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Autore: AdhoMu    22/04/2019    5 recensioni
SOSPESA
[Lee Jordan/Gwenog Jones]
Dice l'Oracolo:
“Se sei un amante sfegatato di Pluffe e Boccini e il tuo sogno è quello di diventare il più grande cronista di tutti i tempi, esistono grandi possibilità che tu perda la testa per una stella del Quidditch.
Attenzione, però: se la stella in questione è una battitrice del calibro di Gwenog Jones la testa, oltre che metaforicamente, rischi di perderla anche in modo piuttosto... letterale”.
Una storia d'amore a colpi di mazza, di reggae e di Gossip sportivi.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gwenog Jones, Lee Jordan, Ludovic Bagman
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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9. Guiltiness (rest on their conscience).
 
Ministero della Magia, Londra, qualche giorno prima della Cattura.
- Gwenog Jones, dici?
Lo sguardo di Augustus Rookwood era tagliente come la selce scheggiata. Ludo abbassò il capo, rosso in viso per la vergogna di quanto aveva appena fatto e per il disprezzo che, ormai costantemente, nutriva nei confronti di se stesso.
- S-sì – mormorò, nauseato. – Lei e quel Jordan stanno insieme...
Uno sbuffo sarcastico ruppe il silenzio, subito accompagnato dal clangore sospetto di oggetti metallici che sbattevano l’uno contro l’altro. Posata a terra la sacca contenente i ferri per la marchiatura, Ares Mulciber si era alzato in piedi.
- Che informazione inutile – dichiarò costui, facendo ulteriormente sgranare gli occhi azzurri e tondi di Bagman. – Quanto ci riferisci non porta a nulla.
- Pe-perché...?
- Perché la Jones è pur sempre una figura pubblica – il tono di voce di Mulciber, basso e raschiante, faceva accapponare la pelle. – Non la si può semplicemente prelevare. Non ancora, per lo meno.
- Ma... ma...
Aidan Avery che, fino a quel momento, era rimasto in disparte, nell’ombra, con le spalle appoggiate al muro, si lasciò sfuggire un improperio.
- Maledetta sgualdrina traditrice della Causa – sbraitò, e si capiva lontano un miglio che gli sarebbe piaciuto da matti punire a dovere l’imperdonabile trasgressione della Jones. La sua voce intrisa di follia fece sobbalzare Ludo, che si voltò a guardarlo, doppiamente allarmato. Quel giovane costantemente fuori dalle righe gli metteva i brividi; e immaginare Gwenog fra le sue grinfie gli fece venire un conato di vomito ma ormai, putroppo per lei, era troppo tardi per tornare indietro.
Mors tua vita mea. Non era forse questa, fin dai tempi antichi, l’antifona dei campi da gioco?
- Datti una calmata, Avery.
La voce afona e un po’ rasposa di Bastian Macnair diede a Bagman il colpo di grazia. Perché certo, quelli erano tutti dei pazzi invasati: Rookwood che lo teneva in pugno, Mulciber coi suoi orribili ferri, Avery con la sua violenza incontrollata. Ma Macnair, così inesorabilmente gelido, era capace di spandere tutt’intorno a sé un disagio ed un’inquietudine tali da farlo letteralmente uscire di senno.
- Ci... ci vorrebbe un pretesto... – pigolò, sentendosi la nuca intrisa di sudore gelido.
Rookwood lo guardò torvo.
- Un pretesto?
- E-esatto...
- Ha!
L’esclamazione di Avery, accompagnata da un pugno che fece volare tutt’intorno i miseri oggetti fintanto posati sul ripiano della scrivania a soqquadro, richiamò l’attenzione di presenti e condusse Bagman all’anticamera del collasso nervoso.
Il giovanotto nerovestito rideva, facendo ondeggiare la chioma corvina perennemente in disordine.
Mulciber gli rivolse un’alzata di sopracciglio insistentemente interrogativa.
