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Autore: T612    19/04/2019    1 recensioni
Dal capitolo 8:
Devono aver urtato i cameramen perché viene perso il segnale, quando i televisori si risintonizzano segue un chiacchiericcio confuso che si placa con la notizia che nessuno voleva sentire… e i televisori esplodono, non si parla d’altro.
“...la diretta proseguirà per tutta la notte, man mano che giungeranno altre notizie. A tuttora, le nostre fonti ci confermano che pochi minuti fa, all’arrivo al Mercy Hospital, Capitan America è stato dichiarato morto.”
[Post-TWS - Civil War ComicVerse - "Captain America Collection" di Ed Brubaker - paring: canonico + WinterWidow]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'M.T.U. (Marvel T612 Universe)'
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27 maggio 2017, Complesso degli Avengers, Upstate New York

James tamburella sul bordo della tastiera rileggendo il rapporto stilato, valutando se inserire o meno la nota a piè di pagina specificando cosa avesse provato nell’aver ucciso Will a sangue freddo… aveva ufficiosamente scoperto da Tony che Sharon era tornata in servizio, uno strappo alle regole che l’avevano costretta a sottostare alle sedute settimanali dallo psicoterapeuta per aver freddato Lukin senza battere ciglio. Alla luce di certi fattori, di certo James non desiderava ritrovarsi costretto sul lettino dello strizzacervelli, con l’ennesimo dottore che gli rimescolava la mente per comprendere i suoi ragionamenti… decidendo che poteva evitare di specificare tutto l'accaduto nei minimi dettagli, che aver ammesso con Natasha quali pensieri gli stessero attraversando la mente era da considerarsi già mezza terapia eseguita con successo, decretando autonomamente che per l’altra metà poteva lavorarci da solo eliminando Zemo dai giochi.
Salva il file inviandolo a Maria, riponendo il PC dove l’aveva trovato, aggirandosi per la sala comune alla ricerca di Stark, intenzionato a chiedere il permesso per prendere in prestito una delle sue auto per tornare a Brooklyn.
-Mi auguro per te che sia decaffeinato. -esordisce trovando l’uomo in cucina armato di tazza fumante, intento a digitare qualcosa sul tablet appoggiato al bancone.
-Si può sapere perché congiurate tutti contro di me e il mio bisogno primario di caffeina? -ribatte Tony a mo’ di saluto.
-Abbiamo solo il dovere di fartelo presente, il divieto vero e proprio è da parte di Pepper… ti disturbo? -chiede il più gentilmente possibile, la reticenza nel chiedere un qualunque favore a Tony timoroso di rompere quell’equilibrio precario instaurato nelle ultime settimane, nonostante quest’ultimo continuasse volutamente a comportarsi come se nulla fosse suggerendogli implicitamente di fare lo stesso.
-No, ammazzavo i tempi morti, tranquillo. -risponde Tony sollevando lo sguardo su di lui. -A titolo informativo, non giocare mai a Candy Crush, crea dipendenza.
-Dovrei sapere cosa sia?
-Questo. -afferma Tony indicando la partita in pausa e le caramelline digitali che ricoprivano lo schermo. -In ogni caso, cosa posso fare per te?
