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Autore: La_Sakura    24/04/2019    6 recensioni
Genzo Wakabayashi non è solo il portiere più acclamato e titolato del momento: è anche l’erede dell’impero della Wakabayashi Corp., una delle multinazionali più importanti sul mercato.
Non se n’è mai preoccupato troppo: con suo padre fisso al comando, e i fratelli già ampiamente attivi in varie filiali, non ha mai dovuto prendere le redini, riuscendo così a posticipare costantemente il suo completo inserimento in azienda. Forte della collaborazione della Personal Assistant di suo padre, ha continuato a concentrarsi sulla sua carriera di portiere paratutto del FC Bayern München, riuscendo pienamente a raggiungere gli obiettivi che si era prefissato.
O, per lo meno, così è stato fino ad ora.
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Serie "Im Sturm des Lebens"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Im Sturm des Lebens'
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ET - Capitolo 1

 

 

Lasciò che il getto della doccia lo colpisse in testa, e che l’acqua scorresse lungo il suo corpo. L’allenamento era finito, ma avrebbe volentieri proseguito, anche da solo, pur di non pensare. Voleva stancarsi per poi crollare a letto esausto, e non rimuginare su ciò che l’avvocato gli aveva detto per telefono.

«Wakabayashi, sei dei nostri?»

La voce di Matsuyama lo riportò alla realtà: il giocatore lo stava fissando con aria interrogativa, così si limitò a un cenno.

«Sì, tutto ok. Solo un po’ stanco.»

«Ci hai dato dentro, oggi, in allenamento. – Taro si intromise nella discussione dalla doccia accanto alla sua – Tutto bene?»

«Certo, voglio solo essere al top della forma per il Mondiale.»

Mascherare le emozioni era quello a cui si era abituato sin da bambino. Nessuno doveva penetrare la sua corazza, nessuno poteva capire ciò che provava: in questo erano inclusi i suoi compagni di squadra, la cosiddetta Golden Generation, coloro che avevano portato il calcio giapponese a livelli stellari. Nonostante ormai li considerasse amici in tutto e per tutto, non riusciva ancora a lasciarsi andare e farsi vedere debole.

Non che in quel momento lo fosse. Solo non si capacitava delle parole che il suo avvocato gli aveva rivolto.

 

«Lo dico per Lei, Genzo. Se suo padre ha pagato questo test, significa che ha comunque qualcosa da nascondere. Se mi dà il permesso, posso indagare e vedere di che si tratta: un fratellastro che spunta adesso e pretende la sua fetta di torta, non è proprio il massimo per il titolo.»

«Lei crede davvero che mio padre sarebbe capace di una cosa simile?»

«Quello che credo io non ha importanza: la verità è che suo padre ha effettuato un test di paternità, in questa clinica esclusiva, premurandosi di tenerlo nascosto a tutti noi, tranne che a Herr Kohler. Direi che le conclusioni si traggono da sole.»

«D’accordo, Herr Meyer. – aveva acconsentito, dopo qualche minuto di riflessione – Indaghi, ma sempre nel massimo riserbo.»

«Sarà fatto.»

 

Suo padre aveva un altro figlio? In Germania? Come sarebbe cambiato l’asse aziendale, dopo questa scoperta? E soprattutto, come l’avrebbe presa sua madre?

Strinse i pugni cercando di calmarsi, non era detto che suo padre avesse davvero prole sparsa per il territorio, forse era solo un controllo per tenere a bada qualcuno che rivendicava qualcosa.

Si risolse a chiudere la doccia e, dopo aver indossato un asciugamano, si diresse verso il proprio armadietto.

«Wakabayashi. – Ishizaki attirò la sua attenzione – Ma la tua assistente… sai, no, quella bella… non è che verrà a fare il tifo per noi?»

«Sei sempre il solito! – Izawa lo colpì in testa con un buffetto – Se ti sentisse Yukari.»

«Già. – tuonò Jito – È questo il rispetto che hai per mia cugina?»

«Ma io lo dicevo per lui. – piagnucolò il difensore – Sai quanto potrebbero migliorare le sue prestazioni

«Julia ha un’azienda a cui pensare. – Genzo rispose freddamente – In mia assenza e con mio padre ancora convalescente, è tutto sulle sue spalle. – si caricò il borsone e si diresse verso l’uscita – E comunque, Ishizaki, non sei decisamente il suo tipo: a lei piacciono molto meno frignoni.»

«Fammi indovinare: le piacciono i tenebrosi con il cappellino?»

Il portiere non reagì, si limitò a voltare le spalle e alzare una mano, scacciando via l’ultima frase dell’amico.

Il trillo del Blackberry attirò la sua attenzione, e quando riconobbe il nome del suo avvocato, si affrettò a rispondere.

«Novità?»

