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Autore: Proiezioni    21/04/2019    5 recensioni
Aggiornata!
3. Un giorno di ordinaria irritazione.
2. La cena col porno attore.
1. Avversari invisibili.
Quegli strani due è una raccolta di più episodi cronologicamente non collegati creata in sostituzione di "Semi di gelsomino". Dopo aver cancellato la raccolta mesi fa perchè non mi soddisfaceva, ho deciso di pubblicarla nuovamente con nuovi episodi più in linea con l'attuale concezione della coppia. Nella raccolta si alterneranno storie più Toryamesche (soprattutto nell'impostazione dei personaggi) e storie dove i personaggi avranno contorni più realistici, ma saranno tutte di genere leggero. Grazie per il vostro sostegno!
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie ORO'
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3.

Un giorno di ordinaria irritazione.





Atterrò in giardino come un missile, talmente veloce che sul tramonto si stagliò come un falco saettante lontano dalla fisionomia di un uomo volante. Il padre di Bulma stava cercando di educare il cane che Trunks aveva trovato abbandonato vicino un cassonetto, quando un pomeriggio di ritorno da scuola sua nonna aveva notato un batuffolo sotto una coperta lerca: era un bastardino molto socievole, di color caramello, dalla simpatica forma di siluro che aveva l'aria di essere un po' tonto, oltre al fatto che si muoveva goffamente per via di una zampa sbilenca. Bulma diceva che era l'incrocio tra un segugio e un bassotto, mentre il pensiero di Vegeta era stato intuibile dal solo sguardo scettico con cui aveva analizzato il suo buffo aspetto.

Tra l’altro, neppure fosse un amante degli animali cui ostentava una certa indifferenza, se lo trovava di sovente tra i piedi quando lo lasciavano libero di entrare dal giardino interno, e ormai la sua presenza molesta era diventata abitudinaria al punto che neppure lo notava se talvolta se lo ritrovava fuori il trainer che gironzolava seguendo anche le sue tracce odorose.  

Lo scienziato non si accorse dell’arrivo del saiyan mentre il cane emise un abbaio di benvenuto ignorato.

“Ciao Vegeta, bentornato” gli disse l’uomo, ottenendo un lieve cenno in rimando.

Vegeta si sentiva a proprio agio in presenza di quel mite cervellone, che a differenza di sua moglie non si curava di lui se non per fargli domande che riguardassero lo Spazio e i pianeti che in esso galleggiavano. 

Il cane provò ad andargli in contro goffamente, ma Vegeta si limitò ad entrare in casa senza prestargli attenzione, varcando la soglia dell'ingresso e riconoscendo nell'aria l'odore familiare dell'ambiente. In qualche sfumatura odorosa ritrovò anche quella di Bulma. Ormai il rientro a casa iniziava ad essere un ricostituente non solo fisico, ma anche mentale, oscillando in una strana ambivalenza di piacere e sopportazione.

Spesso fuggiva da lì bisognoso di libertà e di distacco, anche assecondando un retaggio culturale e un istinto che lo accompagnava da quando era alto poco più di un soldo di cacio, altrettanto spesso sentiva il bisogno di ritornare a ciò che ora riconosceva come focolare, al calore della sua compagna con cui aveva stretto un rapporto così forte e profondo da non poter essere messo abbastanza da parte, e di cui intimamente si rammaricava nei momenti di inquietudine e isolamento. 

Era giusto un palliativo, quella fuga, nient’altro che un provvisorio medicamento a quella specie di cancro interiore che lo affliggeva. Case non ne aveva mai avute prima di quella, ma ora sapeva cosa significasse quella parola di quattro lettere: un luogo con le proprie cose, tra cui delle persone, la sua famiglia. 

Il guerriero di un tempo, fermo in quel tempo sempre più lontano, aveva ancora parecchio da ridire sui cambiamenti che stava subendo la sua indole, ma l'uomo ragionevole non riusciva ad arrestare quel cambiamento a senso unico. Vivere sulla Terra aveva molti lati positivi, perchè non solo gli consentiva di allenarsi e di vivere in un ambiente favorevole, permettendogli anche di sviluppare più forza spirituale, ma aveva un buon clima, un buon cibo, una leggerezza generale che alleggeriva anche la pesantezza delle sue riflessioni.

Era mancato da lì alcuni giorni, sparendo da un momento all’altro senza avvisare nessuno e andandosi ad ammazzare di allenamenti in qualche punto della Terra che sceglieva di volta in volta, in base alle sue esigenze: talvolta si metteva alla prova in ambienti ostili come il deserto del Nord, o quello torrido dell’Est, dove il Sole cuoceva la pelle fino al tramonto, altre volte sceglieva paesaggi montuosi e ventilati dove il freddo raggiungeva kilometri orari così alti che trafiggeva di stillettate di ghiaccio la pelle, lasciando su di essa dei tagli di sangue che lo accompagnavano fino al rientro, attirando le premure medicamentose di Bulma che trovava anche il pretesto perfetto per tornare a toccarlo. A furia di spostarsi aveva scoperto che il pianeta ospitava moltissime specie animali, oltre che una coloratissima flora, e che se poteva esserci una parola adatta per rappresentare la Terra ce n’era una di quattro lettere che non era solo casa, ma vita: era pieno, pullulante di vita, sembrava nato per ospitarla, questo perché era ricco di acqua ed abbondava così tanto di essa che la si poteva scorgere anche nelle iridi delle persone, non meno in quelle familiari della sua donna.

