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Autore: satakyoya    21/04/2019    1 recensioni
Una ragazza che vive a Tokyo e nei giorni nostri, trascorre le giornate tranquille insieme alla sua famiglia e ai suoi nonni.
Ma suo nonno, prima della sua morte, gli raccontava una storia ambientata in un periodo storico giapponese non ben definito. Tutto quello che conosciamo adesso però in quel periodo non esistevano, le città erano villaggi e le case di legno che componevano i villaggi erano governate da qualcuno al di sopra degli abitanti.
La protagonista è una povera cameriera del castello della città di Wake, in Giappone, ma quella povera cameriera vivrà un'esperienza che nemmeno si aspettava e proverà emozioni che non ha mai provato prima.
Se siete curiosi leggete la storia e lasciatemi una recensione. Spero che vi piaccia!
[In questa storia sono presenti alcuni personaggi della Mitologia Giapponese]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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[All’alba, mentre Sara era intenta ad accogliere gli uomini del consiglio, Isao stava facendo un bagno in una stanza del castello. Emma e Aiko andarono ad avvisarlo dell’arrivo degli uomini del consiglio insieme a Miko.
“Padroncino Isao, mi dispiace disturbarla, ma sono arrivati i signori del consiglio.” Disse Sara.
“Perfetto.” Disse Isao.
Lui uscì dall’acqua e Miko lo avvolse con un asciugamano bianco che aveva sul braccio. Una volta arrivato in camera sua, tutte e tre lo aiutarono a mettere uno yukata con i fiori e i bordi con una striscia di due colori. Lui si mise a guardare il cielo con uno sguardo pensieroso.
‘Speravo che in un giorno importante come questo i miei fratelli fossero a fianco a me a gioire di tutto questo. Ma vabbè, tanto peggio per loro.’ pensò lui.
“Padroncino, ora siete pronto per andare. Vi stanno tutti aspettando nel cortile del castello.” Disse Aiko.
“Ottimo, grazie.” Disse Isao.
Mise una mano sotto le maniche dello yukata e da dietro una porta spuntò fuori metà corpo a persona completamente coperto da un cappuccio e un mantello nero.
“Andate a prendere mio fratello Jun e fategli vedere la mia cerimonia da un luogo lontano.” Disse Isao.
“Sì signore.” Disse lui.
“Quando lo fate dovete tappargli la bocca in modo che non si possa sentire nulla.” disse Isao.
“Certo. Sarà fatto esattamente come voi avete detto.” disse la persona.
Subito dopo l’uomo sparì e Isao camminò per un lungo corridoio fino a fermarsi davanti a una grandissima porta tutta decorata da dei riccioli. Solo restando fermo si riusciva a sentire il rumore delle persone che parlavano dalla parte opposta della porta.
Il sorriso che aveva prima diventò serio mentre Emma e Aiko si misero ai lati della porta. lui fece un profondo respiro poi le ragazze gli aprirono la porta. Davanti a lui c’era una folla di gente del villaggio e tra di loro c’era mio padre. Quelle persone non appena lo videro rimasero in silenzio mentre a fianco a lui c’erano gli uomini del consiglio, le cameriere del castello e due soldati per lato.
Sara teneva in mano un cuscino quadrato dove c’era sopra una corona dorata e con solo quattro diamanti, il più grande era davanti. Un uomo del consiglio si avvicinò a lei prendendo la corona con le mani per poi avvicinarsi a Isao e gliela mise sulla testa.
Jun, dalla finestra di una stana e con le mani legate dietro la schiena, cercava di dimenarsi mentre guardava suo fratello. Cercò anche di parlare, ma la sua bocca era tappata da un fazzoletto e non riuscì mai a liberarsi.
“Oggi siamo qui per celebrare un evento speciale ed importante.” Disse l’uomo con la corona tra le mani. Si girò verso Isao e, mentre lui aveva gli occhi chiusi, continuò dicendo: “Da questo momento in poi dichiaro Isao il nuovo sovrano del villaggio Wake e di tutti i terreni che ne fanno parte.”
Isao, dopo quelle parole, aprì gli occhi con sguardo serio guardò dritto davanti a lui dove tutti gli uomini del consiglio si inchinarono in avanti giurando fedeltà a lui. dopo che tutti lo fecero la folla di gente di fronte a lui iniziarono a urlare e a lodarlo.
“LUNGA VITA AL NUOVO RE! LUNGA VITA A ISAO!” disse ro tutti in coro.
Ripeterono quelle parole diverse volte e poi calò il silenzio e lui fece un passo in avanti.
“Giuro di proteggere e di governare questo posto nella pace e proteggere le terre da ogni guerra. Prometto anche di governare in serenità ascoltando le esigenze di tutti gli abitanti che ne avranno bisogno.” Dissi Isao a voce molto alta.
La gente esultò ancora per un paio di minuti, poi lui fece cinque passi indietro tornando dentro il castello. La porta venne chiusa e un uomo tutto coperto e incappucciato spuntò poco lontano da lui.
“Vostra maestà, vorrei congratularmi con voi, avete fatto un ottimo discorso.” Disse l’uomo.
“finalmente è finito e adesso ho ottenuto ciò che mi aspettava di diritto. Jun ha assistito all’evento?” chiese Isao.
“Sì vostra maestà. Non appena finito l’abbiamo riportato dove si trovava prima.” Disse l’uomo.
“Ottimo. E avete trovato Inari?” disse Isao.
“non ancora vostra maestà. Però…” disse l’uomo.
“Però cosa?” chiese Isao.
“Però abbiamo intravisto un giovane ragazzo nel villaggio Dowai che assomiglia al signorino Inari. Solo che lui ha i vestiti di una persona povera e va in giro con una ragazza di cui non conosciamo il nome.” Disse l’uomo.
“Cosa?” disse Isao con sguardo molto serio.
“Dobbiamo prenderlo e portarvelo vivo oppure lo volete morto? Cosa dobbiamo fare?” chiese l’uomo.
“No, non fate nulla. Seguitelo solo da lontano e comunicatemi ogni loro movimento.” Disse Isao.
