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Autore: _Lakshmi_    18/04/2019    2 recensioni
Quando Eros scocca una freccia, la vittima del suo diletto s'innamora inevitabilmente della prima creatura scorta dai suoi occhi, trasformando l'interesse in un morboso, malsano sentimento. Se sia vero o no, ancora non l'ho ben compreso, visto che simili pulsioni sono lontane dalla mia natura.
Però, da questa storia, ho capito che l'amore può anche sgrezzare l'animo di un guerriero millenario, abituato al massacro e al piacere più volgare, innalzandolo oltre la pura carnalità.
E tutto grazie ad un uomo folle, che è riuscito a vedere il mondo con occhi diversi da quelli di un qualsiasi altro mortale o divino.

[AresxAlectryon]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Primo Capitolo

Primo Capitolo:

Mattina


[Invadesti fin da subito i miei spazi,
con la tua sola presenza odiosa
]


Il mio primo errore;


    Ero cresciuto nella superbia e nell'egoismo, curato appena da ninfe più impegnate con mio padre che con me; ancora adesso, se ricordo quei tempi passati, sento i loro richiami preoccupati al pari lontani echi, proprio come li sentivo al tempo mentre correvo indisturbato nella natura, con quella stessa libertà che tu avevi tanto desiderato.
Quante volte ero caduto. Quante volte volte mi ero rialzato. Quante volte avevo fatto frustare le mie tutrici per negligenza.
In quella vita selvaggia, non ebbi modo di conoscere l'empatia, la pietà o altri buoni sentimenti che accomunavano gli animi deboli.
Per questo, quando ti vidi sulla soglia dell'Accampamento, non provai altro desiderio se non quello di umiliarti: volevo sfregiare quel bel viso e quel bel corpo tanto decantati da Zeus, volevo ridurti ad una semplice macchietta inerme.
Ti trascinai per la lunga chioma castana fino all'arena dei combattimenti e lì ordinai ai miei seguaci di trattarti con le dovute attenzioni. Solo in seguito mi raccontasti tutte le oscenità vissute in quei lunghi, eterni momenti, dal taglio dei capelli, fino al denudamento.
Beh, ti saresti meritato anche di peggio.
Mi sedetti sugli spalti in mezzo agli altri Makhai, attendendo con trepidazione la tua morte.

« Chi è quel ragazzo?» Pόlemos, che aveva preso posto accanto a me, sembrò stupito -e vagamente affascinato- alla vista di un così grazioso ragazzo in un covo di guerrieri temprati e sfregiati dalla guerra.
« Qualcuno che morirà presto.» risposi senza distogliere gli occhi cremisi dal tuo corpo statuario.

Sì, è vero, la tua bellezza aveva fatto breccia nel mio interesse, ma per altri motivi: non avevi i tratti dolci ed effeminati di Ganimede, bensì i tuoi occhi erano sottili, tipici delle tribù barbare, così come il resto del viso affilato, la carnagione baciata dal Sole e la tua bassezza, che non era mai riuscita a toccare neppure la mia spalla.
Possederti, equivaleva possedere interi territori inesplorati, selvaggi, ancora senza un padrone.
Questa era la tua vera bellezza.


[Desiderai ucciderti,
desiderai scagliarti nel Tartaros con le mie stesse mani
]


Il mio secondo errore;


    Una volta, mentre eri concentrato a seguire con lo sguardo il volo circolare di un gabbiano, iniziasti a farneticare qualcosa sul fatto che, secondo te, avevo l'animo di un bambino, tanto feroce e sanguinario quanto estremamente ingenuo e semplice: per questo, in quell'ormai lontano giorno, dopo aver contemplato a lungo la tua armonica danza con cui avevi mietuto vittime su vittime, non ero riuscito a frenare l'istinto.
Ma tra noi due, l'unico che si atteggiava da infante in cerca di attenzioni eri proprio tu.
Piombai improvvisamente nell'arena, richiamando scudo e lancia, pronto più che mai a versar il tuo sangue che tanto mi aveva attirato; calpestai i cadaveri degli sconfitti, balzai davanti ai tuoi occhi, mirai al tuo ventre.
Ma fendetti unicamente grigio fumo.
Riprendesti forma corporea pochi attimi dopo in perfetto equilibrio sulla mia lama, sfoggiando un sorriso sfacciato.