Sporco e bisognoso di una doccia, si sfilò le scarpe incrostate di fango e camminò scalzo per i corridoi. Se Bulma lo avesse sorpreso a seminare terra per la casa non gli avrebbe risparmiato una ramanzina delle sue e Vegeta era l'ultima cosa che voleva sentire in quel momento: carico com'era di testosterone, con ogni probabilità avrebbe trovato un solo modo a entrambi congeniale per zittirla.  

Il tramonto aveva già imporporato il corridoio del primo piano dove c’era l'area giorno, i salotti e gli uffici, il trainer creato per lui e una palestra dove Bulma si manteneva in forma quando non si recludeva nei laboratori a lavorare. Dopo una deviazione, si aprì sulla sinistra la stanza con piscina interna che godeva del panorama ad ovest, davanti alle sagome scure dei grattacieli delineate dal crepuscolo. Forse era una delle stanze che più preferiva. L'odore tenue di cloro sembrava disinfettare anche la mente, e nelle giornate terse  l’acqua assumeva dei riverberi rossi sangue mentre il sole scendeva oltre l’orizzonte, come una palla di fuoco. 

Vegeta adocchiò subito le due presenze che galleggiavano tra i riflessi purpurei: Bulma nuotava con le mani protese verso il bambino e lo incoraggiava con aria soddisfatta. La voce della donna arrivava ai padiglioni del suo orecchio sensibile come un mormorio ovattato che si infrangeva sui vetri e rimbalzava all'interno.

“Hai visto? Stai nuotando! Continua a muovere le gambe così, tieni il fiato!”

L'impegno di Trunks aveva delineato sul suo viso paffuto un'aria concentrata, come se stesse svolgendo un'azione di vitale importanza. Quando il sorriso compiaciuto rivelò i suo dentini da latte, bevve e tossì perdendo la concentrazione, ma Bulma continuò a supportarlo senza agitarsi. 

“Su, non è niente! Dai che poi facciamo vedere a tuo padre come sei diventato bravo!”

Vegeta rimase fermo a guardarli, assorto in un significativo silenzio.

 

 

Un silenzio appagante seguì il loro amplesso saturo di riflessioni e conforto.  La donna rimase stesa su una metà del suo corpo, le gote ancora leggermente arrossate ma il respiro ormai regolare. Aveva un'aria appagata e rilassata, e da quando il saiyan si era stabilito definitivamente li con loro, per quanto potesse essere labile il significato di definitivo per una battagliera esistenza come quella di un saiyan votato alla guerra, Bulma si era iniziata a prendere con lui maggiori libertà, cercando di abbattere le rigidità del suo carattere formatosi in un regime di misantropia molto persistente. Spesso cercava la sua vicinanza nel letto e lui la lasciava fare, non senza aver emesso un grugnito di disappunto quando lei lo soffocava attaccandoglisi eccessivamente.

"Trunks sta iniziando a nuotare. Dovresti vederlo..."  gli disse lei, sgranchendosi un po’ la schiena e reclinandola all'indietro, senza sciogliere l'intreccio delle sue gambe dalle altre.

Vegeta non le disse di averli visti, si tenne quell'immagine per sè come se fosse particolarmente preziosa. Poi con la mano le scivolò lungo la pelle della schiena, aggrappandosi a un fianco morbido. Bulma sentì i ruvidi calletti sul metacarpo della sua mano, nonchè regalo dei duri e costanti allenamenti, graffiarle la pelle e intuì il rimontare del suo desiderio nel suo tocco che si fece più forte e pastoso. Quando rimaneva fuori molti giorni, tornava sempre carico come un soldato al rientro dalla guerra. Lei gli prese la mano e ci giocò confidenzialmente, sfiorando quelle piccole aree ruvide e stringendo poi le dita tra le sue che si lasciarono fare ciò che le altre volevano. Bulma aveva scoperto di essere in grado di addomesticare quella scimmia selvatica che nel torpore che seguiva gli amplessi era docile e tranquilla, appagata dei suoi umori che lei aveva soddisfatto con tutto il proprio amoroso ardimento.

Innamorata e rapita, seguì il profilo della sua mascella con un dito, realizzando quanto gli era mancato in quei giorni di assenza. Non si abituava mai alle sue fughe e quando lui rincasava era sempre sollevata di ritrovare nella sua figura familiare la conferma del suo atteso ritorno.

Tra le sopracciglia del suo viso regale, era scolpito ormai un piccolo solco verticale. Lei sorrise osservandolo e lo sfiorò col polpastrello dell'indice.

“Lo sai come si chiama questa?”

Lui ruotò su di lei due pupille impassibili e lei continuò con voce dolce. “Si chiama ruga del disappunto…. Dovresti ridere di più… Non lo fai mai”.

“Perché, allunga la vita per caso?” Le chiese l'altro con una punta di ironia.

“Perché sei più bello quando ridi...” replicò lei scivolando di lato e lasciando alla mercè del suo sguardo avido le perline invitanti e discrete dei suoi capezzoli rosa.  “E poi sì, allunga anche la vita” aggiunse mentre si sedeva sul bordo del letto alzando i capelli per raccoglierli in una codina.

Lui osservò la sua schiena, il sedere morbidamente poggiato sul lenzuolo, il suo collo scoperto dal gesto femmineo con cui lei si stava tirando su i capelli.

“Dove vai” indagò con tono che tradì una latente contrarietà.

“A lavorare, io” puntualizzò Bulma alzandosi e infilandosi lo slip di pizzo.

“A quest’ora?” osservò l’altro. L’orologio segnava le nove di sera e loro due non avevano neppure cenato.

