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Autore: Uptrand    25/04/2019    10 recensioni
Gli Yahg hanno deciso di non rispettare gli accordi con il Consiglio della Cittadella e una numerosa flotta di conquista si sta muovendo verso la colonia salarian indipendente di Erinle.
Da due settimane sotto assedio degli yahg e difesa dalle forse dell Iniziativa di Difesa Galattica (I.D.G.) agli ordini del Consiglio.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima della lettura di questo capitolo consiglio di leggere le seguenti OS: 
https://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3806569 (Il carcere Tartarus)
https://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3801354 (VI reggimento: Fredi Pearre)



« Olivia mi senti? » chiese Steve. Il canale era solo audio, l'unica cosa che vedeva di lui era il grafico della voce. 
« Si, novità? » domandò cercando di apparire interessata e lo era veramente, ma essere nel mezzo di una battaglia tra navi spaziali non aiutava a concentrarsi. 
« Abbiamo preso la base yahg a terra. » 
« Magnifico! » esclamò lei. « Spero non sia stata troppo dura. Stai bene? Hai già informato l'ammiraglio Dectus? »
« Due caduti e si, gli ho mandato un breve resoconto. » rispose con tono amaro. 
« Non è mai bello contare quanti non sono tornati, ma poteva essere peggio. » disse cercando di consolarlo, due morti erano un record assolutamente in positivo per qualunque corpo militare.   
« Però non ti ho chiamato per questo, mi serve la tua opinione per altro. »
« Sarebbe? » domandò dubbiosa.
« Siamo sicuri di chi stiamo combattendo? » 
« Spiegati. » affermò con tono preoccupato.
« Ho affrontato degli yagh, va bene. Ma i vorcha erano dannatamente più numerosi, sicuramente non meno dei tre quarti dei nemici e c'era anche qualche centinaio di batarian. Questi non ho ancora capito come ci siano arrivati qua. » 
Olivia si era fatta più seria a ogni parola. 
« Ottenuto niente dai terminali della base nemica? » chiese lei.
« Mmh...la verità è che per il momento non mi fido a ficcarci naso. » 
Lei assunse un'espressione incredula « Che vorrebbe dire? L'hai conquistata o no? »
« Questo si ma abbiamo trovato tutti i suoi occupanti morti, probabilmente suicidi. »
« Cosa? » disse lei sbalordita. 
« Se hanno fatto questo, potrebbero aver piazzato delle trappole. Non mi fido a occuparla fino a quando qualcuno non avrà controllato. » spiegò lui. 
Lei annuì, anche se lui non poteva vederla. Non poteva dar torto a Steve su quella decisioni.
« Dai prigionieri hai saputo qualcosa? » volle informarsi lei.
« … »
« Steve? Ci sei? »
« Come potrei dire...non abbiamo prigionieri. »
Olivia guardò un attimo ammutolita lo schermo, incredula a quelle parole. 
« Prova a cercarne. Io... penserò a quello che mi hai detto. » chiuse il canale senza salutare, si sentiva stanca.
Suo fratello ci era andato pesante come aveva temuto, un armamento come quello di cui disponeva il I di certo non aiutava a trattenersi. 
“La stampa ci andrà a nozze. “ pensò preoccupata. “Però ha ragione, per essere una guerra contro gli yahg sono dannatamente pochi in proporzione. Dove diavolo è finita la loro flotta di trasporti? “
Davanti a lei lo schermo olografico della galassia, lo fissava in cerca di risposte. 
Una vibrazione attraversò la nave riportandola alla realtà. 
Era in mezzo a una battaglia spaziale, con ben altre preoccupazione. 

