anche il frigorifero pieno», la rassicurò, con una risatina sensuale.
Lei doveva solo mettere una firma e sarebbe entrata in possesso di quanto la sua nonna paterna aveva lasciato.

*****

Erano trascorsi quasi due mesi da quando aveva messo piede per la prima volta sull'isola privata di Paraside, nella punta più meridionale dell'Australia. Aveva trovato un posto fantastico dove vivere; e forse iniziava a capire la scelta della nonna di abbandonare tutti per rifugiarsi lì. Anche lei non avrebbe più voluto andarsene.
L'isola era piccola, di appena cinque chilometri quadrati e, oltre alla casa, il faro era l'unica altra costruzione presente. Per la maggior parte era ricoperta di alberi e lei ne aveva esplorato ogni centimetro. Suo padre l'avrebbe definito uno scoglio, ma per Rosaline era perfetta. Aveva avuto un effetto terapeutico sulla sua vita e sul suo lavoro. In quel breve periodo aveva prodotto più di quanto avesse fatto negli ultimi due anni e la qualità dei suoi scritti era decisamente migliorata. Aveva studiato le leggende di quel luogo e ne aveva ricavato una raccolta ibrida di racconti e poesie: alcune struggenti, altre romantiche, altre ancora con qualche tinta di horror, perché certe notti erano più ispiranti di altre.
Era in pace con se stessa. Ogni giorno si svegliava presto per vedere sorgere il sole e ogni notte rimaneva incantata dal cielo pieno di stelle e dal faro, che faceva danzare la sua luce sulla superficie increspata del mare. Spesso si era soffermata con lo sguardo nella direzione del faro, chiedendosi se ci abitasse qualcuno o se fosse uno di quelli automatizzati. Non se ne sarebbe stupita, se considerava che il wi-fi funzionava quasi meglio che a casa dei suoi genitori.
L'estate era stata meravigliosa e anche quando era capitato qualche temporale, lo aveva vissuto con la serenità di una pioggerella leggera. Aveva imparato presto a capire l'umore del mare, quando cambiava, proprio come quel pomeriggio.
Scrutò l'orizzonte dal terrazzino del cottage, avvolta in un ampio scialle di lana dalle frange lunghe. Era in arrivo una tempesta, la sentiva strisciare sulla superficie del mare, in lontananza. Non aveva paura, la casa che era stata di sua nonna era sicura. Ne aveva superate tante di tempeste, anche peggiori di quella che si stava avvicinando, ma quando il primo fulmine squarciò il cielo, diventato nero all'improvviso, in lontananza vide una strana figura infagottata che risaliva il sentiero verso la casa.
Non era tipo da credere nell'uomo nero o nelle vecchie storielle che si raccontavano per tenere lontani i turisti. L'unica persona che poteva arrivare era il guardiano del faro. Sorrise, quando lo vide aprire il cancelletto bianco. Da dentro casa arrivava un forte profumo di caffè appena fatto, pronto ad accogliere l'ospite. Probabilmente sarebbe stata una lunga notte, ma non l'avrebbe affrontata da sola e forse, quando la tempesta avrebbe lasciato il posto di nuovo al sereno, avrebbe avuto nuove storie da raccontare.




   
 
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