Bulma si infilò con modi spicci il jeans che sagomò i suoi glutei.

“Ho la consegna di un progetto fissata per domani. Avrei già finito se tu non mi avessi assalita...” commentò lei elargendogli uno sguardo complice e allacciandosi il reggiseno. “A proposito... Lo sai dove va a scuola tuo figlio?”

“Perché?”

“Domani dovresti accompagnarlo tu” gli disse infilandosi la maglietta.

La ruga tra gli occhi dell'uomo si accentuò palesando tutta la sua contrarietà.

“Il bus della scuola non passa e io e miei non ci siamo.” Bulma prese il suo boxer da terra muovendosi verso l’uscita. “Se non lo farai... Paghi pegno” e dicendolo gli tirò l’intimo addosso lasciandolo sbracato sul letto.

 

 

Trunks fu molto contento che fosse suo padre ad accompagnarlo a scuola e non suo nonno. Era la prima volta che Vegeta si scomodava a quell'ora per lui. Il bambino camminava con la cartella sulle spalle, mangiando un panino con la marmellata e sorseggiando un succo di frutta. Decisamente più intelligente dei suoi compagni di classe e degno figlio delle due menti argute che l’avevano messo al mondo, aveva uno sguardo vispo e furbo,  e sembrava oltremodo incuriosito dalla silenziosa figura paterna che ancora non aveva iniziato ad allenarlo.

“Papà, come si chiamava il tuo papà?”

“Come mai ti interessa?” Gli chiese l'altro, senza fissarlo.

“La maestra ci sta insegnando a disegnare l’albero della famiglia”.

“Sarebbe a dire?”

“L’albero gene…” Trunks ci pensò su, indeciso sul come pronunciare la parola, e Vegeta lo facilitò.

“Genealogico”.

“Sì! Gene…a…logico, dice che dobbiamo disegnarlo fino ai nostri bisnonni”.

Trunks insistette ancora, fissando suo padre con sguardo curioso. “Come si chiamava il tuo papà?”

“Si chiamava come me”.

“Avevate lo stesso nome, e perchè?”

“Perché si usava così. Mio padre era una persona importante, e portava il nome di suo padre, che era mio nonno”.

“Perché io non ho il tuo nome allora?” Gli domandò con acutezza.

“Perché il tuo nome lo ha scelto tua madre.”

“E perché?”

Vegeta cercò di mostrarsi il più paziente e accondiscendente possibile. “Perché quando sei nato io ero lontano ad allenarmi. E ora basta con questo interrogatorio” tagliò corto, attraversando la strada.

Trunks finì il succo di frutta sorseggiando gli ultimi rimasugli rumorosamente e si fermò vicino un cestino, alzandosi sulle punte. “Papà mi aiuti a buttarlo?”

Vegeta lo prese per la cartella e lo sollevò come un sacco. 

“Grazie”.

Continuarono a camminare ancora un po’, avvicinandosi alla scuola dove Trunks stava frequentando la prima elementare.

“Papà, lo sai che Goten sta imparando a volare?”

“Mh… Ovviamente…”

“Quando sono stato a casa sua, Gohan mi ha detto che se voglio lo insegna anche a me.”

Vegeta percepì una stretta all’orgoglio, non tollerando l'idea che proprio il figlio del suo rivale iniziasse la propria prole alla lotta.

“Gohan dovrebbe farsi i fatti propri, ma anche suo padre aveva il vizio di immischiarsi in faccende che non lo riguardavano…”

“In che senso papà?”

“Niente. Gohan è un buon combattente, ma deve battersi ancora con me…”

“Tu sei molto più forte, vero papà?”

“Nessuno sulla Terra può competere con me” affermò prima di arrivare davanti al cancello della scuola.

La prima campanella era appena finita di suonare.

“Che aspetti ad entrare?” Gli domandò vedendo il figlio indugiare.

“Vorrei allenarmi anche io come te al posto di fare i compiti come vuole la mamma”.

Dalla gola del saiyan affiorò un singhiozzo strafottente. “Hai sangue saiyan, è logico sia così. Ma sei mio figlio e non puoi essere un ignorante, anche io ho dovuto studiare. Adesso vai”.

“Va bene papà, vado… Ciao”.

 

...



La tenda color panna a bande verticali fu sollecitata da una lieve brezza. La donna sbirciò tra di esse, attirata dalla risata di suo figlio, pur rimanendo assorta con l’orecchio poggiato sulla cornetta del telefono da cui usciva la voce concitata di un interlocutore agitato. Bulma continuò ad ascoltarlo mentre Trunks correva in giardino con il cane, sotto gli occhi distratti del nonno che era impegnato a provare un antenna radio. Vegeta varcò la soglia dell'ufficio mentre lei rivolgeva lo sguardo tra i lembi della tenda con un'espressione contrariata.  

"Oh! Ancora con questa storia?!" le sentì dire con voce irritata. "Non mi interessa, voglio quei dati e li voglio entro oggi! Ve li avevo chiesti già una settimana e mezzo fa, se avevate tutti questi  problemi dovevate avvisarmi! Come mi presento alla riunione di domani senza quei tabulati?! Cosa gli racconto agli investitori, che il mio staff dorme in piedi!?" Dall'altro lato della cornetta l'interlocutore si agitò di più e la ruga tra le sopracciglia della donna si accentuò in un solco ancora più netto. "Beh allora trovatela anche se è in ferie! Se non ha fatto il suo dovere non è un problema mio, non mi interessa se è partita per Plutone o se è alla deriva in mezzo all'Oceano, voglio quei dati entro oggi pomeriggio, intesi!?"