***** 

« Cercate qualche yahg vivo! » ordinò Steve, di malavoglia i soldati ubbidirono. 
Si voltò verso Isabella dicendole « Ci riesci a trovare qualcuno di vivo usando quella tua specie di sesto senso o roba simile? » 
Lei inclinò appena la testa a sinistra, alzò una mano a indicarlo. 
« Non io! Di vivo tra i nemici! Uno yahg vivo! » sbottò lui.
Il phantom si guardò un attimo in giro.
« No. » fu la secca risposta.
Lui si lasciò a un profondo sospiro di rassegnazione. 
*****
 
La matematica era il linguaggio universale, con le giuste informazioni tutto era prevedibile. 
Non esisteva niente che la scienza non potesse spiegare o che esulasse da essa. 
L'ottenimento del risultato previsto era solo questione della validità del metodo usato per calcolarlo e delle giuste informazioni. 
Proprio questo rendeva Jessie furiosa o almeno era sicura che avrebbe provato frustrazione, se la sua mente fosse stata capace di perdere tempo in simili futilità. 
Era penetrata nel cercare Tartarus usando la sua amicizia con Arturus, l'aveva stordito e usato il suo terminale per manomettere le difese di Fort Hanshan nel momento in cui le navi pirata avevano attaccato. 
Un piano sviluppato in due anni di attenti processi, l'invasione di Erinle solo per distogliere l'attenzione, ottenere dati preziosi sul eezo di Isabella e per svuotare la base militare della maggior parte dei soldati e di tutte le sue navi stava venendo vanificato da un singolo dettaglio non previsto.
Le comunicazioni intercettate non lasciavano dubbi: Alexya, Diana e Trish Weaver erano a Fort Hanshan. Di questo poteva dirsi sicura, vista che era stata lei a manometterle insieme ad altri sistemi. Per quanto rapida abbia cercato di essere, non era riuscita a interromperle prima che Trish e Diana chiedessero aiuto al genitore. 
Il successo del piano si basava sull'idea che la sola altra forza militare del pianeta non sarebbe intervenuta, fino a quando non fosse stato a sua vantaggio farlo. 
Ma se le sue figlie erano presenti Dasha Weaver avrebbe agito diversamente, spinta da motivazioni diverse. 
Centinaia di calcoli al secondo attraversavano la mente di Jessie, ma il risultato probabilistico era sempre lo stesso: il tempo che aveva a disposizione si era ridotto a un terzo, nel migliore dei casi.  
Lei provava a sbrigarsi, passando occultata in mezzo ai corridoi deserti del carcere. L'attacco all'esterno dei suoi alleati aveva spinto tutte le guardie alla difesa di zone cruciali, ignorando la presenza di un nemico al interno.
Arturus era stato portato in infermeria, dopo che lei aveva urlato e pianto.
Aveva detto che si era sentito improvvisamente male e le guardie accorse ci avevano creduto, distratti dall'attacco esterno tutti si erano scordati di lei. 
Le serrature elettriche non furono un problema, arrivata davanti a una porta di una cella bussò. 
« Dott. Gaz Al-Asad? » chiese.
« Come posso aiutare? » fu la risposta da oltre la porta blindata. 
« Le andrebbe di raccontarmi quello che sa su Dasha Weaver e Isabella? » 
« Immagino che questo chiasso all'esterno abbia molto più senso adesso. Cosa offrite? Sono troppo vecchio per lunghe trattative e credo che entrambi non abbiamo molto tempo. » domandò pacatamente l'anziano prigioniero.  
« Una via di fuga, fondi illimitati per riprendere le ricerche e un posto intoccabile per chiunque dove condurle. Ovviamente so che lei non è il vero dott. Gaz Al-Asad.»
Una lieve risatina provenne da dietro la porta « Pur sapendolo mi volete lo stesso, perché? »
« Non possiamo battere Dasha Weaver finché rimane lucida e padrona di se, ci serve qualcuno che sappia farla esasperare. »
« Molto interessante, accetto. » affermò deciso. 
Jessie guardò la spessa e pesante sbarra di metallo che bloccava la porta, oltre alla normale serratura e codici di sicurezza. Un mezzo rozzo, ma proprio per questo impossibile da aprire con i soliti mezzi. 
Un discetto nero non più grande di un bottone, molto facile da trasportare. Lo appoggiò sulla sbarra a cui si attaccò tramite una calamita, il piccolo meccanismo si azionò e Jessie la sollevò senza problemi . 
Si trattava di un minuscolo generatore di anti-gravità della durata di appena un minuto, ma più che sufficiente.
Il resto dei sistemi di bloccaggio fu ancora più facile da disinnescare, per lei.
Passò davanti ad altre celle dicendo a gran voce « Avete sentito tutti, uscite dalle celle se volete partecipare a un progetto che ricostruirà le basi della società scientifica. Questa volta lavorerete per voi stessi. »
Una a una le celle si aprirono, individui di ogni razza ma senza bandiera si radunarono interno a lei. 
Un centinaio di persone.
« Una presentazione interessante, sperò che avrai considerato che molti dei presenti sono persone di una certa età. » commentò il falso Al-Asad. Era un ometto settantanni, esile nel corpo, la pelle cascante, capelli bianchi e profondi occhi grigi. 
« La scienza non sbaglia mai. » disse lei dando ai presenti dei dischetti di colore bianco. 
Azionò un comunicatore di emergenza a corto raggio.
***** 

