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Autore: Teo5Astor    01/05/2019    19 recensioni
Un mistero accomuna alcuni giovani della Prefettura di Kanagawa, anche se non tutti ne sono consapevoli e non tutti si conoscono tra loro. Non ancora, almeno.
Radish Son, diciassettenne di Fujisawa all'inizio del secondo anno del liceo, è uno di quelli che ne è consapevole. Ne porta i segni sulla pelle, sul petto per la precisione, e nell'anima. Considerato come un reietto a scuola a causa di strane voci sul suo conto, ha due amici, Vegeta Princely e Bulma Brief, e un fratello minore di cui si prende cura ormai da due anni, Goku.
La vita di Radish non è facile, divisa tra scuola e lavoro serale, ma lui l'affronta sempre col sorriso.
Tutto cambia in un giorno di maggio, quando, in biblioteca, compare all'improvviso davanti ai suoi occhi una bellissima ragazza bionda che indossa un provocante costume da coniglietta e che si aggira nel locale nell'indifferenza generale.
Lui la riconosce, è Lazuli Eighteen: un’attrice e modella famosa fin da bambina che si è presa una pausa dalle scene due anni prima e che frequenta il terzo anno nel suo stesso liceo.
Perché quel costume? E, soprattutto, perché nessuno, a parte lui, sembra vederla?
Riadattamento di Bunny Girl Senpai.
Genere: Mistero, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: 18, Bulma, Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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14 – Il ritorno della coniglietta
 
 
 
8 luglio
 
Ho passato l’intero giorno nell’attesa spasmodica che arrivasse sera. Nella speranza di rivedere Lazuli, che mi ha detto che sarebbe passata di qui se avesse fatto in tempo e se non ci fossero stati intoppi nel suo viaggio di ritorno.
È stata una lunghissima giornata a scuola, tutta colpa dello spettacolo che ho dato ieri in stazione. Non ho parlato con Lunch, visto che ogni volta che la incrociavo lei arrossiva e le sue solite tre amiche la trascinavano via sorridendomi e ridacchiando, gentili come mai erano apparse nei miei confronti. In realtà preferivo quando mi guardavano male, in fondo è quello a cui sono abituato.
Sbuffo. Spero davvero che tutti si berranno la storia che io e Lunch ci lasceremo alla fine di settimana prossima e che potrò così riprendere in mano la mia vita con Lazuli alla luce del sole. E anche della luna, penso, osservandola nella sua pallida lucentezza dalla finestra della mia stanza.
Spero di non aver esagerato ieri, di non essermi fatto prendere troppo la mano. Girano già diversi video in rete di studenti che hanno ripreso la scena e ammetto che questa cosa mi sta parecchio sul cazzo.
Bulma, ovviamente, mi ha fatto una ramanzina che non finiva più per il mio comportamento, mentre Vegeta mi ha fatto anche lui una ramanzina, a modo suo, perché secondo il suo parere non ho dato abbastanza botte a Wolf. Ho incrociato persino lui, oggi, in stazione, con la faccia gonfia e la testa bassa. Ha cambiato strada non appena mi ha visto, meglio così.
Ho finito presto al lavoro stasera e ora dovrei studiare per gli esami di fine semestre di sabato. Ho ancora solo due giorni di tempo per prepararmi, oltre a stasera, e non sono messo per niente bene se devo essere sincero. Eppure non riesco a concentrarmi, non riesco a pensare a nient’altro che non sia lei.
 