James rinuncia a rispondere alla domanda, avvertendo il cellulare vibrare nella tasca, facendo segno a Stark di aspettare un secondo accettando la chiamata da parte di Natasha. Ascolta impassibile la voce dell’infermiere all’altro capo del telefono, mandando in allerta Tony quando si sente sbiancare stringendo il palmare con più forza, chiudendo la chiamata inebetito mentre un ronzio sordo gli invade la testa.
-Che succede, Barnes?
-Devi portarmi all’ospedale, subito.
James si ritrova a spiegare sbrigativo cosa gli sia stato riferito al telefono, dichiarando che Petrovich aveva fatto la sua mossa, seguendo Stark in volata fino al parcheggio sotterraneo, salendo a bordo dell’Audi mentre Tony ordina a FRIDAY di tracciare il percorso più veloce per raggiungere l’ospedale.
James non ha idea di che strada abbiano percorso, i cartelli segnaletici sfrecciavano troppo veloci per decifrarli, deducendo che Tony avesse superato tutti i limiti di velocità consentiti di diversi chilometri orari, precipitandosi al banco informazioni chiedendo notizie di Natasha sbandierando il distintivo degli Avengers per evitare le domande scomode e strattonando Tony per un braccio, ringraziando mentalmente che il suo sia un volto tremendamente noto, pretendendo di parlare con un medico mentre Stark lo segue come un'ombra lungo i corridoi.
-Non sapevamo fosse una dei vostri. -esordisce il chirurgo appena uscito dalla sala operatoria, venendo immediatamente bersagliato da milioni di domande sull’accaduto da entrambi gli uomini. -Qualcuno le ha aperto la pancia in due… quasi come se volesse vedere com’è fatta dentro. Non le è stato tolto nulla, l’abbiamo ricucita e sedata.
-Che dose di sedativo e quanta anestesia le avete dato? -lo rimbecca Tony immediatamente, mentre James ribatte allo stesso tempo chiedendo se in mezzo all’intestino le avessero trovato un affarino di metallo dalle dimensioni di una pillola, guadagnandosi un’espressione stralunata da entrambi gli uomini.
-No, nulla del genere. -afferma il medico confuso, leggendo dal suo sguardo l’implicita domanda sul perché qualcuno dovrebbe avere una cosa del genere nascosta tra gli organi interni.
-Merda. -sbotta afferrando il cellulare allontanandosi di qualche passo, avviando la chiamata mentre ascolta Tony alle sue spalle discutere di dosaggi e farmaci con il chirurgo, spiegando che con ogni probabilità Natasha aveva bruciato l’anestesia in tempi record subendo l’intera operazione a vivo.
-Dimmi, ragazzo. -risponde Fury dall’altro capo del telefono, il tono palesemente teso per aver ricevuto una chiamata sul canale d’emergenza.
-Codice 041156. -ribatte laconico senza riprendere fiato. -Dimmi che non è troppo tardi, Nick.
Fury inizia ad insultare Petrovich in risposta senza tante cerimonie, mentre James avverte il rumore delle dita della spia che digitano velocemente sulla tastiera sotto la sequela di imprecazioni.
-Non è così grave, ma dovrai rispondere a parecchie domande scomode. -lo informa Nick dall’altro capo del telefono, il tono di voce che si colora di una sfumatura tra il preoccupato e il bonario. -Tu pensa a Natasha ora, mi occupo io del resto.