«Non so quanto quello che sto per dirle cambierà le cose, Genzo.»

«In che senso?» si fermò di colpo, appoggiando il borsone a terra.

«Ho scoperto con chi ha effettuato il test suo padre. Test a cui era presente anche sua madre.»

«Herr Meyer, non mi faccia stare sulle spine, mi dica ciò che deve dirmi e facciamola finita.» sbottò spazientito. Morisaki, che stava passando accanto a lui in quel momento, lo guardò con aria interrogativa, ma lui minimizzò, così il compagno proseguì verso il pullman.

«Hanno effettuato il test con una ragazza. Questa ragazza è Julia Wagner.»

Genzo rimase sbigottito, e smise di ascoltare il legale: le parole rimbombarono nella sua testa, come una bomba esplosa in un ambiente protetto, con i pezzi di metallo che rimbalzano da parete a parete.

«Genzo, è ancora lì? Mi sta ascoltando?»

«Grazie, Herr Meyer, me ne occupo io.»

Terminò la comunicazione e si diresse verso il pullman, non prima di aver recuperato il borsone e averlo lanciato malamente nel portabagagli del veicolo. Salì a bordo con sguardo vacuo, tanto che i compagni si domandarono cosa potesse essere successo: avendolo sentito parlare in tedesco, avevano immaginato si trattasse di lavoro, così optarono per lasciarlo in pace, sapendo quanto la gestione della Wakabayashi Corp. fosse impegnativa.

 

«Hanno effettuato il test con una ragazza. Questa ragazza è Julia Wagner.»

 

Continuava a ripensare a quelle parole. Possibile? Possibile che Julia fosse davvero sua… sorella? Poteva essere una giustificazione per quel sentimento che era nato tra loro, quell’affetto reciproco che si erano scambiati? E quei baci… Kami, ho baciato mia sorella? pensò, sbigottito.

Piano piano, i tasselli tornavano tutti al loro posto: l’interesse dei genitori verso di lei, la sua fuga dopo il funerale, quei discorsi sull’andarsene del tutto dall’azienda.

«Genzo, siamo arrivati… – lo chiamò Morisaki – Dovresti… ecco… scendere dal pullman.»

«Sì, io… Yuzo, posso lasciarti il mio borsone? Ho bisogno di fare due passi per schiarirmi le idee.»

«C’entra la telefonata?»

«Sì, sai… questioni di lavoro, un po’ complicate…»

«Non ti preoccupare, ci penso io. Tu vai e cerca di recuperare un po’ di serenità. Ti ho visto parecchio sconvolto, poco fa.»

«Non sai quanto…» rispose lui, quando ormai l’amico era fuori dalla portata della sua voce.

 

«Che ti avevo detto?»

«Beh, io avevo bisogno di sbatterci la testa, contento?»

«Sarò contento solo quando smetterai di torturarti con paranoie inutili.»

Julia si sdraiò sul letto e alzò i piedi contro il muro dietro la testata.

«Sì, Karl, ho recepito il messaggio. Hai finito di bacchettarmi?»

Sentì chiaramente il Kaiser sorridere all’altro capo del telefono.

«Sì, ho finito. Ora che la questione si è risolta – parlavano vago per paura delle intercettazioni – credi che chiamerai qualcuno per sapere come sta? Domani inizia il percorso, gli farà bene sentirti.»

«Lo farò, promesso… buonanotte, Karl.»

Attese la risposta dell’amico e chiuse la conversazione, quindi distese le braccia sopra alla testa e fissò il soffitto. L’esito del test era negativo, non era figlia di Ikemoto Wakabayashi: questo significava che Genzo non era suo fratello. Il sospiro di sollievo che aveva esalato quando aveva letto il referto la diceva lunga sui sentimenti che nutriva per il ragazzo, dato che il primo pensiero era corso inevitabilmente a lui.

Riportò la mano destra di fronte al viso e scorse la rubrica per cercare il numero del portiere: non fece in tempo a premere il pulsante della chiamata che il display si illuminò,  mostrando la foto del soggetto in questione, che stava cercando di contattarla.

«Lo sai, stavo proprio per…»

«Ti ha dato di volta il cervello!?»

Si riscosse immediatamente e recuperò la posizione, sedendosi sul letto a gambe incrociate.

«Buonasera anche a te, Genzo. Qual buon vento?»

«Cosa credevi di fare, eh? Ti è sembrato corretto? Aspettare che io mi allontanassi per costringere mio padre ad effettuare un test di paternità… su quali basi, poi, eh?»

«Non mi sembra il caso di reagire così, ho avuto le mie ragioni per…»

«Balle, Julia: le tue ragioni sono tutte balle. Cosa speravi, di falsare il risultato per ottenere una fetta più ampia di torta?»