Vegeta ascoltò gli ultimi scambi di battute e poi si palesò lei quando ebbe chiuso la telefonata con stizza. 

"Bulma".

"Ah sei qui..."

"Tua madre mi ha detto che mi cercavi. Che c'è?"

"Sì, ho bisogno di un favore".

L'altro assottigliò lo sguardo, pronto alla bega del giorno. 

"Devo andare in un centro commerciale a ritirare una cosa, e poi fare una tappa in un negozio. Vorrei portarmi Trunks perchè mio padre ha una visita. Perchè non vieni con noi?"

"Non mi considerare proprio".

"E dai, tanto non ti stai allenando...Vieni con noi, non farti pregare ogni volta, si tratta di un'oretta". 

"E cosa dovrei fare lì con voi?"

"Niente, solo tenere sotto controllo tuo figlio".

"Non puoi tenerlo tu sotto controllo, scusa?"

"Vegeta... Ti risulta che io sia in grado di duplicarmi? Perchè non ho questo dono, purtroppo, e non posso portare mio figlio nella cabina dell'estetista con me" puntualizzò indispettita.

Fare la ceretta con Trunks che le bighellonava attorno non era il massimo, visto che già non era rilassante farsi strappare peli e peletti di dosso. Vegeta non aveva ben chiaro cosa fosse un'estetista ma intuì si trattasse di un affare da donna, visto che Bulma ci andava spesso quando lagnava di essere in disordine.  L'ultima cosa che avrebbe mai notato, come ogni uomo rude cresciuto altrettanto selvaticamente, era se lei avesse o no un mignolo fuori posto. A malapena notava l'intimo che lei comprava con cura, figurarsi il resto.

"Guarda te lo dico subito" le disse con tono spazientito. "Se pensi che passi l'intero pomeriggio a starvi appresso, sei fuori strada."

"Ti ho detto che si tratta di un'oretta, tanto non stai facendo niente... E poi non lavori, il tempo lo hai. Non penserai che puoi startene qui a fare il comodo che ti pare?"

Lui le elargì un'occhiata bieca. 

"Ti ricordo che avermi qui non significa che io faccia le cose che farebbe un terrestre".

"E io ti ricordo che non lavori e che sei servito e riverito, e che hai delle responsabilità con la tua famiglia, perchè se non sbaglio... Questa casa non è  un hotel e tu non sei un ospite di passaggio."

La risposta di lui si ridusse ad un grugnito di disappunto. Bulma aveva un carattere forte e un temperamento deciso, e quando si impuntava era una guerra, ma a conti fatti se l'era scelta anche per quel motivo.

Le diede le spalle e proprio mentre usciva lei gli gridò: "Alle tre usciamo!"

Fu così che si ritrovò a varcare contrariato la porta automatica di un centro commerciale gremito di persone. Non fece neppure in tempo ad entrare, che da uno stand di una nota località dei tropici due ragazze vestite con fiori e gonnella gli andarono in contro e gli misero attorno al collo una ghirlanda di fiori colorata. 

"Prego signore" gli disse una suadente biondina.

Un’altra dai capelli color rosso fuoco gli passò accanto non risparmiandogli un complimento. "Che muscoli..."  

Vegeta le sentì sghignazzare mentre si allontanavano e si staccò la corona floreale buttandola per terra, infastidito da quell’invadenza.

"Non stavi così male" commentò Bulma.

"Non girerò di certo con questa cosa ridicola addosso" replicò l'altro con sprezzo.

"Trunks la vuoi anche tu?"

Il bambino fece una smorfia schifata, emulando suo padre. "Non mi piace".

"Io sono arrivata, ne avrò per una mezz'ora. Ti lascio dei soldi, in fondo ci sono le giostre, portaci Trunks. Ci vorrà andare sicuro".

Il piccolo intanto iniziò a tirare i lembi dei pantaloni di entrambi, pressandoli per ottenere un giocattolo adocchiato in una vetrina. “Me lo posso comprare?”

"Ti ho detto di no, ne hai già tanti" replicò Bulma.

Ci provò anche con Vegeta che non tardò a fucilarlo con lo sguardo. "Trunks, piantala!"  

Vegeta aveva lo strano potere di riuscire a intimorire chiunque, figlio compreso cui non aveva mai dato troppa confidenza nel senso terrestre del termine: abbracci, baci, carezze non erano parte del suo metodo educativo, ma tanto Bulma compensava quella mancanza perfettamente, difatti se Vegeta aveva ipotizzato che Trunks potesse crescere senza spina dorsale, si doveva ricredere ogni qual volta pensava al ragazzo che era venuto dal futuro. In fin dei conti l'aveva cresciuto lei da sola, anche se sì, la dimensione era diversa, ma non la sua volitiva Bulma...

La lunga fila per la giostra non fu certo una miglioria per la sua pazienza: i pianti e i capricci dei bambini in coda erano quanto di più irritante per i suoi nervi sensibili, e condividere uno spazio ristretto con così tanti terrestri era ciò che meno gli andava a genio.

Non appena Trunks sarebbe salito, lui lo avrebbe aspettato in disparte tutelando il proprio spazio vitale. Ma fu quanto di più lontano dai suoi piani, difatti consegnata una banconota al giostraio, il tizio osservò il piccolo Trunks e disse: "I minori di sei anni vanno accompagnati".

"Ma è ridicolo" borbottò Vegeta con le braccia incrociate al petto.  

