Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: tatagma_    29/04/2019    0 recensioni
[MPREG] Dopo sei settimane dall’ultima folle festa tenutasi a casa di Namjoon, una serie di nausee mattutine e strani cambi d’umore prendono pieno possesso del corpo di Park Jimin. Non ci vorrà molto prima che, attraverso una pigra ricerca dei sintomi sul web ed il ricordo di quella notte trascorsa fra i sedili posteriori di un Pickup, il giovane studente scoprirà di aspettare un bambino. [Jikook]
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Mpreg
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8. Hello Baby Girl 
 
Jungkook stava cercando in tutti modi di non impazzire mentre camminava energico, avanti e indietro, per i corridoi solitari del suo liceo. Era pomeriggio ormai inoltrato quando il coach della sua squadra lo aveva convocato, attraverso gli altoparlanti, nell'ufficio per qualcosa di apparentemente troppo importante da poter aspettare le luci del giorno seguente.

Con il borsone in spalla ed una maglia grigia indossata velocemente al fine degli allenamenti, decorata inoltre con macchioline di sudore nascente, il quarterback bussò con le nocche delle dita sulla spessa superficie in ciliegio su cui una targhetta consumata e giallastra, con su inciso il nome dell'insegnante, vi era appesa. All'udire dell' 'avanti', sussurrato fra cenni di tosse forse causata dall'inalazione del fumo del classico sigaro consumato, Jungkook aprì la porta facendo il suo ingresso e salutando il coach con un rispettoso inchino. 

"Jeon!" urlò il coach panciuto seduto alla sua scrivania "Vieni avanti figliolo, accomodati" 

L'allenatore Lee, Jungkook notò, non era solo. In sua compagnia difatti, e seduto sulle scomode sedie dinanzi a lui, c'era un uomo di bell'aspetto, occhio e croce dell'età di suo padre, vestito in maniera sportiva, che rivolgeva lui un sorriso smagliante quasi riconoscente, come se di sua parte l'uomo fosse curioso di poter finalmente incontrare il Golden Boy di cui tutto l'istituto parlava. 

"Voglio presentarti Hyun Cheong" annunciò l'uomo con orgoglio dipinto sul viso arrossato. "Procuratore sportivo ed attuale allenatore dei California Bears". 

Il moro sgranò gli occhi all'udire di quel nome per lui a dir poco leggendario, volgendo lo sguardo scioccato ad ambe due le figure stanti ai suoi piedi. I California Bears erano i giocatori collegiali più forti e conosciuti di tutta l'America dell'ovest, e Jungkook neanche lontanamente immaginava che l'occasione di conoscere l'uomo che aveva portato quella squadra alla vincita di ben quattro tornei nazionali, un giorno gli si sarebbe parata davanti. 

Il quarterback chiuse la bocca spalancata, deglutendo a fatica e strizzando più volte gli occhi nella speranza che quello che stava vivendo non fosse solo un sogno dettato dalla sua ingannevole coscienza. "È ... è davvero un onore per me conoscerla signore" mormorò Jungkook con voce tremante, allungando una mano per stringere quella dell'allenatore. 

"Il piacere è tutto mio Jungkook-ssi, devo ammettere che ho sentito molto parlare di te, la reputazione in questa scuola senz'altro ti precede" rispose lui afferrando la sua calorosa stretta, "Ti prego, siediti, il coach Lee ed io stavamo discutendo di alcune progetti che sono certo ti interesseranno". 

Con le ginocchia traballanti e il cuore scalpitante dall'emozione di avere di fianco un uomo cresciuto di solo pane e successi, Jungkook seguì le sue direttive e si sedette impaziente su una sedia di pelle scadente, iniziando a giocherellare nervoso con un anello di poco valore che indossava su una delle dita della mano. Improvvisamente però, prima ancora che il coach potesse proferire parola, nella tasca anteriore dei pantaloni il suo cellulare cominciò a vibrare interdetto. Il moro lo afferrò di tutta noia, guardando comparire sullo schermo il nome di sua madre accompagnato dall'immagine di una tenera fotografia scattata insieme.