***

29 maggio 2017, New York-Presbyterian, New York

Natasha riapre gli occhi a fatica sul soffitto della sua stanza d’ospedale, strappandosi istintivamente la cannula dell’ossigeno per tornare a respirare autonomamente, avvertendo una fitta al ventre quando compie il movimento.
-Ferma, Nat. Tranquilla. -interviene la voce di Sam afferrandola per le spalle, costringendola delicatamente a sdraiarsi nuovamente contro il materasso.
-Nick… -gracchia in risposta lottando debolmente contro la presa di Sam. -Devo chiamare Nick.
-L’ha già chiamato Bucky. -interviene l’uomo nel tentativo di calmarla. -Ha detto che sta già limitando i danni.
-James? -chiede spaventata nel non sapere dove si trovi di preciso o quanto è rimasta incosciente, preoccupata nel non vederlo da nessuna parte. -Dov’è?
-Al Complesso, i federali sono venuti a prelevarlo a forza un paio d’ore fa, si è rifiutato di muoversi da qui finché non sono arrivato a dargli il cambio… mi ha ordinato di riferirti che ti copre le spalle mentre tu fai quello che devi fare, qualunque cosa significhi, non so se per te la cosa ha senso.
-Da quanto sono incosciente? -chiede in risposta informandosi pragmatica dopo aver avuto le conferme sperate, smettendo di ribellarsi.
-Qualcosa più di 48 ore, Stark ha fatto in modo di rifilarti una dose di anestetico sufficiente per metterti fuori gioco e lasciare che il tuo corpo si rigeneri autonomamente. -ribatte l’uomo staccandole le mani di dosso dopo aver avuto la conferma che si fosse calmata. -Diceva che probabilmente eri cosciente durante l’operazione…
-Ho subìto di peggio, sono stata cosciente solo qualche secondo, sono svenuta subito dopo. -liquida la faccenda con noncuranza, imponendosi di non riportare alla mente il picco di dolore provato quando aveva avvertito le mani del chirurgo dentro il suo intestino, decretando di avere preoccupazioni molto più importanti in quel preciso momento. -Cosa sanno i federali?
-Abbastanza da riempire l’intero piano di guardie armate per impedirti di darti alla fuga. -riferisce atono lasciando intendere di sapere più del dovuto. -E sinceramente non dovresti muoverti da qui, lo dico per il tuo bene.
-Per il vostro bene, io dico che devi lasciarmi andare. -ribatte alzandosi a fatica dal materasso mettendosi in piedi, osservando compiaciuta Sam che non si scomoda dalla poltrona per fermarla, accettando l’accordo con un cenno della testa. -Papà ha deciso di voler giocare sul piano personale, quindi dovete togliervi tutti dai piedi prima che vi facciate male.
-Bucky diceva che avresti dato un ordine del genere, mi ha fatto portare quello quando sono arrivato a dargli il cambio. -commenta l’uomo indicandole un borsone nero ai piedi del letto, mentre la donna ringrazia mentalmente qualunque divinità esistente nell’avere la certezza che James sia sempre consapevole di cosa le serva prima ancora che lei possa farne richiesta.
Natasha si china ad aprirlo prelevando un cambio di vestiti e una fiala di morfina, iniettandosi la dose in vena prima di sparire in bagno per cambiarsi, tornando vestita di tutto punto gettando il camice sul cestino più vicino. Torna a chinarsi sulla borsa sfilando il doppio fondo, afferrando lo zainetto appallottolato in un angolo, prelevando i documenti falsi e riempiendolo con le munizioni trovate. Continua la sua opera di vestizione sotto lo sguardo basito di Sam, caricando la pistola e nascondendo l’arma sotto i vestiti fermandola sul bordo dei jeans, infilando un coltello da lancio per stivale, raccogliendo i capelli in una crocchia tenendola ferma con un una lama sottile come un fuso scambiabile per un fermaglio elaborato.
-Ringrazia James. -asserisce caricandosi lo zaino in spalla tentando di non far trasparire nessuna smorfia di dolore, calciando il borsone sotto il letto ormai svuotato di qualunque oggetto mortale o contundente, sporgendosi per scoccare un bacio sulla guancia di un Sam ancora senza parole.
-Questo è l’ennesimo dei vostri piani d’azione se le cose si mettono male? -chiede accennando con lo sguardo allo zaino appeso alla sua spalla.
-Quando sei una spia, impari a non abbassare mai la guardia… puoi chiamaci paranoici. -ribadisce Natasha cercando di smorzare la tensione con l’accenno di un sorriso, mentre indossa con nonchalance gli orecchini con i pendenti contenenti le fiale di veleno paralizzante.
-Voi due non siete paranoici, siete un’associazione a delinquere. -ribatte Sam incrociando le braccia al petto in una sorta di rimprovero, osservandola mentre scrolla le spalle lasciandosi scivolare di dosso le parole appena proferite.
Natasha si lascia sfuggire un sorriso enigmatico, accostandosi alla porta calcolando il proprio raggio d’azione, individuando le scale di servizio.
-Se esci da quella porta sarai considerata una ricercata, lo sai vero? -tenta di dissuaderla Sam un’ultima volta.
-Solo fino a quando Petrovich rimane in vita, non abbastanza a lungo perché diventi un vero problema. -ribatte senza battere ciglio, accendendo il transponder scorrendo le notifiche da parte di James, aggiornandosi sulle misure e i piani preposti. -Ti voglio evitare un po’ di guai, Sam…
-Vado a prendermi un caffè, faccio finta di non averti vista. -deduce raccogliendo la giacca dallo schienale della sedia. -Fammi un favore, stai attenta e non uccidere nessuno.
-Non insultarmi, so fare il mio lavoro. -lo congeda con un finto rimprovero, osservandolo mentre si trascina dietro la guardia che stazionava alla sua porta usando la scusa di offrirle un caffè, permettendole di sgattaiolare fuori dalla camera d'ospedale senza richiamare l’attenzione di qualcuno. Tramortisce le due guardie appostate nelle scale di servizio, avvertendo i punti sul ventre minacciare di strapparsi, decidendo volutamente di ignorare la cosa trascinandosi verso il parcheggio.
Natasha controlla di nuovo il numero del parcheggio dal transponder, raggiungendo la motocicletta di James, sfilando le chiavi che le ha lasciato in una delle tasche dello zaino, avviando il motore, immettendosi nel traffico.
Procede tutto secondo i piani.