L'altro fece una faccia rassegnata. "Ha ragione anche lei, ma da quando un bambino si è fatto male mi tocca obbligare almeno un accompagnatore a salire, perchè se succede qualcosa il culo lo fanno a me e mi tocca chiudere".

"Trunks, niente giro, non si può fare" sentenziò Vegeta, ottenendo in rimando uno sguardo deluso.

"Ma come papà... Il brucomela è il mio preferito..."

"Ehi! Ma vi muovete!?" Borbottò un papà con un bambino sulle spalle, non capendo perchè indugiassero all'ingresso. "Qui c'è gente che aspetta!"

Il tizio del botteghino accelerò i tempi incassando la banconota per due e spingendoli cautamente in avanti. "Mi faccia il piacere, ne ho fin sopra i capelli di bambini che si lagnano e genitori che polemizzano." 

"Dai papà, per favore..."

Vegeta pensò che far saltare in aria la giostra, dando un valido motivo ai cuccioli terrestri per frignare, sarebbe stato molto appagante, ma se prevalse il buonsenso fu solo per suo figlio. Bulma si era raccomandata di non fare danni.

"Ma tu guarda cosa mi tocca fare... Questa è l'ultima volta che assecondo te e tua madre. Poi gliene dico quattro anche a quella" farfugliò tra sè e sè, salendo sul brucomela con la vena pulsante sulla tempia che sembrava stesse per scoppiare. Aveva la pressione alle stelle e le braccia conserte in un atteggiamento di inamovibile chiusura col mondo. Non capiva come suo figlio potesse divertirsi su un gioco del genere che attraversava una mela a una velocità ridicola, per non parlare dei bambini lamentosi che lo facevano imbestialire ulteriormente.  

Quando furono giù dalla giostra, si affrettò ad allontanarsi pieno di vergogna. Trunks ci mise di più a raggiungerlo, sembrava insoddisfatto e pieno di energie come se volesse fare un altro giro, ma Vegeta fu categorico: avrebbero aspettato Bulma fuori di lì. 

Non tardò a lanciargli uno sguardo spazientito, visto che ci aveva messo diversi minuti a raggiungerlo. 

"Allora? Dov’eri finito, si può sapere?"

"Ho comprato la foto con le monetine che mi erano rimaste dal gelato" replicò  il piccolo mostrandogli la foto che una macchinetta automatica scattava a tutti nel punto più ripido di discesa del bruco.

Vegeta sbirciò la foto irrigidendosi immediatamente, ferito nel suo riserbo aristocratico. 

“Che foto ridicola…!” Commentò infastidito, riprendendo il passo.

Bulma uscì dal centro commerciale con una grossa pianta in braccio. Adocchiò subito Vegeta e Trunks poco distanti l'ingresso, il compagno era appoggiato al muro riscaldato dal sole, le mani nelle tasche e l'umore vagamente migliorato da quando era uscito all'aria aperta. 

"Bambola hai bisogno di una mano?" Le chiese un tipo, incrociandola. 

"No, grazie" tagliò corto lei, andando in contro al saiyan al quale non sfuggì l'approccio dell'uomo che si girò verso di lei lanciando un’occhiata al suo sedere sculettante.

"Eccovi! Ma dove eravate finiti, vi ho cercato dappertutto! Ho pensato che foste andati via..."

"Ancora qualche minuto e me ne sarei andato" disse Vegeta con tono scocciato. "Mi avevi detto che saresti stata poco”.

"E dai, non arrabbiarti, adesso ce ne andiamo".

Montarono in macchina e si lasciarono il parcheggio alle spalle. Nell'imboccare la curva della tangenziale Bulma non potè vedere che centinaia di metri più avanti due macchine si tamponarono bruscamente, innescando una reazione a catena che il saiyan anticipò facilmente.

"Oddio!" Esclamò lei frenando d'improvviso. 

La testa che oscillò violentemente verso il manubrio fu trattenuta dalla mano del saiyan che a una velocità incredibile la frappose tra lei e il volante.  

Trunks non si fece nulla ma diede solo una testata innocua al tettuccio. Bulma aprì gli occhi spaventata e realizzò che Vegeta le aveva evitato l'impatto.

"Grazie..." mormorò con un filo di voce.

"Perchè non stai più attenta?" Borbottò lui duramente.

"Lo so ma hanno frenato tutti all'ultimo... Non potevo prevederlo…" 

Bulma uscì fuori dall'auto per controllare i danni riportati dal veicolo, Vegeta fece lo stesso ma allontanandosi verso il guard-rail della sopraelevata. 

"Dove vai?" Gli domandò Bulma massaggiandosi il collo.

"A casa" replicò atono, sparendo poi in volo prima che arrivasse altra gente ad accodarsi all’incidente.

 

...

 

Trunks trovò la madre in laboratorio intenta a lavorare al suono noioso di una conferenza di un noto ingegnere che progettava hardware per computer. Era stesa sotto al motore di una macchina quando il figlio arrivò nel laboratorio. Il cane le andò ad annusare le caviglie scoperte.

“Ehi, ciao bello… Che ci fai tu qui?” Commentò accarezzando la sua testa pelosa.

“Mamma, è con me”.

Bulma scivolò fuori e mise in pausa lo stereo.

"Tesoro, hai già finito di fare i compiti?"

“Sì, mi ha aiutato il nonno.”

“Cos’hai in mano?”

L’altro gli porse una foto. "Guarda…”

“Di cosa si tratta?” Non fece neppure in tempo ad analizzarla attentamente che scoppiò a ridere rumorosamente.