“Sì signore. Come desiderate.” Disse l’uomo andandosene via in un lampo.
Isao si spostò nella sala in cui c’erano i troni di tutti e si sedette su quello più grande che apparteneva fino a pochi giorni prima a Hiroshi. Trascorse la giornata seduto lì e la sera stava nella sua stanza pensando sempre a Inari.
Jun, invece, una volta finita la cerimonia di incoronazione, venne portato di nuovo in prigione dove c’era la stessa donna di prima che continuava a chiedere di essere liberata e dicendo di non avere fatto nulla di male con tono disperato.]
Durante la notte feci un sogno che riguardava mio padre, ma mi svegliai nel bel mezzo della notte senza ricordare nulla. Mi rimisi subito a dormire e dopo alcune ore mi svegliai, questa volta senza fare alcun sogno. Mi svegliai dal lato destro del corpo, mentre in quello sinistro c’era Aki che dormiva tranquillo a pancia in su. Era così rilassato che mi piaceva vederlo e, anche se pochi secondi dopo si girò proprio verso di me, potevo vederlo e stare ad ammirarlo ancora di più. Ma durò poco perché si svegliò e mi guardò sorridendo.
“Buongiorno Iris, dormito bene?” chiese lui.
Tutta la faccia diventò rossa come un pomodoro e, colta alla sprovvista e dall’emozione, non riuscii subito a spiaccicare parola.
“Ehi, cos’hai? Perché non mi rispondi?” chiese lui sedendosi.
“Eh? ehm… non è niente.” Dissi io dopo essermi ripresa.
Rimanemmo un paio di secondi in silenzio.
“Senti Iris, tu inizia a prepararti che io devo fare una cosa. non  ci impiegherò molto.” Disse lui.
“Oh, okay.” Gli risposi io.
Lui uscì dalla stanza mentre io rimasi a tirare su il futon e a metterli nella sacca che Sachi ci aveva dato. Ci impiegai solo qualche minuto e, visto che lui non era ancora arrivato, uscendo dalla stanza trovai davanti a me Konan che stava mettendo sul tavolo una ciotola di riso e delle bacchette per tutti e quattro.
“oh buongiorno Iris. Come stai? dormito bene stanotte?” chiese lei.
“Buongiorno Konan. Ho dormito bene e mi sento molto bene oggi, grazie per avermelo chiesto. Tu invece come stai?” dissi io.
“Bene grazie. La colazione è quasi pronta.” Disse lei con espressione felice.
“Ieri ho sentito Aki che parlava con Chojuro e parlavano dei vostri figli. Mi dispiace molto per ciò che avete passato.” Dissi io.
Lei si fermò di scatto per qualche istante e diventò molto triste. Abbassò la testa e non disse nulla per un paio di secondi, ma quando si girò vidi che aveva le lacrime agli occhi.
“È passato diverso tempo, ma con la morte di uno dei miei figli si fa fatica sia a dimenticare sia a cercare di sentirsi meglio.” disse lei.
“Se c’è qualcosa che posso fare per far sentire meglio te e Chojuro, io lo farei subito.” Dissi io.
“L’unica cosa che vorrei sapere è se mio figlio che fa il soldato è vivo oppure no. Non ho nessuna notizia di lui e questo mi preoccupa. Ma questa è una cosa che né tu né nessun altro può fare, quindi posso solo pregare e sperare che lui sia ancora vivo.” Disse lei guardandomi con sguardo speranzoso.
Subito dopo entrarono Aki e Chojuro. Aki veniva dalla stanza in cui avevamo dormito, mentre Chojuro veniva dalla porta dove eravamo entrati ieri.
“Buongiorno.” Dissero entrambi in contemporanea.
“Buongiorno a voi. Sedetevi pure che la colazione è pronta.” Disse Konan.
“Ottimo, ho una gran fame.” Disse Aki tutto felice.
Tutti e quattro ci mettemmo seduti e mangiammo il riso che ognuno di noi aveva davanti. Era molto buono, ben cotto e in ogni ciotola ce n’era così tanto che sembrava una montagna di riso. Mentre lo mangiavo scoprii che all’interno c’erano nascosti dei pezzi piccoli e quadrati di salmone.
“C’è del salmone dentro al mio riso!” dissi io.
“Io invece ho due pezzi di carne!” disse Aki stupito.
“Esatto. Ho voluto provare una ricetta nuova. Di solito faccio solo ciotole di riso, ma oggi ho voluto provare a inserire il salmone in mezzo al mio e al tuo, Iris, mentre a voi due ho messo due pezzi di carne. Spero sia buono.” Disse Konan.
“È buonissimo!” disse Aki.
“È vero, molto buono.” Dissi io scuotendo la testa dall’alto al basso per un paio di volte.
“Grazie mille, ne sono felice.” Disse Konan sorridendo.
“Sentite, vi va se dopo mangiato noi due vi mostriamo qualcosa del villaggio? Saremmo molto felici di poterlo fare.” chiese Chojuro.
Aki aprì la bocca per dire qualcosa quando lo interruppi e parlai io al posto suo.
“Ci piacerebbe molto ma non possiamo farlo. Dobbiamo partire non appena possibile per vedere altri villaggi.” Dissi io.
“Oh, che peccato. Almeno lasciate che vi mostri la piazza centrale visto che dovete passare di là per uscire dal villaggio.” Dissi io.
“Certo.” Dissi io.
“Evvai!” disse Aki tutto contento.
Poco tempo dopo finimmo tutti di mangiare e io aiutai Konan a portare in cucina tutto ciò che c’era in tavola. Sentii uno strano rumore provenire da fuori. Non le dissi nulla e rimasi ad ascoltare per qualche minuto quel rumore che veniva da fuori e che mi incuriosiva.
Poco dopo si avvicinò a noi Chojuro che disse: “siete pronte che andiamo?”
“Io lo sono! Ho preso tutto ciò che avevamo in camera.” disse Aki tutto contento e con la borsa dei futon e gli oggetti che lui aveva preso ieri.
“Non vedo l’ora di partire!” continuò Aki.
