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Autore: Francyzago77    21/04/2019    7 recensioni
Tornata in Australia, con il figlio avuto da Abel, Georgie cerca di ricominciare la sua vita serenamente con l'aiuto di Arthur. Ma il passato ritorna e metterà scompiglio nel suo tormentato cuore.
La maggior parte dei personaggi qui trattati non mi appartengono, sono proprietà di Mann Yzawa. Questa storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro,
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Arthur Butman, Georgie Gerald, Maria Dangering
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Maria era rimasta in disparte, silenziosa, un po’ distaccata dal gruppo quasi si sentisse un’estranea. Georgie le prese la mano come per incoraggiarla.
E questa volta fu la bella Dangering a parlare.
-Dopo aver aiutato Georgie ad entrare nella cella di Abel, credendo Arthur ormai morto, capii che a Londra non potevo più stare … troppi ricordi, troppo dolore. Tornai dai miei genitori nella residenza di campagna, nel Kent. Avevo vissuto a Londra per tre anni. Mia madre voleva per me un’educazione da vera nobildonna e la vicinanza di mio zio con la Regina poteva darmi facilmente l’accesso a corte. Non pensavo minimamente che mio zio, il duca, fosse quello che poi si è rivelato di essere: con me era sempre gentile, amabile, premuroso ma quando aprii gli occhi, capii che avevo vissuto per anni in un mondo malato e sbagliato.
Arrivai nel Kent credendo di rimanerci il più a lungo possibile, ma non fu così. Ritrovai mia madre distrutta dal dolore: la morte di Irwin l’aveva segnata profondamente, mio padre invece ripeteva che era sempre stato un pervertito e che si era meritato la fine che aveva fatto.
La notizia dell’arresto di mio zio il duca e la scoperta di tutti i suoi intrighi, non per ultimo il tentato assassinio alla Regina, fece sgretolare completamente la mia già fragile famiglia.
Mio padre non resse questo disonore, si sparò un colpo di pistola e morì qualche settimana dopo l’esecuzione di suo fratello. Il cuore della mamma, già malandato, si fermò qualche mese dopo, riuscii a starle accanto sino all’ultimo respiro.
Ormai ero rimasta completamente sola. Lasciai la villa di campagna dopo aver scoperto della confisca di tutti i beni dei Dangering. Fuggii di notte portando con me una valigia con poche cose ma dentro avevo tanto tanto dolore. Tornai a Londra non sapendo cosa fare e senza una meta precisa, non potevo contare su nessuno, solo su me stessa.
 
Non avevo un tetto dove dormire, non avevo un lavoro, non avevo nulla. Mendicai per alcuni giorni trovando qualche riparo di fortuna. Conobbi una ragazza che mi condusse in un posto dove offrivano lavoro, quando capii che si trattava di un bordello scappai all’istante. Avevo conosciuto una triste realtà, quella dei sobborghi di Londra. Lavoro minorile, donne sfruttate e molta molta povertà.
Una sera entrai in una locanda, chiesi disperatamente un lavoro e qualcosa da mangiare. Il proprietario mi accolse, mi diede una minestra calda e mi mise a lavar piatti in cucina per pochi soldi. Accettai, almeno sapevo dove dormire. Mi facevo chiamare Fanny. Non ero capace a far nulla, mi prendevano a schiaffi perché non ero svelta, ma rimanevo lì perché non sapevo veramente dove andare.
E un pomeriggio, dopo le ennesime botte prese dalla moglie del proprietario, scappai fuori dalla cucina in lacrime gridando come un’ossessa. Fu grande la sorpresa quando nella sala della locanda mi ritrovai davanti Abel: sembrava Arthur, pensavo di essere impazzita perché io li credevo morti entrambi.   
La storia di Maria aveva ammutolito tutti.
Ora fu Abel a parlare:
-La vidi in quella locanda e stentavo a riconoscerla; dimagrita, stanca, sciatta. Lei mi guardava con quei grandi occhi ed io pensai ad Arthur, pensai a Georgie e a mio figlio. Se avevo potuto amare completamente Georgie ed avere un bambino da lei lo dovevo solo a Maria. Istintivamente la afferrai per un braccio e la avvicinai a me, discussi col proprietario ed arrivai quasi alle mani con lui perché non sopportavo veder trattata una donna in quel modo. Uscimmo da lì e le dissi che non doveva ridursi in quello stato, che non meritava quella vita, ma lei non mi rispose, piangeva. La presi tra le mie braccia e la portai a casa di Dick.
Era molto stanca, distrutta, Emma le preparò un bagno caldo e le diede dei vestiti puliti poi cucinò qualcosa di buono. Dick disse di essere prudenti, se si sapeva in giro che nascondevamo in casa una Dangering, sarebbe stato un guaio per tutti. Rimanemmo l’intera notte a parlare, Maria ci raccontò la sua storia ed io la mia.
 