- La cara e vecchia Resistenza a Pubblico Ufficiale – chiarì quello, guadagnandosi un’occhiata di approvazione da parte di Rookwood, che aveva immediatamente afferrato il concetto. – Prendi pergamena e inchiostro, Bagman, da bravo.
 
Stadio delle Holyehead Harpies, il giorno della Cattura.
L’autunno, con la sua aria frizzante, era ormai alle porte.
Gwenog si tirò su la zip della felpa, accingendosi poi a raccogliere i lunghi capelli scuri in uno chignon spettinato. Bisognava sempre fare attenzione con i primi freddi: un raffreddorino a settembre era capace di trascinarsi per tutto l’inverno, lo si sapeva, rischiando di compromettere irrimediabilmente l’intero Capionato.
“Sempre che ci sia ancora, un Campionato da disputare” rimuginò fra sé e sé la ragazza, amareggiata.
La situazione degenerava ogni giorno di più.
Prima l’estromissione dei giocatori Nati Babbani, poi i continui inviti ai vertici delle squadre della Lega di far ritirare le giocatrici, in virtù di matrimoni convenienti al rafforzamento della stirpe magica. E le Harpies ovviamente, per il fatto di essere una squadra totalmente femminile, erano le più colpite dalla Politica di Moralità imposta dal nuovo Regime.
Mentre Gwenog tendeva la mano per afferrare la scopa, una serie di acuti schiamazzi provenienti dal campo da gioco richiamò la sua attenzione.
“E adesso cosa...?”
Un grido acuto e adirato fendette l’aria.
La ragazza mollò la scopa e si precipitò fuori, seguita da alcune compagne ritardatarie. La scena in atto all’esterno le fece subito ribollire il sangue per la rabbia.
Da una parte l’allenatrice McCormak, una decina di giocatrici e alcune esponenti della direzione del club. Dall’altra, un manipolo di Mangiamorte , i neri mantelli mossi dalla brezza gelata. E in mezzo a loro, con il viso cristallizzato nella tipica espressione di chi vorrebbe trovarsiovunque tranne lì, quel farabutto di Ludo Bagman.
- ...si decreta, pertanto, la chiusura del Club... – stava declamando a gran voce il solito Mulciber, impegnato nella lettura di una breve pergamena.
- Che cosa sta succedendo? – chiese sottovoce Gwen ad Angelina, che era uscita sul campo poco prima di lei.
La compgana la guardò tristemente.
- Decreto Ministeriale. Le Holyhead Harpies sono dichiarate ufficialmente sciolte.
- CHE COSA?!
L’urlo di Gwen interruppe bruscamente la lettura.
- Chi diavolo pensate di essere? – la battitrice era furiosa. – Non... non potete venire qui ed estinguere la squadra!...
Ares Mulciber le lanciò un’occhiata torva.
- Ma certo che possiamo – le disse, agitandole la pergamena davanti agli occhi. – Disposizioni ufficiali.
- Ufficiali? – ringhiò Gwen, incredula – Ufficiali di chi?
- Del Capo dell’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici – soffiò Mulciber, additando la firma di Ludo Bagman che, in quel mentre, tentava disperatamente di nascondersi nel mucchio.
Gwenog aprì la bocca, letteralmente fuori di sé.
- Maledetto bastardo!...
Si slanciò in avanti e fece per avventarsi su Bagman, inferocita; i Mangiamorte però, che sembravano non aspettare altro, le furono addosso tutti insieme e la disarmarono in quattro e quattr’otto.
Il consueto accompagnatore di Mulciber si fece avanti.
- Signorina Jones – ghignò Aidan Avery, riponendo la bacchetta di Gwenog nella tasca interna del mantello. – La dichiaro in arresto per Resistenza e Oltraggio a pubblico ufficiale.
Gwenog si irrigidì e si morse il labbro, guardandosi intorno con un’espressione un po’sperduta. Angelina, in piedi poco lontano, la guardava atterrita.
- Sei contenta, ora? – sussurrò Avery, avvicinandosi a Gwen per sospingerla all’esterno dello stadio.