Sento suonare il citofono e, dopo non più di mezzo secondo, mi ritrovo già davanti allo schermo. Il mio cuore batte fortissimo nel petto, mentre vedo Lazuli sistemarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Apro e la aspetto sul pianerottolo, impaziente.
I suoi passi sulle scale fanno accelerare i miei battiti. Vicini, sempre più vicini. Mi sento un po’ un coglione, ma è bello avere qualcuno di speciale che non vedi l’ora di riabbracciare. Anche se è poco più di una settimana che non ci vediamo mi sembra passata un’eternità. Chissà se anche per lei è lo stesso.
La vedo comparire, e non si direbbe che si sia sobbarcata un viaggio così lungo. Dovrebbe apparire stanca, ma lei riesce sempre ad essere bellissima. Anche così, casual, in jeans, sneakers e maglietta. È il più bell’abito da sera con cui potesse presentarsi qui, oggi.
Le sorrido, mentre cammino verso di lei sempre più veloce. Lei non sorride, ma comincia a correre. Apro le braccia, ma tutto quello che ricevo è una sberla sulla faccia che mi fa molto più male del pugno che ho ricevuto ieri da Wolf. Una scena che mi riporta a quaranta giorni fa sul campo da calcio della scuola.
«Questo è per esserti fatto prendere troppo la mano ieri facendo a botte» sibila, gelandomi con uno sguardo glaciale. «Questo invece è perché non sai nemmeno tu quanto mi sei mancato, scemo di un Rad» aggiunge, mettendomi le braccia intorno al collo e baciandomi.
Sento quasi le gambe cedermi, proprio come quel giorno a scuola. Il giorno in cui sono riuscito a farla tornare indietro. Il giorno in cui mi sono rifiutato di vivere in un modo senza di lei.
Il suo sapore mi pervade, il suo profumo fresco mia avvolge. La stringo forte per i fianchi e la spingo con la schiena contro il muro accanto alla porta di casa mia.
«Nemmeno tu forse riesci a renderti conto di quanto mi sei mancata» sussurro roco, riprendendo a baciarla avidamente e premendo il mio bacino contro il suo. Lei si lascia scappare un gemito, mentre sento l’eccitazione crescere inesorabilmente dentro di me. E verso di lei, soprattutto.
«No, Rad… non qui…» ansima, spingendomi via dolcemente e accennando un sorriso.
Appoggio la fronte contro la sua. «Volevo solo dirti “bentornata”, Là» sorrido.
«E io l’ho apprezzato» sorride a sua volta, dandomi un bacio a fior di labbra e prendendomi per mano. «Sono venuta in tuo aiuto perché ci tengo che superi gli esami sabato» aggiunge, trascinandomi verso l’ingresso. «E perché sono sicura che sei in alto mare con lo studio» continua, gelida, fissandomi all’improvviso con aria sospettosa. «O sbaglio?!»
«Non sbagli…» sbuffo, abbassando la testa e seguendola mestamente. «Anche se, a dir la verità, sono in altissimo mare».
 