***

29 maggio 2017, Complesso degli Avengers, Upstate New York

Tony passeggia avanti e indietro davanti alla stanza degli interrogatori, controllando di sfuggita lo schermo che mostra l’agente dell’FBI intento a scucire a James qualche informazione in più sul presunto tradimento di Natasha.
Due giorni prima, mentre lui e James aspettavano che la donna uscisse dalla sala operatoria, era stato messo a conoscenza del chip-dati. Era uno dei tanti piani d’emergenza ideati da Fury, sfruttando la pillola di metallo che i russi avevano inserito chirurgicamente nel corpo di Natasha a metà degli anni ‘80, riattivandola dopo Washington per salvaguardarli dalla fuga di informazioni causata dall’HYDRA… Tony non si era sorpreso più di tanto dell’essere stato spiato, seguendo il consiglio di informare il resto della squadra attraverso i canali di emergenza interni. James gli aveva assicurato che Fury aveva già circoscritto il segnale, avviando il codice virus, mettendoli in guardia in anticipo sul probabile assedio dell’FBI e la necessità di far fronte comune. La conversazione si era interrotta quando avevano portato Natasha fuori dalla sala operatoria, James si era volatilizzato a suo seguito e Tony si era assunto l’onere di avvisare gli altri, a partire dal recupero di Clint che nei due giorni successivi aveva trascorso il tempo libero a litigarsi con James i turni di guardia all’ospedale, intervallando le veglie ai preparativi per un piano di emergenza di cui Tony non voleva e non era dato sapere.
Come preannunciato, dopo circa 48 ore si erano mobilitati i federali capitanati dall’agente O’Connor1, avevano invaso la hall del Complesso scortando un James scontroso ed ammanettato, impedendo a tutti loro di intervenire durante l’interrogatorio, che si era rivelato una costante omissione di sentenze incriminanti da parte dell’ex Soldato d’Inverno ed ammissioni di minacce e moniti da parte dell’agente federale.
Quel teatrino andava avanti da un paio d’ore e non si muoveva dal punto di stallo iniziale: James reputava Natasha innocente e richiedeva una riunione con la squadra al completo, O’Connor voleva incriminare la temibile Vedova Nera ed era palesemente irritato dalla poca collaborazione del suo interlocutore.
Tony non sapeva dare tutti i torti a James, l’avevano prelevato a forza dal capezzale di Natasha, accusandola con basi infondate che si arrampicavano sugli specchi, riflettendo le accuse mosse al suo passato come agente KGB… c’erano volute ore, ma alla fine James era riuscito a farsi rilasciare, ottenendo quella agognata riunione sotto la supervisione di quell’avvoltoio di O’Connor.
-Natasha Romanoff ha condiviso in rete le vostre informazioni personali, questa è una falla nel vostro sistema di sicurezza che non può essere ignorata, signori. La Vedova Nera ha venduto al mercato nero il chip-dati…
-Il chip-dati le è stato preso. -interviene brutalmente James interrompendo l’arringa dell’agente federale senza battere ciglio. -Ve lo ripeto da ore, senza considerare che al momento Natasha è su un letto d’ospedale con uno sfregio sull’addome che avvalora la mia tesi.
-Informazioni di che genere? -ribatte Hill impassibile, rigida come un fuso e con lo sguardo di chi sta già pianificando un assalto per muoversi sul piede di guerra.
-Cartelle cliniche, punti deboli, conti in banca, coordinate di depositi armi, indirizzi di casa, cosa mangiate a colazione, di che colore indossate le mutande… -elenca O’Connor con rinnovato slancio, una volta richiamata l’attenzione di Maria, che tuttavia lo guarda con cipiglio imperturbabile. -La Vedova vi ha spiati, come fate a stare così tranquilli? È violazione della privacy…
-Sarebbe strano se in tutto questo tempo non ci avesse spiati. -asserisce Tony inserendosi nella conversazione per la prima volta dall’inizio della riunione.
-E dubito fortemente che Natasha venda di sua spontanea volontà informazioni di questo calibro. -rimarca Clint seccato, appostato dall’altro capo del tavolo, di ritorno dalla latitanza2 con il tesserino nuovo di zecca in tasca. -C’era un motivo sensato se Nat era in possesso del chip-dati.