“Bene, allora possiamo andare.” Disse Chojuro.
Konan si asciugò le mani che erano bagnate, si avvicinò a me e insieme andammo alla porta. Lì ci aspettavano Aki e Chojuro. Appena la porta venne aperta, scendemmo le scale e trovammo un gran numero di persone, adulti e bambini. Molte più del giorno prima.
“BUONGIORNO EROI!” dissero tutti in coro non appena ci videro.
Guardai Aki e lui sembrava più contento di prima mentre li guardava. Lui stava sorridendo e per qualche secondo pensai che quel sorriso era bellissimo ed era molto simile a qualcuno che conosco. Ma non riuscii a ricordare nessuno che potesse averne uno simile.
Konan fece un passo avanti e disse a tutte le persone di farsi da parte per farci camminare e poter uscire dal villaggio. Così tutti si spostarono  e noi riuscimmo ad andare avanti. Non appena passammo tutti, continuammo a camminare e dopo circa cinque passi tutti loro ci seguirono. Continuarono a parlare tra di loro lodandoci per ciò che avevamo fatto ieri. Io mi sentii molto felice e provai una sensazione mai provata prima.
Attraversai due o tre strade senza nemmeno accorgermene arrivando davanti a un posto molto ampio e circondato da case con le finestre aperte e le persone affacciate. Chojuro disse a me e ad Aki che questo posto era la piazza principale del villaggio.
Tutta la gente che ci aveva seguito si era messa nella piazza mentre io, Aki, Konan e Chojuro continuammo a camminare per una decina di metri. Konan si fermò improvvisamente davanti a me e ad Aki, si girò e ci disse qualcosa con voce molto triste.
“Da qui in poi uscirete da villaggio. Mi viene da piangere vedendovi andare via.” Disse Konan.
“Su, non fare così.” Disse Chojuro stringendola a sé.
“Ci dispiace non poter restare, davvero.” Dissi io.
Guardai Konan piangere e mi ricordai di quegli oggetti pesanti che portavo sulla schiena.
“Ti prego Konan, non piangere. Piuttosto, io e Aki volevamo darvi questi oggetti. Li avevamo presi durante lo scontro contro le tre teste volanti di ieri, ma adesso non ci servono più e vorremmo ridarveli.” Dissi io.
Mi tolsi dalla schiena i due oggetti che portavo e li allungai a loro due. Aki invece tirò fuori da un fianco un oggetto lungo e appuntito.
“Non ce n’è bisogno. Anzi è tutto il villaggio che li da a voi come ringraziamento per averci salvato da quelle creature.” Disse Chojuro.
“Sì… Grazie davvero…” disse Konan tra le lacrime.
“Scusate, ma questi oggetti che cosa sono?” chiese Aki incuriosito.
“Quella è una spada, molto affilata e secondo alcune persone nel villaggio è molto difficile da distruggere. Mentre quelli sono un arco e delle frecce. Li ha creati un uomo del villaggio, ma non sono mai stati usati fino ad ora.” Disse Chojuro.
“Bellissimo!” disse Aki tutto contento e sorridendo.
Rimanemmo per un minuto circa in silenzio dove si sentiva solo Konan che piangeva.
“Ci dispiace ma adesso dobbiamo andare. Konan, non piangere, per favore.” Dissi io.
“Ci addolora lasciarvi andare via, ma speriamo che voi vi siate trovati bene a casa nostra. Speriamo di rivedervi presto.” Disse Chojuro.
“Certo. Grazie per ciò che ci avete dato.” Dissi io.
Dopo quelle io e Aki ci girammo e uscimmo dal villaggio entrando in mezzo a tanti alberi. Mentre camminai mi girai indietro e guardai per un po’ gli occhi pieni di lacrime di Konan. Più la guardavo e più lei mi metteva tristezza. Avrei tanto voluto fare qualcosa per farla stare meglio, però sapevo di non essere in grado di fare nulla, così mi voltai in avanti e continuai a camminare.
“Mi mette tristezza al pensiero che Konan piangeva quando siamo andati via.” Dissi io.
“Anche a me è venuta un po’ di tristezza, però glielo avevamo detto che non potevamo restare.” Disse Aki.
“Già… anche se mi chiedo come mai lei stava piangendo.” Dissi io.
“Me lo chiedo anch’io. Ma guarda il lato positivo, adesso stiamo andando in un nuovo villaggio!” Disse lui.
Io non gli risposi però… Avevamo appena passato solo alcuni alberi quando guardai per terra e vidi poco davanti a me un fiore bianco e molto bello. Mi fermai di scatto e mi avvicinai per raccoglierlo.
“Iris perché ti sei fermata? Che succede?” mi chiese Aki.
“Aki, tu resta qui. vorrei fare una cosa. Torno presto.” Gli risposi io.
Avvicinai il fiore al petto e, mentre con una mano lo proteggevo e con l’altra lo tenevo stretto, iniziai a correre verso il villaggio più veloce che potevo.
In poco tempo raggiunsi il villaggio e vidi Konan e Chojuro camminare non molto lontano dal punto in cui eravamo poco prima.
“KONAN! CHOJURO! PER FAVORE FERMATEVI!” urlai io.
Lei si girò indietro e mi sorrise. Mi fermai davanti a loro con un gran fiatone.
“Iris che ci fai qui? Non eri partita con Aki? Per caso hai cambiato idea e hai deciso di rimanere qui?” mi chiese lei.
“No, non è quello. Ieri mi hai parlato del figlio che avete perso … a causa di quelle creature. Prima guardando questo fiore mi era venuto in mente lui, così l’ho raccolto e volevo portarvelo. Consideratelo un pensiero da parte mia in suo onore.” Dissi io finendo per inchinarmi in avanti mentre glielo allungavo.
Konan lo prese in mano e se lo strinse a sé mentre Chojuro mise una mano sulla spalla di lei. Entrambi erano molto felici, così tanto che a Konan vennero fuori le lacrime agli occhi.
“Grazie mille Iris, grazie!” dissero loro due in coro e inchinandosi in avanti.