«Ma che stai dicendo? No, assolutamente, la Wakacorp. non c’entra proprio nulla con…»

«Allora spiegami cosa ti è passato per la testa! Porca puttana, Julia. Sono incazzato nero.»

«Se tu mi lasciassi il tempo di spiegare, invece che aggredirmi così… io credevo davvero che tuo padre fosse mio padre, ho trovato una lettera di mia nonna in cui parlava in maniera ambigua del mio genitore biologico, e… ho frainteso. – si rese conto solo in quel momento di quanto era stata stupida e ingenua – Tuo padre era perfettamente al corrente di tutto, e ha solo accettato di farmi togliere il dubbio. Non ci vedo niente di male.»

«Mio padre ha ben altro a cui pensare che le tue stupide paturnie.»

«Stupide paturnie? Ma come ti permetti! È facile per te parlare, proprio tu che sei cresciuto sapendo chi erano i tuoi genitori. Prova a metterti nei miei panni, per una volta!»

«Julia, qui non parliamo di me o di te. Stiamo dirigendo una grossa azienda, se non te ne sei accorta. Quindi, per favore, cerca di non uscire dai fottuti binari e fai il tuo lavoro, per tutti gli Dei!»

Non poteva credere alle sue orecchie. Genzo la stava rimproverando, e le stava riversando addosso tutto quello che era successo negli ultimi mesi. A lei, l’unica che gli era stata accanto in tutto.

«Sei proprio un ingrato, Wakabayashi. Con tutto quello che ho fatto per te e per la tua stupida azienda, adesso mi tratti così? Ah, ma non ti preoccupare: non uscirò più “dai binari”, non prenderò più iniziative fino al tuo ritorno, stai tranquillo.»

«Fanculo!»

«Fottiti!»

Si trattenne dallo scagliare il device contro al muro, ma non trattenne le lacrime che iniziarono a scorrere copiose sulle sue guance. Non poteva crederci… la reazione di Genzo le sembrava senza senso, non le aveva neppure dato il tempo di spiegargli come stavano le cose, l’aveva semplicemente aggredita, dando per scontate cose che non erano così come lui le pensava.

Strinse i pugni e si portò la mano che conteneva il Blackberry al volto: mordicchiò l’angolo del dispositivo, e pensò a come porre rimedio alla questione. Ma non vedeva via d’uscita, e soprattutto più ripensava alle parole del portiere, più la rabbia le ribolliva dentro e montava come una colata lavica pronta ad esplodere.

Dopo tutto quello che avevano passato insieme, quello che avevano condiviso, lui era saltato alle conclusioni, senza neanche stare ad ascoltarla, e l’aveva aggredita come se fosse l’ultima delle impiegate.

«E io, stupida, che credevo ci tenesse a me!» esclamò, dirigendosi verso il frigo. Aprì l’anta e ne controllò il contenuto, il suo sguardo si posò su una bottiglia di birra. La prese e la appoggiò malamente alla penisola.

«Dopo che sono stata la sua spalla per mesi, mesi! – cercò disordinatamente l’apribottiglie nel cassetto delle posate – Dopo che ha pianto davanti a me, davanti a questi occhi! Dopo che l’ho ascoltato, consigliato, coccolato…»

Baciato… le suggerì la coscienza, ma lei scacciò quel pensiero.

«Se è questo che vuole, questo avrà. Mi limiterò a fare lo stretto indispensabile, non esulerò più dal mio ruolo. Mai più.»

Bevve un lungo sorso della lager e deglutì rumorosamente. Romeo la guardava dal divano, muovendo leggermente la coda.

«Non ti ci mettere anche tu. – lo redarguì – So benissimo da sola di aver sbagliato tutto, nell’ultimo periodo. Ma questo trattamento, no, proprio non me lo meritavo.»

Di nuovo le lacrime presero il sopravvento, e caddero sul bancone della penisola della cucina. Pianse a lungo, consolata solo dalle fusa rumorose del felino.




Temo che a questo giro Julia sia stata leggermente sprovveduta, e il suo aver tenuto fuori Genzo da questa questione ha causato un enorme equivoco. O meglio: ha scatenato l'ira del portiere.

Io non me la sento di biasimarlo, credo che quando sei il figlio di Wakabayashi, e tuo padre ricopre quella posizione, le pensi un po' tutte, e arrivi a dubitare persino della tua Manager.

Probabilmente il tutto è solo una conseguenza della morte di Diete, che a sua volta è una conseguenza dell'assurdo comportamento di Herr Hagner: fatto sta che adesso i nostri due protagonisti si trovano a migliaia di chilometri di distanza, impegnati nei rispettivi ruoli, e sarà difficile trovare un punto d'incontro. 

Per la serie "MaiUnaGioia" XD

Vi abbraccio forte 

Sakura 

   
 
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