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Autore: MatsuFla    29/04/2019    1 recensioni
Come sarebbe andata la storia se Ian, etero convinto, fosse stato davvero il ragazzo di Mandy?
Dal testo: Questa è la storia di come il fratello della mia ragazza mi ha cambiato la vita. Non credevo potesse mai accadere nulla del genere, ma alla fine è successo!
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mandy Milkovich, Mickey Milkovich
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Cap 11/19 - E se niente potesse mai più darmi lo stesso fremito?

Il mattino seguente vengo svegliato nel peggior modo possibile, dopo anni, il mio incubo più grande è tornato a tormentarmi e sta venendo a prendermi!
Mi alzo di scatto dal letto, guardando fuori dalla finestra e li vedo...
"I militari!"
Sono dappertutto, hanno circondato la casa, già in posizione con le loro divise d'assalto e i fucili puntati. 
"Eh?" Sbuffa Mandy, ignara del pericolo.
"Arrivano. Svegliati!" 
"Ma che dici... torna a letto." La sento dire prima di uscire dalla stanza.
"No, non devono entrare in casa!"
Mi precipito in corridoio dove afferro una vecchia mazza da baseball abbandonata in un angolo, pronto a colpire chiunque cerchi di portarmi via. Corro spedito nell'ingresso e guardo dalla finestra che dà sul portico e sulla strada principale. Sono pronti a fare irruzione e riportarmi in quella dannata prigione militare. Per fortuna Mickey è già sveglio in cucina, non c'è nessun altro che vorrei di più al mio fianco in una situazione come questa.
"Spostiamo il divano così non entrano."
Cerco di tirare il divano davanti alla porta, non che questo gli impedisca di entrare ma ci farà guadagnare un po' di tempo. Purtroppo Mickey non sembra capire la gravità della situazione e rimane impalato a fare stupide domande.
"Chi?"
Cristo santo! Un intero battaglione circonda la casa e loro sembrano non accorgersene! 
"Aiutami!" Continuo a dire disperato. Faccio il giro del divano e cerco ancora di spingerlo con tutte le mie forze ma si sposta solo di pochi centimetri.
"Ian..." Sentire la voce di Mandy in lontananza.
Non gli permetterò di farle del male, a nessuno di loro! Non me lo perdonerei se gli succedesse qualcosa a causa mia!
"Vengono a prendermi."
Chiudo il chiavistello della dannata porta d'ingresso che è sempre aperta.
Maledizione!
Poi la apro appena per controllare la situazione all'esterno.
Le cose si mettono male!
"Ian!" Mickey urla il mio nome raggiungendomi alle spalle.
"Ti prego aiutami!"
Mickey, ti prego, aiutami!
"Sta calmo." 
"Mi portano via!"
Non ho più scampo!
"Nessuno ti porta via."
Sento una mano afferrarmi il braccio.
Sono loro!
Sono riusciti ad entrare!
Vogliono rinchiudermi un'altra volta, ma non glielo permetterò!
Punto i piedi saldi per terra, stringo la presa sull'impugnatura della mazza e imprimendo quanta più forza possibile sferro un colpo di volata voltandomi velocemente. Il forte boato della mazza che sbatte contro il muro sfondandolo e le grida di tutti mi scuotono e presto mi rendo conto di quello che è successo... di quello che stavo per fare. Ho scagliato la mazza contro Mandy rischiando di fracassarle il cranio. Non l'ho colpita solo grazie ai suoi ottimi riflessi che ha sviluppato in seguito ai tanti anni di violenze e minacce subite da suo padre. Ma questa volta la minaccia ero io. Avrei potuto ucciderla. 
Ma che cazzo succede?
"Cazzo!" Grida Mickey in preda al panico mentre io rimango a fissare Mandy, che mi guarda scioccata e spaventata a morte.
"Cazzo!" Ripete, gridando più forte. Corre verso di me, anche lui visibilmente scosso, e mi strappa la mazza dalle mani.
"Hey, hey..." Mickey mi accarezza il viso per qualche secondo prima di avvicinarsi alla porta.
"Non c'è nessuno fuori." Dice poi aprendola.
"No!"
Non voglio che mi portino via! Non voglio rivivere un'altra volta quell'inferno! 
Sono già pronto a scappare, quando la voce forte e decisa di Mickey mi raggiunge.
"Cazzo, guarda!"