«Non ti distrarre, asino» sibila freddamente Lazuli, non appena distolgo lo sguardo dal quaderno che ho davanti. Non ne posso più di studiare, mi scoppia la testa.
Siamo seduti per terra, uno davanti all’altra, al tavolino basso che dal salotto ho portato nella mia stanza, proprio come avevamo fatto la sera in cui avevamo studiato insieme finché poi lei mi aveva dato dei sonniferi per farmi addormentare. È bello essere ancora qui adesso, e sapere che comunque andranno le cose non correrò mai più il rischio di dimenticarmi di lei.
Sorrido, mentre lei mi guarda con espressione severa e le braccia incrociate sotto il seno. In mano stringe una matita e davanti a sé ha un libro aperto. È meravigliosa.
«Mi accontento di passare anche col minimo sindacale» le rispondo.
«Non ti devi accontentare» ribatte, impassibile e autoritaria. «Hai mai pensato cosa vorresti fare in futuro?» mi chiede.
«Di sicuro non farò mai il poliziotto» rispondo, mentre un lieve ghigno si dipinge sul mio volto. «Altrimenti ti arresterei e ti farei dare l’ergastolo da scontare qui, in camera mia».
«S-sto parlando seriamente, maiale» sbotta lei, arrossendo leggermente e distogliendo lo sguardo dal mio. «Allora?!» aggiunge, irritata e imbarazzata, riprendendo a guardarmi con aria truce.
«Voglio restare con te finché morte non ci separi!» esclamo solennemente e senza esitazione, raddrizzando la schiena e mettendomi sull’attenti.
Lei mi fissa in silenzio e comincia a premere furiosamente sulla capocchia della matita, facendone uscire tutta la mina. Il suo sguardo di ghiaccio è infuocato.
«Ok, ho capito, faccio il serio…» sbuffo. «Penso… penso che andrò all’università. Anche se non so quale, e non so a far cosa» aggiungo. «E comunque quello che ho detto prima lo pensavo veramente…» borbotto, distogliendo lo sguardo dal suo.
«Beh… guarda… guarda che lo sapevo già quello!» sbotta, arrossendo leggermente. «Anch’io voglio iscrivermi all’università, comunque».
«Non ti concentrerai solo sul lavoro?»
«Posso fare benissimo entrambe le cose, non ho mai avuto difficoltà a studiare» risponde, altezzosa. «Ho deciso di andare all’università pubblica di Yokohama».
«Con i tuoi voti non avrai nessuna difficoltà ad essere ammessa».
«Non ti piacerebbe frequentare la mia stessa università, Rad?»
«Sarebbe bellissimo…» sospiro.
«Allora devi studiare tanto per questo!» sbotta di nuovo. «E reputati fortunato che non ti do un’altra sberla per essere nato con quindici giorni di ritardo e non poter iniziare direttamente con me l’università l’anno prossimo!»
«Ma io cosa c’entro se sono nato il 15 aprile?!» protesto, facendola sorridere.
«Mettiti sotto a studiare allora, se non vuoi incorrere nella mia ira!» scherza lei.
«Il problema è che a volte non mi sembra di avere la testa per riuscire a studiare come vorrei… ci sono giorni in cui mi sembra di non capire niente» sospiro, serio.
«E se ti spiegassi le cose con indosso il mio completino da coniglietta? Studieresti impegnandoti di più così?» propone Lazuli, arrossendo leggermente e lasciandomi di sasso. Il suo completino è sempre rimasto qui a casa mia da quando me l’ha lasciato.
«Sarei motivato alla grande sotto ogni punto di vista!» esclamo all’istante, scattando di nuovo sull’attenti.
«Fai questo esercizio allora…» sospira lei, mostrandomi una cosa sul libro e alzandosi, uscendo dalla stanza.
Poco dopo rientra e si siede di nuovo davanti a me, impassibile, incrociando di nuovo le braccia e mettendo ancora di più il risalto il suo seno, che emerge prepotentemente dallo scollatissimo body lucido nero del suo completino da coniglietta. Mi guarda negli occhi e io la fisso a mia volta, sognante e muto. Sì, perché ho perso le parole. Perché è troppo bella vestita così, è meravigliosa come quel giorno in biblioteca. Quel giorno che mi ha cambiato la vita.