Disposto a cuneo, il grosso delle forze nemiche si era arrestato davanti agli scudi energetici che circondavano il carcere Tartarus. 
Dai posti di guardia i secondini rispondevano al fuoco, armati come qualsiasi altro soldato della base non disponevano però della potenza di fuoco necessaria per fermare il nemico. 
Potevano fare affidamento solo sulla loro posizione per resistere. 
Il carcere Tartarus era costruito a strati, i difensori avrebbero potuto ritirarsi diverse volte chiudendo porte blindate alle loro spalle prima di arrendersi. 
All'esterno della struttura i restanti soldati I.D.G. continuavano a combattere, divisi in piccoli gruppi. Impossibilitati a riunirsi, non riuscivano a condurre una controffensiva efficace. 
Sopratutto a causa delle comunicazioni fuori uso, ogni trasmittente della base aveva smesso di funzionare. I soldati non riuscivano a coordinarsi.  

Le luci si spensero, lasciando entrambe le parti esitanti all'idea che si trattasse di uno stratagemma dell'avversario. Gli spari cessarono, nei secondi successivi nessuno aprì il fuoco perché farlo avrebbe voluto dire segnalare la propria posizione. 
Ma quel momento di quiete non arrivò a cinque secondi che un urlo provenne dal fondo dello schieramento degli aggressori. 
Le guardie nel carcere non lo sapevano, ma qualcosa o qualcuno assaliva i nemici facendosi scudo delle tenebre. 
Se la cavità sotterranea che ospitava Fort Hanshan  poteva contenere l'intera flotta I.D.G. in volo, poteva farlo anche con le navi degli assalitori. 
Una di esse si alzò in volo, seguendo un segnale ben preciso.
A una decina di metri sopra lo scudo del carcere fece fuoco, concentrando le armi in un punto preciso. Le difese non riuscirono a reggere, mentre la barriera energetica cadeva una potente esplosione provocata da un missile apriva un'apertura sul soffitto. 
Uno squarcio di appena qualche metro, più che sufficiente perché una persona per volta ci fluttuasse attraverso. 
Come quelli precedenti, anche i dischetti bianchi erano sistemi di antigravità. Solo più potenti e con una durata di due minuti. Abbastanza per far alzare in volo una persona fino alla sicurezza dei portelloni della nave che si aprirono per accogliere i nuovi passeggeri. 