Sento la sua presa stretta attorno al mio braccio che mi costringe a voltarmi verso la porta spalancata.
"Guarda!" Ripete urlando.
"Ian, non può che peggiorare." Quello di Mandy invece è solo un sussurro.
Guardo fuori e... non vedo nulla, nessun soldato, nessun fucile, niente di niente!
Non riesco a capire... cosa significa tutto questo?
Sono davvero impazzito?
Mi metto le mani tra i capelli e rimango a contemplare quell'assurda tranquillità finché Mickey non chiude la porta e si allontana da me tornando in salotto. Io lo seguo istintivamente, mi accorgo di averlo fatto solo quando alzando gli occhi lo trovo a fissarmi, spaesato e impaurito quanto me.
"Dobbiamo portarti in una cazzo di clinica per le medicine. Oggi."
È come se fossi pietrificato, non riesco a fare nient'altro che rimanere fermo a guardarlo e questo per qualche strano motivo mi tranquillizza un po'.
"È tutto ok." Il tono dolce ma deciso di Mickey mi convince e io annuisco prima di sciogliermi come neve al sole per il tocco della sua mano.
"D'accordo? Va tutto bene. Andiamo a vestirci." Mi accarezza il viso e poi scivola sul collo. Decido di ascoltarlo e mentre percorro il corridoio diretto in camera li sento ancora parlare tra di loro.
"Stai bene?" Chiede preoccupato Mickey alla sorella.
"Si, sto bene. Vado a vestirmi."

Da quando mi hanno diagnosticato la malattia a diciassette anni ho frequentato assiduamente questo posto, presentandomi puntualmente agli appuntamenti di controllo o correndo qui ogni volta che c'era anche il più piccolo dubbio che le medicine non stessero funzionando a dovere.
Ormai per me è più che normale essere di casa nel nido dei pazzi, ma non si può dire lo stesso di Mickey e Mandy che invece sono visibilmente spaesati e molto a disagio.
Siamo seduti nell'infermiera della clinica... o quello che cavolo è questo posto... ad ascoltare l'infermiera di turno che snocciola la lunga lista di medicinali con cui non vedono l'ora di imbottirmi per farmi tornare ad essere il più velocemente possibile il burattino obbediente che ero prima.
"Va bene, cominciamo con il litio." Prende una scatola da un armadietto pieno di medicinali e tende il braccio per passarmelo, ma Mickey lo intercetta e glielo strappa di mano.
"Ok, quante volte?" Chiede dando uno sguardo attento alla confezione, rigirandosela tra le mani.
"Due al giorno. Se il litio non funziona possiamo provare con il divalproex o il tegretol."
" 'Provare' ? Andate alla ceca?" Ruggisce Mickey.
"Non esiste un rimedio universale con le medicine. Non c'è il farmaco per tutti, si procede per tentativi." Si avvicina nuovamente all'armadietto cercando di ignorare il mio accompagnatore che le inveisce contro stizzito.
"Non è una cazzo di cavia!" Scatta nervosamente Mickey. Dietro al suo solito tono aggressivo riesco a percepire della preoccupazione, così gli poso una mano sulla gamba e gli rivolgo uno sguardo rassicurante che gli faccia capire che sto bene.
         
Non sono più arrabbiato con lui, in fondo non ne ho il diritto, se non vuole stare con me non posso biasimarlo... specialmente dopo quello che è successo questa mattina. Immagino di averlo spaventato abbastanza da fargli dimenticare il modo pessimo in cui mi sono comportato con lui in questi ultimi giorni, tanto che neanche lui sembra essere arrabbiato con me e devo ammettere che egoisticamente ne sono felice perché ho bisogno che mi sia vicino in questo momento.
Lui subito si azzittisce ma sembra tutt'altro che tranquillo, si tocca nervosamente le labbra e mordicchia leggermente le punte delle dita.
"Troveremo il farmaco giusto e la giusta dose. Intanto ti do l'olanzapina per la paranoia." L'infermiera torna ad immergersi tra i medicinali ed una volta trovato l'antipsicotico viene verso di me continuando a parlarmi con il suo tono pacato.
"Nessuno cercherà più di introdursi in casa." Dice mentre mi passa la scatola.
"Sembrava così vero."
"È la malattia."
