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Autore: paige95    18/04/2019    7 recensioni
Quando un percorso si chiude, un altro è appena iniziato. Per ogni fine, c'è sempre un inizio.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Harry Potter, Hermione Granger, Rose Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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The Degree Day - Ingresso in società



N.B Non so per quale strana ragione mi inserisca una parte di testo in grassetto, ma il testo originale non è in grassetto, io ho solo inserito in grigio chiaro un ricordo. Buona lettura!
 

[Luglio 2024, 2:00 p.m/Hogwarts Express/a pochi chilometri dalla Stazione di King’s Cross]
 
Erano passati esattamente sette anni dalla sua prima volta su quel treno. L’Hogwarts Express stava riportando Rose a Londra e per la precisione nella stazione di King’s Cross, dove i suoi genitori e tutta la sua famiglia l’avrebbero attesa a braccia aperte. Non vedeva l’ora di ritornare nell’umile appartamento Babbano di Grimmauld Place 11, dove ogni anno per frequentare le lezioni lasciava una parte del suo cuore. Era cresciuta in quel palazzo fin dal suo primo respiro, lì aveva mosso i primi passi e pronunciato le prime parole, ma soprattutto era lo stesso palazzo dove vivevano i suoi adorati zii, esattamente al misterioso numero 12, come molti Babbani erano soliti definirlo non avendo la possibilità di constatarne la presenza. Provava sempre una certa malinconia nei confronti della propria casa quando alloggiava al Castello. Forse per il fatto di essere una Mezzosangue gradiva particolarmente ogni tanto essere circondata dalla totale assenza di magia e sua madre era molto brava a dosare il giusto equilibro tra l’uno e l’altro Mondo. Per quella ragione casa sua era un continuo alternarsi tra incantesimi e infallibili metodi Babbani, ma ovviamente suo padre non riusciva mai a comprendere il motivo per il quale si dovesse fare qualunque sforzo, quando a disposizione avevano una bacchetta ciascuno. Ora anche lei poteva liberamente scuotere la sua bacchetta, ma non era così sicura che avrebbe totalmente rinnegato il suo lato Babbano, avrebbe sicuramente imparato l’arte della giusta misura che era sempre appartenuta a sua madre.

Era elettrizzata per le disposizioni che la Preside quell’anno aveva impartito. Solo un paio di giorni e avrebbe ricevuto il Diploma di Magia e Stregoneria alla Scuola di Hogwarts. Proprio per questa occasione la McGranitt aveva concesso agli studenti che avevano superato i M.A.G.O di riunirsi alle proprie famiglie e di prepararsi come si conveniva all’evento. La ragazza mise per un istante da parte l’eccitazione per il percorso d’istruzione che aveva appena concluso e si preparò a rivedere finalmente, dopo lunghi mesi, la sua famiglia. Era sicuramente un vantaggio abitare nello stesso palazzo dei suoi zii, ciò infatti che le premeva era riabbracciare suo cugino James, di un paio d’anni più grande di lei. Al suo fianco, a farle compagnia durante il viaggio, c’era Albus, il cugino mezzano dei Potter suo coetaneo e anch’egli prossimo al diploma. Era concentrata sul panorama che scorreva veloce fuori dal finestrino dello scompartimento, ma la verità era che non riusciva a smettere di pensare al momento in cui avrebbe scorto finalmente la stazione di King’s Cross.
 
«Siamo quasi arrivati, Rose. Chi passa a prenderti?»
 
La voce del giovane accomodato sul sedile accanto a lei attirò la sua attenzione. Si voltò emozionata verso di lui, non tentò neppure di nascondere l’entusiasmo. I colori delle loro Case spiccavano ancora all’altezza del petto, non avevano avuto occasione di indossare i loro abiti comuni, peccato però che in quei giorni di luglio il caldo si facesse particolarmente sentire, sempre di più avvicinandosi alla grande metropoli. A Rose però importava relativamente del fastidio che poteva infonderle la cravatta e la lunga uniforme scura, a differenza del cugino che si trovava in un bagno di sudore, infatti la ragazza poteva chiaramente notare i suoi capelli leggermente inumiditi in prossimità della fronte.
 
«Sicuramente mamma, preferirà non rischiare che papà ritardi. Ma, volendo, potrei anche Materializzarmi direttamente a casa»
 
Albus colse nel tono della cugina una nota di malinconia, quindi fu particolarmente felice nel poterle dare un’inaspettata e gradita notizia. Erano ormai prossimi alla stazione, la locomotiva stava rallentando e si cominciavano ad intravedere i familiari che attendevano sulla banchina figli, fratelli e nipoti. Il ragazzo riconobbe senza troppe difficoltà Ron. Non poteva sbagliarsi, per quanto fosse sorprendente che lui fosse riuscito addirittura ad arrivare in anticipo, visto che era sicuramente più comune che fossero gli altri a doverlo aspettare. Indicò con concitazione lo zio, sperando che anche lei lo vedesse.
 
«E invece ti sbagli, Rose. C’è lo zio Ron ad aspettarti»
 
«Papà??»
 
Rose non riuscì a crederci, rimase profondamente sorpresa e sbirciò oltre il finestrino per accertarsi che non fosse uno dei soliti scherzi di Albus. Vide davvero suo padre e doveva essere anche impaziente di riabbracciarla, perché si trovava il più possibile vicino ai binari, stando però ben attento a non superare i limiti di sicurezza. Era certa però avesse superato quella linea e qualche mago di sorveglianza lo avesse ripreso già più di una volta. Suo padre non sarebbe mai cambiato, aveva quarantatre anni, era un Auror affermato, ma si dilettava ancora ogni volta che ne aveva l’occasione nel comportarsi come un adolescente. Hermione lo riportava spesso e volentieri alla realtà e Rose trovò molto strano che quella mattina avesse affidato al marito l’importante compito della puntualità.
 
«Non vedo però nessuno dei miei»
 
Nuovamente la voce di Albus la distrasse dai suoi pensieri e la lasciò perplessa. Rose, insieme al cugino, cercò di intravedere gli zii attraverso quel marasma di persone, ma non riusciva a scorgerli. Il ragazzo stava iniziando a preoccuparsi e lei lo notò quando nei suoi occhi verdi si spense l’entusiasmo per il loro ritorno a casa.
 
«Stai tranquillo, Al, sono certa che arriveranno presto. Avranno avuto un piccolo contrattempo, oppure hanno incaricato papà di venire a prendere entrambi»
 
Si alzò con l’ottimismo dipinto in volto, afferrò il suo pesante baule insieme alla gabbia del suo adorato gatto color latte, che in quegli anni di Scuola era cresciuto insieme a lei, e con una carezza sulle spalle invitò il cugino a fare lo stesso. L’ascoltò, afferrò anch’egli i suoi effetti personali, compresa la gabbia del suo gufo color rame che nel corso del viaggio si era appisolato. Il motivo principale però che lo spinse a darle retta fu proprio quello di scoprire dalla fonte, che in quel momento suo zio rappresentava, le ragioni dell’assenza dei suoi genitori. Albus anticipò impaziente Rose verso l’uscita dello scompartimento e poi del vagone. Erano scesi a pochi metri da Ron e quest’ultimo non impiegò molto tempo a coprire la distanza che lo separava dalla figlia e dal nipote. Ora che non c’erano più i vetri di mezzo e la distanza tra loro era minima, poté constatare che suo padre non era un’allucinazione dovuta al rovente sole di luglio, lui era reale ed era proprio davanti a lei, sorridente e felice di rivederla.
 
«Non ci credo … papà»
 
Rimase per infiniti secondi a fissarlo ancora incredula che lui avesse disatteso ogni aspettativa e le avesse riservato quella meravigliosa sorpresa. Rose posò velocemente il baule e la gabbia, prima che un caloroso abbraccio tra i due compensasse finalmente mesi di lontananza. Corse incontro a suo padre, le importò ben poco di aver concluso l’ultimo anno e di aver mantenuto lo stesso slancio di affetto che aveva all’età di undici anni. Il meraviglioso profumo di cannella che sua madre era solita spargere per casa le invase le narici, regalando una dolcissima accoglienza tra le braccia di Ron. Lui abbracciò forte sua figlia e non la lasciò libera finché non le ebbe schioccato un grande bacio tra i fulvi boccoli.
 
«Non te l’aspettavi, vero, tesoro?»
 
«Pensavo sarebbe venuta la mamma, ne ero convinta»
 
«Ho insistito per passare io e ho lasciato la mamma al suo lavoro. Non sei felice?»
 
«Certo che sono felice! Mi sembra solo strano che tu non abbia tardato»
 
Non si offese per la poca fiducia che Rose aveva riposto in lui, dopotutto la stretta che gli aveva donato era la prova inconfutabile dell’affetto che provava per lui. Ron si rivolse al nipote, non perdendo il sorriso gioioso per aver rivisto quei due giovani e scompigliò affettuosamente la sua chioma corvina. Il ragazzo diede alla cugina lo spazio per salutare il padre e nel frattempo non aveva perso l’occasione di esaminare meglio la zona circostante alla disperata ricerca dei propri cari.
 
«Ciao, Al»
 
«Ciao, zio. Tu sai per caso che fine hanno fatto i miei genitori? Mi hanno mandato un gufo proprio ieri e mi era parso di capire che sarebbero stati oggi ad aspettarmi in Stazione»
 
Ron rimase perplesso. Anche lui aveva notato l’assenza di Harry e Ginny, ma non sapeva come tranquillizzare Albus, se nemmeno lui aveva la minima idea di dove fossero il cognato e la sorella, anzi sperava che il nipote avesse qualche informazione in più.
 
«Tranquillo, sono certo non sia successo nulla di grave. Ti accompagno a casa»
 
Recuperò con un sorriso il baule di Rose, ma quando stava per fare la stessa cosa con quello del nipote, Albus glielo impedì triste.
 
«Grazie, zio, ma posso tornare a casa Smaterializzandomi, non è necessario che ti disturbi»
 
Non diede a Ron nemmeno il tempo di ribattere. Scomparve, lasciandolo profondamente contrariato e immobile davanti a quella reazione inaspettata. Fu Rose a farlo riemergere dai suoi pensieri.
 