- Non azzardarti a toccarmi! – strepitò lei, a voce altissima.
- Ti conviene seguirmi, credimi –proseguì imperterrito lui mentre, in sottofondo, le componenti della squadra protestavano a gran voce. – O preferisci vederlo dato alle fiamme, questo bello stadio?
 
Ufficio Purezza Ematica, Ministero della Magia, fine settembre 1997
Il caso Jones languiva e la cosa, chiaramente, non mancava di infastidirlo immensamente.
Il giovane nerovestito si tirò indietro i capelli corvini con un gesto stizzito, dimenandosi sulla sedia con un’impazienza quasi incontenibile.
- Per tutta la stirpe di Salazar Serpeverde...
Contrariato.
Aidan Avery era contrariato, assolutamente contrariato.
Se non si fosse trattato di precise disposizioni da parte del suo Signore, ci avrebbe pensato lui, con i suoi metodi altamente convincenti, a risolvere la situazione una volta per tutte.
E invece no.
- Se ne occupa Sebastian – aveva ordinato Lord Voldemort in persona, affidando il caso Jones a Bastian Macnair. Cosa che ovviamente, a lui, non era andata affatto giù.
Quella Jones si trovava sotto la loro custodia già da due settimane e Macnair, strano ma vero, non era riuscito a cavare un ragno dal buco. Tutta colpa dei suoi metodi, troppo morbidi secondo Avery, nonché della sua ostinata tendenza a non volersi accorgere di quanto Gwenog Jones fosse, oltre che una testimone preziosa, una preda assolutamente succulenta.
Ah, se avesse potuto metterci mano lui...
Ma fino a quel momento, purtroppo, niente da fare.
Avery aveva dovuto tenersi per sé le sue sordide elucubrazioni, che mescolavano in maniera assai poco ortodossa i concetti di giustizia, punizione, pensiero pruriginoso e bramosia carnale.
Chissà però che, alla luce degli insuccessi del compagno (che lui, ligio come era alla Causa, aveva visto bene di riportare alle alte sfere, con estrema dovizia di particolari), le cose non fossero in procinto di cambiare...
E difatti.
Un leggero grattare proveniente dalla finestra richiamò la sua attenzione. Oltre il vetro smerigliato, il ragazzo scorse una forma scura e indistinta, che aveva tutta l’aria di essere un gufo. Saltato agilmente in piedi, si affrettò quindi ad aprire.
Il messaggio era chiaro e succinto, inequivocabilmente vergato dallo stimatissimo pugno del suo Signore e Padrone.
Agisci pure c’era scritto, semplicemente.
Con uno sgradevole sorrisetto trionfante dipinto sul viso, Aidan Avery uscì baldanzoso dalla stanza.
 
Ufficio Purezza Ematica, Ministero della Magia, poco dopo.
Bastian Macnair rimestava lentamente nel caderone, assorto nelle sue riflessioni.
Incredibile come, nonostante il turbine di pensieri che si agitava all’interno della sua mente, quel semplice movimento circolare aveva da sempre il potere di calmarlo.
Il cigolio della porta che si spalancava, però, annunciò l’arrivo di Avery (“Manco bussa, quello sbruffone”) e lo riportò bruscamente alla realtà. L’ espressione altamente compiaciuta del nuovo arrivato, pensò Macneair, non lasciava presagire nulla di buono.
- Ehilà, Bastian – lo salutò Avery, con falsa allegria.
- Salve – rispose lui, laconico.
- Che cosa combini, vecchio lupo di calderone?
A Bastian Macnair, definitivamente, la pazienza faceva difetto; quindi, deciso a venire subito al punto, lo interruppe freddamente.
- Che cosa vuoi?
Avery, evidentemente, non aspettava altro.
- Passaggio di testimone, caro mio. Il Capo mi ha autorizzato a sostituirti nel caso Jones.
“Merda”.
Macnair digrignò i denti fra sé e sé, ma non lasciò trasparire nulla e gli restituì un’occhiata impassibile.