La porta si apre e compare la dottoressa Beard, la psichiatra che mi ha in cura da quando ho scoperto di essere bipolare. Nonostante il nostro sia un rapporto terapeuta-paziente abbiamo un buon feeling, molto spesso è come parlare con un'amica, ma capita anche che mi rimproveri o mi freddi con notizie che mai vorrei sentirmi dire. Fin da subito la dottoressa mi ha aiutato molto, fu lei a diagnosticarmi il Bipolarismo e le toccò l'ingrato compito di comunicarmelo e spiegarmi cosa avrebbe comportato essere affetto da questo disturbo per il resto della mia vita.
Lei si affaccia nella stanza e dopo aver salutato tutti mi invita a seguirla nel suo studio per il solito colloquio privato tra noi due. Lascio tutto ciò che non mi serve sul tavolo davanti a Mickey e raggiungo la dottoressa nella stanza accanto dove prendiamo posto come di consueto, lei dietro una scrivania piena di scartoffie e io sulla sedia posta dall'altro lato.
"Come ti senti, Ian?" Chiede sorridendomi.
"Meglio. Meno confuso." Dico io nonostante la mia faccia suggerisca il contrario.
"Bene." Annuisce sinceramente sollevata poi, incrociando le braccia al petto, si sporge in avanti e continua.
"Allora, vuoi dirmi cosa è successo?"
"Sono sicuro che ne ha già letto in modo dettagliato nel rapporto che ha lì." Indico il fascicolo con il mio nome scritto sopra posto davanti a lei.
"Vero, ma voglio sentire la tua versione."
"Nella già lunga lista di disturbi e stramberie che colleziono se n'è aggiunta un'altra... ora ho anche le allucinazioni. Effettivamente era da parecchio tempo che non veniva fuori qualcosa di nuovo." Allargo le braccia e sorrido sarcastico.
"I militari, uh?"
"Si, di solito la gente immagina di cavalcare i draghi o ballare con gli elefanti rosa, io invece mi ritrovo circondato da soldati che vogliono arrestarmi." Le strappo una risata ma so bene di non essere riuscito a nasconderle il mio turbamento.
"Beh, è stato comunque meglio di quando mi è successo veramente, almeno questa volta ad un certo punto mi sono svegliato ed è svanito tutto."
Lei sospira e poi la vedo... ormai riconosco la sua faccia da 'sto per dirti qualcosa che non ti piacerà', è proprio quella che ha in questo momento quindi mi preparo.
*
"Ian, il nostro patto di dirci sempre la verità ha funzionato bene per tutti questi anni. Quindi non ci girerò intorno... episodi di allucinazioni così forti succedono solo quando non si segue correttamente la terapia farmacologica o... se non la si segue affatto."
Con le dita si porta i capelli corvini dietro le orecchie, poi punta i gomiti sul tavolo e poggia il mento sulle mani giunte in preghiera.
"Da quanto non prendi le medicine?" Usa un tono duro affinché mi sia chiaro che si tratta di un rimprovero, non prova minimamente a nascondere il suo disappunto.
La dottoressa Beard sa il fatto suo, sarebbe inutile negare in ogni caso.
"Tre... quattro giorni." Nonostante io appaia incerto nella mia risposta sa che non le sto mentendo, non lo faccio mai con lei, per tenere fede al patto che abbiamo fatto anni fa e perché avendo il suo supporto per anni ho capito che lei è la mia alleata più importante nella lotta al bipolarismo.
"È comunque troppo poco tempo. Forse l'interruzione della regolare assunzione dei farmaci si è combinata con un forte stress che ha accelerato il processo." Si pizzica le labbra con le dita, lo sguardo perso nel vuoto, sembra parlare più che altro a se stessa.
"Qualcosa ti turba? A casa o a lavoro?"
Io e la dottoressa non ci vediamo da un po'quindi non è al corrente di ciò che mi è capitato ultimamente. Forse dovrei dirle che ora ho una ragazza, che da un paio di mesi praticamente conviviamo e che quindi a casa Gallagher non ci sono stato quasi mai. Per quanto riguarda il lavoro ci sarebbe quella storia della sospensione e del riposo forzato... ma so che non è niente di tutto questo ciò che in realtà mi turba, so bene qual è il problema alla base del mio malessere e, conoscendo la Beard, so anche che non tarderà molto a scovare il punto dolente, quindi faccio spallucce e rimango in silenzio prendendo tutto il tempo che mi rimane per prepararmi al meglio. 