«Papà, ma davvero non sai che fine hanno fatto gli zii?»
 
«Certo che no, Rose. Se l’avessi saputo, glielo avrei detto»
 
«Potevamo almeno Smaterializzarci con Albus, tanto abitiamo nello stesso palazzo»
 
«Assolutamente no, Rose, la mamma ti sta aspettando al Ministero e sono in auto, non c’è alcun bisogno di Smaterializzarsi»
 
Glielo disse con tutta la naturalezza e l’autorità di cui era provvisto, ma Rose non era affatto abituata a ricevere quel trattamento dal padre. Hermione era sempre stata la più indicata per quel compito, motivo per il quale non faceva alcuna fatica ad ascoltarla, Ron, invece, totalmente incurante delle regole, persino di quelle che dettava sua moglie, era sicuramente meno convincente. Rose afferrò la gabbia del suo gatto, tanto sapeva già che suo padre non l’avrebbe mai sfiorata, piuttosto l’avrebbe lasciato morire di fame in mezzo al binario 9 ¾. Non aveva mai capito tutta quell’avversione di Ron per i felini, specie quelli domestici, doveva aver avuto qualche trauma, perché non le sembrava essere allergico, ma nessuno in famiglia aveva mai avuto voglia di sciogliere i suoi dubbi.
 
«Perché? Cioè, non perché raggiungiamo mamma al Ministero, ma perché non posso Smaterializzarmi. Forse, papà, ti è sfuggito che sono maggiorenne e so come ci si Smaterializza: destinazione, determinazione e decisione. Visto come sono brava? Ma infondo sei stato troppo puntuale oggi, dovevo immaginarlo che ti saresti prima o poi dimenticato qualcosa»
 
Ron la fissò, titubante sulle parole che avrebbe potuto impiegare per risponderle, temeva seriamente di non essere sufficientemente autorevole in quel frangente per farsi ascoltare da lei. Pensò ad ogni possibile reazione che avrebbe potuto avere Hermione, ma, dato che era indeciso, optò per ignorare le polemiche della figlia e proseguire in direzione del parcheggio. Non si scomodò neppure a complimentarsi con lei per la sua ottima preparazione, perché ciò avrebbe voluto dire assecondarla. Rose lo seguì sbuffando, convinta fosse un chiaro segnale della sua disapprovazione. Stavano per attraversare il binario 9 ¾ nella direzione opposta, quando la ragazza bloccò risoluta i suoi passi, anticipandolo e provando con le suppliche.
 
«L’automobile non è un ostacolo, puoi tornare a prenderla più tardi con calma»
 
«Rose, io più tardi devo lavorare, ho solo il tempo di accompagnare te al Ministero, dopodiché tua madre mi spedisce dritto filato in ufficio per recuperare la pila di verbali che non le ho ancora consegnato»
 
«Ma allora è molto più comodo Smaterializzarsi, se devi essere il prima possibile al lavoro. Ci sei tu con me, ci Smaterializziamo insieme, anzi tu ti Smaterializzi e porti anche me. Di cosa dovremmo aver paura?»
 
Era esaltata alla sola idea di testare le sue nuove abilità magiche in compagnia del padre, insieme al brivido di poter fare uso finalmente della magia priva della Traccia che l’aveva limitata in quegli anni. Ron però non sembrava provare lo stesso entusiasmo, anzi oltrepassò prima lei e poi attraversò il muro, continuando imperterrito ad ignorare gli espliciti desideri della ragazza. Le era mancata, lo aveva dimostrato rincontrandola, eppure non si degnava di accogliere nemmeno una sua piccola richiesta, infondo non si vedevano da Natale, erano passati sei interminabili mesi. Non le restò che seguirlo, se non voleva davvero rimanere da sola in stazione. Aveva a disposizione ancora qualche metro prima di raggiungere l’automobile e lei non avrebbe di certo sprecato quel tempo, era troppo determinata ed inoltre conosceva perfettamente l’efficacia delle sue influenze sul padre. Più si avvicinavano all’esterno della Stazione Babbana di King’ Cross e più Rose si sentiva soffocare in quella ingombrante divisa. Forse non era nemmeno tutta colpa del caldo, ma anche della fatica di stare al passo del padre, lei non era alta come lui e la sua andatura le consentiva di coprire meno centimetri al secondo. Ron era chiaramente infastidito per l’insistenza della figlia ed era sicuramente intenzionato a salire il prima possibile sull’auto per farle cambiare idea. Con un piccolo sforzo lo raggiunse nuovamente. Era pieno di Babbani in quella stazione, specie a quell’ora, lì non si sarebbero sicuro potuti Smaterializzare. Posò per un istante la gabbia del suo gatto e si tolse velocemente la sua uniforme, sempre impeccabilmente abbottonata e ordinata, e la lanciò sul petto del padre per prenderlo alla sprovvista, sperando così di fermarlo.
 
«Me la tieni, per favore? Ho caldo»
 
«Se smettessi di fare la sciocchina, non soffriresti il caldo»
 
«Oh, per carità, mi sembra di sentire la mamma, quando parli così»
 
Si tappò le orecchie seria per sottolineare il suo fastidio, ma la verità era che sperava di strappare un sorriso a Ron, come ogni volta che si beffano insieme dell’atteggiamento severo di Hermione. Non successe nulla di simile però, lui ripose l’uniforme sul baule che trasportava e proseguì spedito il suo cammino. Non sapeva più come fermarlo e la magia era esclusa in un luogo che pullulava di Babbani all’ora di punta, così decise come ultimo tentativo di bloccarlo a mani nude. Si mise davanti a lui e lo afferrò per le spalle, sperando che ciò potesse bastare.
 
«Rose!»
 
Non ricevette certo un complimento da parte di suo padre per quel gesto di sfida, anzi la apostrofò talmente autoritariamente che attirò persino l’attenzione di almeno una decina di persone. Si vergognò e tentò subito dopo di moderare il tono della voce rivolgendosi alla figlia.
 
«Senti, ho promesso alla mamma che non avrei combinato guai, quindi mi aiuteresti ad evitarlo, per favore?»
 
«Ma che guai potresti combinare?? Dai, papà, ti prego. Se non mi alleno con te, sai come finisce, vero? Alla fine io non mi saprò Smaterializzare da sola e rischierei di farmi male sul serio»
 
Erano state piuttosto convincenti le argomentazioni di Rose. Era geniale quanto spavalda, sapeva sempre come ottenere ciò che voleva, specie da suo padre e soprattutto quando aveva l’illuminante idea di infondere a Ron la percezione che lei potesse essere in pericolo. Stavolta impiegò più tempo a risponderle, ma quando finalmente lo fece, sembrava essere particolarmente sicuro della sua decisione.
 
«Sei tale e quale a tua madre, quando provi a manipolarmi … ma no, Rose, te lo puoi scordare»
 
Delusa e alterata per quei continui divieti, continuò a supplicarlo persino quando lui ebbe spostato delicatamente le mani della ragazza dalle sue spalle ed ebbe ripreso per l’ennesima volta la via del parcheggio.
 
«Alla mamma cedi, perché a me no? Ho diciassette anni, non sono più una bambina!»
 
«Sei maggiorenne solo da un paio di mesi e questo non è né il momento né il luogo per darti lezioni. Desidero davvero non mettere in pericolo la vita di mia figlia, quindi dimostra tutta la tua maturità ascoltandomi»
 
«Esagerato! Come se si potesse correre qualche pericolo Smaterializzandosi»
 
«Se non si ha la giusta preparazione sì e comunque accontento molto più spesso te che lei. Sia ben chiaro che a lei cedo perché altrimenti le prenderei senza alcuna pietà»
 
«Papà, io ho l’abilitazione, ho superato regolarmente un esame»
 
Bloccò nuovamente e con urgenza i passi del padre. Con determinazione e tutta la convinzione che possedeva si rimpossessò del suo baule, evidentemente alla ricerca delle prove che le sue parole non fossero false. Ron sbuffò sfinito, in attesa che sua figlia si convincesse ad ascoltarlo.
 
«Tesoro, non è necessario mettere a soqquadro il tuo baule, mi fido che tu abbia superato brillantemente l’esame, ma cosa ti costa aspettare un paio di giorni per esercitarti?»
 
Rose ricambiò il dolce sguardo del padre con malinconia. Era talmente triste che non ebbe nemmeno voglia di rispondergli. Un sincero sorriso però partì dal cuore di Ron, gli parve di scorgere in quella ragazza ancora la bambina che era qualche anno addietro. Sua figlia aveva ragione, era cresciuta, ora era una giovane donna che, a detta dei suoi voti, aveva un brillante futuro davanti a sé.
 
 - Per fortuna da me ha ereditato ben poco -
 
«Rose, sbaglio o non ci hai mai accompagnati al Ministero?»
 
Demoralizzata, gli fece solo un lieve cenno con il capo per negare, ma Ron non desiderava che quella ragazza fosse triste per causa sua, così non perse il sorriso e provò a motivarla. Non riusciva senza pentirsi a non accogliere i desideri dei suoi figli e lui, a differenza di Hermione, cercava in qualche modo sempre di rimediare.
 
«Allora dobbiamo assolutamente rimediare. Dopo che avrai salutato la mamma, ti farò fare un giro completo del Ministero. Se dovessi lavorare, sono certo che ci penserebbe lei a fartelo visitare. Non sei felice? Dai, Rosie, fammi un sorriso, in questi mesi mi è mancato così tanto»
 
La ragazza accolse la richiesta del padre e inarcò leggermente le sue labbra.
 