«Beh?! C’è qualcosa che non va?!» domanda, lapidaria e scocciata. Il suo sguardo è duro, ma le sue gote leggermente arrossate la tradiscono ancora una volta, mentre una delle lunghe orecchie nere da coniglio del suo cerchietto si piega un po’ in avanti.
«Non credevo l’avresti indossato davvero… sei incantevole come quel giorno» le sorrido.
«Guarda il libro, non me!» mi gela, indicando severamente con il dito l’esercizio che dovrei svolgere.
«Ti senti bene, Là?» le chiedo.
In effetti non credevo davvero si sarebbe vestita così per me per motivarmi a studiare. L’altra volta aveva rifiutato la mia proposta, stavolta è partito addirittura tutto da lei.
«Perché?!»
«Perché sei stranamente accomodante con me, stasera. A parte per il ceffone che mi hai dato prima, vabbè» rido, mettendomi una mano dietro la nuca. «Ti è per caso successo qualcosa o ti sono solo mancato tantissimo in questi giorni?»
«Non direi…» sospira, incrociando di nuovo le braccia sotto il seno e distogliendo lo sguardo dal mio. Arrossisce un po’ di più, la sua voce si fa quasi tremante. «È solo che… è solo che penso sia giusto assecondarti, di tanto in tanto. Anche se sei un pervertito» aggiunge in un sussurro. «Ah, e scusa per la sberla di prima».
«Ma va, lo sai che sono un masochista e tu sei la mia regina, no?!» rido. «E mi fa piacere se mi assecondi, ma non mi sembra che tu abbia risposto alla mia domanda».
«È… è solo che non pensavo che avresti attaccato briga con qualcuno per lei!» sbotta, sgranando gli occhi e fissandoli nei miei. «Ho visto i video, scemo!»
«Ma ti avevo raccontato tutto ieri al telefono!» mi giustifico.
«Lo so, ma mi ha fatto male lo stesso vedere quelle cose…» sospira, stringendo i pugni. «Perché lei… perché lei… ecco… sembrava la tua vera ragazza…» aggiunge, abbassando lo sguardo.
Sorrido, mentre mi sento improvvisamente molto più leggero. È bello sapere che la persona che ami sia gelosa di te. Che pensa a te, che si preoccupa per te.
Gattono dal suo lato del tavolino e le sollevo il mento delicatamente tra indice e pollice. I suoi occhi di ghiaccio sono lucidi. Orgoglio, rabbia, dolore. È questo che ci leggo dentro. Ma soprattutto ci leggo dentro anche l’amore. Quell’amore che so che prova per me, anche se non me lo dice. Perché lei sa benissimo che non ha bisogno di dirmelo perché io ne sia consapevole.
«Volevi solo le mie attenzioni, allora» le soffio sulle labbra con voce roca.
«Guarda che ti do un pugno se lo dici di nuovo…» sussurra lei, poco convinta, mordicchiandosi il labbro inferiore.
«Ma lo sai già che io vedo solo te… e che voglio solo te» le dico sottovoce. «Ieri ho fatto a botte soprattutto perché pensavo a te, al nostro futuro» aggiungo, cingendola con un braccio intorno alla vita e stringendola a me.
«Rad…» geme lei, con il suo seno che fatica a restare compresso in quello striminzito body che preme contro le cicatrici del mio petto.
«Sai, Là, io ho sempre sognato di volare nel cielo. Forse per quello mi piace guardarlo, come mi piace osservare il mare» le spiego, ormai a pochi millimetri dalla sua bocca. Lei mi lascia fare, si affida a me. Sento la sua mano accarezzarmi la nuca e scendere sul collo, mentre un orecchio da coniglia si appoggia sui mie folti capelli neri. «Però mi sono sempre sentito come un uccello incapace di volare. Un uccello di cui avevo letto la storia su un libro, da bambino. Un uccello con una sola ala» proseguo. Lei sgrana gli occhi, come se sapesse di cosa sto parlando.