"A volte anche i problemi sentimentali possono influire sul giusto funzionamento delle medicine. Stai frequentando qualcuno?"
Ed eccola puntualmente centrare il bersaglio.
"In realtà si, cioè...no!" Arriccio il naso e sorrido imbarazzato, consapevole di avere un aspetto ridicolo.
"Ho conosciuto questa persona che..." 
La situazione è difficile da capire, perfino per una terapista brava come lei, ma la sua domanda è semplice e diretta e la risposta giusta è solo una.
"Ma no, non ci stiamo frequentando."
"Questo può aver influito in qualche modo con la tua decisione di smettere di prendere le medicine?"
"Credo di sì. Questa persona non è esattamente... il mio tipo, capisce?" 
Lei annuisce un po' confusa ma rimane in silenzio.
"Normalmente non ne sarei stato attratto, ma..."
"Ma è successo." Mi viene incontro lei.
"Cazzo si!" Sobbalzo e chiedo scusa per la mia espressione colorita che di solito mi trattengo dall'usare con la dottoressa. La Beard sorride e mi fa cenno di continuare.
"Ho provato delle sensazioni mai provate prima... fuori dal normale!" Esito un momento ripensando a ciò che ho detto, poi continuo divertito dalla mia buffa scelta di parole.
"Ma dato che sono uno psicotico forse è normale per me sconfinare fuori dal normale!"
La dottoressa non sembra divertita dall'ironia della situazione, sembra invece assorta nei suoi pensieri fino a quando si rivolge a me tutta seria.
"Hai detto 'questa persona' due volte."
"Giochi con le parole in modo da rimanere volutamente vago riguardo a 'questa persona'. Lo faceva anche mio fratello... ed è finito per sposarsi con un fisioterapista gay a New York." Non riesce a trattenere un sorrisetto malizioso che però le sparisce subito dalle labbra appena mi guarda... temo sia a causa dell'espressione sul mio volto, anche se giuro che in questo momento non ho idea di quale sia!
"Ian, questo va oltre il mio ruolo di psichiatra quindi... sentiti libero di non rispondermi se non vuoi..." Rimane fissa a guardarmi per qualche istante, come se pensasse che io sappia già cosa vuole chiedermi e mi stesse dando il tempo di impedirle di farmi quella domanda.
"Ti sei innamorato di un uomo?" Sputa tutto d'un fiato alla fine.
         
Forse avrei dovuto fermarla!
Ora che le dico? E se le raccontassi tutto?
Magari parlarne con qualcuno mi farebbe bene, l'ho detto solo a Lip e lui mi ha consigliato di discuterne con la mia terapista... forse aveva ragione.
Ed eccomi qui!
"Ok..." Mi schiarisco la voce con un colpo di tosse, avvicino la sedia alla scrivania e ci poggio su le braccia, comincio a tamburellare nervosamente le dita sulla superficie di legno fino a quando decido finalmente di sputare fuori il rospo.
"Non è un fisioterapista di New York, ma... si, è un uomo." Allargo le braccia e le rivolgo una smorfia da 'mi hai beccato' prima di lasciarmi cadere all'indietro sulla sedia.
Lei tenendosi il mento tra due dita dondola la testa mentre torna a fissare il vuoto, come se stesse cercando di unire i puntini per ottenere un disegno più chiaro del caos che ho nella testa.
"Quindi, vediamo se ho capito bene... per la prima volta ti è capitato di provare interesse per un ragazzo..."
"In realtà noi abbiamo... sì insomma, siamo andati a letto insieme." Balbetto imbarazzato.
"Ok." Dice senza scomporsi minimamente.
"È successo solo una volta comunque!" Non so perché ma ci tengo a precisarlo.
"Capito." Un lieve sussurro mentre sembra sommersa ancora tra i suoi pensieri.
"Devi aver provato qualcosa di veramente forte per arrivare al punto di prendere la decisione di smettere di assumere i farmaci. Fin da quando abbiamo cominciato la terapia non lo avevi mai fatto, non eri mai stato intenzionato a farlo avendo tratto insegnamento dal pessimo esempio fornito da tua madre. Mi hai detto più volte che non vuoi fare la sua stessa fine. Quindi potresti averlo fatto perché hai paura che questi sentimenti siano legati ad una crisi psicotica e quindi possano scomparire una volta riequilibrati i farmaci. E tu non vuoi che questo succeda. Ian?"