"Jeon" disse l'allenatore Lee, richiamandolo all'attenti e invitandolo gentilmente a posare via il cellulare. 

Il quarterback sapeva in cuor suo che se avesse risposto, quella sarebbe stata soltanto l'abituale - e a tratti noiosa - telefonata che la donna era solita rivolgergli ogni giorno al fine delle lezioni per conoscere la sua ora di ritorno a casa. Jungkook distolse così i pensieri dallo schermo ancora illuminato, pigiò sul tasto rosso di aggancio ed ignorò la chiamata facendo scivolare di seguito l'apparecchio tra le morbide tasche dei suoi pantaloni. "Mi scusi" accennò imbarazzato.

I due uomini si guardarono negli occhi con un flebile sorriso e un cenno d'assenso raggruppando una pila di fogli tra le mani con uno schiocco sul legno consumato. "Allora Jungkook" iniziò il procuratore Cheong "Il coach Lee mi diceva che a breve questo liceo perderà la sua stella, che stai per diplomarti ... con il massimo dei voti"

 "Già" assentì il moro piegando il capo. "Così sembrerebbe"

"Hai progetti per il futuro ? Qualche college ha già catturato la tua attenzione ?"

All'udire della domanda appena rivoltagli, Jungkook morse nervosamente la pienezza del suo labbro inferiore pensando in un attimo, come flash di fotografie appena scattate, a quanti sogni irrealizzati c'erano nel suo piccolo cassetto dei desideri, quanta vita spianata davanti a sé e a quanto invece quest'ultima, con la presenza ormai stabile di Jimin al suo fianco, fosse cambiata nel giro di pochi mesi. "Ho fatto domanda alla Hoseo, signore, ma ... non ne sono certo, sono ancora molto confuso". 

"Arti figurative" disse l'uomo con espressione acuta, "Impressionante"

Il coach Lee rise soffocato da colpi di tosse, "Il nostro Jungkook è un campione anche in quelle, Cheong".

"Lo vedo" rispose lui con un sorriso abbozzato "Che mi dici del football, figliolo ? Hai intenzione di continuare ad allenarti ? Sarebbe un vero peccato se tu smettessi proprio adesso"

"Mi piacerebbe molto continuare a giocare" rispose Jungkook rigirandosi tra le dita i sottili lembi della maglietta. "Credo che amerò sempre il brivido di quel campo ma ... ci saranno altre cose di cui dovrò occuparmi una volta entrato al college, altre priorità

"Nulla ti impedisce di portare avanti entrambe le cose" disse il procuratore con fare paterno, "Ascolta Jungkook, non ti mentirò: Sei il quarterback più giovane ed abile che io abbia mai visto giocare su un campo liceale. Hai complicità di squadra, tattica, velocità e tutte le potenzialità necessarie per diventare una punta di diamante"

"Quello che ti stiamo dicendo ragazzo —" parlò stavolta il coach Lee "— E' che puoi essere qualcuno lì fuori se solo tu lo desideri". 

Un velo purpureo ricoprì le sue guance poco evidenti e Jungkook arrossì senza freni dinanzi la stima sincera che i due uomini avevano di lui. Tentò così a poco a poco ad accennare imbarazzato un ringraziamento vagamente farfugliato, rimanendo invece in silenzio non appena avvertì nuovamente la vibrazione interdetta del suo cellulare, il ronzio fastidioso udibili tre le sottili tasche di cotone grigio. Il moro lo afferrò di sottecchi, pensando stavolta potesse trattarsi di Jimin, rifiutando la chiamata ancora una volta quando rivide comparire sullo schermo il numero di sua madre. 

