Primo Capitolo:
Mattina
[Invadesti
fin da subito i miei spazi,
con
la tua sola presenza odiosa]
Il
mio primo errore;
Ero
cresciuto nella superbia e nell'egoismo, curato appena da ninfe
più
impegnate con mio padre che con me; ancora adesso, se ricordo quei
tempi passati, sento i loro richiami preoccupati al pari lontani
echi, proprio come li sentivo al tempo mentre correvo indisturbato
nella natura, con quella stessa libertà che tu avevi tanto
desiderato.
Quante
volte ero caduto. Quante volte volte mi ero rialzato. Quante volte
avevo fatto frustare le mie tutrici per negligenza.
In
quella vita selvaggia, non ebbi modo di conoscere l'empatia, la
pietà
o altri buoni sentimenti che accomunavano gli animi deboli.
Per
questo, quando ti vidi sulla soglia dell'Accampamento, non provai
altro desiderio se non quello di umiliarti: volevo sfregiare quel bel
viso e quel bel corpo tanto decantati da Zeus, volevo ridurti ad una
semplice macchietta inerme.
Ti
trascinai per la lunga chioma castana fino all'arena dei
combattimenti e lì ordinai ai miei seguaci di trattarti con
le
dovute attenzioni. Solo in seguito mi raccontasti
tutte le
oscenità vissute in quei lunghi, eterni momenti, dal taglio
dei
capelli, fino al denudamento.
Beh,
ti saresti meritato anche di peggio.
Mi
sedetti sugli spalti in mezzo agli altri Makhai,
attendendo
con trepidazione la tua morte.
«
Chi è quel ragazzo?» Pόlemos,
che aveva preso posto accanto a me, sembrò stupito -e
vagamente affascinato-
alla vista di un così grazioso ragazzo in un covo di
guerrieri
temprati e sfregiati dalla guerra.
«
Qualcuno che morirà presto.» risposi senza
distogliere gli occhi
cremisi dal tuo corpo statuario.
Sì,
è vero, la tua bellezza aveva fatto breccia nel mio
interesse, ma
per altri motivi: non avevi i tratti dolci ed effeminati di Ganimede,
bensì i tuoi occhi erano sottili, tipici delle
tribù barbare, così
come il resto del viso affilato, la carnagione baciata dal Sole e la
tua bassezza, che non era mai riuscita a toccare neppure la mia
spalla.
Possederti,
equivaleva possedere interi territori inesplorati, selvaggi, ancora
senza un padrone.
Questa
era la tua vera bellezza.
[Desiderai
ucciderti,
desiderai
scagliarti nel Tartaros con le mie stesse mani]
Il
mio secondo errore;
Una
volta, mentre eri concentrato a seguire con lo sguardo il volo
circolare di un gabbiano, iniziasti a farneticare qualcosa sul fatto
che, secondo te, avevo l'animo di un bambino, tanto feroce e
sanguinario quanto estremamente ingenuo e semplice: per questo, in
quell'ormai lontano giorno, dopo aver contemplato a lungo la tua
armonica danza con cui avevi mietuto vittime su
vittime, non
ero riuscito a frenare l'istinto.
Ma
tra noi due, l'unico che si atteggiava da infante in cerca di
attenzioni eri proprio tu.
Piombai
improvvisamente nell'arena, richiamando scudo e lancia, pronto
più
che mai a versar il tuo sangue che tanto mi aveva attirato; calpestai
i cadaveri degli sconfitti, balzai davanti ai tuoi occhi, mirai al
tuo ventre.
Ma
fendetti unicamente grigio fumo.
Riprendesti
forma corporea pochi attimi dopo in perfetto equilibrio sulla mia
lama, sfoggiando un sorriso sfacciato.
«
Lurida puttana.» ringhiai feroce, credendo di incuterti
timore, ma
ispirai solo il tuo divertimento.
«
È Halaktrya,
mio Signore.»
In
risposta a quell'evidente scherno, grugnii cupo e provai ancora una
volta a colpirti, ma saltasti elegantemente alle mie spalle,
bruciandomi addirittura il mio lungo mantello cremisi con bianche
fiamme generate dal tuo stesso cuore.