-Signori siate obiettivi, è una fuga di dati in piena regola, non potete continuare a difenderla. -ripete l’agente scandendo le parole nel tentativo di imprimere il concetto nelle loro menti, scatenando solamente l’irritazione generale.
-La difendiamo perché è un nostro agente, un livello 8 per la precisione, seconda solo al Capo qui presente e il defunto Nick Fury. -ribatte Tony con forza, indicando Maria e accennando al burattinaio che continuava a muovere i fili per salvarli da loro stessi prevedendo infiniti complotti.
-Signori, c’è da ammettere che voi tre siete di parte, stando ai vostri file personali la signorina Romanova vi ha approcciati tutti e tre seducendovi. -ribatte O’Connor giudicandoli con lo sguardo, rivolgendosi a Maria alla ricerca della sua approvazione razionale, tradendosi senza rendersene conto, esasperato dal continuare a sbattere contro il loro fronte unito.
Tony contava su due dita in quanti si ostinano ancora a chiamare Natasha in russo, uno ce l’aveva davanti con lo sguardo furente che minacciava vendetta, l’altro era rintanato chissà dove ed evidentemente non aveva nessun riguardo nel ferire la figlia adottiva.
-Ho contribuito ad addestrare personalmente l’agente Romanoff, le assicuro che questa fuga di notizie è una copertura per problematiche più urgenti, Agente. -ribatte Hill precisa e diretta come un fendente di spada, fingendo di non aver notato l’errore in assenza di prove certe, dominandosi magistralmente per non insospettire l’Agente e rompere prima del tempo la tregua sancita dai nuovi Accordi stipulati. -Ma posso predisporre un fermo a Natasha se può aiutare le indagini, senza il coinvolgimento di scorte di guardie inutili, potete impegnare meglio i vostri agenti invece di controllare una persona confinata a letto ed innocente fino a prova contraria.
La riunione viene sciolta accontentando O’Connor nell’imporre un fermo a Natasha che Tony dubita rispetterà, intuendo i tramacci che intercorrono nello sguardo scambiato tra Hill e Barnes, ma ottenendo la rimozione della scorta a loro favore.
La crisi in corso non gli compete direttamente, se ne stanno già occupando altri e dallo sguardo di Maria, Tony comprende di essere stato messo di nuovo in panchina, che è meglio per tutti se lui si crea un alibi nel caso le cose non vadano come sperato, nell’eventualità di dare risposte esasperanti a Ross e il Consiglio. Sfila il cellulare dalla tasca componendo il numero in automatico, ignorando volutamente il battibeccare improvviso tra l’agente federale e Maria.
-Pronto?
-Pep, sei in città? -chiede senza tanti preamboli appena sente la voce della donna dall’altro capo del telefono.
-Sono a L.A., lo sai, torno domani. È successo qualcosa?
-Giornata da incubo, se metto l’armatura, ti raggiungo ed andiamo a cena fuori? -propone con parole studiate, un tacito codice che la donna conosce terribilmente bene.
-Ristorante italiano… -ribatte acconsentendo come da copione, ma non termina la frase, Tony avverte un verso strozzato ed un tonfo dall’altro capo del telefono.
-Pep?! -esclama preoccupato, avvertendo rumori indistinti provenienti dal cellulare, controllando lo schermo per assicurarsi che non sia caduta la linea. Avverte una voce femminile sconosciuta intervenire dall’altro capo del telefono, chiedendole agitato dove sia finita Pepper, sentendo le sirene di un'ambulanza in avvicinamento, sbraitando contro il cellulare quando la chiamata si interrompe.
-Che succede, Stark? -chiede James con il tono più gentile che conosce, lo sguardo che manifesta un intuizione poco rassicurante e probabilmente veritiera.
-Pepper… non lo so, devo andare a Los Angeles… -ribatte concitato in preda alla confusione caotica, dirigendosi a passo spedito verso l’uscita intenzionato a raggiungere la rampa di decollo.
-Signor Stark, Romanoff è scappata dall’ospedale. -lo richiama indietro O’Connor con voce lapidaria, il telefono in mano con la causa dell’alterco inscenato con Maria che lampeggia ancora sullo schermo. -Nel suo file la signorina Potts è segnalata come il modo migliore per arrivare a lei.