"So che sei stato a Boston per un anno" disse il signor Cheong sporgendosi sulla scrivania con le mani giunte. "In seconda linea, con i Boston Eagles"

"Sì signore, è stata una grande opportunità per me poter giocare con loro" 

"Hai mai pensato di tornarci ? Frequentare magari ... Harvard lì ?"

"Harvard ..." sussurrò il moro con un sorriso "... ci ho pensato certo, ma credo che quello sia un sogno troppo grande per uno come me"

"Sai il mio sogno qual è, Jungkook ?" domandò l'uomo aspettando da lui un silenzio retorico di tutta risposta "Metter su una nuova squadra per la stagione invernale, forte, piena di giovani talenti da portare con me ai tornei internazionali" rivelò "E vorrei che tu ne facessi parte". 

Jungkook sgranò gli occhi dalla sorpresa, "Come scusi ?" 

"Ti sto offrendo una borsa di studio per Berkley, Jungkook. Il tuo coach ed io ne abbiamo discusso a lungo e riteniamo che nessun altro in questa scuola possa meritare quel posto. Sarei davvero onorato di averti con me, in California e soprattutto ... in prima squadra fra i California Bears"

"Io ... io non so cosa dire signore" balbettò il moro in preda allo shock. 

"Accetta e basta, ragazzo" disse il suo coach mollandogli fiero una pacca sulle spalle "Queste sono occasioni che capitano una sola volta nella vita"

Jungkook restò imperterrito dinanzi a loro mentre ripensava, quasi come in una scena al rallenty, a quel cambio radicale di vita che il suo coach gli stava offrendo. Diventare una stella rinomata del football, ascoltare gli spalti di uno stadio pronunciare con foga il suo nome, era il suo sogno sin da che aveva memoria, precisamente da quando nel parco vicino casa - con una palla ovale nuova di zecca ricevuta in dono il giorno di natale - realizzò il primo tiro lungo insieme al suo orgoglioso papà. 

I suoi cavalcanti pensieri furono però interrotti da un ulteriore tintinnio emesso dal suo cellulare, segno che stavolta nessuna chiamata era lì pronta ad interrompere il suo importante colloquio ma che un messaggio invece a stento giaceva nella sua casella di posta. Jungkook lo afferrò di puro istinto, poiché Jimin era solito inviarglieli quando terminava le sue sessioni di tutoring, rimanendo invece confuso ed attanagliato quando sulla notifica lesse, ben poco di meno, che il nome di Taehyung.
 

 "Le acque si sono rotte, la bambina sta per nascere! Sbrigati o finirai per perdere questo momento!", citava il messaggio.
 

"O mio dio ..." sussurrò lui portandosi una mano alla bocca spalancata.

"Già, o mio dio" rise il procuratore, fraintendendo di certo il suo stupore "Ascolta Jungkook non c'è alcuna fretta, capisco che quest'offerta possa confonderti e spaventarti. Discutine prima con i tuoi genitori e poi magari —" 

"No ..." disse Jungkook alzando lo sguardo dallo schermo "Io non posso accettare"

"Come ?!" alzò la voce il coach accanto.

"Non posso accettare" ripetè lui raccogliendo la borsa dal pavimento ed il giubbotto sulla spalliera della sedia "Io ... io devo scappare" farfugliò avvicinandosi alla porta d'entrata.

"Jeon!" urlò il signor Lee con evidente rabbia nel suo tono "Dove diavolo credi di andare ?"

"Mi dispiace coach" rispose Jungkook mortificato con la porta già aperta pronto ad uscire "Devo andare ... Mia ... mia figlia sta per nascere!" 

Dinanzi allo sguardo sbigottito dei due uomini e il breve annuncio che di lì a pochi attimi sarebbe diventato padre, il quarterback uscì dall'ufficio e corse di tutta fretta lungo i corridoi del liceo, rallentando il passo soltanto quando le sue spalle si scontrarono - per cause non viste - con quelle possenti di un volto che Jungkook riconobbe come quello di un amico. 