Io sorrisi e gli risposi dicendo: “Di nulla, figuratevi. Adesso però devo andare da Aki che mi sta aspettando poco lontano da qui.”
“Capisco… beh, grazie mille ancora.” Disse Chojuro.
“Certo.” Risposi io.
Poi mi girai e me ne andai via correndo. In poco tempo tornai da Aki e ripresi a camminare con lui. Il cuore mi batteva molto forte per la corsa  che avevo fatto, ma poi il battito tornò normale.
“Che cos’è successo? Perché ti eri fermata ed eri andata via?” chiese Aki.
“Oh niente. Ho solo fatto una piccola cosa per una persona che è stata gentile per me.” dissi io sorridendo.
“Chi è questa persona? E che cos’hai fatto? Eddai, dimmelo!” disse lui.
“Okay, ho portato un fiore a Konan.” Dissi io.
“Perché lo hai fatto?” disse lui.
“Beh, mi era venuto in mente quando lei ieri mi aveva parlato figlio che non c’è più. così volevo darle un piccolo pensiero da parte mia.” Dissi io.
Ci fu quasi un minuto di silenzio mentre continuammo a camminare togliendomi il pensiero che avevo sul figlio di Konan e Chojuro.
“Uao, non ho parole.” disse Aki.
“Eh?” chiesi io.
“Sei stata gentilissima e grandiosa!” disse lui.
“Grandiosa? Per cosa?” chiesi io.
“Sì, grandiosa perché sei riuscita a pensare a un modo per aiutare il villaggio. Prima hai avuto l’idea di portare lontano dal villaggio le tre teste e poi hai parlato con loro.” disse lui tutto contento e gesticolando con le mani.
“Ma che dici, ho solo cercato una soluzione per non coinvolgere nessuno.” Dissi io.
“Non ci credo, non può essere per questo. Voglio dire, ci deve essere un motivo perché una persona qualsiasi non lo farebbe mai.” Dissi io.
Io rimasi in silenzio per un po’ e, mentre camminavo, guardai in basso e ci pensai. Mi venne in mente la faccia di mio padre e le espressioni disperate che alcuni abitanti del villaggio potevano avere.
“Beh, all’inizio ho avuto paura e cercavo un modo per non morire, ma poi ho pensato che se fosse successo a me, mio padre ne sarebbe rimasto sconvolto e questo non vorrei che succeda mai.” Dissi io.
Lui ne rimasi stupito dalla mia risposta. Forse perché non se lo aspettava.
“io ehm… non ci avevo pensato. Io penso lo stesso che tu sia stata fantastica con quelle creature.” Disse Aki.
“Ma se tu hai avuto paura e sei scappato.” Gli dissi io sorridendo.
“Non… non sono scappato! Sono semplicemente andato a prendere le frecce, l’arco e la spada che abbiamo!” disse lui un pochino imbarazzato.
“Sì sì, certo. Però te ne sei andato.” dissi io.
“Sono andato a prendere ciò che ti ho detto e sono tornato non appena potevo.” Disse lui.
“Okay… Senti Aki, ce l’hai la mappa di tuo padre?” chiesi io.
“Eh? Oh sì, eccola qui.” disse lui fermandosi e tirandola fuori.
Lui aprì la mappa e la appoggiò a terra. Io notai tanti nomi di villaggi che prima non ci avevo fatto caso, mentre lui iniziò a segnare con un dito la strada che avevamo percorso.
“Questo è il tuo villaggio, mentre questo è il villaggio Dowai. Ci siamo spostati e prima eravamo in questo villaggio chiamato Konan.” Disse lui.
“Konan come la donna che ci ha accompagnati fuori dal villaggio insieme a Chojuro?” chiesi io.
“Sì, ma adesso non siamo più in quel villaggio e siamo qui. Credo.” Disse lui.
“E come si chiama il villaggio in cui stiamo andando?” chiesi io.
“Non lo so, non so leggere questi ideogrammi. Però non sembra molto lontano.” Disse lui.
Lui la chiuse, si alzò in piedi riprendendo a camminare e io lo seguii subito dopo. Dopo alcuni minuti iniziai a sentire una strana sensazione, simile all’affaticamento.
Quella sensazione saliva ad ogni passo che facevo e mi sembrò strano. Guardai Aki per sapere se anche lui si sentiva come me, ma lui non sembrava avere nulla se non la bocca leggermente aperta.
“Aki non ti senti un po’ strano?” chiesi io.
“Ho un po’ di fiatone, ma non mi sembra nulla di strano. Perché lo chiedi?” disse Aki.
“Io mi sento un po’ di fatica e non so come mai.” Dissi io.
“Vuoi che ci fermiamo per un po’?” chiese lui preoccupato.
“No, posso continuare.” Dissi io.
“Sicura?” chiese lui.
“Sì, continuiamo pure.” Risposi io.
“Se non ti senti bene dimmelo che ci fermiamo. Okay?” disse lui.
“Okay.” Dissi io.
Girai la testa all’indietro e vidi che il terreno sembrava spostarsi verso il basso arrivando a non vedere gli alberi e i cespugli che erano lontani. Ad una ventina di passi di distanza davanti a noi gli alberi sembravano non vedersi più e questo mi sembrava strano. Percorremmo tutta la distanza nel più completo silenzio e una volta arrivati trovammo uno spazio grande e senza nulla.
Non appena vidi quello spazio, iniziai a correre e a girare su me stessa, contenta di essere arrivata lì. Non sentii più quella sensazione di fatica che fino a poco prima provavo. Mi coricai per terra, chiusi gli occhi e feci un profondo respiro.
“Che stai facendo?” chiese Aki mettendo la testa sopra la mia.
“Coricati a fianco a me.” dissi io.
Lui esitò e mi guardò male per qualche secondo si coricò a fianco a me.
“Come ti senti?” chiese lui.
“Molto bene, non mi sento più male.” Dissi io.
“Ma perché ti sei messa così?” disse lui.
“Volevo rilassarmi un po’ prima di riprendere.” dissi io.
“Come ti senti stando così a guardare il cielo?” chiese lui.