«Brava, tesoro. Ma ora andiamo, anche la mamma è impaziente di riabbracciarti»
 
 
 
[Luglio 2024, 2:15 p.m/Grimmauld Place 12]
 
Albus si Materializzò con successo in compagnia del suo baule e del suo gufo davanti alla porta d’ingresso di Grimmauld Place 12. Estrasse con maestria la sua bacchetta dall’uniforme e sussurrò con naturalezza l’Incantesimo di Apertura. La serratura scattò senza alcun problema e lui poté finalmente immettersi nel lungo e tenebroso corridoio l’ingresso. Di norma avrebbe usufruito dell'interruttore, ma la tentazione di testare le sue doti magiche fuori dalle mura del Castello fu più forte, così presto un fascio di luce uscì dalla sua bacchetta, rischiarando la strada davanti a lui. Era pieno giorno, eppure alcuni punti o stanze di quella casa, forse per la vastità dello spazio, erano perennemente al buio. Era davvero gradevole essere liberi di servirsi della magia ogni volta che se ne aveva voglia, ma non riusciva a riscoprire una piena serenità senza sapere dove fosse la sua famiglia. Non gli restò che cercarli nelle numerose stanze di quell’abitazione, ma un ultimo tentativo prima di una meticolosa perlustrazione era d’obbligo.
 
«Mamma? Papà? James?»
 
Ad ogni invocazione attendeva una risposta che puntualmente non arrivava, l’unico rumore che gli ritornava era l'eco della sua voce che si scontrava con gli immensi spazi della casa. Salì l'infinita scalinata che gli avrebbe permesso di raggiungere i piani superiori, iniziando ad essere un po' angustiato. Ciò che sperò fu di trovare almeno suo fratello maggiore che, come spesso accadeva, non lo aveva sentito. James aveva l'alibi dell’estensione di quella casa, c'erano decine di stanze ed era facile che la voce si disperdesse prima di giungere a destinazione. Albus raggiunse la camera del primogenito dei Potter e la aprì con la totale noncuranza della riservatezza. Si stupì nel trovare l'ennesima stanza vuota. Si accertò persino che non fosse nascosto dietro la porta per fargli uno dei suoi soliti scherzi, invece del ragazzo non c’era nemmeno la più impercettibile presenza. Iniziò, a quel punto, a fare ipotesi: suo padre sarebbe potuto essere al lavoro, ma che sua madre si fosse persa o dimenticata del suo ritorno gli parve molto strano. Si accertò persino che la camera dei genitori fosse vuota e non ci fosse davvero anima viva o morta tra quelle mura. Perplesso, decise di lasciare i suoi bagagli nella stanza in cui dormiva e di liberarsi di quella fastidiosa uniforme per essere più libero nella sua enigmatica ricerca. Si allentò la cravatta dai colori argento-verde e si diresse nuovamente al piano inferiore, sperando che da un momento all'altro la sua famiglia rientrasse.
 
 - Ma dove accidenti sono finiti? Grazie per la considerazione -
 
Iniziava ad escludere l’eventualità che potesse essere successa qualche catastrofe, perché i suoi zii ne sarebbero stati senza alcun dubbio al corrente. Quella, in conclusione, era stata una semplice dimenticanza, forse dovuta ai mille impegni che i suoi genitori avevano nell’arco della giornata.
 
 - Ma, cavolo, persino lo zio è stato puntuale oggi! -
 
L’entusiasmo con cui era salito sull’Hogwarts Express per far ritorno a Londra si era spento all’improvviso, quando non aveva trovato l’accoglienza che si sarebbe immaginato. Riscese le scale lentamente e pensieroso, non aveva alcuna fretta, da solo non sapeva come occupare il tempo. Decise di aspettarli in cucina, dove si sarebbe quantomeno riposato dalla stanchezza del viaggio e da quel caldo totalmente anomalo che era scoppiato a Londra quell’estate. Iniziava quasi a mancargli il clima più mite della Scozia. Anche in quell’occasione impugnò la sua bacchetta, ma stavolta con la totale noncuranza dei suoi gesti e con una grande demoralizzazione.
 
«Lumos»
 
Non appena la stanza fu rischiarata, il dolcissimo sorriso di sua madre gli diede inaspettatamente il bentornato, quello che era stato tanto atteso qualche minuto prima in stazione. Qualcun altro si occupò di accendere la luce per illuminare meglio l’ambiente, ma Albus era rimasto talmente sorpreso che non riuscì a comprendere subito chi fosse stato. Si voltò, abbassando lentamente la bacchetta e ritrovò gli occhi verdi di suo padre, dietro le spesse lenti che era solito portare, già puntati dolcemente su di lui.
 
«Ehi, figliolo!»
 
Albus non seppe cosa dire, ma la torta che si trovava sul tavolo davanti a Ginny trasmetteva una chiara idea: lo stavano aspettando con una sorpresa e si erano tutto tranne che dimenticati del suo ritorno.
 
«M-mi avete …»
 
La madre sorrise per l’incredulità del figlio e lo invitò ad avvicinarsi con concitazione.
 
«Sì, tesoro, volevamo accoglierti in grande stile. So che tra due giorni ci sarà una grande festa ad Hogwarts per la consegna del diploma con musica, balli e sicuramente un sostanzioso banchetto, ma siamo tanto orgogliosi di te e ti abbiamo preparato una piccola sorpresa per comunicartelo»
 
Era rimasto totalmente senza parole, fu solo il tocco leggero di suo padre sulla spalla a ridestarlo dall’incredulità.
 
«Dai, Al, respira, credevamo ti potesse far piacere. Ti sei Smaterializzato o ti ha accompagnato lo zio?»
 
Si accorse solo dopo di aver dato probabilmente ai suoi genitori un’impressione sbagliata.
 
«Mi avete totalmente frainteso, è stata una piacevolissima sorpresa, solo inaspettata, credevo di trovarvi in stazione. Mi sono Smaterializzato da solo, ero tornato a casa per cercarvi, mi sono preoccupato»
 
«Sei grande ormai, tesoro, noi abbiamo piena fiducia in te e non l’hai affatto disattesa, se sei tornato a casa con successo»
 
Le parole dei genitori, per quanto fosse già al corrente dell’affetto che provassero per lui, lo commossero. A Ginny non sfuggì lo stato d’animo del figlio, lo avevano davvero spaventato e forse anche deluso per la loro mancata presenza in Stazione, ma la comparsa di James sulla porta non le consentì di intervenire. Fu proprio suo fratello, rimasto appoggiato allo stipite della porta, a strappargli un sorriso, rendendo superfluo l’intervento di Ginny.
 
«Dai, Albus, non c’è il tempo di commuoversi. È tutt’oggi che quella torta mi guarda chiedendomi di essere mangiata. Ho resistito fino al tuo ritorno, mamma e papà ne sono testimoni, ora non resisto davvero più»
 
«Ehi, fratellone, mi sei mancato anche tu, sai? Però non capisco, ho controllato ovunque e non vi ho trovato. Dove eravate?»
 
«Io ero sotto il Mantello dell’Invisibilità, mamma era qui in cucina ad ultimare gli ultimi preparativi prima del tuo arrivo e papà non so dove si fosse nascosto»
 
«Non mi hai trovato, perché non ero a casa. Sono passato alla Gringott»
 
Quella notizia incuriosì la moglie, che era anch’essa all’oscuro dei suoi spostamenti. Harry si limitò solo a lanciarle un’occhiata allusiva, sperando che lei capisse. In realtà a comprendere veramente che quella fosse una nuova sorpresa, per sfortuna dell’uomo, fu proprio Albus.
 
«Papà, che altro mi state nascondendo?»
 
«Assolutamente nulla. Ti va di assaggiare la torta?»
 
Lo ascoltò rimanendo con la curiosità e si concentrò sul dolce, notando più da vicino che una scritta creata con la glassa al pistacchio, per ricreare i colori dei Serpeverde, spiccava al centro della panna montata: Siamo orgogliosi di te! Da lontano non aveva notato quanto fosse bella la torta ed ora esaminandola meglio, la trovò incantevole.
 
«Mamma, è bellissima e ha l’aria di essere anche buonissima. Grazie, ma non dovevi disturbarti»
 
«Veramente, tesoro, l’ha preparata papà, io non ho fatto nulla»
 
Ginny lanciò un’occhiata al marito e ad Albus non restò che voltarsi nuovamente sorpreso verso il padre.
 
«Davvero??»
 
«Sì, avevo un po’ di tempo. Ho seguito una vecchia ricetta della nonna Molly, quindi, se non ho sbagliato qualcosa, dovrebbe essere molto buona … ma uso il condizionale, finché non la provate. Non ho cucinato molte torte in vita mia, Al, non me la sento di garantirti che sia perfetta»
 
«E allora assaggiamola! Tutt’oggi questo profumo di torta per casa che arrivava fino alla mia camera mi ha infuso una certa acquolina. Non preoccuparti, papà, se non è perfetta, non la avanzeremo di certo»
 
James si stava avvicinando impaziente al tavolo, ma la madre lo bloccò seria e fortemente contrariata per quell’atteggiamento. Aveva diciannove anni, eppure in certe occasioni, come quella nello specifico, riusciva a mostrare tutta la sua immaturità.
 
«Hai la sensibilità di tuo zio Ron»
 
«… e anche la golosità, aggiungerei»
 
Harry non si mostrò per nulla arrabbiato per il comportamento del primogenito, anzi sembrava piuttosto divertito.
 
«Grazie, papà»
 
«È un evento importante, Al, ed è giusto che venga festeggiato come si deve. Allora, proviamo a vedere se la torta è venuta bene? Jamie ha ragione, l’acquolina è venuta anche a me mentre la preparavo»
 
Era notevolmente diffidente nei confronti delle sue capacità culinarie, ma nulla avrebbe potuto rovinare l’entusiasmo che era riuscito a regalare a suo figlio.
 
 
 
[Luglio 2024, 2:30 p.m/Londra Babbana/destinazione Ministero della Magia]
 
Non era per nulla usuale per Rose entrare nella sede amministrativa del governo magico londinese. Lei in diciassette anni non ricordava di esserci mai stata e nemmeno che i suoi genitori le avessero raccontato di averla portata quando era ancora troppo piccola per rendersene conto. Essere la figlia del vicecapo degli Auror e del Ministro della Magia avrebbe sicuramente agevolato quel giorno il suo accesso. Ora che si trovava nella cabina rosso-fuoco dedicata ai visitatori, l’emozione iniziava a farsi sentire. Era particolarmente impaziente di riabbracciare la madre, ma anche la prospettiva di mettere piede in quel luogo non poteva lasciarla indifferente.
 