L'ho sempre detto che è piuttosto brava... è la migliore! 
Ha centrato in pieno il problema. Lei mi guarda, chiaramente in attesa di una qualche risposta, forse si aspetta la mia conferma alla sua attenta analisi, ma io non posso dargliela. È un dubbio a cui non so rispondere, che mi confonde e logora dentro, quindi... le rivolgo la sua stessa domanda, nella speranza che dall'alto della sua esperienza sia lei a darmi la risposta.
"È cosi? È possibile?" Chiedo con la voce spezzata.
"Sì, è possibile. Il disturbo bipolare rientra nei disturbi dell’umore e si caratterizza per gravi alterazioni delle emozioni, dei pensieri e dei comportamenti. Si è spesso vittima di pensieri e impulsi di natura sessuale che richiedono sfogo immediato e questa condizione è accompagnata da una perdita completa delle inibizioni, nei casi più gravi, il disturbo si trasforma in una vera e propria dipendenza.
Abbiamo affrontato altre volte i tuoi episodi di ipersessualità, sai come funziona. La fase maniacale è contraddistinta da un aspecifico ampliamento della risonanza affettiva e dalla labilità emotiva, ovvero da una sostanziale instabilità.
Quindi si, è possibile che il tuo forte interesse per questo ragazzo sia dovuto alla malattia."
Ed ecco che alla fine è arrivata.... era quello che volevo... una risposta al dubbio atroce che mi stava divorando... ma non è quello che speravo di sentire.
All'improvviso la vista mi si offusca, mi accorgo di avere gli occhi pieni di lacrime pronti a straripare come un fiume in piena, distolgo lo sguardo affinché la dottoressa non se ne accorga, tiro su con il naso e rimango a fissare il soffitto cercando di ricacciare indietro quel dolore allo stato liquido.
Allora è così, Mickey aveva ragione, sono un ninfomane del cazzo. 
Dovevo aspettarmelo. 
È solo che ancora mi illudo di non avere il cervello completamente fottuto.
"Ma è altrettanto possibile che non sia così." La voce della dottoressa mi risveglia dal mio stato catatonico, la mia testa schizza verso di lei ed incontro i suoi bellissimi occhi a mandorla, umidi quasi quanto ai miei.
"Ian, è una cosa normale... innamorarsi, anche se è qualcosa di nuovo o diverso dal solito non vuol dire necessariamente che sia un episodio psicotico. Potrebbero essere due cose assolutamente indipendenti l'una dall'altra manifestatesi entrambe nello stesso momento solo per un'infelice coincidenza. Potrebbe dipendere da uno scompenso o semplicemente da un pessimo tempismo." Mi lancia uno sguardo d'intesa e, conoscendola, capisco già che piega sta per prendere il discorso.
"E tu sei un ragazzo abbastanza intelligente da capire da solo che c'è un unico modo per scoprire quale delle due opzioni è quella corretta."
Certo che lo so, ricominciando a prendere le medicine tornerò ad uno stato di lucidità, se così si può dire, e se questi sentimenti sono reali rimarranno immutati anche dopo che lo scompenso sarà ricalibrato. 
Ma se così non fosse perderei per sempre quello che ora provo per... lui.
"E se niente potesse mai più darmi lo stesso fremito?"
Intenerita dalla mia voce tremolante posa delicatamente la sua mano sulla mia e mi rivolge uno sguardo dolce e materno.
"Ian, so che non è facile ma-"
"Non lo è mai per me!" La interrompo bruscamente con un tono duro che la fa sobbalzare. Mi rendo conto di aver esagerato, così cerco di tornare su un registro meno ostile.
"scusi, è solo che... per una volta, solo una, vorrei che qualcosa fosse semplice nella mia vita."
"Non dobbiamo pensare a tutto adesso. Affrontiamo un passo alla volta e vediamo come va." Mi guarda in silenzio e vedendomi ancora riluttante rincara la dose.
"Devi prendere i tuoi farmaci, Ian, altrimenti-" Ribadisce la dottoressa, come se la tortura psicologica subita fino ad ora non fosse stata abbastanza. Ma io la interrompo ancora, tanto tutto ciò che segue quel 'altrimenti' lo conosco bene... l'ho sentito mille volte, l'ho già vissuto sulla mia pelle e ci dovrò convivere per sempre.