“Rilassata.” Dissi io.
Guardando il cielo vidi una cosa piccola e nera passare proprio sopra di noi.
“Aki che cos’è quella cosa lontana?” dissi io indicando il punto nel cielo.
“Non lo so, è troppo lontano per vederlo bene.” disse lui guardandomi.
Lui mantenne lo sguardo nella mia direzione, ma non stava guardando me. Non saprei di preciso cosa poteva essere, sembrava di guardasse un cespuglio o un albero. Poi però, tenendo lo sguardo fisso, alzò la schiena da terra.
“Aki, cosa stai guardando?” chiesi io.
“Tu non hai fame?” disse lui.
“Beh, sì, un pochino…” risposi io.
“Bene, allora resta ferma qui.” disse lui.
Lui si alzò in piedi e iniziò a correre proprio nel punto in cui aveva sempre guardato. Quando non lo vidi anche io mi alzai in piedi e rimasi immobile preoccupandomi e chiedendomi che cosa fosse successo.
Un paio di minuti dopo lui tornò e, avendo la spada nel lato sinistro del corpo, in una mano lui aveva un animaletto piccolo e bianco.
“Guarda che cosa ti ho portato!” disse lui sorridendo.
“Grandioso! Ma che cos’è? E perché non si muove?” chiesi io.
“Non so perché non si muove. Mio padre lo chiamava coniglio, ma non mi ha detto molto e non sono nemmeno sicuro che sia questo che si riferiva. Anche se me lo aveva descritto come un animale piccolo e bianco.” Disse lui.
“Uao!” dissi io stupita.
Il mio stomaco brontolò due volte, così Aki appoggiò a terra l’animale. Ci inchinammo anche a noi a terra, unimmo le mani davanti a noi e con gli occhi chiusi facemmo una preghiera in modo che l’anima del povero animale possa riposare in pace.
Aki mi disse di tenere gli occhi chiusi ancora per un po’ anche se io non ne capivo il motivo. Aspettai solo qualche istante, poi potei aprire gli occhi e davanti a me vidi 8 pezzi di carne separati dalla pelle dell’animale. Lui mi guardò tutto contento e sorrise.
“sei pronta a mangiare?” disse lui.
Io gli sorrisi e unendo le mani al petto dissi insieme a lui: “BUON APPETITO!”
Mangiai sono 3 o 4 pezzi di carne mentre lui mangiò tutti gli altri. poi si alzò in piedi e iniziò ad agitarsi. Si fermò dietro di me con il corpo e lo sguardo fissato verso la mia sinistra e un espressione un po’ spaventata.
“Aki che cos’hai?” chiesi io.
“Iris guarda là. Non ti sembra strano?” disse lui puntando il dito dritto davanti a sé.
Mi alzai in piedi e guardai nella direzione che lui diceva. Vidi in lontananza un villaggio composto da molte case in legno. Sembrava esserci molto movimento in quel villaggio e della strana gente sembrava muoversi nella direzione opposta a quella di tutti gli altri. Vidi anche diversi punti nel villaggio in cui c’era una strana luce.
“Aki, cos’è quella luce là?” chiesi io.
“Non lo so. Forza, andiamo a vedere.” disse lui.
Mi strinse il polso desto con la sua mano e mi fece correre insieme a lui aumentando sempre di più la velocità. Nella corsa mi sentivo il corpo alleggerirsi e il peso spostato in avanti.
Cercai in ogni modo e con tutte le forze che avevo a tenere il suo ritmo, ma non ci riuscii e il mio polso scivolò via dalla sua mano. Io fui costretta a fermarmi mentre lui continuò a correre senza riuscire a vederlo.
“Uff… uff… come al solito… sei troppo veloce.” Dissi io riprendendo fiato.
Ripresi a camminare a un passo tranquillo e dopo alcuni minuti vidi Aki che mi stava aspettando con le braccia incrociate.
“Sei lenta!” disse lui.
“Non è vero! Sei tu ad essere troppo veloce per me.” dissi io.
“Che ne dici se ne facciamo un’altra?” Disse lui.
“Di corsa? Spero tu stia scherzando, io sono già stanca.” Dissi io.
“Non puoi essere già stanca, non abbiamo fatto neanche tanta strada.” Disse lui.
“Lo so, ma tu sei troppo veloce per me.” dissi io riprendendo a camminare.
“Uffa… La prossima volta però voglio correre con te e ti sfiderò.” Disse lui.
“Certo! Ma che cos’è una sfida?” chiesi io.
“Me lo ha insegnato mio padre, ma te lo dirò solo quando la faremo.” disse lui.
Dopo una ventina di metri ci trovammo davanti alle prime case di un villaggio. Le case però erano fatte a pezzi e c’erano alcune persone davanti ad esse che le guardavano piangendo. Altre persone invece si stavano spostando verso una direzione ben precisa. Iniziamo a camminare davanti a noi entrando nel villaggio e guardandomi intorno vidi sempre più persone piangere. Questo mi faceva sentire una sensazione di tristezza e mi dispiaceva per loro.
Improvvisamente Aki si fermò davanti a me fissando un punto molto lontano e con gli occhi sbarrato, come quelli di una persona sconvolta. Guardai anch’io nella sua stessa direzione e vidi una casa circondata dal fuoco.
“Aki vieni, proviamo ad avvicinarci.” dissi io.
Ci avvicinammo per una decina di metri girando prima a destra e poi a sinistra. Lui stava stringendo un lato della mia maglia con una mano mentre il corpo non lo muoveva. Sembrava essersi immobilizzato alla vista del fuoco. Subito non riuscivo a capire come mai fosse immobile, ma poi ricordai che qualche giorno fa mi aveva detto di avere paura del fuoco.
“Aki, che cos’hai? Perché non ti muovi?” chiesi io.
Lui però non mi diede alcuna risposta. Se ne stava fermo con espressione spaventata e sconvolta. A fianco a noi due c’era una donna inginocchiata a terra che con tono disperato chiedeva aiuto.