« Lurida puttana.» ringhiai feroce, credendo di incuterti timore, ma ispirai solo il tuo divertimento.
« È Halaktrya, mio Signore.»

In risposta a quell'evidente scherno, grugnii cupo e provai ancora una volta a colpirti, ma saltasti elegantemente alle mie spalle, bruciandomi addirittura il mio lungo mantello cremisi con bianche fiamme generate dal tuo stesso cuore.
A quel punto nulla più frenò la mia ira: iniziai ad attaccare in modo serrato, brutale, bestiale. E tu, prezioso divertimento di Zeus, mi dimostrasti di essere un degno combattente, capace di tener testa persino ad un dio.


[Però,
al primo confronto con la tua pazzia
]


Il mio terzo errore;


    Con le ginocchia ben premute contro i tuoi fianchi, strinsi le mani callose attorno al tuo magro, delicato collo, pregustandomi già la dolce fine dello scontro. Mi chinai per ascoltare i tuoi ultimi, sofferti respiri, socchiusi gli occhi per assaporare la morte scorrermi tra le dita.
Tuttavia, quell'attimo idilliaco fu disturbato da un possente battito di ali che sferzò il mio viso.

« Pa'! Ci sono le tanto guardie di nonno Zeus davanti all'accampamento. Cosa tanto faccio?»

Allentai un poco la presa e fissai con estremo odio il mostruoso Deimos, mio primogenito, giunto a portare notizie. In effetti, mi ero dimenticato che non eri un semplice soldato o un prigioniero di guerra, bensì un traditore che aveva offeso le divinità.

« Alzati.»

Al mio ordine, Deimos si sollevò immediatamente da terra sui suoi zoccoli caprini, mostrandosi in tutta la sua deformità: la nera carnagione si completava in gigantesche ali corvine arcuate, che riuscivano a creare un'ombra terrificante sul resto del corpo ingobbito, risaltando la luminosità inquietante ed innaturale degli occhi cremisi, unico colore oltre la scomposta chioma d'un rosso scuro, mia eredità.
Era deforme e storpio, aveva difficoltà ad esprimersi, ma era anche un combattente eccezionale e un valido soldato.
Quando lo difesi davanti a te la prima volta, i tuoi occhi smeraldini furono colti da una luce insolita, donandoti un'espressione decisamente sorpresa.

Ares, il dio degli aspetti più violenti della guerra, è un padre migliore di molte altre divinità.” avevi pronunciato quelle parole con una leggera nota malinconica, decisamente in disarmonia con quel tuo sorriso naturale che sempre adornava le tue labbra quando eri al mio fianco.

« Chi comanda le guardie?»
« La tanto zia Athena. Mi sembra tanto arrabbiata.»

Allargai un ghigno divertito, addirittura feroce. Mi alzai in piedi, liberando il tuo corpo posseduto nel frattempo da violenti spasmi di tosse dopo interi attimi di apnea.

« Dobbiamo darle un caloroso benvenuto.»


[Mi ritrovai disarmato,
totalmente conquistato dal tuo folle ingegno
]


Il mio quarto errore;


    Fissai mia sorella dalla cima delle mura che delimitavano l'Accampamento militare: anche un occhio disattento avrebbe notato il suo amore nei tuoi confronti, o comunque quella strana importanza che ti riservava; ciò fece scattare in me un sano spirito di competizione e, per dimostrarle che avevi già un padrone, poggiai una mano sulla tua spalla.
Mi compiacqui nel vedere il suo sguardo assottigliarsi in un'espressione di puro odio: lei aveva sempre avuto tutto, aveva sempre vinto tutto; ed ora desiderava anche te.
Sciocca ragazzina.