«Papà, perché entriamo da qui e non dall’ingresso principale?»
 
«Tesoro, qui non esiste alcun ingresso principale e non puoi entrare come se fossi una dipendente se non la sei. Da un lato forse dovresti sentirti fortunata ad avere questo accesso obbligato, o almeno io lo sarei e fosse per me entrerei tutti i giorni con la cabina»
 
Sapeva perfettamente a cosa si stesse riferendo, suo padre era solito lamentarsi per quell’ingresso poco consono. Sapeva anche che spesse volte aveva chiesto al Ministro di trovare una soluzione alternativa, ma, essendo sua moglie a capo del Ministero, difficilmente era riuscito a fare in modo che la sua richiesta venisse presa sul serio. Come sempre le ricordava, ovviamente rigorosamente senza farsi sentire da lei, non aveva mai avuto alcun vantaggio ad essere sposato con la massima autorità, anzi in caso contrario avrebbe sicuramente avuto una vita più facile. Rose, qualche passo più indietro di Ron, sorrise per quei pensieri, mentre lui componeva il numero che avrebbe trasformato quella cabina in un ascensore per scortarli direttamente nei sotterranei di Londra. Impiegarono pochi minuti, che però non trascorsero nel silenzio.
 
«Quando arriviamo?»
 
«Sei impaziente di riabbracciare la mamma o di visitare il Ministero?»
 
Rose gli sorrise, convinta che suo padre cogliesse la risposta.
 
«Tranquilla, non le dirò che l’hai fatta scivolare al secondo posto delle tue priorità»
 
«Per la verità, entrambe, papà»
 
Non ebbero l’occasione materiale per iniziare grandi discorsi, perché giunsero velocemente a destinazione. La ragazza fece appena in tempo ad aprire le porte e a mettere un piede fuori dalla cabina, quando Ron e Rose videro Hermione a pochi passi da loro, la quale si era bloccata all’improvviso alla vista del marito e della figlia. Subito l’intransigente Ministro si concesse un grande sorriso. Sua figlia le era mancata infinitamente e non vedeva l’ora che quell’ultimo anno terminasse. Non pronunciò nemmeno una sillaba e le corse incontro, incurante che le pratiche, tenute strette contro il petto, si stropicciassero. Rose fece lo stesso e quando finalmente la raggiunse, la abbracciò forte, dimenticandosi chi fosse sua madre e dove si trovassero in quel momento. Sciolsero, a malincuore per entrambe, quel caloroso contatto. Hermione la esaminò attentamente, le accarezzò i capelli all’altezza della fronte, leggermente umida per il sudore, e fece scivolare le dita sui suoi lunghi e fulvi boccoli donandole una dolce carezza.
 
«Amore mio. Come stai? Sei accaldata»
 
«Sto bene, mamma, è solo che il caldo di Londra non è quello della Scozia»
 
«No, infatti, lo ricordo bene»
 
Era più emozionata della figlia per i risultati che quella ragazza era riuscita a raggiungere al termine del suo percorso di studi e non era così sicura che sarebbe riuscita a trattenersi prima di festeggiare l’evento ad Hogwarts.
 
«Allora, tesoro, sei pronta per il diploma?»
 
«Credo di sì, mamma, ma prima …»
 
Si voltò elettrizzata verso il padre alla ricerca della sua complicità. Ron impiegò qualche istante prima di capire cosa Rose intendesse con quello sguardo, non riusciva a comprendere cosa c’entrasse lui con il diploma di Rose. Alla fine però giunse da solo alla soluzione e si rivolse con altrettanto entusiasmo alla moglie.
 
«Ah sì! A nostra figlia piacerebbe visitare il Ministero. Posso accompagnarla?»
 
Non ricevette una risposta pronta di Hermione, anzi lo fissò come era solita fare ogni volta che la sua idea era pessima o voleva far valere la sua autorità su di lui. Ron interpretò facilmente l’espressione di quella donna, ma lei la esplicitò ugualmente per essere maggiormente chiara.
 
«Ti accompagno io, Rose. Papà ora porta a casa il baule insieme al tuo gatto e poi ritorna al lavoro»
 
«Avevo previsto anche questo, non c’è problema, anche se ammetto di averci sperato fino alla fine. Hermione, un’ultima cosa prima che io vada, sai dove sono Harry e Ginny? Albus li cercava in stazione»
 
«Lo stanno aspettando a casa, desideravano fargli una sorpresa. Ron, muoviti, stai solo perdendo tempo lamentandoti»
 
Rivolse un ultimo sorriso rassegnato alla figlia, recuperò un po’ a malincuore la gabbia che Rose aveva posato sul pavimento prima di correre incontro alla madre e si Smaterializzò in uno dei tanti caminetti che si trovavano nell’atrio del Ministero. Le due donne attesero solo un paio di secondi, il tempo che lui scomparisse, prima di concentrarsi su altro.
 
«Allora, tesoro, seguimi»
 
Anticipò Rose, cercando di riacquistare la sua solita compostezza, dopo essersi abbandonata a quel momento di commozione. La ragazza seguì emozionata Hermione sull’ascensore che le scortò fino ai piani più alti. Rose non poteva ancora credere che avesse accettato di buon grado di farle visitare un luogo tanto imponente, sia per vastità che per reputazione. Percorsero insieme gli intricati corridoi del Ministero e ad ogni passo qualche mago o strega dedicava a loro un garbato saluto. Ciò che la sorprese di più non era che rivolgessero ossequi al Ministro, ma che salutassero anche lei, che in quella costruzione non aveva mai messo piede prima di allora.
 
«Mamma, ma nessuno si domanda chi io sia? Voglio dire, mi salutano senza conoscermi»
 
«Ma loro ti conoscono, Rose»
 
«Che cosa??»
 
Hermione riuscì a stento a trattenere un sorriso, intravedendo con la coda dell’occhio l’espressione sconvolta della figlia. Quella ragazza aveva avuto una reazione esagerata e proprio per questa ragione era alquanto buffa. Si affettò così a dare qualche spiegazione alla figlia, anche se sperava fosse scontata.
 
«Tesoro, ti conoscono perché io e tuo padre non facciamo altro che parlare dei nostri figli»
 
«Avete parlato a loro di noi?»
 
Non fece in tempo a rispondere all’ulteriore stupore della figlia, che un’ennesima distinta figura si era fermata incrociando il loro cammino e si era rivolta alle due donne. Da quello che Rose poté notare, doveva essere senza alcun dubbio un Auror, aveva una divisa simile a quella di suo padre, quindi era un suo collega. In quel caso l’ipotesi di sua madre avrebbe avuto un senso.
 
«Buongiorno, Ministro»
 
«Fammi una cortesia. Appena arriva, daresti per favore queste pratiche al tuo Capo?»
 
«Ma certo, Ministro, saranno senz’altro recapitate al signor Potter il prima possibile»
 
Afferrò cordialmente i documenti che Hermione gli aveva passato e prima di proseguire il suo cammino, rivolse a Rose un sorriso ed un leggero inchino con il capo.
 
«Signorina»
 
Vide quell’uomo allontanarsi, ancora un po’ incerta e sorpresa, ma soprattutto non abituata ad essere riverita in quel modo.
 
«Dovete parlare veramente molto bene di noi, se si comportano così. E credo anche che da queste parti vi stimino davvero tanto»
 
La madre si limitò a rivolgerle un sorriso, prima di aprire con un leggero tocco della bacchetta una porta blindata che aveva tutta l’aria di essere riservata. La spinse delicatamente, quanto bastava per far entrare un filo di luce, e si voltò verso la figlia.
 
«Questo è l’archivio, Rose»
 
La ragazza si affacciò per vedere meglio e ammirare le migliaia di scaffali con una infinita variante di carta riposta sopra. Da fuori non avrebbe mai detto che fosse così grande: il soffitto era talmente lontano da loro che era quasi impercettibile coglierne la fine e l’estensione in lunghezza non aveva nulla da invidiare a quella in altezza. Hermione le diede il tempo di esaminare da cima a fondo quella stanza, perlomeno a grandi linee, dopodiché provo a spiegarle.
 
«Qui si trovano tutte le sentenze che presiedo, i verbali degli Auror e tutti i fascicoli delle questioni che in questi anni hanno riguardato il Ministero. Ma troverai senz’altro anche qualcosa che riguarda gli anni in cui io non ero Ministro, non ho spostato nulla, ho lasciato tutto com’era. Capirai però, Rose, che la documentazione è talmente tanto varia, che io non ti sappia dire quale sia la prima data riscontrabile. Ho sempre presupposto fosse la data di fondazione del nostro Ministero. E sì, tesoro, se te lo stai chiedendo, è stato eseguito un Incantesimo di Estensione, questo lo so per certo»
 
La ragazza era rimasta totalmente affascinata e incantata. Dopo la meticolosa spiegazione della madre, non seppe neppure più cos’altro chiedere.
 
«Ma, mamma, una stanza così importante come la proteggete da eventuali malintenzionati? La Gringott ha misure di sicurezza impenetrabili, e qui al Ministero? Mi risulta che ci siano altrettanti oggetti di valore»
 
«Beh, Rose, non saremo la Banca dei Maghi, ma le misure di sicurezza ci sono eccome. Ad esempio, questa porta può essere aperta solo dalla mia bacchetta, riconosce il nucleo di corda di cuore di drago, quindi o mi rubano la bacchetta o altri non hanno alcuna speranza di entrare»
 
«E se ti dovessero disarmare!? Hai una responsabilità enorme!»
 
La ragazza, reduce dal suo percorso di studi, non faceva alcuna fatica ad immaginarsi le eventuali conseguenze. Riemerse facilmente alla memoria di Rose il paragrafo sul libro di incantesimi che riguardava proprio l’Incantesimo di Disarmo, spaventandola. Hermione invece le sorrise serena, facendole capire che non c’era nulla di cui preoccuparsi, lei aveva come sempre tutto controllo.
 