- E quindi?
- E quindi niente – replicò l’altro, in evidente solluchero. – Mi presti un po’ di Veritaserum?
Macnair strinse gli occhi chiari come l’acqua, indispettito.
Il fatto di venire a chiedergli in prestito il Veritaserum, ovviamente, altro non era che un pretesto per sbattergli in faccia la sua vittoria. Perché i metodi di Avery erano ben altri, e ben meno sottili. E lui, a ragione, cominciava a temere che dopo un paio di sessioni la Jones, per quanto fosse una dura, avrebbe finito per parlare. E avrebbe quindi rivelato il nascondiglio di quel Jordan e, di conseguenza, avrebbe finito con l’esporre anche...
“No”.
Gwenog Jones aveva assolutemante bisogno di una spintarella, di un piccolo aiuto.
C’era poco da fare.
- E perché non te lo fabbrichi tu? – gli chiese allora, al puro scopo di guadagnare tempo.
- Suvvia, Bastian – rise Avery, provocatorio come non mai. – Il grande pozionista sei tu...
Macnair lo fissò per un altro paio di secondi e poi accennò col capo ad un bacile posato su di un trepiede accostato alla parete. Il liquido all’interno del recipiente sobbolliva placidamente, spandendo nell’aria un soave aroma di eucalipto che però Avery, evidentemente, non poteva percepire.
- È quello lì.
Con un lento movimento di bacchetta, Macnair comandò al mestolo di riempire un bicchiere di cristallo, che fece poi levitare alla volta di Avery. Quello, afferrato lo stelo, rivolse al compagno un’occhiata assai divertita e altamente fastidiosa.
- Grazie infinite, MacNoir. Ci vediamo.
- Ma fottiti – rispose sottovoce quello, mentre l’altro si richiudeva la porta alle spalle. Poi, con una bassa risata afona, il pozionista si rimise al lavoro. – Ti do cinque minuti, massimo dieci, coglione.
Se aveva ben interpretato di che pasta era fatta la Jones anche meno, forse.
 
Celle di detenzione, Ministero della Magia, poco dopo ancora.
Richiamata dal rumore del chiavistello che ruotava nella serratura, Gwenog staccò la fronte dagli avambracci posati sulle ginocchia e alzò stancamente il capo.
Gli aveva detto quanto desiderava sapere: che Alicia Spinnet era viva e stava bene, e che la sua sortita in Australia, realizzata allo scopo di portare in salvo in genitori di Hermione Granger, era andata a buon fine. Macnair non aveva voluto sapere altro; nelle restanti sessioni di interrogatorio, si era limitato a restarsene immerso nel silenzio più completo.
Che cosa accidenti voleva ancora, da lei?
La pesante porta si aprì e il cuore di Gwen perse un battito.
Perché non era Macnair, quello.
La ragazza strizzò un paio di volte le palpebre e poi scattò in piedi, in allarme, mentre Aidan Avery si introduceva a passo lento nella cella e, con un colpo di bacchetta, si richiudeva l’uscio alle spalle.
“Oh, Tosca Santa”.
Gwen non era abituata a provare paura.
Era sempre stata un tipo impavido e (talvolta inopportunamente) tendente alla spavalderia. In campo non esitava mai, neanche se questo significava affrontare avversari ben più grossi e forti di lei. Il timore, semplicemente, non albergava nel suo cuore; al contrario, era quasi sempre lei che incuteva soggezione agli altri.
Eppure quando, quel giorno, lo vide sollevare gli occhi su di lei e guardarla in quel modo, la battitrice si sentì gelare e desiderò ardentemente di avere con sé la sua fedele mazza. Speranza del tutto vana, ovviamente, altresì infranta dal fatto che Gwen, oltre che priva di mazza, si trovava anche sprovvista di bacchetta.
