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Autore: WhiteLight Girl    28/04/2019    1 recensioni
Dopo gli eventi di Nella tela del ragno, Adrien non si dà pace e parte per la Cina. Il suo viaggio, però, prende una piega inaspettata quando un varco si apre sotto i suoi piedi e lui finisce in una dimensione sconosciuta. Rimasto solo con Plagg, osa sperare che questo l'abbia portato più vicino a Marinette di quanto lo sia stato nei mesi precendenti, per una volta la fortuna sembra girare a suo favore, ma è davvero così o c'è di nuovo qualcosa o qualcuno che manovra i fili di ciò che gli sta accadendo attorno?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EMMA

Adrien realizzò che la ragazza era Emma solo dopo alcuni minuti, ed anche quando il suo cervello pareva averlo assimilato c’era ancora parte di lui che insisteva a negarlo ed a pensare che non fosse possibile. Jonas, invece, le sorrise e la avvicinò senza alcuna esitazione, riempiendole una ciotola di zuppa ed invitandola a sedersi con loro.
Emma sembrò ben lieta di fare come lui diceva e prese posto proprio accanto ad Adrien, scansando con una bracciata le stoviglie sporche che chi aveva mangiato lì prima di lei aveva lasciato.
«Sei stata veloce.» osservò Jonas.
Emma annuì. «Ero motivata.» disse.
Adrien arricciò il naso al modo in cui anche la voce della ragazza sembrava diversa, più matura, e lei dovette notarlo, perché gli sorrise e gli porse il vecchio zaino.
«Li ho protetti come meglio potevo, si sono un po’ rovinati ma ci sono tutti.» gli spiegò.
I suoi occhi lo evitavano, le mani le tremavano, l’incertezza era trapelata anche dalle sue parole, poi Adrien la vide lanciare un’occhiata a Tikki come se cercasse il suo appoggio. Il Kwami annuì e sorrise, Adrien si decise ad afferrare lo zaino e lo strinse a sé.
«Ti ringrazio.» sussurrò.
In qualche momento dopo il ritorno di lei aveva perso la voce, perché le parole gli uscirono gracchianti dal fondo della gola secca. Tossì per scacciare la sensazione fastidiosa di esse e tornò a guardare Tikki.
Anche Plagg la guardava, gli occhi umidi, le labbra strette. Fu lei a fare la prima mossa e ad andargli incontro. Lo strinse tra le braccine corte e lo cullò a sé, lasciando che lui nascondesse il volto contro la sua spallina e sorridendo.
«Adrien.» disse lei, senza lasciare andare Plagg. «Sapevamo che sareste arrivati, alla fine.»
Il ragazzo si domandò il perché di tanta fiducia, visto che Marinette non era ancora con lui. Si chiese per l’ennesima volta cosa fosse accaduto da quando gliel’avevano portata via.
Deglutì. «Lei dov’è?»
Spostò le mani attorno ai due Kwami, riparandoli in una specie di nido improvvisato, loro si appoggiarono al suo palmo.
Il sorriso di Tikki si spense.
«Si è liberata degli orecchini, non voleva che li prendessero, non ho idea di cosa le sia successo dopo.» rivelò.
Adrien sentì le lacrime pizzicargli agli angoli negli occhi. Perché sembrava che fosse destinato ad arrivare sempre troppo tardi?
Emma tese il pugno e lo aprì davanti ai sui occhi, rivelando gli orecchini della Coccinella. «Li ho cercati dovunque, non potevo tornare da te senza.»
Adrien la guardò incerto, il fiato ancora gli mancava, il mondo non esisteva più oltre i suoi dubbi e le sue speranza sempre meno solide.
Plagg si mise ritto e li osservò. Tikki scosse il capo, facendo tentennare Emma.
«Dovresti tenerli tu.» disse Tikki. «Una Ladybug ci servirebbe.»
La ragazza scosse il capo ed Adrien gliene fu grato, poiché non pensava che esistesse qualcuno che non fosse Marinette degno di indossarli.
Tese la mano a sua volta, prendendo il Miraculous dal palmo della ragazza. «Ti ringrazio.» le disse. Strinse gli orecchini a sé, ben deciso a non perderli, e si chiese se in essi ci fosse ancora un po’ della fortuna che aveva sempre contraddistinto Ladybug e di cui in quel momento aveva tremendamente bisogno.
Sotto quelle fronde immense cariche di frutti grossi come noci di cocco, la temperatura stava salendo in fretta, il sudore gli gocciolò dalla fronte e lui si sentì come in piena estate.
Emma rimase seduta al suo fianco, mangiando in silenzio, mentre Jonas metteva via le altre scodelle. Adrien attese che finisse, con Plagg e Tikki che si coccolavano premuti contro la sua mano.
«Cosa ti è successo?» domando alla fine, rivolto ad Emma.
Lei scosse le spalle. «Sono finita in una zona di tempo stretto, poi sono dovuta risalire ma ci ho messo troppo tempo perché volevo cercare gli orecchini e quindi ho finito per adattarmi.» spiegò.
Tikki continuò per lei. «Una volta che è riuscita a trovarmi abbiamo smarrito la strada un paio di volte, orientarsi laggiù è difficile, molti di quelli che ci sono andati non sono più tornati.»