"Si, lo so."
"Torna tra qualche giorno e vedremo come rispondi alla nuova terapia."
Annuisco rassegnato e la saluto con un cenno della testa prima di avviarmi alla porta.
"Ian..."
Mi volto verso di lei tenendo già la maniglia stretta nella mano.
"Il ragazzo che ti ha accompagnato oggi... è lui?"
Annuisco ancora, questa volta con un mezzo sorriso imbarazzato.
"È molto carino!" Sussurra candidamente, ammiccando appena.
"Sì lo è, ma è anche il fratello della mia ragazza." Dico sarcasticamente, arricciando le labbra in una smorfia che grida chiaramente 'ebbene sì, è una situazione del cazzo!'
"La tua... ragazza?" Drizza la schiena come un piccolo suricato e strabuzza gli occhi per la sorpresa, dopo qualche istante di smarrimento, si scioglie in un profondo sospiro e lascia cadere la testa di lato posandola poi sul pugno chiuso per sorreggerla.
"Non è mai facile, giusto?" Mi rivolge un sorriso triste.
"Ci vediamo dottoressa." Sbuffato una risata ed esco chiudendomi la porta alle spalle. Lascio lo studio della dottoressa Beard per tornare dai miei accompagnatori, ma giunto davanti alla porta mi prendo qualche secondo per respirare profondamente prima di entrare. All'improvviso sento le voci provenienti dall'interno della stanza e, dopo aver dato uno sguardo intorno ed essermi accertato di essere solo, mi metto ad origliare.
"Deve prendere una pillola di ognuno tre volte al giorno dopo i pasti. Ci vorrà qualche giorno perché le medicine facciano effetto." Riconosco la voce dell'infermiera, con la sua inconfondibile gioia di vivere paragonabile a quella di un condannato a morte.
"Dormirà quasi tutto il giorno finché i farmaci non si bilanceranno. Hai altre domande?" 
"Per quanto dovrà assumere questi farmaci?"
Mickey che fa delle domande? Alquanto strano...
"È dimostrato che col tempo l'esigenza di una terapia aggressiva diminuisca."
"Dopo quanto?" Insiste lui.
"È difficile dirlo."
"Più o meno?" Insiste ancora con un tono meno tranquillo.
"Trenta... quarant'anni."
Quarant'anni... quaranta fottuti anni!
Sapevo fin dal principio che non si guarisce dal Bipolarismo, che sarei stato condannato a prendere quei dannati farmaci per il resto dei miei giorni...
Ho imparato a convivere con i momenti in cui sono privo di qualsiasi emozione, nella maniera più assoluta, a causa dei farmaci che a volte non mi permettono di provare nulla; ho imparato a gestire, come meglio posso, l'ansia di avere costantemente la mia vita appesa ad un filo... la mia famiglia, gli amici, il lavoro, tutto. 
Ho fatto delle cose davvero assurde nella mia vita, arrivando a rischiare la pelle mia e di chi mi stava intorno ma sono riuscito a superarlo. 
Eppure... ora ho paura!
Ho paura di perdere Mickey, che vedere tutta questa merda da vicino lo spaventi e lo allontani da me, che si renda conto di chi sono davvero e del gran casino che è la mia vita e che se ne vada via... 
Se ne vanno sempre tutti.
"Di solito viene qui con i suoi fratelli, Fiona e Phillip, se non sbaglio."
Sentire i nomi dei miei fratelli mi distoglie dai miei pensieri e torno ad ascoltare la conversazione oltre la porta.
"Qual'è la vostra relazione con Ian?"
"Sono la sua ragazza." Percepisco chiaramente il tono infastidito di Mandy.
"E lui è mio fratello, il suo migliore amico."
"È fortunato ad avere tante persone che si preoccupano per lui. Voi siete nella sua lista?"
Merda! Perché cazzo ha tirato fuori la storia della lista?
"Quale lista?" Chiedono in coro. Poi cala il silenzio e non potendo guardare all'interno non riesco a capire quello che sta succedendo nella stanza.
"Mh... Ian dovrebbe arrivare tra poco."
L'infermiera deve essersi resa conto di aver parlato troppo, così corre ai ripari cercando di far cadere il discorso.
Spero che funzioni!