«Rad, anch’io…».
«Shhh…» la interrompo, appoggiandole un dito sulle sue morbide labbra. «Io insieme a te posso volare in quel cielo che ho sempre sognato di raggiungere. Insieme possiamo farlo» le spiego dolcemente. «Solo con te voglio volare, questo devi sempre tenerlo a mente» aggiungo, prima di sigillare il mio discorso con un bacio avido e prepotente. Un bacio che lei ricambia con tutta sé stessa, stringendomi forte a sé.
La prendo in braccio come se fosse una principessa, in silenzio, e la appoggio sul letto, sdraiandomi poi sopra di lei e riprendendo a baciarla.
Lei non mi ferma, non dice niente. Continua a baciarmi. Mi fa capire di non fermarmi.
La mia eccitazione preme contro il suo bacino, ed è proprio lei a infilare la mano nei miei pantaloncini facendomi gemere dal piacere. Le bacio il collo, mentre scosto la parte inferiore del suo body con le dita e incontro per la prima volta la sua femminilità. Così calda, così bagnata, così invitante. La sento ansimare, mentre mi graffia la schiena con la sua mano infilata sotto alla mia maglietta. Sento il suo profumo di donna, il suo profumo d’amore. Lo respiro a pieni polmoni.
È tutto così nuovo per me, e anche per lei. Ed è tutto così bello. Così bello che vorrei non finisse mai questo momento…
«Fratellone!»
Bum bum bum
Sento bussare freneticamente alla porta di camera mia, chiusa a chiave da Lazuli, evidentemente, quando è tornata di qua vestita da coniglietta. Che avesse previsto tutto questo?! È diabolica, allora. E mi piace ancora di più.
«Fratellone!» grida ancora Goku, cominciando a farmi imprecare mentalmente.
Sono a un passo dal paradiso, Goku! Cazzo!
«Rad…» sospira Lazuli, accarezzandomi la nuca e sorridendomi rassegnata.
«Emergenza, fratellone!»
Bum bum bum
«Cosa c’è?! Stiamo studiando per gli esami!» sbotto, coi nervi a fior di pelle.
«Balzar ha vomitato per terra davanti alla televisione!»
Merda! Merda, merda, merda! Gatto di merda!
«Lascia lì e vai a letto, pulisco dopo io!» dico, cercando di baciare di nuovo Lazuli, che, in tutta risposta mi dà uno scappellotto sulla nuca.
«Vai a prenderti cura del tuo gatto» dice severamente, indicandomi perentoria l’uscita della stanza. «Dovresti sapere che amo gli animali, e poi in ogni caso la poesia del momento è andata a farsi benedire».
«Già… cazzo…» sbuffo, rialzandomi e cercando di darmi un contegno, visto che sono chiaramente in condizioni pietose. Anche Lazuli si mette a sedere sul letto e cerca di ricomporsi, mentre apro la porta della stanza e mi trovo Goku davanti che saltella.
«Emergenza, fratellone! Emergenza!» esclama freneticamente, indicandomi Balzar, seduto sul pavimento accanto alla piccola chiazza di cibo che ha appena rimesso.
«Quante volte ti ho spiegato di non farlo mangiare come un porco mentre guardate la tele insieme?!» sbotto, guardando male mio fratello minore, che indossa la maglietta dei dinosauri che gli ha regalato Lazuli.
«Scusa fratellone…» farfuglia, abbassando la testa mortificato. «Urca! Ti stai preparando per il prossimo Carnevale, Lazuli-san?! O per un recita a scuola?!» aggiunge, vedendo la mia coniglietta preferita seduta ancora sul letto. Lei lo fissa allibita, prima di sciogliersi in un sorriso. Ha i capelli ancora scompigliati e il cerchietto con le orecchie tutto storto su un lato. I nostri sguardi si incrociano e non riusciamo a non scoppiare a ridere di gusto.
«Uffa, Goku-kun non capisce!» protesta mio fratello.
«È come hai detto tu, Goku!» gli dico, scompigliandogli i capelli. «Dai, dammi una mano a pulire che poi devo tornare a studiare!»
 