«Tesoro, così mi sottovaluti, hai mai visto qualcuno disarmarmi? Semmai è il contrario. Vieni, Rose, proseguiamo il giro e chiudiamo l’archivio, finché tuo padre non si degnerà di consegnarmi i verbali arretrati. Colloportus»
 
Puntò nuovamente e con disinvoltura la bacchetta contro la serratura, dopodiché invitò la figlia a seguirla con un sorriso rincuorante. Rose non seppe se tanta serenità fosse sintomo di incoscienza oppure veramente non c’era alcun possibile pericolo. Ciò che però sapeva per certo e ammetteva a se stessa era la maestosità di quell'edificio, paragonabile o addirittura inferiore forse solo al Castello di Hogwarts.
 
«Allora, Rose, hai idea della strada che vorresti intraprendere, ora che hai terminato gli studi?»
 
Quando sua madre le porse quella domanda, la ragazza era totalmente persa con il naso all’insù per seguire affascinata le direzioni dei gufi che sfrecciava rapidi sopra le loro teste, sicuramente per consegnare qualche importante documento da un capo all'altro del Ministero.
 
«Non lo so, mamma, sono ancora molto indecisa»
 
Le rispose quasi distrattamente, con la mente totalmente presa da altro.
 
«Tesoro, sai, vero, che con i tuoi voti brillanti potresti trovare impiego ovunque tu desideri?»
 
Fu quell'ulteriore domanda a far abbassare lo sguardo interessato e attento di Rose su Hermione.
 
«Anche qui al Ministero?»
 
La donna si bloccò e la fissò sorpresa. Non era certa di aver capito bene, proprio per il tempismo di quella richiesta.
 
«Certo, sì. Non me ne hai mai parlato però»
 

«C’è ancora quel posto libero all’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche? Ricordo che a Natale scorso ne parlavi con i nonni»

«Ti senti predisposta per quel Dipartimento?»

«Non lo so, però credo che aiutare le creature magiche maltrattate mi piacerebbe»

«Non ti stai facendo influenzare da me, vero? Rose, io sono immensamente orgogliosa di quello che mi stai dicendo, ma voglio anche che tu ne sia certa. Quindi accantoni le tue abilità da Cacciatrice? Non aspiri più ad una brillante carriera come la zia Ginny nelle Holyhead Harpies?»

Hermione non avrebbe mostrato alcun risentimento nei confronti della figlia, purché scegliesse il futuro da lei desiderato.

«Preferisco la carriera della mia mamma»

«Saggia decisione, non ho mai particolarmente amato il Quidditch»

La battuta di Hermione -perché di quello si trattò- strappò un grande sorriso alla figlia, rendendola maggiormente sicura, grazie all'appoggio della madre, di aver preso la decisione giusta.

 

 


[Luglio 2024, 4 p.m/Diagon Alley]
 
Lo aveva costretto, ad Albus mai, nemmeno nei sogni più inimmaginabili, sarebbe venuto in mente un pomeriggio a Diagon Alley per negozi. Poteva consolarsi, perché in quel giro folle sua madre era riuscita a coinvolgere persino il marito. La motivazione che Ginny aveva accampato era molto semplice: Harry e Albus necessitavano di abiti nuovi adatti per la consegna del diploma.

Non aveva mai visto suo padre più demoralizzato, l’espressione di quell’uomo assomigliava molto a quella del suo gufo quando, per svariati motivi, era costretto a restare chiuso in gabbia. Dovette soffocare più volte un sorriso, Ginny stava approfittando della disponibilità del marito, che sapeva bene difficilmente avrebbe declinato il suo invito. Albus distrasse per un momento l’attenzione dai suoi genitori, e in particolare dall’euforia della madre, per concentrarsi sull’ambiente circostante. Percorrendo la via, si lasciarono alle spalle decine di negozi a lui ben noti e la blindata Banca dei Maghi. Il ragazzo non riuscì a passare davanti a quella costruzione senza domandarsi cosa suo padre avesse prelevato il giorno prima, ma suppose lo avrebbe scoperto direttamente alla cerimonia che si sarebbe tenuta in giorno successivo. Quando giunsero in particolare in prossimità di una vetrina, Albus non riuscì proprio a non fermarsi. Ricordava nitidamente il pomeriggio in cui vi era entrato per la seconda volta, prima di quel momento aveva avuto l’occasione di visitare quel negozio solo in occasione dell’inizio degli studi di James e c’era ritornato quando Lily dovette comprare la bacchetta. Il ricordo in questione però riguardava lui e lui soltanto, il giorno in cui prese in mano per la prima volta la sua bacchetta.
 

Aveva appena undici anni e un turbinio di emozioni che si diffondevano in tutto il suo corpo. Per quanto sapesse cosa lo avrebbe aspettato di lì a poco, l’entusiasmo per quel momento era più unico che raro. Suo padre non aveva alcuna intenzione di allontanarsi da lui e di lasciarlo solo, anzi gli aveva posato una mano sulla spalla incentivandolo verso l’anziano negoziante. Albus prese finalmente coraggio ed attirò la sua attenzione.
 
«S-signor Olivander? Mi scusi, la disturbo?»
 
L’uomo alzò lo sguardo sul giovane futuro studente di Hogwarts e lo accolse con un sorriso soddisfatto.
 
«Albus Severus Potter. La ricordo non più alto di un soldo di cacio, devono essere passati parecchi anni»
 
Il ragazzo si voltò verso Harry, incerto su ciò che il venditore stesse farfugliando, ma il padre gli rivolse solo un rincuorante sorriso.
 
«Sono passati solo due anni, signore»
 
«Ma certo! Mi deve scusare, gli anni non mi hanno lasciato sfuggire alla vecchiaia»
 
Senza proferire ulteriore parola, Olivander si avviò un po’ lentamente per raggiungere gli scaffali alla ricerca dell’acquisto che Albus doveva fare. Li esaminò attentamente, uno alla volta, incerto su qualche prendere. Impiegò qualche minuto, prima di scegliere finalmente una bacchetta tra le tante in vendita. Tornò dal giovane mago e gliela porse in attesa che lui l’afferrasse.
 
«È Fenice, proprio come quella di suo padre»
 
Nel proferire quelle parole rivolse uno sguardo complice ad Harry e quest’ultimo dovette, come per ogni cosa nelle ultime ore, incentivare il figlio.
 
«Tesoro, coraggio, prendila»
 
Lo ascoltò e strinse nella mano destra la bacchetta che gli era stata porta. Il padre e il negoziante lo fissavano in impaziente attesa, ma Albus non riuscì a capire cosa si aspettassero da lui.
 
«Allora?»
 
«Cosa, papà?»
 
«È la bacchetta a scegliere il mago, signor Potter»
 
«Questo lo so»
 
«E ti ha scelto?»
 
Il padre, tra i due adulti, era forse il più impaziente di sapere, per quanto entrambi lo incalzassero a parlare. James, che aveva vissuto prima di lui quell’esperienza, gli aveva spiegato molto a riguarda, ma si era dimenticato di dirgli come avrebbe fatto a riconoscere la sua bacchetta.
 
«Sento … un leggero formicolio alla mano. Vuol dire qualcosa?»
 
Harry e Olivander si scambiarono nuovamente un’occhiata, ma stavolta sembravano essere più soddisfatti.
 
«Nucleo di piuma di fenice, 10 pollici, molto flessibile. Dobbiamo per caso aspettarci qualcosa di grande anche da lei, signor Potter?»
 
Olivander gli rivolse quella domanda con un leggero tono di rimprovero, ma stavolta fu Harry a rispondere al posto del giovane, visibilmente a disagio.
 
«Noi ci auguriamo che le potenzialità della bacchetta di mio figlio vengano sfruttate solo ed esclusivamente per scopi accademici. Vero, Albus?»

 
Le voci concitate dei suoi genitori lo riportarono al presente e alla sua immagine riflessa contro la vetrina di quel negozio. Non riuscì ad intravedere Olivander al bancone, ma gli piaceva credere che fosse impegnato a fabbricare qualche potentissima bacchetta, magari al pari della sua.
 
«Al! Ti vuoi muovere?! Devo già discutere con tuo padre, per favore, evita almeno tu di farmi arrabbiare»
 
Si lasciò strattonare per il braccio dalla madre, che con poca grazia e notevole fretta lo invitava a proseguire il loro cammino. Ginny lo stava trattando proprio come se fosse ancora il ragazzino che sette anni prima aveva iniziato la sua avventura ad Hogwarts.
 
 
 
[Luglio 2014, 5 p.m/ Grimmauld Place 11]
 
In quell’apparente pomeriggio di pace e tranquillità, Ron aveva deciso di rilassarsi dal lavoro dilettandosi in qualche partita agli Scacchi dei Maghi. Poco importava se nessuno in quella casa aveva voglia di fargli compagnia, le pedine magiche erano comunque un ottimo avversario per occupare il tempo. Si era accomodato sul divano del soggiorno e aveva appoggiato la scacchiera sul tavolino davanti ad esso, mentre accanto a lui Hermione si dedicava ad alcuni importanti documenti. Fu l’improvvisa irruzione di Rose a far trasalire entrambi i genitori. La ragazza era agitata e tra le mani tremanti teneva stretta una lettera.
 
«Mamma, mi devi aiutare!»
 
Era scesa trafelata dalle scale e quell’atteggiamento ad Hermione, che era concentrata sul suo lavoro, fece prendere un colpo al cuore. La donna si tolse gli occhiali spaventata e incatenò il suo sguardo in quello della figlia, sperando che lei le desse velocemente una spiegazione.
 
«Rose, che hai?»
 
«Mamma, domani ho la consegna del diploma ad Hogwarts e ho appena ricevuto un gufo dalla Preside. Dice che sono previsti balli per i festeggiamenti, ma io non so ballare, cosa faccio?»
 