Jessie sorrise, il piano fino a quel momento era stato successo. Solo le perdite erano state maggiori del previsto, sempre a causa delle sorelle Weaver. 
Sentiva i suoi alleati urlare ordini contro un nemico ignoto. Non aveva bisogno di chiedersi la natura di tale minaccia, sapeva di cos'era capace. 
Rimaneva però indifferente a quello che sentiva, la scienza per progredire necessitava di sacrifici. 
Era più seccata che la missione di catturare Dante non fosse andata a buon fine. 
Il primo potenziale portatore di eezo 19 di sesso maschile, sarebbe stato un soggetto di studio molto interessante. Un campione di prima qualità. 
Tra quelli che aveva aiutato ad evadere vi era però lo scienziato che l'aveva trovato e studiato per primo: Ames Hessel. Era desiderosa di parlargli, ma a tempo debito. 
« Ritirata! Andiamo via, fate in modo che questa nave esca per ultima. » ordinò tramite il comunicatore al pilota batarian. 
Gli aggressori ritornarono sulle navi senza troppi problemi, ma fu all'uscita che l'attacco missilistico li colse di sorpresa. Una decina di navi precipitò al suolo, le altre risultarono gravemente danneggiate. Quelle che ci riuscirono presero velocemente quota, per lasciare al più presto il pianeta. 
*****

Ben lontano, dentro Caninea, Mores grugnì di soddisfazione. Quel primo test di un nuovo missile antinave era stato un vero successo. Un giocattolino da sette miliardi di crediti a pezzo, concepito per fare un buco in una corazzata. Qualcosa che non faceva parte del classico sistema di sicurezza a disposizione della Noveria Corps. Usarlo su delle navi pirata era stato come sparare su un foglio di carta.
« Non che lei badi a spese quando è incazzata o le figlie coinvolte. » commentò il krogan.
*****

L'incrociatore salarian, in orbita attorno Noveria, sbarrò la fuga alle navi rimaste.
Jessie era sorpresa, la presenza di quella nave indicava che Dasha Weaver aveva deciso di richiedere aiuto a una delle due potenze che confinavano con Noveria. La possibilità che una donna autoritaria come lei prendesse quella decisione erano meno del cinque per cento. 
« Quelle tre hanno fatto alterare ogni calcolo probabilistico. Non importa, missione compiuta. » disse leggermente infastidita che la precisione scientifica del piano fosse stata messa a rischio. 
Intanto, sul monitor, le navi alleate venivano abbattute dall'incrociatore o si autodistruggevano per non cadere in mano al nemico. 
Sorrise compiaciuta, nel vedere che le asari erano pronte a quel sacrificio senza problemi. Anche i batarian si erano detti pronti a tanto, ma era difficile esserne certi. 
Quelle asari invece, non avrebbero mai esitato. Per secoli venivano addestrate a compiere gesti estremi. 
Nel mentre la nave su cui si trovava percorreva uno dei crepaci di ghiaccio e lunghi chilometri tanto comuni sul pianeta. Era uscita raso terra, sfuggendo a ogni sistema di rilevamento infilandosi in una di quelle gigantesche crepe. 
Quando uscì era ben distante dalla zona dei combattimenti. 
Guadagnò lo spazio ed entrò nel portale senza problemi. 
Adesso era tempo che quel rozzo conflitto militare giungesse alla fine. 
Sarebbe stato il punto di partenza per una scienza veramente libera e indipendente.
*****
 
Quando apparve nessuno ci credette, era qualcosa che nessuno aveva previsto. 
Nessuna simulazione aveva indicato quella possibilità. 
Tutti gli esperti di crisi delle sei potenze e del Consiglio erano stati giocati alla grande, peccato che a pagarne il conto sarebbe stato lui. 
Questi furono in sintesi le idee che si formarono nella mente di Fredi, il comandante del VI reggimento I.D.G. su Khar'san. 
La flotta di trasporti del Dominio yahg era appena nel sistema, duecento navi da trasporto e un ottantina di avi da scorta contro cui lui poteva schierare solo una ventina di fregate anche se di ultima generazione. 
Queste salparono in fretta, mentre la colonia si preparava a resistere e a sperare nell'arrivo di aiuti.