"Woh Jungkook!" disse Namjoon fermandolo non appena notò il suo volto pallido e sudato "Amico, tutto okay ? Stai bene ?"

"No ... Hyung ... Jimin ... Jimin è in ospedale ... la bambina ..." farfugliò con frasi sconnesse.

"Jiwoo sta per nascere ?!" intuì il ragazzo sbarrando gli occhi.

Jungkook annuì, "Devo andare .... non posso perdere questo momento"

"Andiamo, ti do un passaggio" disse Namjoon correndo a passo svelto lungo il cortile, "Il mio scooter è qui fuori, ci metteremo un attimo"

Jungkook indossò il casco di tutta fretta, saltando così in sella allo scooter di Namjoon e cingendogli i fianchi con le braccia strette, mentre quest'ultimo metteva goffamente in moto il quadro di accensione. Il maggiore guidò lungo le vie di Seul a velocità più elevata del limite concesso, saltando le code ai semafori, imboccando vichi stretti ed infrangendo senza alcun dubbio leggi del codice stradale che Namjoon era certo gli avrebbero recato una gran bella quantità di multe da pagare ma che sapeva invece non avrebbero mai e poi mai di certo compensato la gioia che Jungkook avrebbe provato nel vedere la piccola Jiwoo aprire gli occhi al mondo per la prima volta. 

Non appena i due arrivarono all'ospedale, parcheggiando alla rinfusa sul primo spiraglio di strada libero, e raggiunto il piano su cui la sala parto era locata, Jungkook fu accolto dai visi dolci di sua madre e della signora Park, quelli spaventati di Taehyung e Hoseok, seduti sulle poltroncine del piccolo corridoio in attesa di ricevere buone e sane notizie su Jimin e la bambina. Il parto per gli uomini tendeva ad essere alle volte complicato e doloroso, tenuto con l'impiego di bisturi ed anestesia, un equipe di chirurghi specializzati in una sala operatoria sterile che vietò così a Jungkook di poter assistere a quella tale meraviglia, stringere forte la mano di Jimin ad ogni contrazione provocata e baciargli la fronte per assicurargli che alla fine tutto sarebbe andato per il meglio.

Jungkook lo odiava. Odiava l'incertezza, i nervi a fior di pelle, la costante sensazione di poter perdere il senno da un momento all'altro; ma a suo mal grado nient'altro rimaneva da fare se non stare lì, poggiato ad una stupida parete bianca, ad aspettare impaziente che il tempo a suo carico passasse alla svelta. Sua madre, la signora Jeon, aveva cercato di rilassare la sua angoscia porgendogli un bicchiere di tè caldo preso al bar dell'ospedale e intrappolandolo in chiacchiere abbozzate a cui Jungkook non prestò la benché minima attenzione. "Tuo padre passerà più tardi, la riunione a cui sta tenendo parte sembra essere davvero importante" disse lei, leggendo i messaggi sul suo cellulare. "Vuole che gli invii le foto della bambina" ridacchiò.

Jungkook annuì flebile e disinteressato, staccandosi di colpo dalla parete non appena vide uscire dalla sala parto un medico in divisa operatoria. "Famiglia di Park Jimin ?" domandò lei volgendo un occhio ai presenti. 

Il cuore di Jungkook fece un salto dal petto, dirigendosi verso la dottoressa con le gambe traballanti. "Sono ... sono il suo ragazzo" rispose nervoso con le mani sudate.

"Congratulazioni neo-papà, Jimin e la bambina stanno bene. Tutto è andato come quanto programmato" 

"O mio dio" respirò Jungkook sollevato, gettandosi tra le braccia della signora Park al suo fianco, sgorgando lacrime di gioia sulle sue guance. 

"Quando ... quando possiamo vederli ?" accennò flebile Taehyung.