Hermione tirò un sospiro di sollievo all’udire che non era nulla di grave, anzi la comunicazione della McGranitt per lei fu alquanto superflua, visto che aveva vissuto in prima persona quel momento e sapeva benissimo come si svolgeva la cerimonia e la successiva festa in onore dei diplomati. Ron, la cui attenzione era stata attirata, anticipò la moglie.
 
«Ballare? E con chi?»
 
«Non lo so, papà»
 
«L’idea della vicinanza tra te e un ragazzo non mi piace già»
 
«Ron, tua figlia ha diciassette anni»
 
«Appunto, ha ancora diciassette anni, quindi le insegno come si balla in modo conveniente, visto che non mi risulta affatto sia fidanzata come lo eravamo noi ai tempi del tuo diploma»
 
Si alzò, ignorando totalmente cosa Hermione intendesse, e si mise risoluto davanti lei, porgendole la mano. La moglie non si mosse di un centimetro e si limitò a guardare interdetta prima la mano e poi lui.
 
«Scusa ed io cosa c’entro con le tue lezioni di ballo? Non sono io a dover imparare»
 
«Devo farle vedere prima di ballare con lei ed io qui non vedo nessun altro a parte te. Mi dispiace, dovrai sacrificarti per una giusta causa»
 
«Non puoi ballare direttamente con Rose? È molto più efficace provare, invece di limitarsi ad osservare»
 
«Hermione, non fare la noiosa»
 
Scocciato per tutte quelle inutili polemiche, le afferrò la mano con la forza e la costrinse ad alzarsi. Non fece alcuna fatica ad attirarla verso di sé.
 
«Con un po’ più di grazia, Ronald! Voglio sperare che nostra figlia trovi un cavaliere e non uno sgarbato come te»
 
Ignorò quella provocazione e le tolse dalle mani tutto ciò che non sarebbe servito per ballare con lui.
 
«Metti giù gli occhiali e tutto il resto»
 
«Forse dovresti metterli tu per evitare di pestarmi i piedi»
 
«Non sei spiritosa, Hermione, le battute non ti riescono bene, lo dovresti sapere»
 
La moglie scocciata lo assecondò. Non la infastidì affatto aiutare la figlia, ma stava lavorando e di ballare con lui proprio non ne aveva voglia. Ron ignorò completamente e nuovamente il disappunto di Hermione ed iniziò la sua lezione.
 
«Ora, Rose, guarda bene»
 
La ragazza si accomodò con la schiena al tavolo dietro di lei e seguì attentamente i gesti del padre. L'uomo mise la mano sinistra a livello delle spalle della moglie, ma prima ancora che le sfiorasse la stoffa della maglietta, Hermione, che aveva capito le sue intenzioni, si oppose.
 
«Ron, ma che accidenti stai facendo? La mano va più giù»
 
Hermione gli afferrò la mano e la posizionò risoluta all’altezza dei suoi reni. Ron non approvò affatto e con altrettanta risolutezza spostò la mano in alto, sperando di aver visto male il punto in cui credeva che un ragazzo avrebbe potuto toccare Rose.
 
«Mi auguro tu stia scherzando. È fuori discussione che qualcuno metta le mani su mia figlia a quell’altezza»
 
Lei la spostò nuovamente e stavolta con una stizza che non sembrava ammettere alcuna replica. Bloccò prudentemente la sua mano, prima che a lui venisse la malsana idea di rispostarla.
 
«Ron, devono solo ballare, fattene una ragione. Ed ora stai ballando con me, quindi non c’è motivo di avere tutte queste premure»
 
Siccome con la moglie sembrava non riuscire a far vincere la sua opinione, si rivolse direttamente alla figlia con un chiaro ammonimento.
 
«Rose, io ti avverto, Schianto il primo che mette le mani dove non dovrebbe»
 
Hermione alzò gli occhi al cielo e voltò lo sguardo di Ron con due dita verso di sé per attirare la sua attenzione.
 
«Ron, dacci un taglio. Possiamo proseguire? Avrei del lavoro da sbrigare»
 
La ascoltò con piacere, prese la mano destra di Hermione e la posò con disinvoltura sulla sua spalla. Lei d’istinto la avvicinò al suo collo, ma Ron, attento com’era in quel momento ad ogni singolo centimetro, la allontanò, posizionandola più esternamente.
 
«No, Hermione, qui»
 
«E adesso quale sarebbe il problema?»
 
Non riusciva a capire nemmeno cosa avesse fatto di così sbagliato, ma la reazione del marito la fece sbuffare. Era stufa delle sue continue correzioni, come lo era delle insensate premure che cercava di trasmettere alla figlia.
 
«Rose non sfiora i capelli o il collo a nessuno, intesi? Neppure per sbaglio, questo per lei deve essere puro e semplice contatto fisico non desiderato»
 
«Sei un guastafeste, Ron, lo sai?»
 
Stava rovinando a lei per prima tutta la magia del ballo, quindi poteva solo immaginare cosa passasse per la mente della ragazza.
 
«Non mi importa, perché dal ballo ad essere fidanzati è una questione di un attimo e nemmeno ce ne accorgiamo»
 
«E questo chi lo dice?»
 
«Lo vogliamo chiedere a Krum?»
 
La zittì perplessa, senza capire per quale arcano motivo avesse rispolverato dal nulla quell’argomento. Avrebbe tanto voluto ricordargli per l'ennesima volta nell'arco di pochi minuti quanto la ragazza fosse cresciuta per mantenere quell'esagerato pudore, ma non ci riuscì, le parole fuori luogo del marito continuavano a rimbombarle nelle orecchie. Solo in apparenza era rimasta impassibile, ma Ron proseguì con la sua lezione, ignorando il sospettoso silenzio di Hermione.
 
«E gli stai ad almeno dieci centimetri di distanza»
 
Indietreggiò senza sciogliere la presa dalla moglie. Lei lo lasciò fare senza opporsi, ma solo perché era ancora concentrata sulle allusioni che aveva fatto poco prima. Ci pensò Rose, che fino a quel momento non si era mai lamentata, a ricordare al padre che stesse iniziando seriamente ad esagerare.
 
«Ma, papà, è impossibile ballare così!»
 
«Niente è impossibile, basta volerlo»
 
Hermione non nascose più le sue emozioni e lo fissò contrariata. Non alzò affatto il tono, anzi fu molto pacato, ma, purtroppo per Ron, la sua voce era anche molto profonda e severa.
 
«Hai finito di fare l’idiota o ne hai ancora per molto?»
 
«Lei non si avvicinerà più del dovuto ad alcun ragazzo, non discuto su ques ...»
 
«… perché da lì ad essere fidanzati il passo è breve, lo sappiamo, Ron, sei stato sufficientemente esplicito. Peccato che questo scrupolo ti sia venuto solo ora e non tanti anni fa»
 
Gli lanciò quella provocazione senza nemmeno guardarlo per cercare i suoi occhi, ma limitandosi ad avvicinarsi a lui per ballare come si conveniva fare. Ron non oppose resistenza, per quanto i gesti di Hermione fosse scattanti e alterati, non ci fece troppo caso però, la sua concentrazione si trovava ancora sulle ultime parole della donna che teneva tra le braccia.
 
«Che cosa vorresti dire, scusa?»
 
«Che avresti potuto applicare questa teoria al ballo del ceppo, sarebbe convenuto a tutti»
 
Gli stava per afferrare la mano sinistra per chiudere quell’argomento con la sua ultima provocante considerazione, ma lui non la accettò di buon grado e si sottrasse irritato, per poter gesticolare e avvalorare il suo stato d'animo.
 
«Tu balli con un altro e ti ci metti insieme e la colpa sarebbe mia??»
 
«Esatto, Ron. Fortuna che al matrimonio di Bill e Fleur ti sei svegliato, altrimenti saremmo ancora qui a chiederci come sarebbe potuta finire tra noi»
 
Un dubbio gli sorse e la diffidenza verso la risposta che stava cercando non tardò a farsi sentire.
 
«L’hai fatto per farmi un dispetto?»
 
«Assolutamente no, sei solo arrivato tardi, come d’altronde ti capita spesso, nessuna novità quindi»
 
«Avresti potuto aspettarmi, se ci tenevi davvero che ti invitassi io, perché alla fine, se ben ricordo, ti ho invitata»
 
«E tu quello hai ancora il coraggio di chiamarlo invito!? Non mi sono mai fidata del tuo tempismo, Ron, con te rischiavo di rimanere senza un accompagnatore»
 
«… e un fidanzato»
 
Rose aveva seguito da spettatrice silente la discussione tra i suoi genitori. Sul fatto che loro litigassero senza sapere neppure come e dove avessero iniziato non la sorprese. Ciò che invece la incuriosì fu il nome che era uscito dalla bocca di suo padre e che aveva appena dopo acceso la miccia. Li interruppe senza alcuno scrupolo e si inserì tra loro.
 
«Mamma, perché quel nome non mi suona nuovo?»
 
Ebbe appena il tempo di porgere la domanda ad Hermione e subito la pagina di un libro sul Quidditch che aveva letto recentemente si fece nitida nella sua mente. Rose sbarrò quasi spaventata gli occhi su di lei.
 
«Sei stata fidanzata con il Cercatore bulgaro Victor Krum?? Lui è uno dei migliori giocatori mai esistiti! Ma come fai ad odiare il Quidditch!? E perché vengo a saperlo solo ora??»
 
Fu il padre a risponderle e sembrava impegnarsi a spegnere tutto l'entusiasmo della figlia per quella sorprendente scoperta.
 