A
quel punto nulla più frenò la mia ira: iniziai ad
attaccare in modo
serrato, brutale, bestiale. E tu, prezioso divertimento di Zeus, mi
dimostrasti di essere un degno combattente, capace di tener testa
persino ad un dio.
[Però,
al
primo confronto con la tua pazzia]
Il
mio terzo errore;
Con
le ginocchia ben premute contro i tuoi fianchi, strinsi le mani
callose attorno al tuo magro, delicato collo, pregustandomi
già la
dolce fine dello scontro. Mi chinai per ascoltare i tuoi ultimi,
sofferti respiri, socchiusi gli occhi per assaporare la morte
scorrermi tra le dita.
Tuttavia,
quell'attimo idilliaco fu disturbato da un possente battito di ali
che sferzò il mio viso.
« Pa'! Ci sono le tanto guardie di nonno Zeus davanti all'accampamento. Cosa tanto faccio?»
Allentai un poco la presa e fissai con estremo odio il mostruoso Deimos, mio primogenito, giunto a portare notizie. In effetti, mi ero dimenticato che non eri un semplice soldato o un prigioniero di guerra, bensì un traditore che aveva offeso le divinità.
« Alzati.»
Al
mio ordine, Deimos si sollevò immediatamente da terra sui
suoi
zoccoli caprini, mostrandosi in tutta la sua deformità: la
nera
carnagione si completava in gigantesche ali corvine arcuate, che
riuscivano a creare un'ombra terrificante sul resto del corpo
ingobbito, risaltando la luminosità inquietante ed
innaturale degli
occhi cremisi, unico colore oltre la scomposta chioma d'un rosso
scuro, mia eredità.
Era
deforme e storpio, aveva difficoltà ad esprimersi, ma era
anche un
combattente eccezionale e un valido soldato.
Quando
lo difesi davanti a te la prima volta, i tuoi occhi smeraldini furono
colti da una luce insolita, donandoti un'espressione decisamente
sorpresa.
“Ares,
il dio degli aspetti più violenti della guerra, è
un padre migliore
di molte altre divinità.” avevi
pronunciato quelle parole con
una leggera nota malinconica, decisamente in disarmonia con quel tuo
sorriso naturale che sempre adornava le tue labbra quando eri al mio
fianco.
«
Chi comanda le guardie?»
«
La tanto zia Athena. Mi sembra tanto
arrabbiata.»
Allargai un ghigno divertito, addirittura feroce. Mi alzai in piedi, liberando il tuo corpo posseduto nel frattempo da violenti spasmi di tosse dopo interi attimi di apnea.
« Dobbiamo darle un caloroso benvenuto.»
[Mi
ritrovai disarmato,
totalmente
conquistato dal tuo folle ingegno]
Il
mio quarto errore;
Fissai
mia sorella dalla cima delle mura che delimitavano l'Accampamento
militare: anche un occhio disattento avrebbe notato il suo amore nei
tuoi confronti, o comunque quella strana importanza che ti riservava;
ciò fece scattare in me un sano spirito di competizione e,
per
dimostrarle che avevi già un padrone,
poggiai una mano sulla
tua spalla.
Mi
compiacqui nel vedere il suo sguardo assottigliarsi in un'espressione
di puro odio: lei aveva sempre avuto tutto, aveva sempre vinto
tutto; ed ora desiderava anche te.
Sciocca
ragazzina.
«
Athena. Ritira i tuoi uomini.» strinsi ancor di
più la presa,
arricciando la stoffa del mantello che ti avevo donato per coprire
il tuo nudo corpo.
«
Lui appartiene a nostro Padre. Restituiscilo.»
Per
te concorrevano addirittura tre divinità: per il nostro
egoismo,
avevi acquisito un valore paragonabile solo alla sventurata
Mela d'Oro.
Il
tuo succo, però, era infinitamente più invitante
e proibito.