Avery posò il bicchiere sul tavolino e poi rimase fermo davanti a lei per una lunga manciata di terribili minuti, osservandola con attenzione, gustandosi a fondo la sua espressione incerta e accarezzando con lo sguardo le curve armoniose del suo corpo da atleta. Involontariamente, col cuore che le esplodeva nel petto, Gwen retrocedette piano piano fino ad un angolo della cella, passo dopo passo, finché le sue spalle non s’imbatterono dura consistenza della parete.
Così scarmigliata, la divisa da gioco gialloverde tutta spiegazzata, il respiro affannoso e lo sguardo velato di apprensione, la Jones era davvero un bel vedere, pensò Avery compiaciuto.
- Ora ce la vediamo noi due – le disse quindi, avoce bassissima.
Lei spalancò gli occhi e strinse le labbra.
Avery ridacchiò.
Adorava bearsi dell’espressione terrorizzata delle sue vittime, respirare a pieni polmoni la loro inquietudine; l’aroma della paura, definitivamente, aveva da sempre il potere di eccitarlo oltre misura, soprattutto quando c’era in ballo un insieme di curve piacevoli come quelle. E Gweong Jones, con quella graziosa tutina colore del sole che metteva in risalto dettagli deliziosi della sua superba corporatura, era a dir poco appetitosa.
Le fu addosso in pochi passi, facendo rimbombare le pareti della cella con i tonfi sordi degli stivali neri di pelle di drago.
La raggiunse e le afferrò i gomiti, impedendole di sgusciare via.
- Lasciami!
Il tono di Gwen suonava più rabbioso che impaurito ma lui, che certe cose le fiutava come un segugio attratto da un osso, vi riconobbe ugualmente una punta di timore che gli fece ribollire il sangue. Spingendosi in avanti con violenza la schiacciò quindi fra la parete e il suo petto, comprimendole di scatto la cassa toracica e facendole espellere l’aria, tutta in una volta.
- Stai ferma...
- No!
Gwen lottava come un leone; e Avery, per quanto fosse più grosso e pesante di lei, sudava sette camicie per tenerla a bada. Stretta fra lui e la parete la ragazza si dimenava, tentando in tutti i modi di divincolarsi e finendo, inevitabilmente, per strusciarglisi contro e lasciarlo, alfine, doppiamente infervorato.
Ansimante, divertito ed eccitato da morire Avery alzò una mano e gliela strinse sul collo per costringerla a fermarsi. Colta alla sprovvista Gwenog spinse indietro la testa, serrando gli occhi nel tentativo di regolarizzare il respiro ed evitare di soffocare. All’altezza del ventre, la ragazza percepiva la pressione contundente del corpo di lui laddove questo, all’apice dell’euforia, le si premeva addosso.
Il giovane tirò indietro i capelli con uno scatto della testa e si chinò in avanti, accostando il viso a quello di lei.
- Mi sono sempre domandato – le alitò sulle labbra, avvicinandosi pericolosamente – quanto deve essere appagante sbattersi una battitrice.
Una mano le si insinuò al di sotto della maglietta, tastando avidamente la sua pelle nuda e risalendole lungo il fianco. Completamente fuori di sé per l’orrore, Gwen spalancò gli occhi e agì d’istinto, mossa dalla pura disperazione.
Con un colpo di reni si staccò dal muro, facendo leva con un piede e imprimendo nella spinta tutte le forze che possedeva (e non erano poche); nel frattempo, con uno scarto deciso riuscì a sottrarsi alla morsa che le serrava il collo e a scivolare di lato.
Fu un attimo.
Un attimo dettato da anni e anni di allenamenti volti ad affinare i suoi riflessi di giocatrice di Quidditch. Gwen scattò in avanti e raggiunse con un salto il centro della cella mentre Avery, dietro di lei, imprecava inferocito e si voltava nella sua direzione, pronto a fargliela pagare.
- Adesso ti...