Nello spazio le fregate infastidivano la flotta nemica, ma non potevano fare altro. Miravano ai trasporti, ben più facili da distruggere ma l'invasione yahg procedeva. 
Troppo numerosi perché quelle perdite fossero significative, si stimava una forza d'inazione tra le ottocento e le milleduecento unità.  
Segnali di soccorso vennero inviati nello spazio a chiunque fosse in ascolto, mentre un segnale video proveniente dagli yahg veniva diffuso a sua volta. 
Ricevuto anche su Khar'san, quello che apparve su ogni schermo fu il volto di un batarian 
« Questi batarian giunti dalla spazio, gli esiliati, si sono presentati a noi discendenti di chi ha lottato contro i razziatori con incredibili meraviglie tecnologiche. 
Le loro conoscenze sono superiori a qualsiasi cosa un qualsiasi batarian di Khar'san abbia mai immaginato. 
Ma io vi dico che tutto questo ha avuto un prezzo. 
Hanno venduto il proprio onore al Consiglio della Cittadella, questo nemico che dall'ombra vuole imporre a tutti noi discendenti il governo degli esiliati. 
Non fatevi tentare perché quello che hanno saputo mantenere lo hanno fatto al prezzo della propria identità, noi sapremo riconquistare quello che i batarian di un tempo aveva raggiunto con le nostre forze e quelle di un alleato fidato. 
Credete a me, nulla è perduto. Gli stessi mezzi dei nostri nemici sapremo farli nostri, portandoci un giorno al trionfo. 
Perché non siamo soli. Non siamo soli! Possiamo far blocco con il Dominio yahg che da tempo si oppone al Consiglio, nonostante i suoi tentativi di indebolirlo. Questi fidati alleati ci mettono a completa disposizione l'immensa industria del loro mondo. 
Questo scontro non è limitato ai soli batarian. 
Io, Crogar Cerrorr, invito tutti i clan dei discendenti a riunirsi e a ricordarsi che un tempo eravamo un unico popolo. 
Possiamo combattere! Possiamo riconquistare quello che il fato ci ha tolto! Possiamo rompere le catene che il Consiglio cerca d'imporci!
Ai veri eredi, per tutti i batarian orgogliosi, vi invito a radunarvi presso la città dimenticata per combattere con i vostri veri alleati! A ritrovarvi nell'Adunata di Verush! » 

Nel palazzo del governo dell'Egemonia batarian, nei suoi alloggi privati, Ka'hairal Balak aveva ascoltato il silenzio il messaggio appena pronunciato. Stingeva con rabbia i braccioli della sedia su cui era seduto. 
Si era ritirato, lasciando il suo stato maggiore riunitosi alla comparsa della flotta yahg, esprimendo il desiderio di ascoltare da solo quella trasmissione appena aveva visto che era un batarian a parlare. 
Sicuro che in qualche modo il suo governo e la sua guida sarebbe stata tirata in mezzo. 
Tossì, cercando di contenere la rabbia che sentiva in corpo. 
Non era mai stato di animo calmo, ma l'età avanzata non andava bene con scatti d'ira. 
Gli mancava l'aria anche solo ad alzare la voce. 
« Non mi arrenderò! Difenderò il mio popolo! Non lascerò che un fantoccio manovrato dagli yahg ci umili...dobbiamo rinascere... » Mormorò con voce roca, bassa e decisa.
Rimandò indietro il video del messaggio, stoppandolo appena apparve il volto di Crogar « Fottiti bamboccio, non sono io quello manovrato...vedo fin troppo bene la mano yahg ficcata su per tuo culo che ti fa muovere. La vedo io e farò in modo che così faccia ogni batarian, non ti servirà nasconderti dietro al nome di Verush! » dichiarò alzandosi, più lentamente di quanto riusciva a fare un tempo. 
Diede due colpi di tosse coprendosi la bocca, al terzo sentì un forte dolore al pento accompagnato da un sapore metallico in bocca. Allontanando la mano dal volto vide tracce di sangue. 
La vista gli si annebbiò, mentre cercava di mettere a fuoco la lama che gli spuntava dal petto. 
Quasi distrattamente la sua mente elaborò l'idea che stava morendo. 
Cadde in ginocchio, girando su se stesso in un ultimo sforzo per vedere l'aggressore che l'aveva colpito di spalle. 
Troppo debole per parlare, fissò nei suoi ultimi istanti di vita il suo aggressore: un'asari in armatura nera. Nella mano destra teneva la lama che l'aveva ucciso. 
Svanì nel nulla grazie a un sistema d'occultamento, mentre la vita abbandonava Ka'hairal.
Moriva così uno dei peggiori terroristi e antagonisti che l'umanità avesse conosciuto, l'ultimo alto ufficiale dell'Egemonia batarian, colui che aveva riunito i batarian superstiti durante la guerra contro i razziatori.  
Era stato capace di riunirli nel governo della Nuova Egemonia, evitando che la sua razza si disperdesse. Lottando fino all'ultimo per il bene del proprio popolo, secondo la sua visione. 
Un modo di vedere non esente da colpe ed errori, ma mai per fini personali. 
Tutto per fare in modo che tornassero al loro mondo d'origine.
Moriva sapendo di lasciare la sua opera incompiuta.
Erano sul loro mondo, ma non in salvo. 
*****
 