«Bene, vogliamo ricominciare?» chiedo roco a Lazuli, una volta tornato in camera. Si è rimessa di nuovo al tavolino e sta studiando per conto suo. Dopotutto anche lei ha gli esami sabato, e avrà avuto ben poco tempo per prepararsi durante le riprese del telefilm. «Ho mandato a letto Goku».
«Ti sei lavato bene le mani?» mi chiede, senza alzare gli occhi dal suo quaderno.
«Certo, sono tutto tuo».
«Allora riprendiamo a studiare, ci tengo che tu faccia l’università con me, per le altre cose ci sarà tempo e modo» decreta, ponendo fine ai miei sogni di gloria per oggi.
«Ah già, ti sei pulito per bene la scarpa con cui hai detto di aver pestato la cacca ieri?»
«Era una cazzata per far prendere un colpo a quello sfigato!» rido.
«Ci avrei scommesso» dice lei, sollevando lo sguardo dal quaderno e incatenando i suoi occhi di ghiaccio nei miei, con un sorriso sadico dipinto sul viso.
«Dobbiamo studiare per forza?» piagnucolo. «Mi farai impazzire, lo sai? Soprattutto vestita così».
«È quello che voglio, infatti» sibila, sorridendomi furba di nuovo. «Farti impazzire, intendo» aggiunge, sadica. «Studia, adesso. Io non verrò a scuola fino a sabato per fare una full immersion di studio per gli esami, dovendomi preparare per le riprese ed essendo stata quasi sempre sul set ho avuto pochissimo tempo».
«Sarà ancora peggio a scuola senza di te, che palle…».
«Tanto devi ancora fingere di fare il fidanzatino della primina, no? Divertiti con lei» risponde, gelida.
«Sei cattiva, Là».
«Lo so».
«Ti odio».
«No che non mi odi».
«Infatti ti amo».
«Ci mancherebbe» accenna un sorriso, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e guardandomi con i suoi occhi di ghiaccio che brillano. «Adesso studia, scimmione».
Ce la metto tutta, riesco anche a fare alcuni esercizi e a capirci qualcosa. Mi ritengo abbastanza soddisfatto, dai.
«È da un po’ che volevo dirti una cosa» mi interrompe Lazuli a un certo punto, appoggiando la matita sul tavolo e guardandomi. «Penso che dovresti riprendere a giocare a calcio. E penso anche che ti prenderanno subito nella squadra dell’università di Yokohama».
«Perché dici questo?»
«Perché so che sei forte. E perché so che a Yokohama ci sono ben due squadre della J-League, oltre al fatto che Tokyo è qui attaccata. Ci saranno sempre osservatori alle partite, e tu lo sai meglio di me» dice, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «E poi a Yokohama si è giocata la finale dei Mondiali del 2002, è destino che la tua carriera parta da lì».
«E tu come fai a sapere che sono bravo a giocare? Te l’ha detto Napa?» le chiedo, sapendo che il capitano e portiere del club di calcio è in classe con lei. «E poi non sapevo che fossi preparata anche sul calcio. Non smetti mai di stupirmi».
«Guarda che mi è sempre piaciuto il calcio» sbotta lei. «E so anche che a Yokohama gioca ancora Miura. Anche se ha più di cinquant’anni ormai, se la cava meglio di gran parte dei suoi compagni di squadra».
«Wow, sei una fan dell’eterno King Kazu?!» le chiedo stupito. «Il primo giapponese a giocare in Italia, lo adoro!»
«Certo che sono una sua fan anch’io» dice, con apparente distacco. «E comunque non ho parlato con nessuno del club di calcio, per quanto riguarda te. Parlo il minimo indispensabile con la gente, dovresti saperlo».
«E allora come puoi dire che sono bravo? Credi in me solo perché sono io?»
«Questo è ovvio, scemo» mi fredda. «Ma ti dico così anche perché ti ho visto giocare, una volta. E perché ne capisco di calcio» aggiunge, serissima. «Tu sei forte, Rad. E hai i mezzi per sfondare nel calcio, così come io sono sicura che sfonderò nello spettacolo dopo che tu mi hai spinto a rientraci».
«Mi hai visto giocare?!» esclamo, sbigottito. «Non gioco una partita dall’estate scorsa, ormai! Ho giusto tenuto duro in qualche modo nel primo semestre del mio primo anno al liceo, ma riuscivo ad allenarmi poco e ho giocato pochissime partite» aggiungo, non riuscendo a nascondere una nota malinconica. «E poi, scusa, neanche mi conoscevi!»
«È vero, non ti conoscevo. Ma, quando ti sei presentato quel giorno in biblioteca, io sapevo benissimo che eri un kohai della mia scuola, anche se non sapevo il tuo nome» mi spiega, serissima. «Ti ho visto giocare una sola volta, ma mi eri rimasto impresso».
«Mi stai prendendo in giro, Là?»
«Ti sembro una che ha voglia di scherzare?!» mi fulmina con lo sguardo, facendo ondeggiare entrambe le orecchie da coniglio del suo cerchietto.
«Sei adorabile, lo sai?»
«Questo lo so già, cretino» sbuffa, incrociando le braccia sotto il seno e distogliendo lo sguardo dal mio. «Io… ecco, io… ero rimasta a vedere una partita che era appena iniziata perché mi piaceva quel capellone con la maglia numero 5» sibila, arrossendo visibilmente. Mi si riempie il cuore a sentire tutto questo. Uno come me piaceva a una come Lazuli Eighteen già allora?! «Ero venuta a consegnare dei moduli a scuola quel giorno di fine luglio, durante la pausa estiva. E ho visto che c’era una partita di calcio appena iniziata, proprio sullo stesso campo dove tu ti sei dichiarato quaranta giorni fa» mi spiega, alzando lo sguardo verso il cielo fuori dalla finestra. «Stavo per andarmene, poi ho visto te».