“Non ci credo!” Esclamò notando l’espressione truce del compagno che a braccia conserte e aria irritata sfrecciava sul bruco, accanto al figlio. “Bellissima foto!”

“Papà ha detto che la foto è ridicola…”

“Non dargli retta, è lui che non sa divertirsi” replicò lei, sorridendo. “Lo sai com’è fatto tuo padre. Dalla a me, la faccio incorniciare e la conservi nella tua cameretta.”

“Ma perché papà non ride mai?”

Bulma scrollò le spalle con aria rassegnata ma serena, ricordando quelle poche volte che sorrideva o la sua consueta risata strafottente che le elargiva in talune occasioni di ironia.

“È fatto così, ma sa ridere anche lui.” Poi abbassò il tono di voce. “Ha solo un brutto carattere, ma basta conoscerlo… A volte è un po’ timido”.

“Timido? Come quando uno diventa rosso?”

Bulma si accese un sigaretta. “Esatto. Essere timidi è quando non ti piace che tutti ti guardino, per esempio, o stare al centro dell’attenzione degli altri. O quando devi chiedere qualcosa a qualcuno e ti vergogni… O quando una bambina carina vuole darti un bacio e ti senti imbarazzato” aggiunse con occhiata complice. “E poi devi sapere che tuo padre è una persona molto orgogliosa”.

“Che significa essere orgoglioso?”

“Non è facile da spiegare…” rispose l’altra, espirando una nuvola di fumo. “Però se sai mantenere un segreto ti confido una cosa sul tuo papà…”

Trunks annuì interessato.

“Tuo padre non è un uomo come gli altri, per questo spesso è serio e un po’ duro. E' stato educato in maniera diversa, è abituato a considerarsi una persona più in alto degli altri perchè non un saiyan qualunque. Lui è il principe dei saiyan e se non fosse venuto qui, ora forse sarebbe stato il Re in carica”.

“Davvero?!”

“Sshh… Non dire a nessuno che te l’ho detto, neppure a lui” gli sorrise lei. “Ora sai perché lui si allena sempre…”

Trunks pendeva letteralmente dalle sue labbra.

“Ma perché ha lasciato i saiyan? Per stare con te?”

Lei sorrise della sua ingenuità cercando una spiegazione con un senso. “Tuo padre non è nato qui… Lui viene da una stella che ora non c’è più… Il suo popolo non era come le persone che tu conosci. Loro combattevano sempre, erano soldati, anche tuo padre, per questo è sempre molto serio…”

“Ma i soldati non sanno ridere?”

Bulma ci pensò su. “Certo che sanno ridere, ma il soldato è un mestiere difficile. Anche il padre di Goten era un saiyan, però lui era cresciuto qui e rideva spesso… La nostra Terra è un posto speciale, ricordalo sempre”.

“Per questo papà vive qui con noi allora.”

“Esatto” sussurrò lei. “Portagli sempre rispetto, anche quando non  lo capisci. Lui ci tiene molto a te e vedrai che presto allenerà anche te. Tu hai tanta forza, proprio come lui”.

Bulma gli disse quelle cose senza avere la totale certezza che fosse davvero così, ma una parte di lei sapeva. Era la sua fede nella speranza a spingerla a credere nel suo compagno, e non solo... C’erano sempre quei suoi occhi un po’ tristi che parlavano da sé, e poi non poteva spiegare a nessuno di quei piccoli passi che compiva giorno dopo giorno, tra la timidezza e l’indugio di mostrarsi partecipe alla vita di famiglia. C’erano cose che non si potevano spiegare, ma solo sentire dentro, esattamente come sentiva dentro lo sguardo silenzioso con cui lui sapeva guardala. Era capitato un pomeriggio, neppure così lontano, che il saiyan aveva raggiunto in soggiorno suo figlio mentre lei lo aiutava a fare i compiti, si era seduto al tavolo con la sua consueta posa da duro e lei ad un tratto aveva spostato gli occhi e si era accorta che l’uomo la stava fissando con una strana intensità… Così gli aveva fatto il consueto occhiolino di complicità che lui aveva corrisposto col solito silenzio.

Se Vegeta non era andato via ma aveva deciso di rimanere e assumersi quelle responsabilità, anche se non era un padre modello, significava che aveva a suo modo a cuore anche quel bambino, e Bulma notava tutti i suoi piccoli progressi:  Vegeta stava iniziando lentamente ad abituarsi, a cedere… Già il fatto che fosse salito con Trunks su quella giostra, anche se palesemente controvoglia, era il segno tangibile che suo figlio significava molto per lui.

Alla fine cercò di concludere la conversazione tranquillizzando il bambino. “Quindi non preoccuparti mai se lo vedi sempre serio e ti sembra severo… Tuo padre ti vuole bene, però non te lo dimostra come faccio io.”

“Perché tu sei una femmina, giusto?”

Bulma fece una faccia rassegnata, intuendo chi gli potesse aver insegnato quel tipo di distinzioni. “Mica tutti gli uomini sono fieri e orgogliosi come il tuo papà. Ce ne sono molti che sono romantici… Magari lo sarai anche tu”.

Trunks fece una smorfia. “Preferisco essere come il mio papà”.

Lei interrogò l’orologio. “Accidenti, tra poco si cena, non mi ero accorta di che ore fossero. Andiamo a vedere cos’ha preparato tua nonna, inizio ad avere appetito. Porta il tuo pelosetto in giardino, lo sai che poi va girando per tutta la casa e nei laboratori si può fare male.”