« Mi servono informazioni, trovate dei superstiti. » ordinò Dasha Weaver passando scortata in mezzo ai rottami fumanti delle navi abbattute. Attorno a lei, quasi la totalità delle forze militari di cui disponeva sul pianeta. Tremila soldati tra fanteria e mezzi blindati. 
Indossava la sua solita armatura nera da nemesis, anche se non era più tale non era riuscita a liberarsi dall'abitudine di usare quel modello. 
Si tolse il casco anche se la temperatura era decine di gradi sotto lo zero. 
Sentiva il bisogno di aria fresca, odiava quella sensazione e cercava di convincersi che non la stava veramente provando. 
I piedi affondavano nella neve, rallentandone i movimenti, quasi grata di ogni istante che perdeva. C'era una possibilità che doveva verificare, ma che fosse diventata realtà la spaventava. 
Era una sensazione che aveva provato poche volte, ma riconosceva la paura. 
Davanti all'ingresso, nella viva roccia, da cui si apriva la strada sotterranea per Fort Hanshan un qualsiasi individuo appariva minuscolo. 
Come nate dall'oscurità in cui si trovava la base sotterranea, tre figure umanoidi emersero da essa. 
« Siete in castigo, non una parola, andate a casa e guai a voi se uscite. » fu il commento della Weaver, la cui voce era stata resa roca da quello che provava. 
Alexya, Diana e Trish si limitarono ad annuire tremanti. Avevano immaginato che la loro mamma sarebbe stata di pessimo umore, ma quello che suggeriva la lettura del corpo era peggio di qualsiasi altra cosa. C'era solo da ubbidire e sperare di cavarsela in qualche modo.
Facendo appello a tutto il suo auto controllo Alexya si fece avanti « I nostri amici sono scappati verso Caninea con altri civili della base, possiamo contattare Naomi e chiedere come stanno? »
« Va bene, ma andate a casa e non uscite fino a quando non torno. » fu il secco commento della donna.
Le figlie annuirono e corsero via verso la navetta più vicina, sollevate di poter evitare per il momento quella rabbia. Ma anche leggermente confuse da quella reazione non tipica per lei.
Talmente arrabbiata da confondere la lettura del corpo, cosa che poteva accadere quando si provavano delle emozioni talmente forti e inusuali che il corpo non sapeva come esprimere. 
Questa era senz'altro l'unica spiegazione che si celava dietro a quei segnali, sicuramente dei falsi, di paura che avevano scorto da lei. Era impossibile che qualcosa nell'universo potesse mettere paura alla loro mamma. 
Dasha riprese la sua lenta marcia, mentre le torce dei soldati le illuminavano la via. 
Avrebbe potuto salire su un mezzo e arrivar prima, ma in quel momento preferiva camminare anche solo per aver più tempo di riflettere sul da farsi. 
Ma la sua mente sembrava essersi bloccata su un unico pensiero “Non può essere scappato, non deve essere scappato.”
Così assorta nei suoi pensieri da non tentare nemmeno di non calpestare le viscere sparse un po' ovunque per la strada. 
Le sue figlie non si erano lasciate sfuggire l'occasione di sfogarsi. 
   
 
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