« Alectryon è un mio soldato: ha scelto di convertirsi al mio culto. È una mia proprietà. Solo a me spetta punirlo.»
Stranamente,
anche se ti lamentavi per ogni più piccola sciocchezza, non
protestasti mai per la grecizzazione del tuo nome: inizialmente
affermasti che ti piaceva il suono della mia pronuncia; in seguito,
in un momento più intimo, mi confessasti che quel mio errore
per te
fu significativo quanto un secondo battesimo, una seconda nascita.
Così,
per me, quello diventò a tutti gli effetti il tuo nome.
«
Non ha prestato alcun giurament-...»
«
Ha giurato di servirmi. Lui ormai è mio,
neppure nostro padre
può spezzare un voto solenne.» la mia voce
sovrastò quella della
dea della Sapienza: non avevo alcuna intenzione di cederle l'ambito
trofeo, tanto che ormai non mi interessava nemmeno più la
realtà
dei fatti o la pura falsità.
Io
dovevo averti.
Dicevi
sempre che ero un pessimo sportivo: amavo vincere e, in caso di
sconfitta, ti sfidavo e ti sfidavo ancora fino a primeggiare sulla
tua stanchezza.
Avevi
perfettamente ragione.
« Ritira i tuoi uomini, Athena. È l'ultimo avvertimento.»
Lei cercò comunque qualche traccia di assenso o di menzogna nei tuoi occhi, ma tu eri assolutamente impassibile, assolutamente fedele al padrone di quelle unghie che ormai ti avevano lacerato la carne.
«
Tu menti, Ares!» urlò alla fine indignata,
avanzando di un passo.
«
Vuoi una dimostrazione?»
Al
cenno della mia mano, dalle ombre dei soldati scelti di Zeus si
materializzarono diversi spiriti della battaglia; Deimos stesso
partecipò al massacro, paralizzando nel terrore i nemici con
un solo battito d'ali, per poi far rotolare a terra le loro teste
grazie
ai suoi artigli affilati, degni di una fiera.
Mia
sorella ripiegò a dar ordini agli arcieri perfettamente
schierati
nel bosco, ma in quel frangente scardinasti ogni sua ambizione.
Un
gracchiante crepitio giunse alle sue orecchie: si voltò quel
tanto
che bastava per scorgere le alte, bianche fiamme divine divorare la
sterpaglia, gli alberi, i corpi dei guerrieri e persino ogni altra
macchina da lei ingegnata per contrastare la mia forza bruta.
In
un attimo, tu le avevi distrutto ogni suo piano. In
un attimo,
riuscisti a conquistarti totalmente la mia stima.
«
È tutto vero, divina Athena: la mia vita e la mia morte
appartengono solo ed unicamente ad Ares, divinità
a cui sono devoto.» la tua voce sicura riuscì a
sovrastare le grida
di dolore, gratificando il mio animo e il mio ego « Nessun
altro può
reclamarmi.»
E sull'eco di quell'ultima parola, Athena dovette accettare la propria sconfitta.
[Tanto
che non riuscii a compiere quella che chiamano
“Giustizia”]
Il
tuo primo errore;
Ero
troppo esaltato per pensare alle conseguenze delle mie azioni:
ancora, al solo chiudere delle palpebre, ero in grado di scorgere la
disfatta sul viso battagliero di Athena; e ciò mi appagava,
mi
rinvigoriva, mi faceva sentire invincibile.
Quasi
mi dimenticai di essere seguito, fino a che non mi ritrovai solo con
te nella mia tenda: al momento, sentivo unicamente il bisogno di
possedere una schiava qualsiasi, di sfogare nel sesso ogni tensione
provata, e la tua presenza era di troppo.
Ormai
non mi servivi più.
Schiusi
le labbra per annunciare il congedo, ma giunse prima la tua voce.
«
Tu non pensi mai due volte prima di agire, vero?» sospirasti
affranto, avanzando in quello spazio decisamente povero, rude quasi
quanto il proprietario.
«
Cosa?» fui sorpreso da quell'improvviso rimprovero, che mi
smorzò
notevolmente l'entusiasmo.