La cena fu servita una mezz’ora dopo quando fuori stava diluviando e l’acqua si abbatteva con violenza contro le ampie finestre. Di tanto in tanto dei lampi balenavano tra le nuvole nere e infine un fulmine fece saltare la corrente.

“Oh santo cielo!” Esclamò la madre di Bulma, interrompendo la sua chiacchierata. Si accesero poco dopo le luci di emergenza.

La scienziata stava centellinando un caffè e fumando una sigaretta come di consueto dopo i pasti. “È un blackout che ha colpito tutta la città” replicò Bulma osservando oltre le finestre. Poi sentendo il trambusto provenire dal salotto accanto, si girò verso il figlio. “Trunks! Appena torna la luce generale devi portare giù il cane! Ti ho già detto che il suo posto è nel giardino con gli altri animali, era nei patti quando l’hai portato a casa!”

“Va bene…” fece l’altro, imbronciando il musino.

La luce ritornò qualche istante dopo con un abbaglio intermittente, e anche la tv si riaccese, sintonizzandosi sul documentario interrotto.

La madre riprese a parlare della cucina tecnologica di cui si era innamorata alla Fiera del Mobile. La figlia in realtà non la stava già più ascoltando, ma osservava Vegeta che con aria annoiata torturava uno stuzzicadenti tra le labbra e fissava distrattamente la televisione, isolandosi mentalmente dal resto dei commensali. Bulma si sfilò una pantofola e allungò le gambe sotto al tavolo e l’uomo trasalì quando sentì che la gamba di lei strusciava ambiguamente contro la sua. Lanciò uno sguardo in tralice ai genitori di Bulma, volendo assicurarsi non notassero il movimento in atto sotto al tavolo, e poi tornò a fissare la compagna che appariva decisamente divertita: solo a Bulma poteva venire in mente un’idea del genere!

“Che ne pensi tesoro?” Gli chiese Bunny mostrandole la foto della cucina sulla rivista di settore. “La vedresti bene di questo colore?”

Lei osservò la foto senza particolare interesse, salendo col piede più in alto. “Non male, sì… Magari poi andiamo a vederla”.

Lui le lanciò un’occhiata carica di severità, come se le stesse chiedendo cosa le passasse per la mente, ma in risposta l’altra salì leggermente più in alto e il saiyan sussultò cercando di bloccarle la gamba. Nel compiere quel movimento nervoso e istintivo, incappò nella gamba altrettanto esile della madre di Bulma.

“Oh, signore! Che succede qui sotto?”

Vegeta si alzò subito e si accomiatò, non senza aver lanciato uno sguardo irritato alla divertita compagna.  

“Metti a letto Trunks, per favore?” Gli chiese Bulma mentre usciva, trattenendo una risata che affiorò nel tono malfermo.

Il saiyan grugnì qualcosa, andando a recuperare il figlio nella stanza accanto. Il cane li seguì con una camminata sbilenca e l’aria goffa di un siluro carico di esplosivo.

Quando furono in camera il bambino palesò tutta la propria contrarietà nel doversi mettere a letto. “Io non ho sonno”.

“Ti verrà” tagliò corto l’altro, sperando che così sarebbe stato. Non era la prima volta che Trunks, sveglio e bighellonante, lo ostacolava senza volerlo, impedendogli di acchiappare Bulma e trascinarla da qualche parte. Ultimamente fargli prendere sonno a un'ora decente era quasi un miraggio. Se non bussava alla loro porta era solo perchè Vegeta l'aveva redarguito dal farlo, dicendogli più volte che un maschio doveva superare incubi e paure di mostri che sembravano prender forma nell'ombra, ma l'ultima volta c'era mancato poco che li beccasse, visto che Trunks aveva varcato la soglia della cucina buia tirandosi dietro un peluche di dinosauro con cui stava pulendo il pavimento, e se la penombra non avesse favorito i due amanti, il figlio avrebbe scoperto com'era stato messo a quel bizzarro mondo...

“Mi fai tenere almeno Tory qui con me?” Gli domandò il bambino con tenerezza. “Mamma dice che lo devo portare in giardino ma almeno mi tiene compagnia prima che mi addormenti… ”

Vegeta pensò che poteva essere una buona opportunità per farlo concentrare su altro laddove non si fosse addormentato.

“Fa’ come ti pare, ma non farlo uscire dalla camera, non mi va di sentire tua madre”.

Si ritirò andandosene in camera propria. Bulma lo raggiunse non molto dopo, trovandolo nella vasca da bagno dove non si fece scrupolo ad entrare con agilità. L’acqua fuoriuscì insieme al sapone quando lei ci scivolò dentro, sorridente.  

“Chi ha detto che potevi entrare? Mi starei rilassando” precisò lui.

“Io ti faccio rilassare meglio” replicò lei adagiandosi su di lui senza badare alla sua espressione contrariata. “Hai messo a letto Trunks?”

“Avevo alternative? Non chiedermi se dorme perché non sono la sua balia. Per oggi ho già fatto abbastanza” le disse sistemando meglio la schiena contro il bordo della vasca su cui andò ad appigliare i gomiti.

“In effetti devo ringraziarti… Non mi hai solo risparmiato un bernoccolo in fronte, ma ti sei anche fatto un giro sulla giostra con Trunks. Lo hai fatto molto felice…”

“Ne avevo abbastanza di lagne e non avevo voglia di combattere anche quelle di tuo figlio. I bambini terrestri sono davvero viziati.”

“Pensi che io lo stia viziando?”

“Abbastanza”.

“Vuoi che lo spedisca per lo spazio quindi? Alla stregua di un pacco, è la stessa cosa” commentò lei ironica.