"Stiamo raccogliendo i dati fisici della piccola, dopodiché la laveremo e la porteremo insieme Jimin nella sua stanza" rispose il dottore gentilmente, invitando i presenti ad accomodarsi nuovamente sulle sedie in pelle. "Vi prego di aspettare qui ancora per qualche attimo"

"Mia figlia ... lei sta bene ?" domandò Jungkook fermando la dottoressa un'ultima volta prima di guardarla sparire tra le porte della sala parto.

"Gode di perfetta salute signor Jeon" rispose lei con gli occhi luccicanti d'orgoglio, "È una bambina bellissima"

Jungkook gettò la testa all'indietro tirando su un sospiro estasiato, crogiolandosi nell'abbraccio della sua mamma e sorridendo felice alla notizia che nessun tipo di complicanza era in agguato dietro l'angolo. Quando entrò nella stanza di Jimin, circa quaranta minuti dopo, nervoso, tremante e con le gambe che gli parvero gelatina al solo tatto, Jungkook temette di poter svenire su quello stesso pavimento. Jimin era sveglio, annebbiato dall'anestesia poco prima subita, le flebo attaccate ad un braccio e gli occhi socchiusi che cercavano riposo ma ridenti non appena questi si posarono sulla figura di Jungkook che lento avanzava verso il suo capezzale. "Ciao" disse il biondo con voce gracile, un flebile sorriso nascente sul suo viso. 

Jungkook, con gli occhi già umidi dal pianto precedentemente scoppiato, si avvicinò al suo letto, sedendosi per sporgersi su di lui e posare un lungo bacio sulla bocca rosea e soffice di Jimin. "Hey" sussurrò sulle sua labbra, beccandole nuovamente con dolcezza "Come ti senti ?"

"Stanco" rispose Jimin, toccandosi la pancia con la mano libera dalle flebo "E con qualche chilo in meno" 

Jungkook ridacchiò prima di riempire il suo lucente viso di baci, passando dalle labbra alle guance, alla fronte ancora un po' sudata. "Ti amo, sono così fiero di te".

"Ti amo anch'io. Lei dorme adesso —" mormorò il biondo volgendo lo suo sguardo alla culla posta accanto, "— ma dovresti salutarla". 

Jungkook guardò Jimin dritto negli occhi prima di sollevarsi dalle soffici lenzuola e girare intorno al letto per avvicinarsi lentamente alla culla ed osservare la piccola figura di sua figlia, avvolta in una tenera coperta rosa, dormire pacatamente nel suo involucro caldo. Jiwoo stava riposando poggiata sulla sua schiena, le piccole mani erano raggomitolate in pugni e poste in alto poggiate ai lati della testa. Sembrava così fragile e delicata che il suo spaventato papà quasi aveva timore di toccarla. "Dici che dovrei prenderla in braccio ?" chiese incerto, la voce ridotta ad un minimo sospiro per paura di svegliarla. Il moro si voltò così verso Jimin, il quale annuì con un gentile sorriso. 

Settimane prima, Jungkook non negò, aveva ricercato su internet come tenere propriamente un bambino appena nato tra le braccia, allenandosi con i sacchetti pesanti della spesa, portandoli in grembo, ed ignorando di conseguenza le risate provocatorie che Jimin gli volgeva ogni volta pensando a quanto fosse buffo e carino. 

Adesso che era arrivato il momento, il quarterback si sentiva stupido, perso ed inesperto. 

Jungkook si leccò nervosamente le labbra prima di chinarsi dolcemente sulla piccola; una delle sue mani passò flebilmente sotto il collo e la testa mentre l'altra al di sotto della schiena. Jiwoo era così piccola che le sue mani quasi coprivano per intero il suo minuto corpo. Il moro la strinse forte al suo petto, facendola saltellare quando accennò un piccolo strillo di protesta, sorridendo poi sollevato quando la bambina si accoccolò su di lui continuando il suo sonno. "Ciao Jiwoo" mormorò prima di sogghignare, Jimin al suo fianco osservava la scena sorridendo affettuosamente. La piccola bimba era davvero bellissima: i suoi occhi erano chiusi in due minuscole fessure, ma Jungkook avrebbe scommesso sarebbero stati da cerbiatta, grandi e dolci come i suoi, le sue guance rosee e paffute e la sua testa leggermente coperta da morbide ciocche di capelli color cioccolato.