«
Non ho prestato alcun giuramento, niente mi vincola a te, infatti posso
ancora fuggire per tornare tra le braccia di Athena.
E tu cosa faresti a quel punto?»
Dalla sola osservazione, avevi compreso immediatamente i miei punti deboli. E già al tempo, ti eri piazzato nella lista.
«
Ti ucciderei.»
«
Già, ovvio. Ma le altre divinità? Ti immagini le
grasse risate per
la tua ennesima magra, magrissima
figura?»
«
Tu vuoi morire.»
«
L'ennesima vittoria di tua sorella e di tuo padre.
Beh, poco
male, ormai ci sarai abituato.» la tua voce divenne affilata
quasi
quanto la lama di una spada.
Ciò
fu abbastanza per eccitare il mio animo sanguinario.
Riuscisti
a schivare la prima carica, ma non la successiva, fulminea presa al
collo che ti scaraventò contro la superficie lignea del
tavolo.
Per
me era giusto concludere la questione dove l'avevamo interrotta
durante il combattimento: ti avrei strangolato per poi sfregiarti,
deturparti, così da strapparti quella bellezza tanto
fastidiosa.
Dopotutto,
eri solo la dannata prostituta di mio padre.
Sul
suono tintinnante delle coppe vuote di vino che cozzavano l'una con
l'altra cadendo al suolo, tuttavia, le tue dita strinsero con vigore
la mia mossa chioma cremisi; non ebbi il tempo di riflettere sul
motivo di quel gesto, visto che fui sopraffatto da un gesto ancor
più
irrazionale.
Un
bacio.
Incontrai
le tue labbra in un bacio passionale, decisamente impulsivo e
travolgente, che seppe annientare ogni mia difesa, ogni mia
ostilità.
Anzi no, da parte mia non ci fu nemmeno il faticoso tentativo di
contrastare una simile, folle pulsione.
Così,
senza neppure riflettere su quel che stavo facendo, affossai le
unghie nel tuo magro collo per strapparti un gemito strozzato, prima
di allentare la presa ed avventarmi con la ferocia di un predatore
affamato sulla tua gola arrossata, scoperta. Leccai, assaggiai, morsi
quella carnagione calda, pulsante d'eccitazione, trovandola
incredibilmente invitante e desiderandone ancora.
Ti
sovrastai, impaziente: volevo renderti solo mio.
« Pa'! Ti ho portato le schiave come mi avevi tanto chiesto!»
Ma la voce squillante di Deimos mi riportò violentemente alla realtà.
« ... Ah? Vuoi tanto stare da solo con lui? Lo sai che io non ti tanto giudico, insomma, è normale sentirsi attratti da un altro uomo... penso.»
“Perché
non mi hai respinto?”,
mi
domandasti una notte, disturbando, come
molte altre volte, il mio
sonno con i tuoi sciocchi dubbi.
Non
lo so, Alectryon.
Per
il mio letto sono passate migliaia di donne. Ma un solo, unico uomo.
Andavi
particolarmente fiero di questo tuo primato, tanto che lo difendevi
addirittura con velati sprazzi di gelosia quando, ai ricevimenti,
Ganimede si avvicinava per parlare: eri divertente, lo devo
ammettere, anche se tutte le tue fatiche erano inutili, visto che tu
eri come il Sole, centro dei miei interessi.
Il mio Sole.
« Anzi, Pa': io ti tanto supporterò sempre. Ecco, era questo quello che volevo tanto dire.»
Fino
a quel momento ero sempre stato avverso alle divinità che si
concedevano a qualsiasi creatura vivente, animale o vegetale, di
qualsiasi genere. Eppure, per colpa tua, dovetti scardinare in parte
questa mia convinzione.
La
prima di molte altre.
« Deimos... vattene.» la mia voce roca vibrò nel silenzio, riportando all'ordine l'animo decisamente infantile del Daimon del Terrore « E porta con te quelle puttane. Fanne ciò che vuoi.»