Adrien annuì, infilò gli orecchini nella tasca laterale dello zaino e si assicurò che non fosse bucata, poi la richiuse e strinse lo zaino a sé, ben felice di poter percepire ancora il peso familiare dei diari. «Ti ringrazio davvero tanto per quello che hai fatto.» disse ad Emma.
Lei gli sorrise, gli occhi lucidi, e tacque.
Adrien lasciò che bevesse, le versò ancora dell’acqua, ripensò a tutto ciò che aveva scoperto quando era arrivato lì e tentò di riordinare le informazioni nella propria testa. Rifletté su ciò che gli avevano detto dei rapimenti, del modo in cui il mondo funzionava, a come sembrava fosse così facile perdersi e rincorrersi per poi non riuscire a ritrovarsi più pur percorrendo le stesse strade o cercando di raggiungere la stessa meta attraverso percorsi diversi. Scrutò il profilo di Emma, i suoi occhi verdi, i capelli biondi e il naso tappezzato da piccole lentiggini chiare che fino ad allora non aveva notato. Ripensò a ciò che gli aveva detto su sua madre, su come l’avessero trascinata lì solo per avere lei.
«Ti è capitato spesso di finire in una zona di tempo stretto?» domandò.
Emma accennò un sorriso. «Oh, sì!»
Jonas continuò per lei, arruffandole i capelli. «Questa peste continuava a smarrirsi, ma per fortuna è sempre stata brava a sopravvivere. L’ultima volta che l’ho vista, un paio di mesi fa per me, aveva dieci anni.»
Emma si grattò il naso, probabilmente in imbarazzo per il modo in cui Jonas la stava trattando e lui la stava guardando. Adrien deglutì e si leccò le labbra nel tentativo di fermare la domanda che gli stava sostando sulla lingua.
«Com’era tua madre?» chiese alla fine, incapace di impedirselo.
Emma abbassò gli occhi lucidi. «Non l’ho mai conosciuta.» rivelò. «è morta il giorno in cui sono nata per salvare me e... altri.»
Adrien si morse il labbro, avvertendo una fitta al petto a cui non voleva soccombere.
Il rimorso per averle posto quella domanda gli nacque spontaneo, ma ormai non avrebbe potuto rimediare. Quello che poteva fare era prometterle un futuro migliore, ma non voleva dire nulla ad alta voce, poiché non gli pareva giusto farlo. Avvertiva prepotente la necessità di proteggerla, c’era una sorta di familiarità innata che li legava entrambi, forse perché la sua storia era così simile a quella di Marinette, per quel poco che ne sapeva. Il pensiero che l’aveva colto poco prima tornò a farsi sentire, il ricordo vivido di quello che Jonas gli aveva detto meno di un’ora prima sul fatto che Marinette non aveva l’età giusta perché le facessero il lavaggio del cervello. Invece, Marinette aveva l’età giusta per essere una madre, e se fosse stato così, per come le cose andavano in quel mondo, Emma avrebbe potuto benissimo essere sua figlia. Aveva letto decine di volte i nomi che Marinette aveva scelto per i suoi possibili futuri figli, aveva letto anche di quanto fosse felice del fatto che lui li avesse approvati, tanto che si chiese come mai non gli fosse venuto in mente prima.
Emma aveva i capelli biondi, anche se più scuri dei suoi, ed anche gli occhi erano simili, ma allora perché non aveva detto nulla? Perché non l’aveva fatto Tikki ora che era tornata?
Seppellì i suoi dubbi sotto il lungo elenco delle cose più importanti che avrebbe dovuto fare prima di preoccuparsene, ma si ripromise che, sempre e comunque, avrebbe dato alla ragazza tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno.
Si alzò e si pulì i palmi delle mani sudate sui pantaloni logori.
«Allora, qual è il piano?» domandò.
Jonas gli sorrise. «Distruggere la carovana.» rispose.
Adrien fu quasi sul punto di ribattere, di ricordargli che Marinette era la sua priorità assoluta, ma all’improvviso realizzò che se Emma era davvero sua figlia e le sue parole erano veritiere allora Marinette era morta, da sola, lì da qualche parte, per proteggere un figlio che era anche suo e di cui lui neppure conosceva l’esistenza.
Sarei il padre peggiore del mondo, se fosse così, si disse con un sospiro.
Fu tentato di chiedere ancora una volta ad Emma di sua madre, ma Jonas l’aveva già distratta e condotta verso un albero morto poco distante.
Emma sorrideva, Adrien la vide premere le mani sul tronco sottile e chiudere gli occhi. Ciò che Adrien vide allora non se lo sarebbe mai aspettato, perché la pelle della ragazza iniziò a brillare e l’albero rinvigorì, numerosi fiori sbocciarono sui suoi ramoscelli, e poi i boccioli divennero fiori ed infine frutti, fino a divenire grossi e succosi come quelli degli altri alberi lì attorno.
Adrien ricordò cosa avevano fatto al ragazzotto sull’altare di pietra, si ripromise che non avrebbe mai permesso che lo facessero anche ad Emma.
   
 
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