 
 
Il giorno dopo tornai dal signor Allen chiedendo non uno, ma due biglietti per l’Australia. Avevo deciso: Maria sarebbe partita con me, non sapevo il perché ma qualcosa mi diceva che lei doveva venire in Australia.
Abel rimase in silenzio e il suo sguardo incrociò quello del fratello. Nessuno parlava più, Maria riprese timidamente il discorso:
-Non avevo più nessuno, ero sola, accettai la proposta di Abel. Infondo era meglio vivere in un posto completamente nuovo piuttosto che a Londra dove avevo passato solo sofferenze e non avevo più nulla da perdere. Allen ci trovò i biglietti ma io non potevo mantenere il mio nome, era troppo pericoloso. Fu Emma a trovare la soluzione, scrisse a Georgie dicendo che lei e il marito sarebbero andati in Australia a trovarla e noi ci imbarcammo non come Abel Buttman e Maria Dangering ma come una coppia di sposi, Emma e Dick, una sarta e un commerciante che andavano a trovare la loro amica dall’altra parte del mondo. Partimmo una mattina d’ottobre, seconda classe, cabina quaranta. Al molo Joy e il signor Allen ci vennero a salutare, io sapevo che non avrei più rivisto l’Inghilterra.
Georgie aveva le lacrime agli occhi, era sempre stata grata a quella ragazza ed ora il ritrovarsi alla fattoria tutti insieme sani e salvi era come un sogno.
-Non pensavate minimamente – chiese – che Arthur potesse essere vivo?
-Assolutamente no – rispose Maria – sapevo che era disperso nel Tamigi, fu per quello che lasciai Londra la prima volta.
-E poi – aggiunse Abel – né Emma né Allen sapevano che vi eravate rincontrati qui in Australia.
-E’ vero – disse Georgie – arrivata qua dallo zio Kevin, non credevo neanche io di ritrovare Arthur. Fui così felice ma lo scrissi solo a mio padre, le lettere non arrivano molto velocemente, e papà era in Francia e non aveva più visto nessuno dei nostri amici londinesi.
-Mi spostai in Francia dopo la partenza di Georgie – disse Fritz – avevo affari da sbrigare tra Parigi e Lione ma avevo promesso di raggiungere mia figlia e mio nipote in Australia.
 
 
-Io trovai molto conforto e un grande aiuto nello zio Kevin – disse Arthur – non è stato facile disintossicarmi ma il lavoro alla fattoria mi ha aiutato molto. Poi la vicinanza di Georgie e del piccolo si può dire mi ha riportato in vita.
E accarezzò teneramente la mano di Georgie.
Nella stanza era calato il silenzio. Fu il conte a parlare dicendo che sarebbe andato a prendere Abel Junior e lo avrebbe portato in città come promesso. Al ritorno avrebbe finalmente conosciuto il suo papà e Fritz preferì lasciare soli i quattro giovani uscendo in fretta dalla casa.
Arthur teneva ancora stretta la mano di Georgie, lei guardava Abel con le lacrime agli occhi e quest' ultimo accarezzava il capo di Maria che si era chinata sulla tavola come per riposare.
Si era creata una strana atmosfera, Georgie si alzò di scatto dicendo:
-Vi preparo un the, un the caldo. Intanto raccontateci del viaggio in nave.
-Sì – aggiunse Arthur – come avete fatto a non farvi scoprire? Vi hanno tutti creduto veramente Emma e Dick?
Abel guardò Maria poi disse:
-Volete proprio sapere del viaggio? Bene! Ascoltate e sentirete che coppia siamo Maria ed io!    
 
 
 
 
 
 
   
 
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