I
miei occhi cremisi, attratti da un improvviso movimento, si
spostarono allora sul tuo corpo: pensavi, infatti, che ti avrei
congedato e ti stavi preparando ad andartene.
Sogghignai
divertito.
« Tu, Alectryon, rimarrai qui.» pronunciate con accurata lentezza queste parole, in particolare il tuo nome, mi gustai la totale sorpresa sul tuo viso « È la giusta punizione per ciò che hai fatto.»
Avevi
fatto un evidente errore di calcolo: non mi era mai interessato il
parere della mia famiglia; agivo unicamente secondo il mio egoismo,
secondo le pulsioni del mio animo.
Ma
tu questo già lo sapevi.
[E
ti lasciai in vita,
preferendo
vivere ogni giorno le prime luci del nostro sacro rapporto]
Fine Primo Capitolo!
Angolo dell'Autrice.
Come
sempre, voglio ringraziare chi ha letto il capitolo e anche chi ha
recensito, mettendo in luce punti poco chiari
che spero siano più comprensibili ora.
In ogni caso, se ci sono sviste, errori o altro, fatemelo pure notare.
Qui a seguito ci sarà una mia piccola tradizione, visto che a voce sono una frana, a scrivere ancora peggio, però perlomeno con il computer riesco ad esprimere meglio i miei sentimenti. Quindi... nulla, spero che continuerete a seguire i miei deliri e ci vediamo al prossimo capitolo!
Un bacio da _Lakshmi_!
E
siamo arrivati in quel periodo.
Quel
periodo in cui si avvicina il compleanno della mia lettrice silenziosa
numero uno.
Ci
tengo a perpetuare questa tradizione anche quest'anno come gli altri
anni perché, beh... mi sopporti nella vita reale e con il
tuo sostego, le tue risate, le tue riflessioni mi sproni non solo a
scrivere e modificare parti di capitolo (non assomiglia
più ad
Edward Cullen, vero? *faccina implorante con
occhioni
lacrimosi*), ma soprattutto a migliorarmi proprio come
persona:
può sembrare banale, ma, essendo tremendamente timida ed
introversa, sapere che c'è una qualcuno che non mi prende in
giro
per le mie passioni e che mi è amica per quel che sono realmente,
mi da quella sicurezza che a volte -troppo spesso-
mi manca.
Ok.
Ho
un momento feels da occhi lucidi.
Ora
mi riprendo.
Non
so perché lo scrivo, ma è l'una di notte, quindi
va tutto bene.
Dalle medie fino ad oggi, abbiamo condiviso un sacco di momenti assieme, come ad esempio trascorrere la notte a giocare a Devil May Cry 3 o Alone in the Dark (maledetti mostri nascosti nell'acqua), fare mega maratone di anime, guardare per la millesima volta il film di Alexander, provare tè dai gusti improbabili (quello irlandese... quello me lo sogno ancora di notte) e molti altri. Sono tutti ricordi importanti perché sono veri... sinceri.
E spero che ce ne siano altri, per i prossimi anni, perché davvero... sei un'amica speciale e mi sento fortunata ad averti incontrata: non è semplice sopportarmi, lo so, però non mi hai mai fatto sentire un peso, fuori posto, quindi... davvero, grazie.
Poi,
insomma, quale altra persona guarderebbe con me cartoni animati
cinesi per apprezzare la bellezza e la mestrualità di zio
Cheng?
(No, non è vero, Jiang Cheng è un personaggio da
amare, poverino). O live
action giapponesi? Vogliamo davvero parlarne?
Ok,
la pianto.
Forse.
Anche
se, riflettendo in questo momento demenziale, devo ammettere che
Alone in the Dark, il tè irlandese dal dubbio contenuto e
Ares
Cullen sono sullo stesso piano per quanto riguarda i miei incubi
notturni.
E
su questa immagine speciale, bellissima e sbrilluccicosa, ti auguro
buon compleanno.
Auguri!!!
(ora vado a ibernarmi in attesa di consegnarti anche il regalo che il
postino mi ha tirato gentilmente nel giardino sta mattina. Ringrazio
che non si sia rovinato).