“Lasciatemi andare! Quella è casa mia! C’è mia figlia la dentro! Vi prego, qualcuno spenga il fuoco! Salvate mia figlia!” disse la donna.
Nessuno sembrava volerla aiutare, nessuno si era nemmeno avvicinata a lei. Nessuno a parte me. volevo tanto poter fare qualcosa per lei, ma come potevo farlo se Aki non mi avrebbe aiutato? Avrei avuto assolutamente del suo aiuto.
“Aki! Aki riprenditi! Ho bisogno del tuo aiuto! AKI!” dissi io aumentando sempre di più la voce.
Di nuovo nessuna risposta. Decisi di non aspettare più e feci per la prima volta nella mia vita una cosa che non mi sarei mai aspettata di fare. Avvicinai le mani alle sue guance e gli diedi uno schiaffo su entrambi i lati. Grazie a questo lui si riprese e cercò di capire cosa fosse successo.
“Iris…” dissi io.
“Finalmente ti sei ripreso! Eri diventato immobile e non sapevo cosa fare, ma adesso puoi…” dissi io.
Mi fermai di parlare non appena vidi passare davanti a noi un ragazzo giovane che si avvicinò al fuoco. Lui, in completo silenzio, si fermò un attimo, gli uscirono due grosse ali nere dalla schiena ed entrò dalla casa. Le persone intorno a noi non dissero una parola.
Un paio di minuti dopo intravidi una strana sagoma uscire dal fuoco. Aveva la parte un alto di colore nero e la parte in basso era di colore blu. Si avvicinò a noi, si fermò e riconobbi che era il ragazzo di prima.
Aprì le ali e potei vedere il corpo di una bambina tra le sue braccia. Quando la appoggiò a terra lei accorse da sua madre mentre nessuno disse una parola al ragazzo. Nessuno lo ringraziò o si complimentò con lui per ciò che aveva fatto. Il ragazzo se ne andò via con gli occhi che fissavano terra e in silenzio, esattamente come era arrivato.
“Darute! Darute per fortuna sei viva!” disse la donna gioendo e abbracciando forte la bambina.
Io iniziai a correre nella stessa direzione del ragazzo e Aki mi seguì.
“Iris, dove stai andando?” chiese Aki.
Io continuai a correre senza dire nulla. Girai a destra, a sinistra, poi di nuovo a destra. Mi fermai di scatto non appena sentii il pianto disperato di qualcuno poco lontano da me.
Percorsi una decina di passi, poi alla mia destra sentii la voce di prima provenire da una casa già fatta a pezzi. Sul lato destro della casa vi era un piccolo giardino che portava sul retro. Nel bel mezzo del giardino c’era un ragazzo di età intorno ai 10 anni che piangeva moltissimo. Io mi avvicinai lentamente cercando di farmi sentire il meno possibile. il ragazzino aveva lo sguardo puntato davanti a lui e, quando girai la testa nella sua stessa direzione, vidi i corpi di un uomo e una donna accasciati a terra e ricoperti di sangue.
Io non avevo mai visto una scena simile e non l’avrei mai voluta vedere. Volevo assolutamente fare qualcosa, così mi avvicinai a lui.
“Ehi piccolino, che succede? Perché stai piangendo?” dissi io.
Il ragazzino subito non mi rispose e mi strinse forte la maglia.
“Aiutami… la mia mamma e il mio papà sono… sono…” disse lui guardandomi.
“ma chi può aver fatto questo?” chiesi io.
“io… io non lo so… ma loro…” disse lui tra le lacrime.
Subito dopo arrivò Aki che si fermò a fianco a me.
“Alla fine ti ho raggiunta. Dove stavi andando? E perché ti sei fermata qui?” chiese Aki.
“Aki guarda.” Dissi io guardando verso le due persone accasciate a terra.
Lui appena li vide fece un passo indietro con sguardo scioccato, si gettò a terra e si spostò all’indietro per tre o quattro volte.
“Aki, che cos’hai?” dissi io.
Poco dopo arrivò il ragazzo che aveva salvato la bambina dalla casa che era bruciata, si avvicinò al ragazzo che piangeva.
“Oh sei arrivato al momento giusto. Vorrei aiutarlo ma non ho idea di cosa posso fare. se lo sai, ti prego dimmelo.” Dissi io.
Il ragazzo non disse una parola. Sollevò con le braccia il ragazzo, aprì le grosse ali nere fissandomi per qualche secondo.
“Ehi aspetta! Almeno dimmi come ti chiami e dove stai andando!” dissi io.
Lui ancora non disse nulla e volò via con le ali. Guardai Aki e vidi che era ancora scioccato, ma tornò subito normale.
“Iris” disse lui.
“bene, sei tornato normale.” Dissi io.
“Ehi, dov’è finito il ragazzo di prima?” chiese Aki.
“è stato portato via dal ragazzo che abbiamo visto in quella casa bruciata.” Dissi io.
“Che ragazzo? A chi ti riferisci?” chiese lui.
“Oh, niente, lascia stare.” dissi io ricordandomi che lui non lo aveva visto.
Ci alzammo entrambi in piedi, uscimmo dal giardino e girammo alla nostra destra. arrivati in fondo alla strada girammo a sinistra, a destra e di nuovo a sinistra. Proprio in quella strada c’erano tre bambini che ci guardarono per alcuni secondi, poi corsero dentro una casa.
“Aspettate!” dissi io. Ma ormai loro se ne erano già andati.
Io e Aki ci guardammo per qualche secondo ma, presi dalla curiosità, ci avvicinammo alla casa in cui i bambini erano entrati. La porta era in legno e un po’ bruciata in alcuni punti.
Aki aprì la porta e davanti a noi ci trovammo in una stanza molto grande, tante persone coricate per terra con espressioni sofferenti e parti del corpo avvolta da qualcosa di bianco. Notai i tre bambini di prima seduti a fianco a tre diverse persone con occhi impauriti.
Vi erano altri bambini in altri punti della stanza e tutti loro sembravano impauriti. Una donna giovane e vestita con maglia e pantaloni grigi un po’ mal ridotti si avvicinò a noi.