"Il suo naso è piccolo, grazie a Dio" sbottò lui facendo ridere Jimin, "Ha il tuo naso ... e le tue labbra. Cazzo, è bellissima"

"Non dire parolacce davanti a nostra figlia" pronunciò Jimin con fare quasi serio. 

Jungkook riaggiustò la piccola sul suo petto, felice che le sue braccia fossero larghe e forti abbastanza da tenerla senza la minima difficoltà, come se fossero destinate ad essere - da oggi e per sempre - il suo unico posto sicuro. Il quarterback si distese sul letto accanto a Jimin, poggiando la piccola fra loro due, nel loro nido, così che il biondo potesse allungare un dito per carezzare dolcemente le sue guance soffici. 

"Pensi che saremo dei buoni genitori ?" chiese Jimin con gli occhi fissi sui lineamenti della bimba. 

"Non lo so..." rispose Jungkook baciandogli la fronte. "Ma sono certo che faremo di tutto pur di renderla felice". Il quarterback carezzò dolcemente i capelli dorati di Jimin, guardando la piccola muovere i piedi ed emettere strani versi, chiedendosi se fosse possibile nella vita innamorarsi due volte. "Ho ... rifiutato una borsa di studio per il college prima di venire qui" rivelò dopo poco, quasi come in un sussurro.

Jimin aggrottò le sopracciglia confuso, "Perché lo hai fatto, Jungkook ?"

"Perché tornare in America significherebbe star lontano da te, da lei e non essere presente quando sorriderà per la prima volta o quando farà i suoi primi passi. Stavolta non voglio perdermi nulla Jimin"

"Ma così ... il tuo sogno di giocare ..." 

"Il mio sogno può aspettare" interruppe lui prima che la mente del biondo potesse farsi cogliere dai sensi di colpa, "Ho fatto domanda alla Hoseo, per arti grafiche qui a Seoul, giocherò nella loro squadra, compreremo un appartamento tutto nostro e —"

Labbra morbide come petali di rose si poggiarono irruenti sulle sue, mozzando i suoi progetti futuri e il suo tentativo di responsabili buone intenzioni. Jimin carezzò la guancia di Jungkook con il pollice della piccola mano, lasciando andare il suo labbro inferiore dopo prima averlo mordicchiato. "Sei . . . meraviglioso" sussurrò poggiando la fronte sulla sua.

"Tu e Jiwoo sarete sempre le mie priorità, la mia famiglia"

Jimin guardò la piccola dormire rannicchiata tra il calore generato dai loro corpi e prima che potesse replicare alla dolcezza delle sue parole, la porta della stanza si aprì dopo tre tocchi di permesso rivelando al di là della soglia le figure di Hoseok, Taehyung e Yoongi che stringevano tra le mani grossi peluche e palloncini per la piccola creatura appena venuta al mondo. "Sono arrivati gli zii !" esordì Hoseok ad alta voce, ricevendo un colpo sulla nuca dallo stesso Taehyung dopo avergli fatto notare il silenzio e l'intimità del momento creato dai novelli genitori.  

Jungkook e Jimin sorrisero, il dito indice di entrambi stretti tra i pugni della loro amata Jiwoo, invitando gli amici ad avvicinarsi al loro capezzale per conoscere la piccola - e già tanto viziata - nipote acquisita. Jimin poggiò la testa sulla spalla di Jungkook, ricevendo un tenue bacio su di essa, chiudendo gli occhi ed inspirando a pieno l'essenza del suo profumo.

Quel profumo che prima sapeva di amore.

Quel profumo che adesso, invece, sapeva di casa. 

 


N.a: Grazie a tutti 💜 xx - moonism 

   
 
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