Posso capire perché lei abbia pensato di parlare con due persone a conoscenza dell'esistenza della fottuta lista... trattandosi della mia ragazza e del mio migliore amico ha dato per scontato che fosse così, perché dovrebbe essere davvero così! Ma è un'altra delle tante cose che invece ho tenute nascoste ad entrambi.
"Buona fortuna." Dice la donna congedandosi.
Già... buona fortuna! Ne avranno bisogno se continueranno ad avermi intorno!
Mi allontano per non farmi vedere dell'infermiera che esce dalla stanza lasciando la porta aperta. Aspetto qualche minuto e poi li raggiungo, fingendo di essere appena tornato dal mio colloquio.
"Sei Pronto?" Mandy mi abbraccia come se non mi vedesse da giorni.
"Si."

Dal ritorno dalla clinica chiedo di essere accompagnato a casa mia, mi sento stanco e voglio restarmene un po' da solo per conto mio. Tra i Gallagher nessuno è ancora al corrente della mia visita di questa mattina al nido dei pazzi, in realtà non sanno quasi nulla di me degli ultimi due mesi in cui ho praticamente vissuto dai Milkovich. Solo a Lip ho accennato di un leggero scompenso ma non ci ha dato più di tanto peso perché non è mai stata una cosa di cui preoccuparsi... almeno finché non scappo di casa e rubo la sua identità per fare qualcosa di altamente illegale. Di solito vado diligentemente in clinica dove mi bilanciano le medicine e, dopo qualche giorno in cui passo la maggior parte del tempo a dormire, mi riprendo e torno alla mia vita normale. Mio fratello non aveva idea che avessi smesso di prendere i farmaci e non ha avuto modo di accorgersene perché sono mesi che non ci vediamo quasi più. Quindi lui, come anche tutti gli altri, sono sorpresi di apprendere la notizia da Mickey che li aggiorna sugli ultimi avvenimenti mentre Mandy mi accompagna al piano di sopra. Mi accomodo sul mio letto e Mandy siede accanto a me, mi prende la mano e la stringe forte ma io riesco a rivolgerle solo un lieve sorriso. Il silenzio viene interrotto da Lip che irrompe nella stanza con lo sguardo apprensivo, sicuramente spaventato dai racconti di Mickey.
"Hey, fratello." Esordisce entrando.
"Ciao."
"Vieni qui." Mi corre incontro con le braccia spalancate, io mi alzo e apro le mie in attesa del contatto, lui mi abbraccia e stringe forte.
"Mickey mi ha detto delle allucinazioni..." Dice una volta lasciata la presa.
"Si... lui non è abituato alle mie stramberie, sicuramente l'avrà fatta sembrare più spaventosa di quello che era in realtà."
"Che ti ha detto la Beard?"
"Tranquillo Lip, mi hanno ricalibrato la terapia e tra qualche giorno tornerà tutto alla normalità. Non è nulla di grave."
Lui sembra rilassarsi un po', poi lo vedo lanciare uno sguardo veloce a Mandy che è ancora seduta sul mio letto con lo sguardo basso.
"Hey, tutto ok?" Mi chiede quando i suoi occhi tornano su di me. Anche se non lo dice esplicitamente lo conosco abbastanza bene da sapere che questa volta non si riferisce a quello che è successo questa mattina bensì alla mia delicata situazione con Mandy e Mickey... di sicuro si starà chiedendo com'è andata a finire e forse la presenza di entrambi i Milkovich a casa nostra lo confonde un pochino.
"Si, tutto a posto." Gli lancio uno sguardo d'intesa ma è chiaro che a lui non basta. Decide però di fidarsi di me e lascia correre, anche perché la presenza di Mandy non gli permette di parlare liberamente.
"Sono solo stanco, mi basterà stendermi un po'." Mi lascio cadere sul letto come se all'improvviso tutte le forze mi avessero abbandonato. Lip torna a guardare Mandy insistentemente, in attesa che anche lei levi le tende e mi lasci riposare, ma la mia ragazza lo fulmina con lo sguardo per nulla intenzionata ad andarsene.
"Si, certo. Va bene." Lip capisce l'antifona e si appresta a lasciare la stanza.
"Ok. Vado a pranzare." Dice una volta raggiunta la soglia, poi prima di uscire aggiunge...
"Noi ci vediamo dopo, eh?" Nei suoi occhi ancora un velo di preoccupazione.
"Si, a dopo Lip."