“Scusate, ma chi siete voi? E che cosa siete venuti a fare qui?” chiese lei.
“Noi siamo Iris e Aki veniamo da un altro villaggio. Non vogliamo fare del male a nessuno, ma vorremmo sapere se per caso qualcuno ha visto un ragazzo giovane che ha salvato due bambini e ha due grandi ali sulle schiena.” Dissi io.
“Ti riferisci a Urushi? È uscito poco fa, ma non so quando tornerà. Perché lo state cercando?” disse la donna.
“Vorrei ringraziarlo per una cosa che ha fatto. Ma come mai ci sono così tante qui?” chiesi io.
“Tutti noi siamo persone terrorizzate da, spaventate e ferite per ciò che ci è appena capitato.” Disse la donna.
“E cosa vi è successo?” chiese Aki.
“Erano arrivati degli uomini in nero nel villaggio e noi li abbiamo accolti. Solo che alcuni di loro avevano in mano del bastoni con il fuoco sopra e iniziarono a incendiare le nostre case mentre altre le distruggevano. Tutti noi ci siamo rifugiati qui e alcuni di noi stanno cercando le persone ferite.” Disse lei.
Mentre la ascoltai mi venne paura e strinsi forte le mani. Con la mente riuscivo ad immaginarmi cosa era successo. Spinsi Aki all’indietro con la maglia e uscimmo dalla stanza.
“Ci scusi solo un attimo signora.” Dissi io alla donna prima di uscire.
“Aki, io… io ho avuto paura quando lei parlava.” Dissi io.
Lui mi strinse a sé dicendomi: “Stai tranquilla, è tutto passato. E poi ci sono qua io per proteggerti.”
Il suo abbraccio era meraviglioso perché potevo sentire il calore delle sue mani che mi stringevano il corpo. Però non era quello il momento giusto per lasciarmi prendere da quella bellissima sensazione, volevo aiutare in ogni modo le persone là dentro.
“Aki, voglio fare qualcosa per queste persone.” Dissi io.
“E cosa puoi fare? Queste perone sono messe così male che ormai non si può fare molto.” Disse Aki.
Mi guardai intorno e vidi molte case a pezzi e  distrutte, delle persone a terra che piangevano. Mi venne in mente ciò che avevo assistito oggi davanti alla casa che bruciava.
“Forse non posso fare nulla, però non voglio che queste persone restino così. E non voglio vedere nemmeno situazioni come ho visto prima. Aspetta, forse possiamo fare qualcosa.” Dissi io.
Non appena finii di parlare vidi passare Urushi con un bambino ferito tra le braccia. Lui entrò nella casa ed io, presa dalla curiosità, mi avvicinai alla porta e mi misi ad origliare. Lo sentii parlare con qualcuno ma non ero in grado di capire che cosa dicevano. Pochi secondi dopo Aki spalancò la porta con le mani venendo così scoperta.
“Signora, ho una cosa da dirle!” Disse Aki.
“Ah ehm… non è come sembra! Voglio dire, non ho sentito nulla. E poi non parlare così forte, Aki!” Dissi io.
Notai che tutti nella stanza rimasero immobili e ci guardavano. Lui mise le mani a fianco al corpo e si avvicinò alla donna con cui avevamo parlato prima. Mi avvicinai anche io a loro notando la sua espressione e i suoi occhi molto convinti. O così pensavo io.
“Signora, io e Iris abbiamo deciso di aiutare tutti voi a ricostruire il villaggio.” Disse Aki con tono alto e deciso.
“Eh?” chiese la donna.
“Aki ti ho detto di non parlare così forte.” Dissi io.
“Ah, scusa. Noi abbiamo deciso di aiutarvi nel costruire le vostre case.” Disse Aki.
“Scusate, ma non capisco.” Disse la donna.
“Abbiamo visto che ci sono molte case qui fuori che sono distrutte e molte persone che piangono. Così pensavamo che ricostruendole vi avremmo aiutato a stare meglio.” dissi io.
“Non ce n’è bisogno. Insomma, non serva che voi facciate una cosa come quella.” Disse lei.
“Però noi vorremmo aiutarvi.” Dissi io.
Si fermo da noi per un attimo una signora vestita tutta di bianco, alta come me, occhi e capelli marroni e , con le mani al petto, si rivolse a noi.
“In realtà abbiamo bisogno di persone che possano aiutare i nostri uomini.” Disse questa donna. Poi si allontanò.
“Capisco… abbiamo pochissimi uomini in questo momento quindi se volete potete aiutarci.” Disse la donna vicino a noi.
Io e Aki ci guardammo per un attimo, gli sorrisi e mi rivolsi alla donna che avevo davanti dicendo: “Certo! Diteci in cosa possiamo esservi utili!”
Urushi iniziò a camminare andando dietro di noi con gli occhi bassi. Io mi girai e lo fermai prendendolo per il posto.
“Tu sei Urushi, non è così? Ci aiuterai? Perché te ne stai andando?” chiesi io.
Ma lui con uno scatto tolse il suo polso dalla mia mano e se ne andò senza rispondermi. Io ne rimasi un po’ stupita.
“Lui parla poco, ma fareste meglio stare lontano da lui.” disse la donna.
Uscii dal luogo in cui ero e vidi che fuori c’erano diversi uomini che stavano lavorando su una casa, mentre Aki e altre persone camminavano portando sulle spalle delle lunghe e spesse travi di legno.
Una signora si avvicinò a me, mi diede un secchio d’acqua completamente vuoto e, dicendomi la strada da percorrere, mi chiese di andare a riempirlo in una fontanella del villaggio.
Così io mi girai e iniziai a camminare quando a pochi passi notai davanti a me Urushi muoversi con espressione seria. Decisi di seguirlo girando prima a destra, poi a sinistra. Poco dopo lo vidi giocare con altri tre ragazzi in un piccolo spazio verde alla mia destra.
Rimasi ferma a guardarli mentre loro si prepararono a correre. Urushi in quel momento non aveva le ali sulla schiena.
“Bene, il primo che raggiunge quella casa là in fondo vince. Pronti? Partenza… via!” disse un ragazzo.