«Fu un periodo oscuro nella vita di tua madre, nulla che valga la pena ricordare. Per la verità con Krum il Quidditch non le è mai dispiaciuto, solo con me non ha mai voluto vedere una partita»
 
«Veramente è stato un periodo piuttosto gradevole, tolte le scenate di gelosia di tuo padre. Victor era un galantuomo, a lui piacevo davvero. E lo hai riportato tu alla memoria, non io»
 
«Che poi, se vogliamo dirla tutta, si è ridotto a pochi mesi. Era solo per fare l’esempio di quanto il ballo possa essere fuorviante con la persona sbagliata»
 
«Pochi mesi gradevoli, se posso essere sincera»
 
«Hai ragione, perché non essere totalmente sinceri con nostra figlia. Ecco, Rose, vedi perché non voglio che balli con un ragazzo, ti si frigge totalmente il cervello e per una come tua madre è un evento più unico che raro. Non vorrei mai capitasse lo stesso a te»
 
Per sfortuna di Ron, lei lo teneva ancora tra le sue grinfie, perciò gli fu particolarmente facile tirargli una manata sulla spalla, proprio all'altezza del punto in cui le aveva ordinato di tenere la mano.
 
«Che c’è? Ho detto solo la verità!»
 
«Ora le dico io la verità. A tuo padre si è fritto per molto meno, è stato sufficiente che una gli si buttasse tra le braccia per innamorarsene»
 
«Non ero innamorato di Lavanda»
 
«A me hai sempre dato un’altra impressione»
 
Rose non ne poteva già più dei loro battibecchi, in quei momenti avrebbe senza dubbio preferito soggiornare ad Hogwarts per l’eternità, invece non avrebbe più ricevuto la grazia di riscoprire la pace di quel Castello. Per sedare quella lite sfoderò con eleganza la sua bacchetta dalla tasca. L’idea di fare qualche incantesimo sui suoi genitori e avere finalmente il potere di impedire quei numerosi contrasti le passò per la mente. Sorrise da sola per quei pensieri, infondo non avrebbe fatto loro alcun male, anzi alla fine forse l'avrebbero persino ringraziata. Si limitò ad accendere la musica, sperando che ciò fosse sufficiente, anche se avrebbe sprecato almeno una decina di utili incantesimi.
 
«Che ne dite di ballare per farmi vedere? Se è vero che il ballo è una dimostrazione d’amore, non avrete alcun problema voi»
 
«Certo che no»
 
Ron accolse ben volentieri l'invito della figlia e con aria di sfida attirò a sé Hermione.
 
«Ronald, con delicatezza»
 
Indugiò, ma non a causa delle raccomandazioni della moglie, quanto piuttosto per avvalorare con quel gesto il suo unico ed esclusivo diritto a stringerla tra le braccia. Ciò che si erano detti però lo bloccò, tanto da impensierire anche Hermione che rimase a fissarlo in attesa di una sua mossa.
 
«Che c’è, non ricordi più con quale piede devi partire?»
 
«No, quello lo so, ciò che invece non so è perché non ti ho invitata prima al ballo, visto che mi piacevi … ed anche molto»
 
«Forse non avevi il coraggio?»
 
«Mi stai giustificando?»
 
«Ron, eravamo molto giovani, forse troppo per dichiarare così apertamente i nostri sentimenti. Dai, finiscila di pensare al passato e aiutiamo Rose, domani deve affrontare un giorno importante»
 
Si strinse maggiormente a lui, convinta che si sarebbe deciso a dare inizio a quella dimostrazione per la figlia, invece non mosse nuovamente un passo.
 
«Sentimenti che hai dichiarato a Krum, però»
 
«Io non ho dichiarato proprio nulla a Victor»
 
Si erano totalmente e nuovamente dimenticati della presenza di Rose nella stanza, ma lei non tardò a far sentire le sue polemiche per quella fastidiosa discussione.
 
«Possibile che ogni pretesto sia buono per litigare?»
 
Stavolta però suo padre ebbe la risposta pronta al disaccordo della figlia. Con un sorriso Ron lasciò libera la moglie ed afferrò senza troppi preamboli la mano della figlia, prendendola totalmente alla sprovvista.
 
«Hai ragione, allora ballo con te, così non discuto più con la mamma»
 
«Papà, mamma ha ragione, non hai grazia. Se un ragazzo mi costringesse a ballare come hai fatto tu, io che faccio?»
 
Ron rimase perplesso davanti a quella domanda. Si voltò persino verso Hermione, ma lei, come avrebbe dovuto aspettarsi, aveva inforcato nuovamente gli occhiali, impaziente di riprendere il suo lavoro. L'aveva lasciato da solo ad adempiere a quell'arduo compito.
 
«Tu manda da me quel ragazzo così intraprendente, penserò io a lui»
 
Rose sapeva perfettamente che il cuore di suo padre era buono e non avrebbe mai infierito su qualcuno, indipendentemente dall'affronto subìto. Gli sorrise e si preparò a lasciarsi guidare da lui. Ron assecondò senza troppi problemi il volere della ragazza e mossi i passi che aveva indugiato con la moglie. Lo aveva forse fatto con troppa scioltezza, convinto che la figlia sarebbe riuscita a stargli dietro, invece aveva avuto torto. Aveva decisamente affrettato quelle lezioni raggiungendo troppo presto un livello avanzato e se ne accorse quando per poco Rose non inciampò nei suoi piedi, sincronizzando male i loro passi.
 
«Papà, rallenta, ti prego, io non sono la mamma, non ho mai ballato»
 
«Hai ragione, tesoro, scusami»
 
«Mi sa che tu e la mamma dovrete farmi rivedere, magari muovendo piano i passi»
 
Padre e figlia si voltarono contemporaneamente verso la diretta interessata, sperando in un suo ulteriore aiuto, ma lei negò preventivamente senza nemmeno alzare lo sguardo dai fogli e non lasciando a loro il tempo di rivolgerle esplicitamente quella richiesta.
 
«Scordatevelo»
 
Ron, davanti alla negazione della moglie, era mortificato con quella ragazza in difficoltà.
 
«Mi dispiace, Rosie, dovrai accontentarti di me. Ma non è complicato, stai tranquilla, riproviamo a partire lentamente con la destra, cosa dici?»
 
«Infondo se c’è riuscito tuo padre, non vedo perché tu non dovresti»
 
Si ostinò a non alzare lo sguardo su di loro, ma imperterrita non rinunciò a rendersi partecipe a modo suo. Bloccò Ron proprio quando era in procinto di ripartire, innervosendolo.
 
«Hermione, ti dispiacerebbe almeno non distrarci?! Te ne saremmo grati!»
 
Lanciò a Rose un’occhiata scocciata per via dell’invadenza della moglie, non gli importava neppure se la donna l’avesse colta oppure ignorata, in quel momento non gli andava di pensare ad eventuali ripercussioni a causa del suo atteggiamento arrogante.
 
«Ronald, invece di fare polemiche, vedi di essere efficace con i tuoi insegnamenti»
 
Con uno sforzo tentò di non ascoltare quelle provocazioni e di concentrarsi solo sulla figlia, stringendole più forte le mani per evitare di rispondere ad Hermione. Rose rimase sorpresa, non era da suo padre essere paziente e riuscire a trattenere l’impulsività.
 
«Rose, non è difficile muovendo i passi con …»
 
«No, non lo è. Glielo ha insegnato la McGranitt»
 
«Cosa??»
 
Stavolta fu Rose a bloccarsi scioccata per le parole della madre. Ron invece iniziava seriamente ad essere stufo con tutte quelle interruzioni e sbuffò non prendendosi nemmeno il disturbo di dissimulare il suo stato d’animo.
 
«Hermione, non collabori e mi ostacoli?»
 
A quel punto si alzò risoluta, stanca dell'incapacità del marito e stavolta lo strappò lei dalle braccia della figlia con poca grazia. Ron non oppose alcuna resistenza, quando sua moglie aveva quegli scatti era sicuramente consigliabile assecondarla.
 
«Quante storie. Ora ti faccio vedere io come si balla»
 
Si limitò a prendere le mani di Ron per poter mostrare a Rose i passi. Non si era nemmeno tolta gli occhiali, contava di risolvere velocemente la questione. Lui non era dello stesso avviso, la invitò ad avvicinarsi, però stavolta fu lei ad impedirgli risoluta quel gesto.
 
«Prima non doveva esserci troppa promiscuità … stai al tuo posto»
 
«Ma non con te, mi sembrava scontato»
 
Ron si voltò perplesso verso la figlia, cercando di chiederle cosa avesse fatto di così sbagliato, ma Hermione, concentrata sui loro piedi, non diede alla ragazza il tempo di dissipare i dubbi del padre.
 
«Rose, guardaci, non ti deconcentrare»
 
Hermione tentò di muovere un passo, ma senza la sua collaborazione non sarebbe andata da nessuna parte, visto che il marito restò immobile a fissare il pavimento. Alzò arrogante gli occhi su di lui, cercando di capire cosa diavolo stavolta gli fosse preso, ma incontrò solo lo sguardo assente di Ron.
 
«Cosa devo fare?»
 
«Ronald, non ho tutto il giorno, ti vuoi svegliare, per favore?»
 
«Mi respingi se provo a prenderti, come faccio a ballare così?»
 
«Due minuti fa hai fatto tante storie a tua figlia perché, secondo il tuo personalissimo parere, bisogna ballare stando lontani ed ora ammetti che così si faccia fatica a ballare?!»
 
«Mamma. Papà. Ho capito come si balla, state tranquilli. Non è necessario litigare a causa mia. Anzi, grazie. Mamma, torna pure al tuo lavoro, ti ho fatto perdere fin troppo tempo e papà, non preoccuparti, mi so difendere, ricorda che ora ho la magia dalla mia parte se qualche malintenzionato osa allungare le mani dove non dovrebbe»
 
Non diede loro nemmeno l’occasione di rispondere. Rose, come li aveva raggiunti in soggiorno, recuperò la lettera della Preside e tornò al piano superiore. La guardarono allontanarsi, finché non scomparì dietro alla parete.
 
«Sai, Hermione, credo di aver sbagliato. Dovrò preoccuparmi di più per l’incolumità del ragazzo che avrà il coraggio di ballare con lei»
 
Quell’ultima considerazione di Ron la sciolse in un sincero sorriso. Gli strinse le mani prima di lasciarle andare e tornare al suo lavoro.
 