“I saiyan se la cavavano benissimo anche da piccoli. È una prova che dovevano superare quando nascevano troppo deboli”.

“Certo, come no…” fece lei. “Se Goku non fosse stato trovato dal nonno adottivo, non è detto che sarebbe sopravvissuto”.

Quel nome lo fece inquietare. “Senti, perché non ti tappi un po’ la bocca? Non ho voglia di parlare di Kakaroth.”

“Tu non hai mai voglia di parlare in generale” replicò l’altra, allontanandosi scocciata prima di venire acchiappata per le braccia, trattenuta dalla sua presa micidiale.

“Non ho detto di allontanarti, ma solo di starti zitta”.

Bulma allora sembrò ritrovare il sorriso e gli si avvinghiò addosso puntando il naso contro il suo. Lui si lasciò sovrastare dalla curva del suo corpo flessuoso che lo spinse più in basso, quasi sotto l’acqua. “Lo vedi che non puoi fare a meno di me? Sono il tuo antistress, ammettilo…”

“L’unica cosa che sei è la mia condanna” replicò prima di venire baciato con affetto.

E poi il bacio si dispiegò con tutta la passione che stavano serbando dentro.

Il saiyan la fece rotolare di sotto fluidamente, spostando altra acqua schiumosa che finì fuori la vasca, e nel momento in cui lei gli mormorò qualcosa continuando a baciarlo, l’ansito intermittente e continuo di un intruso li fece voltare insieme: il cane inclinò leggermente il capo, osservandoli incuriosito, poi adocchiò Vegeta e si mise a scodinzolare.

“Ma… che diavolo ci fa qui questa salsiccia pelosa che hai regalato a tuo figlio?! Ultimamente me lo trovo sempre tra i piedi!” Bofonchiò irritato.

“E io che ne so? Forse non ho chiuso bene la porta… Ma non l’hai fatto portare giù in giardino?”

“L’ho lasciato a tuo figlio per farlo addormentare”.

“Vabbè lascialo qui, dai, tanto non ci da fastidio… Lo porto io giù quando ho finito con te…” mormorò lei soavemente, provando di nuovo a baciare il compagno ma venendo da lui schivata.

“Non riesco a concentrarmi se mi fissa a quel modo” replicò Vegeta seccato, notando che il cane lo fissava intensamente, con la lingua di fuori e la fiatella incostante.

Lei in rimando gli torturò con baci e morsi la piega del collo. Vegeta fece fatica a resistere alla tortura che Bulma gli stava infliggendo, e proprio quando tornò a rivolgere le sue attenzioni alla donna, il cane abbaiò pretendendo il suo interesse.

“Ma ch..."

“Tory! Sei qui?” Urlò Trunks entrando nella camera vuota dei genitori con cautela e circospezione. "Esci subito! Questa è la camera dove dormono mamma e papà!"

“Oh cavolo, è Trunks!” commentò Bulma.

“Ma dai!?” replicò Vegeta con acido sarcasmo, alzandosi subito e infilandosi al volo l’asciugamano sui fianchi.

Acchiappò il cane per il collare e lo sollevò come un sacco di patate.  

“Trunks!” Esordì entrando in camera e accostando la porta del bagno alle spalle.

L’altro sussultò pronto alla sgridata. “Scusa papà”.

“Prenditi subito questa specie di wurstel imbranato!” Gli ordinò facendolo cadere tra le sue piccole mani. “Portalo in giardino prima che lo veda tua madre, e torna a dormire. Se ti becco che stai gironzolando per le camere, scordati parchi giochi per il resto del mese”.

“Va bene.” Trunks fece per andare via ma poi tornò indietro. “Papà, posso farti una domanda?”

“Basta che sia solo una”.

“Quando posso entrare con te nel trainer ad allenarmi? Voglio imparare a combattere anche io”.

Vegeta non si era aspettato quella domanda. “Presto”.

“Presto quando?”

L’uomo si abbassò alla sua altezza poggiando l’avambraccio sul ginocchio.

“Come mai questa fretta?” Gli domandò conoscendo la risposta. “Ti piace combattere?”

“Voglio diventare anche io forte come te e Gohan”.

Vegeta rivide nei suoi occhi il figlio del futuro cui non aveva risparmiato sprezzo e disinteresse, anche quando gli aveva chiesto se potessero allenarsi insieme nella stanza dello spirito e del tempo. Suo figlio era quanto di più prezioso avesse, non aveva mai smesso di pensarlo da quando lo aveva visto morire, era una parte sua, aveva il suo sangue reale dentro, il suo ardore alieno che bolliva nelle vene, ma gli occhi erano gli stessi che poco prima aveva avuto ad una spanna dal volto. Occhi d’acqua, pieni di vita…

Fece la stessa cosa che aveva fatto suo padre un giorno, in un momento di incoraggiamento, gli diede una pacca sulla spalla e piegò appena le labbra, leggermente, in un sorriso che affiorò con timidezza, dietro la faccia di sfida.

“Vieni domani pomeriggio nel trainer… E vediamo che sai fare.”

 

 

FINE.

 

 

 

Storia che mi è stata un pò ispirata da un’intervista in cui Toryama ha dichiarato che Vegeta, rispetto a Goku, è sempre stato molto attento all’educazione di suo figlio, aiutato anche da Bulma a divenire più umano e a capire cosa significhi famiglia nel senso terrestre del termine.

Colgo l’occasione per augurare a tutti voi che festeggiate una buona pasqua! Un abbraccio!

 

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