« Athena. Ritira i tuoi uomini.» strinsi ancor di più la presa, arricciando la stoffa del mantello che ti avevo donato per coprire il tuo nudo corpo.
« Lui appartiene a nostro Padre. Restituiscilo.»

Per te concorrevano addirittura tre divinità: per il nostro egoismo, avevi acquisito un valore paragonabile solo alla sventurata Mela d'Oro.
Il tuo succo, però, era infinitamente più invitante e proibito.

« Alectryon è un mio soldato: ha scelto di convertirsi al mio culto. È una mia proprietà. Solo a me spetta punirlo.»

Stranamente, anche se ti lamentavi per ogni più piccola sciocchezza, non protestasti mai per la grecizzazione del tuo nome: inizialmente affermasti che ti piaceva il suono della mia pronuncia; in seguito, in un momento più intimo, mi confessasti che quel mio errore per te fu significativo quanto un secondo battesimo, una seconda nascita.
Così, per me, quello diventò a tutti gli effetti il tuo nome.

« Non ha prestato alcun giurament-...»
« Ha giurato di servirmi. Lui ormai è mio, neppure nostro padre può spezzare un voto solenne.» la mia voce sovrastò quella della dea della Sapienza: non avevo alcuna intenzione di cederle l'ambito trofeo, tanto che ormai non mi interessava nemmeno più la realtà dei fatti o la pura falsità.

Io dovevo averti.
Dicevi sempre che ero un pessimo sportivo: amavo vincere e, in caso di sconfitta, ti sfidavo e ti sfidavo ancora fino a primeggiare sulla tua stanchezza.
Avevi perfettamente ragione.

« Ritira i tuoi uomini, Athena. È l'ultimo avvertimento.»

Lei cercò comunque qualche traccia di assenso o di menzogna nei tuoi occhi, ma tu eri assolutamente impassibile, assolutamente fedele al padrone di quelle unghie che ormai ti avevano lacerato la carne.

« Tu menti, Ares!» urlò alla fine indignata, avanzando di un passo.
« Vuoi una dimostrazione?»

Al cenno della mia mano, dalle ombre dei soldati scelti di Zeus si materializzarono diversi spiriti della battaglia; Deimos stesso partecipò al massacro, paralizzando nel terrore i nemici con un solo battito d'ali, per poi far rotolare a terra le loro teste grazie ai suoi artigli affilati, degni di una fiera.
Mia sorella ripiegò a dar ordini agli arcieri perfettamente schierati nel bosco, ma in quel frangente scardinasti ogni sua ambizione.
Un gracchiante crepitio giunse alle sue orecchie: si voltò quel tanto che bastava per scorgere le alte, bianche fiamme divine divorare la sterpaglia, gli alberi, i corpi dei guerrieri e persino ogni altra macchina da lei ingegnata per contrastare la mia forza bruta.
In un attimo, tu le avevi distrutto ogni suo piano. In un attimo, riuscisti a conquistarti totalmente la mia stima.

« È tutto vero, divina Athena: la mia vita e la mia morte appartengono solo ed unicamente ad Ares, divinità a cui sono devoto.» la tua voce sicura riuscì a sovrastare le grida di dolore, gratificando il mio animo e il mio ego « Nessun altro può reclamarmi.»

E sull'eco di quell'ultima parola, Athena dovette accettare la propria sconfitta.


[Tanto che non riuscii a compiere quella che chiamano “Giustizia”]


Il tuo primo errore;


    Ero troppo esaltato per pensare alle conseguenze delle mie azioni: ancora, al solo chiudere delle palpebre, ero in grado di scorgere la disfatta sul viso battagliero di Athena; e ciò mi appagava, mi rinvigoriva, mi faceva sentire invincibile.
Quasi mi dimenticai di essere seguito, fino a che non mi ritrovai solo con te nella mia tenda: al momento, sentivo unicamente il bisogno di possedere una schiava qualsiasi, di sfogare nel sesso ogni tensione provata, e la tua presenza era di troppo.
Ormai non mi servivi più.
Schiusi le labbra per annunciare il congedo, ma giunse prima la tua voce.