«Ero bello a tal punto da folgorare una celebrità come Lazuli Eighteen?» la provoco, guadagnandomi un’occhiataccia glaciale come risposta. Però l’ho fatta arrossire un po’ di più. Le sorrido. Non potrei essere più felice nel sentirle dire queste cose.
«Non capita tutti i giorni di vedere un primino che gioca titolare in difesa e non fa toccare palla al centravanti avversario. Soprattutto uno come quello là, che era più grosso di te e probabilmente del terzo anno» dice Lazuli, con apparente distacco. «E non capita tutti i giorni di vedere un difensore far goal» aggiunge, accennando un sorriso. «Me lo ricordo benissimo, avevi segnato di testa proprio nella porta dietro cui stavo guardando io la partita. Avevate vinto 3-0 contro una squadra di Kawasaki».
«Già, è stata la mia ultima partita quella».
«Lo so, ero venuta apposta al campo per vedere la partita successiva qualche giorno dopo. Ma, dato che non eri in campo e nemmeno in panchina me ne sono tornata a casa. Poi ho saputo che la tua squadra perse malamente quel giorno senza di te e venne eliminata».
«È vero…» sospiro. «Ma, scusa, hai detto che eri dietro alla porta?! Allora eri tu quella ragazza!» esclamo, ricordando benissimo di aver incrociato i suoi occhi proprio mentre prendevo posizione nell’area di rigore, in attesa della battuta del calcio d’angolo sui cui sviluppi avrei poi segnato. Era stato un istante ed ero concentrato sulla partita, quindi non l’avevo riconosciuta.
«Sì, ero lì da sola» annuisce. «E mi ero messa lì a guardare la partita proprio per restare da sola. Indossavo un cappellino con la visiera per non farmi riconoscere da nessuno».
«Forse non ci crederai, ma prima di segnare sono certo di aver incrociato il tuo sguardo per un istante, quel giorno» le spiego. «Tu mi piacevi già allora… mi piacevi da sempre, in realtà… ma non ti avevo riconosciuta».
«Certo che me li ricordo i tuoi occhi di quel giorno, Rad» conferma lei, sorridendo. «E infatti, da quel giorno, non ti ho mai perso di vista a scuola. In realtà mi faceva piacere quando mi accorgevo che mi guardavi anche tu. Perché so che mi guardavi spesso anche se tu pensavi di non essere visto. Non sono mica scema».
«Davvero?! Cioè, davvero a volte mi guardavi anche tu?!» esclamo, facendola arrossire di nuovo. «Non potevamo conoscerci prima, allora?!»
«Io sono diffidente di natura, non avrei mai fatto il primo passo» mi spiega. «Però speravo che un giorno ti saresti fatto avanti, almeno per poter decidere se valeva la pena darti una possibilità o meno di conoscermi».
«E perché allora in biblioteca eri stata così sfuggente quando ci siamo parlati per la prima volta due mesi fa?»
«Perché non volevo coinvolgerti nei miei problemi» dice, e i suoi occhi diventano lucidi. «Perché sono sempre stata convinta di essere una ragazza problematica».
«Invece sei la ragazza più speciale del mondo, questo non te lo devi mai dimenticare» le sorrido, accarezzandole delicatamente una guancia e facendola sorridere a sua volta. Mi strange la mano con entrambe le sue e muove lentamente la testa, appoggiandola alla mia mano aperta.
«Torna in campo, Rad» riprende, dolcemente. «Quando diventerai un calciatore mi piacerebbe tanto girare qualche pubblicità insieme a te, lo sai?»
«Sarebbe bellissimo, Là» rispondo, felice. «Sono certo che ce la faremo, spero di poter riprendere il prima possibile a giocare, magari già nel secondo semestre di quest’anno» aggiungo, malinconico. «Ma non dipende solo da me. Devo lavorare tanto, devo badare a mio fratello, devo far funzionare le cose… e poi… poi dipende soprattutto dai miei genitori…».
«Rad» mi dice Lazuli, venendosi a sedere accanto a me e accarezzandomi la nuca. «Ho capito da sola da quando ti conosco che non è un argomento che ami, ma ti va di parlarmi dei tuoi genitori? Non mi hai mai spiegato dove sono… e poi sono convinta che non mi hai detto tutto su tuo fratello».
«Già…» sorrido malinconico, guardandola negli occhi. «Tu sei sempre un passo avanti, Là. Tu mi capisci senza che io abbia bisogno di parlarti. Sei fantastica».
«Tu hai fatto tanto per me, vorrei esserti di aiuto anch’io, se posso, in qualche modo» mi dice dolcemente.
«Tu fai già tantissimo per me. Neanche tu immagini quanto, forse» ribatto.
«Ma vorrei fare di più. Devi sempre ricordarti che a me puoi dire tutto. E che io ci sarò sempre per te» risponde, serissima. «Io sarò sempre dalla tua parte».
«Non saprei come fare, senza di te» sospiro. «Ti racconto tutto quello che ancora non sai, allora».
 