Rimasto solo con Mandy nella stanza cala il silenzio, siamo seduti uno accanto all'altra ma non c'è nessun contatto tra di noi, neppure quello visivo. Passano alcuni minuti prima che sia lei a decidersi a parlare.
"Stai bene?"
"Si."
"Sei sicuro?"
"Si, voglio solo dormire."
"Ti serve qualcosa?"
"No, per favore... io sto... bene. Ok? Sto bene. Grazie." Esasperato mi lascio cadere all'indietro fino a poggiare le spalle al muro, chiudo gli occhi e ascolto il silenzio per qualche altro minuto finché non sento di nuovo Mandy parlare.
"Che sta succedendo, Ian?" La voce spezzata e tremula. Apro gli occhi e la trovo ancora seduta nello stesso posto ma voltata all'indietro verso di me a fissarmi. 
"Ho un casino di roba nella mente."
"E non ne puoi parlare con me?"
"No."
         
Vedo la delusione riempire i suoi bellissimi occhi chiari. Non riesco a pensare lucidamente, cerco solo di non affogare in quel blu intenso che mi sta tirando sempre più a fondo. 
"Torni da me?" Sussurra dolcemente mentre ricomincia a fissare il pavimento.
"No Mandy..."
"Vuoi rimanere un po' con la tua famiglia?"
"Mandy, io... io credo che dovremmo prenderci una pausa."
No Mandy, non è questo ciò che penso veramente, ma continuo a mentirti.
"Cosa? Che cazzo dici, Ian? Perché?" Si alza di scatto e si volta verso il letto a guardarmi ma io rimango in silenzio abbandonato contro il muro.
"Che diavolo di problemi hai, eh? È per la tua malattia del cazzo?" Respira pesantemente per qualche istante mentre cerca di realizzare quello che sta succedendo. In verità dà l'impressione di non essere troppo sorpresa, come se avesse vissuto per giorni interi nell'attesa che quelle parole arrivassero e ora che sono state pronunciate non sappia bene quale sia la reazione più appropriata da adottare in questa situazione.
"Non facciamo sesso per giorni, sembri disgustato anche solo all'idea di toccarmi e poi all'improvviso mi salti addosso in piena notte fottutamente arrapato."
Si china in avanti per poter urlare più vicina alla mia faccia, forse perché vedendomi completamente inespressivo, pensa che non la stia ad ascoltare.
"Vai fino a Milwaukee a salvare la mia sorellastra del cazzo di cui non importa niente a nessuno e dici che lo fai per me, perché ti importa di me e della mia famiglia ma spesso ti isoli e sembri assente al punto che parlare con te è come parlare ad un cazzo di muro!" Gesticola animatamente e sembra quasi non fermarsi mai a prendere fiato.
"Lo stai facendo anche adesso, testa di cazzo!" Anche se continua a gridarmi contro non percepisco nessuna rabbia nelle sue parole, solo tanto dolore e tristezza e davanti al mio silenzio persistente i suoi occhi si riempiono di lacrime.
"Ian parla, cazzo!"
Si, parla Ian, dille tutto... dille la verità.
Dille che di fatto non ce l'hai con lei, che è solo il capro espiatorio su cui stai riversando ingiustamente la tua rabbia invece di prendertela con la persona con cui sei realmente arrabbiato. E giacché ci sei dille anche che razza di bugiardo pezzo di merda sei!
"Sai che ti dico? Non ti disturbare a tornare. È finita!"
Mandy ormai esasperata si asciuga le lacrime ed esce dalla stanza sbattendo la porta. 
Mi sono comportato da stronzo per l'ennesima volta con lei e non se lo merita!
Mi dispiace tanto, dico davvero! Ma sono davvero troppo stanco in questo momento... stanco di tutto e voglio solo riposare.
Sento il rumore dei suoi passi mentre scende le scale e poi un'indecifrabile brusio di tutti i presenti al piano di sotto che si chiedono cosa sia successo. Poi di nuovo passi pesanti e regolari salire su per le scale, così mi preparo ad un nuovo assalto da parte di chiunque apparirà da dietro quella maledetta porta.
Pare proprio che io non possa avere un po' di pace!

*Ci tengo a precisare l'ovvio: non sono una psichiatra quindi tutto ciò che dice la dottoressa Beard è esclusivamente fanfic service, adattato alle esigenze della storia.


   
 
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