Tutti e quattro iniziarono a correre non appena disse la parola via. Andarono alla stessa velocità e molto veloci. Sembravano veloci quasi quanto Aki.
A un certo punto però dalla schiena di Urushi uscirono le sue grandi ali nere e, iniziando a sbatterle sempre di più, superò tutti velocemente. Raggiunse il traguardo in un attimo mentre gli altri stavano ancora correndo. Io ne ero felicissima del suo risultato.
“Basta, mi sono stufato di giocare con te. È la decima volta che giochiamo con te e ogni volta vinci sempre tu.” disse il ragazzo che aveva parlato prima.
“Già, anche io mi sono stancato.” Disse un altro ragazzo.
“Sai che ti dico? Me ne vado e non giocherò mai più con te.” Dissi io.
“Anche io.” dissero i due ragazzi.
Poi tutte e tre se ne andarono passandomi a fianco con delle facce arrabbiate. Questo mi sembrò strano ma ero più contenta del fatto che lui aveva vinto. Visto che loro se ne erano andati via, io mi avvicinai a Urushi e iniziai a gioire e a complimentarmi.
“Uao, sei stato bravissimo! Sei stato velocissimo e hai superato tutti arrivando primo!” dissi io contentissima.
“Grazie.” Disse lui tirando in dentro le ali.
“Ah, hai parlato!” dissi io sorpresa.
“Certo che ho parlato. Perché ne sei sorpresa?” chiese lui. Ma io non gli risposi.
“Allora, perché ne sei sorpresa?” disse lui.
“Ah, ehm… tu non hai mai detto una parola quando cercavo di parlare con te e questo mi era sembrato strano. Ma tu sei Urushi, giusto?” dissi io.
“Sì, esatto.” disse lui.
“Oh perfetto! Forza,  vieni con me ad aiutare il villaggio e far parte della nostra avventura!” dissi io.
“Non voglio aiutare nessuno e non ho idea di cosa tu stia parlando. Ma tu chi sei?” disse lui.
“Io sono Iris e insieme ad Aki stiamo viaggiando per i diversi villaggi. Quando siamo venuti qui abbiamo deciso di aiutare queste persone e con il tuo aiuto possiamo aiutarle ancora di più.” dissi io.
“Non so chi sia questo Aki, non intendo aiutare nessuno e non voglio andare da nessuna parte.” Disse lui.
“Ma perché quelle persone hanno bisogno di te! E anche noi abbiamo bisogno di te.” Dissi io.
“Perché non voglio e perché qui non mi vuole nessuno.” Dissi io.
“Noi invece ti vogliamo!” dissi io.
Urushi si fermò di scatto e alzò la testa. Io mi avvicinai e gli parlai.
“Tre giorni. Ti lascio tre giorni per pensarci. Ma vorrei chiederti una cosa.” dissi io.
“Cosa?” chiese lui.
“Vieni con me ad aiutare il villaggio.” Dissi io.
Poi mi incamminai restando in silenzio e guardando dritto davanti a me. Feci un passo… due passi… tre passi… quattro passi… cinque passi… un attimo prima di alzare il piede per fare il sesto passo, lui venne dietro di me e mi fermò con una mano alla spalla.
“Va bene. lo farò.” Disse lui.
“Grazie! Ah, però dove si trova la fontanella del villaggio?” chiesi io.
Lui mi sorrise. Con il secchio in mano, mi portò fino alla fontanella. Lì in un attimo riempii il  secchio d’acqua e insieme percorremmo la stessa strada fino ad arrivare alla casa in cui Aki stava lavorando insieme ad alcuni uomini.
Lo chiamai, gli dissi che Urushi voleva aiutare a costruire il villaggio così entrambi si misero al lavoro. Io invece entrai nella casa di fronte in cui c’erano le persone ferite. Mi si avvicinò la donna tutta vestita di bianco che ci aveva parlato un po’ di tempo prima.
“Ecco a te, l’ho riempito come mi hai chiesto.” Dissi io.
“oh sì, grazie. Senti, ti va ancora di aiutarci?” chiese lei.
“Sì, certo.” Dissi io.
“Allora tienilo tu il secchio, avvicinati a una persona ferita e cerca di medicarla più che puoi. Vieni che ti faccio vedere come si fa.” Disse lei.
“Grazie, molto gentile.” Le risposi io.
Facemmo circa sei o sette passi, poi ci fermammo e ci girammo a sinistra. Ad entrambi i lati vi erano delle persone ferite e a fianco c’erano altre persone che erano al loro fianco a medicarli. Alcuni avevano le bende intorno al corpo, mentre altri avevano un panno bianco e li curavano. Erano messi malissimo e il solo pensiero che mi veniva in mente era che queste persone non avrebbero dovuto subire nulla di tutto questo.
La donna si rivolse all’uomo che avevo a sinistra, si inchinò a terra, prese un panno che era appoggiato a terra e lo bagnò nel secchio d’acqua che io avevo riempito. Mise il panno sulla fronte della persona che aveva davanti e gli disse di farsi forza.
“Questo è ciò che devi fare. Spero sia tutto chiaro. Ah, io sono Emma e se hai bisogno basta che mi chiami.” Disse lei.
“Va bene, grazie ancora.” Risposi io.
Io medicai la persona che avevo dietro di me e poi lo ripetei per l’intera giornata. Ogni volta che mi prendevo cura di una persona il mio cuore si sentiva più leggero e felice. Ero contenta di poter fare qualcosa per loro. A tarda sera le donne misero del fuoco su delle candele e le misero a fianco a quasi tutti i feriti, mentre gli uomini entrarono dalla porta e si addormentarono in diversi posti nella stanza. Io mi misi in un angolo e, dopo che Aki si avvicinò a me, ci addormentammo appoggiandoci l’uno all’altro.


Angolo autrice: Nell'augurare a tutti coloro che leggono una Buona Pasqua e una Buona Pasquetta, vi pubblico questo capitolo. Spero che vi piaccia e se vi va lasciatemi un commento!
   
 
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