***

29 maggio 2017, Ragnatela, Queens, New York

Fin dai suoi primi giorni in America Natasha aveva fatto in modo di istituire una ragnatela, una rete di rifugi ed appartamenti seminati in tutto il mondo intestati ad uno dei suoi tanti nomi fittizi, finanziati da Fury o in possesso di proprietari in debito nei suoi confronti, memore dei tempi andati quando un tetto sopra la testa o un piano B erano un lusso che non poteva permettersi.
Natasha si discosta dalla finestra, assicurandosi per l’ennesima ed ultima volta che nessuno l’abbia seguita, constatando che la moto di James è ancora parcheggiata dove l’ha lasciata, tranquillizzandosi nel non vedere nessun agente in borghese camminare sui marciapiedi sottostanti.
Recupera la cassetta del pronto soccorso dal mobiletto in bagno, spogliandosi e medicandosi la ferita sul ventre… probabilmente le rimarrà la cicatrice, la traditrice della patria non si meritava più un trattamento di riguardo, ora se Ivan la feriva puntava a mutilarla o ucciderla.
Termina l’operazione, notando con la coda dell’occhio il transponder illuminarsi segnalando una chiamata in entrata, inserendo il codice indirizzando la comunicazione su una linea criptata prima di rispondere, preoccupata perchè erano d’accordo di chiamarsi solo in caso di emergenza.
-Dove sei? -prorompe la voce di James subito dopo aver sfiorato l’icona verde sullo schermo, saltando i preamboli inutili sul come sta, conoscendo già la risposta.
-Queens, ragnatela. -risponde schematica dando l’indicazione richiesta, hanno poco tempo prima che il codice criptato termini il suo lavoro. -Abbiamo già un danno collaterale?
-Potts, L.A., fucile ad aria compressa. Ha perso i sensi, ma sta bene… Tony è sul piede di guerra.
-FBI?
-Agente O’Connor, troppo determinato ad accusare Natalia Romanova per non essere finanziato da terzi.
-Meraviglioso. -sospira sarcastica la donna.
-Sei una ricercata ‘Tasha, non costringermi a venirti ad arrestare.
-Non credo tu abbia altra scelta, James.
L’uomo riattacca la chiamata in risposta, lasciando intuire un “sta attenta” nel paio di secondi di silenzio sofferto prima di far cadere la linea.
Natasha scrolla le spalle sforzandosi di non dare peso alla situazione in cui si ritrova, preoccupandosi marginalmente per la reazione a catena preannunciata da Will, concentrandosi sul nuovo piano da attuare.
Recupera il portatile collegandosi alla rete avviando una frequenza fantasma, inviando richieste di informazioni ai suoi contatti al mercato nero per scovare il cecchino di Los Angeles.
Le coordinate sul suo sicario giungono a distanza di qualche ora, quando la ferita auto-inflitta sulla mano si è quasi rimarginata. Maki Matsumoto3 si era imbarcata mezz’ora prima in un volo diretto a Londra, una piccola tappa per una udienza in tribunale prima di dirigersi a Parigi per incassare il compenso per il lavoro svolto.
Natasha prenota il primo volo per l’Inghilterra, preparando il bagaglio a mano rinunciando alle armi per imbarcarsi, ripiegando nei documenti falsi, una parrucca e le fiale di veleno.
Lascia la moto al deposito inviando le coordinate a James per recuperarla, chiamando un taxi per farsi portare in aeroporto.
L’aereo decolla dando il via alla caccia, avviando impaziente il countdown sulle ore contate di Ivan Petrovich, desiderando solamente che l’intera follia finisca il più presto possibile senza troppi danni collaterali.




Note:

  1. Agente O’Connor: questo fantomatico personaggio esiste esclusivamente nella serie “In the name of the Rose”, su cui mi rifaccio per narrare gli eventi di questa sezione, ma non viene mai detto come si chiami, né ha caratteristiche peculiari per ricondurlo a un personaggio noto. Semplicemente, ho scelto alla cieca uno dei cognomi degli agenti “di contorno” dell’FBI che lavorano per Kingpin nella terza stagione di Daredevil.

  2. Considerato che secondo la mia versione dei fatti non c’è mai stato l’attentato a Vienna (e di conseguenza Bucarest e Lipsia) i non-registrati conosciuti alle intelligence si sono dati alla macchia fino all’istituzione dei nuovi Accordi.

  3. Maki Matsumoto, donna asiatica addestrata dalla Mano e da Bullseye, conosciuta nel mondo del crimine come Lady Bullseye. Avvocato nella sua vita da civile, accetta vari incarichi come mercenaria per hobby/noia/divertimento, la sua identità segreta è conosciuta a pochissimi eletti.

   
 
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