« Tu non pensi mai due volte prima di agire, vero?» sospirasti affranto, avanzando in quello spazio decisamente povero, rude quasi quanto il proprietario.
« Cosa?» fui sorpreso da quell'improvviso rimprovero, che mi smorzò notevolmente l'entusiasmo.
« Non ho prestato alcun giuramento, niente mi vincola a te, infatti posso ancora fuggire per tornare tra le braccia di Athena. E tu cosa faresti a quel punto?»

Dalla sola osservazione, avevi compreso immediatamente i miei punti deboli. E già al tempo, ti eri piazzato nella lista.

« Ti ucciderei.»
« Già, ovvio. Ma le altre divinità? Ti immagini le grasse risate per la tua ennesima magra, magrissima figura?»
« Tu vuoi morire.»
« L'ennesima vittoria di tua sorella e di tuo padre. Beh, poco male, ormai ci sarai abituato.» la tua voce divenne affilata quasi quanto la lama di una spada.

Ciò fu abbastanza per eccitare il mio animo sanguinario.
Riuscisti a schivare la prima carica, ma non la successiva, fulminea presa al collo che ti scaraventò contro la superficie lignea del tavolo.
Per me era giusto concludere la questione dove l'avevamo interrotta durante il combattimento: ti avrei strangolato per poi sfregiarti, deturparti, così da strapparti quella bellezza tanto fastidiosa.
Dopotutto, eri solo la dannata prostituta di mio padre.
Sul suono tintinnante delle coppe vuote di vino che cozzavano l'una con l'altra cadendo al suolo, tuttavia, le tue dita strinsero con vigore la mia mossa chioma cremisi; non ebbi il tempo di riflettere sul motivo di quel gesto, visto che fui sopraffatto da un gesto ancor più irrazionale.
Un bacio.
Incontrai le tue labbra in un bacio passionale, decisamente impulsivo e travolgente, che seppe annientare ogni mia difesa, ogni mia ostilità. Anzi no, da parte mia non ci fu nemmeno il faticoso tentativo di contrastare una simile, folle pulsione.
Così, senza neppure riflettere su quel che stavo facendo, affossai le unghie nel tuo magro collo per strapparti un gemito strozzato, prima di allentare la presa ed avventarmi con la ferocia di un predatore affamato sulla tua gola arrossata, scoperta. Leccai, assaggiai, morsi quella carnagione calda, pulsante d'eccitazione, trovandola incredibilmente invitante e desiderandone ancora.
Ti sovrastai, impaziente: volevo renderti solo mio.

« Pa'! Ti ho portato le schiave come mi avevi tanto chiesto!»

Ma la voce squillante di Deimos mi riportò violentemente alla realtà.

« ... Ah? Vuoi tanto stare da solo con lui? Lo sai che io non ti tanto giudico, insomma, è normale sentirsi attratti da un altro uomo... penso.»

Perché non mi hai respinto?”, mi domandasti una notte, disturbando, come molte altre volte, il mio sonno con i tuoi sciocchi dubbi.
Non lo so, Alectryon.
Per il mio letto sono passate migliaia di donne. Ma un solo, unico uomo.
Andavi particolarmente fiero di questo tuo primato, tanto che lo difendevi addirittura con velati sprazzi di gelosia quando, ai ricevimenti, Ganimede si avvicinava per parlare: eri divertente, lo devo ammettere, anche se tutte le tue fatiche erano inutili, visto che tu eri come il Sole, centro dei miei interessi.
Il mio Sole.

« Anzi, Pa': io ti tanto supporterò sempre. Ecco, era questo quello che volevo tanto dire.»

Fino a quel momento ero sempre stato avverso alle divinità che si concedevano a qualsiasi creatura vivente, animale o vegetale, di qualsiasi genere. Eppure, per colpa tua, dovetti scardinare in parte questa mia convinzione.
La prima di molte altre.

« Deimos... vattene.» la mia voce roca vibrò nel silenzio, riportando all'ordine l'animo decisamente infantile del Daimon del Terrore « E porta con te quelle puttane. Fanne ciò che vuoi.»