Lei non gli diede il tempo di formulare la frase e raggiunse con un balzo il tavolino sul quale lui, entrando, aveva posato il bicchiere di Veritaserum. Afferratolo (era il primo oggetto che si era trovata fra le mani), glielo scagliò contro con tutto lo slancio che, solitamente, dedicava alla battitura dei Bolidi. Il bicchiere sibilò verso l’assalitore ad una velocità pazzesca; Avery però, altrettanto pronto di riflessi, fu abbastanza lesto da estrarre la bacchetta e ordinare un secco:
- Arresto momentum!
Il calice di vetro frenò la sua corsa e si arrestò a mezz’aria
Non così, tuttavia, il suo contenuto che, al contrario, proseguì lungo la traiettoria impostagli da Gwenog e, raggiunto Avery, gli si schiaffò sulla faccia con la potenza di un’onda anomala e gli si riversò all’interno della bocca ancora aperta. Immediato e improvviso, un delizioso aroma misto di tabacco, cacao delle Antille e salsedine oceanica si spanse nell’aria ma Gwen, troppo impegnata per dare il dovuto peso alla cosa, non ci fece caso.
Colto alla sprovvista dalla bevuta non pianificata, Avery strabuzzò gli occhi e prese a tossire convulsamente, semistrozzato dal liquido che gli si era riversato in gola rischiando di farlo soffocare
- Male... maledetta...
Lei lo guardava sputazzare, dimenarsi come un pazzo e lanciarle occhiate miste di odio e di confusione. Lui andò avanti così per un po’, fra colpi di tosse, ingiurie e bestemmie della peggiore specie finché, di punto in bianco, qualcosa non lo fermò.
Perplessa, Gwen vide distintamente che le pupille gli si dilatavano all’improvviso mentre lui, subitamentee quieto, ammutoliva e la fissava a bocca aperta, trasognato. Risoluta, la ragazza afferrò la ribalta del tavolino e lo sollevò oltre il capo, pronta a spaccarglielo in testa al primo segnale di avvicinamento.
Avery, però, non si muoveva. Continuava a guardarla, inebetito.
Proprio in quel momento, probabilmente attirato dal chiasso, Ares Mulciber fece capolino da uno spiraglio della porta. La scena che gli si parò davanti agli occhi, con Gwenog Jones che reggeva il tavolino in alto sopra la testa e Avery fermo a guardarla imbambolato, gli parve quantomeno bizzarra.
- Per tutte le bacchette di Salazar – abbaiò l’uomo, accigliato. – Che cosa accidenti...
Aidan Avery si voltò verso di lui, un’espressione confusa nelle iridi scure. Aprì e richiuse un paio di volte la bocca, senza però riuscire ad articolare alcun suono comprensibile.
- Stavo... – riuscì finalmente a gracchiare, un tempo che risultò eccezionalmente lungo. – Stavo per uscire, Ares. Sì. Per uscire. Ho... ho finito.
Con una vigorosa scrollata di testa, il ragazzo si avvicinò alla porta, dalla quale Mulciber lo osservava, alquanto insospettito.
- Andiamo. Andiamo pure, Ares.
Prima di chiudersi la porta alle spalle, però, Aidan Avery si rivolse a Gwenog – che ancora lo fissava con le braccia alzate e il tavolino in bilico sopra la testa – e, dopo essersi profuso in una goffa riverenza, si accomiatò da lei con l’eleganza di un marchese.
- Le... le auguro una lieta serata, cara signorina Jones.

But: Woe to the downpressors:
They'll eat the bread of sorrow!
Woe to the downpressors:
They'll eat the bread of sad tomorrow!


 
Post-Scriptum:
Come sempre, in questa eviterò di dilungarmi in dettagli sulla vicenda Spinnet-Macnair per non eccedere in tediosi spiegoni; ulteriori informazioni sono però disponibili in L’Assistente di Pozioni e Le Prodigiose Sorprese in un Armadio Svanitore.
Non posso però esimermi dal commentare che Bastian, in veste di sabotatore del regime, l’ha fatta grossa... e che quindi, nonostante il periodo cupo, ci sarà presto da ridere. Perché no: quel bastardo di Aidan Avery non sarà mai bistrattato a sufficienza.
   
 
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