 
 
[Luglio 2024/Consegna dei Diplomi/Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts]
 
Ron ed Hermione erano giunti ad Hogwarts da un paio di minuti e come lui aveva cercato di farle notare per tutto il tragitto, venendo più volte zittito, erano giunti in anticipo e la Sala Grande era ancora deserta. Ora la fissava provando a capire come potessero occupare il tempo nell’attesa, visto che Rose aveva già raggiunto i suoi compagni per prepararsi alla cerimonia.
 
«Ronald, è inutile che mi guardi in quel modo, ho capito da sola che siamo arrivati troppo presto. Il problema è che se non ti avessi messo fretta, saremmo arrivati in ritardo»
 
«Perché trovi sempre la scusa per far ricadere la colpa su di me?»
 
Hermione si limitò ad alzare gli occhi al cielo. Avrebbe avuto così tante cose da dire che non le parvero né il luogo né il momento più opportuni. Si limitò così a prendere posto in una delle sedie destinate ai Grifondoro. Ron la seguì un po’ titubante e non si sedette accanto a lei prima di capire con quale criterio sua moglie avesse scelto proprio quel posto. Lo vide guardarsi intorno e prontamente lo invitò con l’indice ad alzare lo sguardo verso il soffitto, dove alcuni stendardi rosso-oro solcavano proprio quell’ala della Sala. Più convinto che quelle sedie fossero riservate a loro, si accomodò.
 
«Sei nervosa?»
 
«No, Ron, come sempre, sei tu a farmi innervosire»
 
Non osò replicare, per qualche strana ragione Hermione era arrabbiata con lui. Non ci fu comunque il tempo di approfondire la questione, perché dei passi in avvicinamento attirarono l’attenzione dei due coniugi.
 
«Signorina Granger, noto con piacere che …»
 
«Professoressa McGranitt, che piacere rivederla!»
 
Hermione non le fece nemmeno terminare la frase, la gioia era troppo grande per quell’incontro, benché in veste di Ministro dovesse in più occasioni interloquire con la Preside. Il motivo che aveva portato ad Hogwarts lei e il marito però non riguardava stavolta una questione di lavoro, anzi era un giorno particolarmente lieto della loro vita.
 
«La ringrazio, le ha fatto ritornare il sorriso, non sopportavo più il suo malumore»
 
Stavolta Ron non riuscì a trattenersi e la sua mancanza di controllo gli costò un caro prezzo, perché dovette incassare uno scappellotto dritto alla nuca da parte della moglie. La considerazione della McGranitt che Hermione senza malizia aveva interrotto ora divenne particolarmente appropriata.
 
«… no, non è cambiato proprio nulla»
 
«Ahia, Hermione! Ha visto in che condizioni mi trovo? L’avrebbe mai detto?»
 
«Avevo qualche sospetto sì. Allora, Rose vi ha già accennato i brillanti risultati dei M.A.G.O?»
 
«Qualcosa, ma li immaginiamo»
 
«Signor Weasley, tua figlia ti ha bagnato il naso, non ricordo tu abbia preso il diploma»
 
«Sapevo che Rose sarebbe stata più brillante di me dalla prima volta in cui l’ho vista, non è una sorpresa»
 
La Preside gli rivolse un raro sorriso, ma che racchiudeva tutto l’orgoglio possibile.
 
«Bene. Sta entrando ora il signor Potter, porgo un saluto anche a lui. Ah, signor Weasley, più tardi mi dovrai concedere un ballo, in nome dei vecchi tempi»
 
Si licenziò rapidamente per poter raggiungere il portone d’ingresso della Sala Grande e si sbrigò come poté quando notò che Harry e Ginny si stavano avviando verso l’ala sbagliata. Ron rimase particolarmente spaventato davanti a quella che sembrava essere una chiara minaccia, forse la punizione per non aver terminato gli studi ad Hogwarts. A differenza sua però Hermione non riuscì a perdere il sorriso, nemmeno quando il marito si voltò contrariato verso di lei per la sua inopportuna reazione.
 
«Ecco, così finalmente Rose impara qualcosa, Ron»
 
∞∞∞
 
«Voi siete dall’altra parte»
 
La McGranitt senza mezze misure bloccò i passi di Harry e Ginny, impedendo loro di accomodarsi.
 
«Professoressa! Noi siamo Grifondoro»
 
«Ma vostro figlio è un Serpeverde, ragion per cui siete laggiù»
 
Da buona padrona di casa, indicò ai suoi ospiti i posti a loro riservati. I due dovettero rinunciare a malincuore a sedersi accanto ai loro parenti.
 
«Allora, Albus ha una vaga idea di quale strada voglia intraprendere dopo oggi?»
 
«Auror»
 
«Cercatore»
 
Harry e Ginny risposero in coro, dando alla Preside due risposte totalmente differenti. I coniugi si guardarono perplessi, fino a quel momento non ne avevano mai parlato, per quella ragione avevano opinioni così diverse.
 
«Forse è il caso che lo chiediate a lui, sta arrivando»
 
Compresa la situazione, la McGranitt si congedò anche da loro. Harry si voltò verso il figlio, mentre Ginny, sfiorando con dolcezza la spalla al marito, decise di lasciare a lui il compito di parlare con Albus. Padre e figlio rimasero soli ad affrontare quel dialogo.
 
«Papà, mi sistemi, per favore, la cravatta? Sono un po’ agitato e secondo me il nodo è storto»
 
Harry non se lo fece ripetere e con un sorriso lo aiutò. Reduce dalla domanda inaspettata della Preside sul destino del figlio, prese coraggio e cercò di trattare con lui quel delicato argomento nel modo migliore possibile che conoscesse. Infondo non ci sarebbe stata occasione migliore della consegna dei diplomi.
 
«Sai, Al, io non ho mai vissuto il giorno del diploma in prima persona, ho partecipato solo a quello di tua madre e tua zia, però so cosa vuol dire dover scegliere del proprio futuro e ricordo che fu una decisione importante per me. Quindi, se dovessi avere qualche dubbio, sai che puoi contare su me e la mamma, vero?»
 
«Certo, papà, ma io so già quale sarà la mia strada»
 
«Davvero?»
 
Continuò a sistemare la cravatta, attendendo impaziente una risposta da parte di Albus, il quale sembrava tutto tranne che a disagio. Harry invece iniziava ad avere qualche difficoltà a disfare e riannodare il nodo di quella cravatta, era emozionato alla sola idea di scoprire finalmente i desideri di suo figlio.
 
«Vorrei tanto diventare un esperto Magizoologo, come Newton Scamander»
 
Quella rivelazione gli fece perdere il filo del nodo. Lo fissò incredulo, si sarebbe aspettato qualunque mestiere, ma non quello.
 
«Un M-Magizoologo?»          
 
«Sì. Tu dici che possa avere qualche possibilità? In Cura delle Creature Magiche ho “O”»

«In Cura delle Creature Magiche hai “Oltre Ogni Previsione”??»
 
«Sì, è un male?»
 
La strana reazione del padre lo sorprese, ma Harry non era affatto deluso, continuava ad essere enormemente orgoglioso di lui, fu solo per lui una notizia mai immaginata. Gli sorrise amorevolmente quando si accorse di avergli dato un’impressione totalmente sbagliata.
 
«Affatto, figliolo. Credevo solo che con una bacchetta potente come la tua aspirassi a qualcosa di maggiormente …»
 
«… attivo o pericoloso? Come ad esempio l’Auror? Ti sei offeso?»
 
«No, anzi. Hai scelto un mestiere molto più sicuro ed io posso solo che essere più sereno … anche se, se non erro, qualche creatura pericolosa c’è in giro. Cerca di non far stare in pensiero la mamma e di essere prudente, mi raccomando»
 
Albus gli rispose con un rincuorante sorriso, ma era certo di avere il totale appoggio dei suoi genitori. La curiosità però prese presto il posto di qualsiasi altra emozione, quando il padre estrasse dalla tasca dei pantaloni una spilla che attaccò alla cravatta appena sistemata. Il ragazzo abbassò lo sguardo, afferrò la stoffa e cercò di capire più da vicino di cosa si trattasse. Nell’esatto momento in cui lo comprese, alzò gli occhi lucidi su Harry, il quale era certo che il figlio avrebbe gradito.
 
 «Anche se non sarai un Cercatore professionista come la mamma o un Auror come me, per noi sarai sempre un campione»
 
Era un semplice cimelio di famiglia che James e Lily Potter avevano lasciato in eredità ad Harry, ma per Albus significava davvero molto, forse più dell’effettivo valore materiale dell’oggetto. Si erano talmente concentrati sulla loro conversazione che non si erano neppure accorti di quanto la Sala Grande si fosse riempita di famiglie, per la maggior parte da Harry conosciute, e di ragazzi pronti a ricevere il loro diploma, compresa Rose. La profonda voce della McGranitt segnò l’inizio della cerimonia e per molti le sue parole furono un tuffo in un passato lontano, soprattutto per i genitori dei ragazzi che avevano terminato il loro percorso di studi.
 
«Do il benvenuto a tutti alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts»
 
Sembrava essere l’inizio di un qualunque anno, invece per Rose e Albus era semplicemente l’inizio di una nuova vita.
 
 
 


Ciao a tutti, cari lettori e care lettrici!
 
Mi ero ripromessa di non scrivere mai più una OS così lunga, ma le idee c’erano e anche qualche pressione (vero MagiaOscura? <3) … mi rendo conto che potrebbe annoiare ed io non sono certo una perfetta intrattenitrice :D Se siete arrivati a leggere fin qui per me è già una conquista, grazie di cuore! <3
 
Concedetemi di ringraziare MagiaOscura, che, a parte gli scherzi, mi supporta e le mie meravigliose fanciulle HarryPotter394, Shanley, Longriffiths, Inzaghina, MaryS5, happygabbana e Chiara_05 <3 La dedico a tutti voi! Spero di non aver dimenticato qualcuno, ma, nel caso, sappiate che sono grata a tutti coloro che spendono anche solo un minuto della loro giornata sulle mie storie! <3
 
Baci
-Vale
   
 
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