I miei occhi cremisi, attratti da un improvviso movimento, si spostarono allora sul tuo corpo: pensavi, infatti, che ti avrei congedato e ti stavi preparando ad andartene.
Sogghignai divertito.

« Tu, Alectryon, rimarrai qui.» pronunciate con accurata lentezza queste parole, in particolare il tuo nome, mi gustai la totale sorpresa sul tuo viso « È la giusta punizione per ciò che hai fatto.»

Avevi fatto un evidente errore di calcolo: non mi era mai interessato il parere della mia famiglia; agivo unicamente secondo il mio egoismo, secondo le pulsioni del mio animo.
Ma tu questo già lo sapevi.


[E ti lasciai in vita,
preferendo vivere ogni giorno le prime luci del nostro sacro rapporto
]








Fine Primo Capitolo!


Angolo dell'Autrice.



Come sempre, voglio ringraziare chi ha letto il capitolo e anche chi ha recensito, mettendo in luce punti poco chiari che spero siano più comprensibili ora.

In ogni caso, se ci sono sviste, errori o altro, fatemelo pure notare.

Qui a seguito ci sarà una mia piccola tradizione, visto che a voce sono una frana, a scrivere ancora peggio, però perlomeno con il computer riesco ad esprimere meglio i miei sentimenti. Quindi... nulla, spero che continuerete a seguire i miei deliri e ci vediamo al prossimo capitolo!


Un bacio da _Lakshmi_!




E siamo arrivati in quel periodo.
Quel periodo in cui si avvicina il compleanno della mia lettrice silenziosa numero uno.
Ci tengo a perpetuare questa tradizione anche quest'anno come gli altri anni perché, beh... mi sopporti nella vita reale e con il tuo sostego, le tue risate, le tue riflessioni mi sproni non solo a scrivere e modificare parti di capitolo (non assomiglia più ad Edward Cullen, vero? *faccina implorante con occhioni lacrimosi*), ma soprattutto a migliorarmi proprio come persona: può sembrare banale, ma, essendo tremendamente timida ed introversa, sapere che c'è una qualcuno che non mi prende in giro per le mie passioni e che mi è amica per quel che sono realmente, mi da quella sicurezza che a volte -troppo spesso- mi manca.

Ok.
Ho un momento feels da occhi lucidi.
Ora mi riprendo.
Non so perché lo scrivo, ma è l'una di notte, quindi va tutto bene.

Dalle medie fino ad oggi, abbiamo condiviso un sacco di momenti assieme, come ad esempio trascorrere la notte a giocare a Devil May Cry 3 o Alone in the Dark (maledetti mostri nascosti nell'acqua), fare mega maratone di anime, guardare per la millesima volta il film di Alexander, provare tè dai gusti improbabili (quello irlandese... quello me lo sogno ancora di notte) e molti altri. Sono tutti ricordi importanti perché sono veri... sinceri.

E spero che ce ne siano altri, per i prossimi anni, perché davvero... sei un'amica speciale e mi sento fortunata ad averti incontrata: non è semplice sopportarmi, lo so, però non mi hai mai fatto sentire un peso, fuori posto, quindi... davvero, grazie.

Poi, insomma, quale altra persona guarderebbe con me cartoni animati cinesi per apprezzare la bellezza e la mestrualità di zio Cheng? (No, non è vero, Jiang Cheng è un personaggio da amare, poverino). O live action giapponesi? Vogliamo davvero parlarne?
Ok, la pianto.
Forse.
Anche se, riflettendo in questo momento demenziale, devo ammettere che Alone in the Dark, il tè irlandese dal dubbio contenuto e Ares Cullen sono sullo stesso piano per quanto riguarda i miei incubi notturni.
E su questa immagine speciale, bellissima e sbrilluccicosa, ti auguro buon compleanno.


Auguri!!! (ora vado a ibernarmi in attesa di consegnarti anche il regalo che il postino mi ha tirato gentilmente nel giardino sta mattina. Ringrazio che non si sia rovinato).

  
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