 
 
 
 
 
 
Note: eccoci, un finale un po’ così, giusto per farsi odiare. :-)
I prossimi due capitoli, infatti, saranno dedicati a dei lunghi flashback in cui Rad racconta a Là un po’ di cose sul suo passato e sui suoi genitori, su Goku e persino su Videl. So che molti di voi aspettavano questo momento sin dai primi capitoli per saperne di più, spero che apprezzerete! Cosa sarà successo a Gine e Bardack? Dove sono?
Ma, tornando a questo capitolo, spero che vi sia piaciuto il ritorno di Là e quello che si dicono e fanno lei e Rad. Avete maledetto anche voi Goku e il gatto Balzar in quel momento, vero?! Povero Rad,  presidente onorario del team “mai una gioia”! ;-)
Chissà se e quando i nostri adorati protagonisti avranno la loro prima volta, in effetti era stato sudato anche il loro primo bacio se ricordate.
 
Però scopriamo una cosa molto carina secondo me: Lazuli aveva già adocchiato Radish un anno prima quando gli aveva visto giocare la sua ultima partita e i due si erano già scambiati inconsapevolmente il loro primo sguardo! Rad segna in quel momento, anche se aveva già rubato il cuore della sua senpai senza saperlo. Tornerà davvero in campo prima o poi?
Penso che sia molto bello il modo in cui lei lo sprona, al di là del fatto che sia appassionata di calcio (una cosa comune in Giappone per le ragazze, la nazionale femminile di calcio è tra le più forti al mondo ed è considerato uno sport unisex da loro, come in effetti dovrebbe essere anche secondo me) e se ne intenda. Ovviamente c’è molto di me in quella parte, a partire dal ruolo e dal numero di maglia che aveva Rad. Spero vi sia piaciuta la digressione calcistica, in cui inseriamo anche Kazuyoshi Miura, miglior marcatore della storia della nazionale giapponese e primo nipponico a giocare e segnare nel campionato italiano (nel lontano 1994, con la maglia del Genoa, in un epoca in cui era considerato una cosa da pionieri o folli sognatori andare a giocare fuori dall’Asia per un giapponese, figuriamoci nel campionato più difficile del mondo come il nostro). Ha 52 anni e, non so come faccia, gioca ancora nello Yokohama F.C. e lo fa anche bene da quel che leggo, anche se da attaccante si è trasformato ormai in centrocampista. “King Kazu” è il suo soprannome e pensate che compare persino nel Movie 16 di Detective Conan intitolato “L’Undicesimo Attaccante”, magari l’avete anche visto qualche anno fa.
Un paio di spiegazioni geografiche: Yokohama, la città in cui vorrebbero andare insieme all’università Rad e Là, è a meno di 20km da Fujisawa, mentre Kawasaki ne dista circa una trentina.
 
Bene, vi mancava Là vestita da coniglietta?! Ringrazio subito la Misatona per un’altra bellissima versione di Bunny Lazuli che calza a pennello con questo capitolo! Spero poi, appunto, che vi sia piaciuta quella parte del capitolo tra lei e Rad!
Un grazie specialissimo a chi mi lascia sempre il suo parere e che dimostra sempre entusiasmo per questa storia, a chi continua a leggere e a inserire nelle liste. Per me è sempre un onore, non esitate a farmi domande se avete dubbi o anche solo per un incoraggiamento o un consiglio, sempre ben accetti! ;-)
 
Ok, non mi resta che augurarvi un buon 1 maggio e darvi appuntamento a mercoledì prossimo con “Una realtà che lacera il petto”, dove finalmente conosceremo Bardack e Gine! Ci vediamo invece già domenica con chi di voi sta seguendo anche Mythos, sarà un gran capitolo anche quello e dal titolo inequivocabile di “Lazuli Medusa”!
 
Teo
 

   
 
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