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Autore: dreamlikeview    02/05/2019    4 recensioni
È nel momento in cui meno te lo aspetti che la tua anima gemella arriva nella tua vita. Può essere il fato, può essere il destino, può essere un fatto accidentale, oppure semplicemente è il tuo cane che decide di farti incontrare la persona giusta con cui passare il resto della vita, e Arthur ne sa qualcosa.
[Merthur, modern!AU, writer!Arthur, student!Merlin, neighbours and puppies, short-fic]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Desclaimer: Storia scritta senza alcun fine di lucro, i personaggi non mi appartengono e non intendo offenderli (ma chiedo perdono per l’OOC, ci sto lavorando, giuro!) 

Nota: I cani sono i migliori amici dell'uomo, ma spesso gli uomini non se ne accorgono.

__________

Sei mesi erano trascorsi da quel giorno, da quando le cose tra di lui e Merlin erano cambiate in meglio. Adesso Merlin faceva parte della sua vita non più come semplice amico; si stavano frequentando e le cose sembravano piuttosto serie, almeno per il biondo lo erano. Con lui si sentiva completo, sereno, come se avesse trovato la parte mancante di sé. Da quando aveva conosciuto Merlin e soprattutto da quando si frequentavano, aveva scritto metà del suo nuovo libro ed era sempre più ispirato, tuttavia non aveva ancora confessato al moro che in lui aveva trovato la sua musa ispiratrice; non era ancora così ridicolo e patetico da andare da lui e confessare ogni cosa, cosa ne sarebbe stato del suo orgoglio personale? Anche perché ormai era certo di essere innamorato di lui. Quel ragazzo era un tornado di energia e ottimismo nella sua vita, la sua fonte di gioia personale.
La sera precedente, quando si erano visti per portare a spasso i loro cani, Merlin gli aveva chiesto il favore di badare ad Aithusa mentre lui era all’università e gli aveva promesso che si sarebbero visti per pranzo, poiché quel pomeriggio non doveva lavorare. Quindi Arthur si era sentito in dovere di organizzare qualcosa di carino, visto che la primavera era alle porte e le giornate erano fresche e soleggiate. Ad Arthur faceva piacere aiutare Merlin e poi Excalibur sembrava piuttosto contento di passare il tempo con la sua amica. Mentre loro giocavano, Arthur aveva organizzato tutto: aveva preparato dei sandwich, preso alcune bibite, alcune bottiglie d’acqua, le ciotole dei cani, un telo abbastanza grande ed aveva messo tutto in uno zaino abbastanza capiente; tutto il necessario per un romantico picnic al parco vicino al lago.
«Che ne dite, facciamo una bella sorpresa a Merlin?» chiese ai due cani sorridendo, essi abbaiarono contenti scodinzolando «Certo, è ovvio che venite con me, fate parte della sorpresa!» esclamò pimpante. Non sapeva classificare il suo stato d’animo, era sovreccitato, sapeva di essere felice come mai lo era stato prima ed era merito di Merlin, che era un toccasana per la sua vita, sapeva che lui era quello giusto. Morgana gli diceva sempre che lo vedeva rilassato con Merlin, che era felice di vederlo così e che le dispiaceva non essere lì; persino suo padre si era reso conto di quanto Merlin facesse bene al suo umore e alla sua vita in generale, tanto che Uther aveva espresso il desiderio di conoscere – colui che è riuscito a far sorridere di nuovo mio figlio – ed era strana una frase del genere dalla sua bocca.
«Okay, siamo pronti» affermò Arthur, preparandosi ad uscire.
Dopo aver messo la pettorina ad entrambi i cuccioli ed aver afferrato lo zaino con tutto l’occorrente, raggiunse con loro la sua auto e li fece sistemare sul sedile posteriore, poi entrò a sua volta e mise la vettura in moto. Quando pochi minuti dopo raggiunse l’università, attese impaziente di vedere l’altro arrivare. Era certo che Merlin non si aspettasse di vederlo lì, non gli aveva detto niente, voleva che fosse una sorpresa; per sua fortuna non dovette attendere molto.
Circa un quarto d’ora dopo, lo vide scendere le scale d’ingresso della struttura e notò la sua espressione stanca e avvilita; immediatamente scese dalla sua auto per salutarlo e alleviargli il malumore. Quando il moro lo vide e lo riconobbe, i suoi occhi si riempirono di sorpresa e di gioia. Corse verso di lui, gettandogli le braccia al collo, lasciando cadere lo zaino per terra. Sembrava che la sua giornata fosse migliorata improvvisamente.
«Arthur!» esclamò Merlin, stringendosi a lui «Che ci fai qui?» chiese guardandolo, notando il suo sorriso furbo.
«Sorpresa!» esclamò euforico il biondo, prima di catturare le sue labbra in un dolce bacio «Guarda chi ho portato» disse poi indicando l’auto, dentro la quale Aithusa già scodinzolava allegra, felice di rivedere il suo padrone.
«Aithusa!» esclamò Merlin, mollando il suo ragazzo e aprendo la portiera dell’auto, immediatamente la sua cagnetta gli saltò sull’addome per leccargli il viso. Il moro scoppiò a ridere, la accarezzò gentilmente per salutarla e le diede numerosi bacini sulla testa, Arthur non riuscì a non sorridere davanti a quella scena così tenera e dolce. Amava Merlin anche per il suo enorme cuore nei confronti degli animali, spesso il moro aveva parlato con lui del rifugio per animali abbandonati dove faceva il volontario e una volta Arthur era andato con lui. Era rimasto estasiato dal suo modo di rapportarsi con le persone che andavano lì per adottare un cucciolo e con gli ospiti del rifugio. Era solo da ammirare (e da amare) un ragazzo così.
«Qualcosa qui non va. Perché sei venuto con loro?» chiese il moro voltandosi verso il suo ragazzo «Cosa mi stai nascondendo?» chiese ancora, senza capire le intenzioni dell’altro «State tramando qualcosa alle mie spalle?»
«Ti rapiamo» rispose Arthur raccogliendo lo zaino di Merlin da terra per metterlo nel cofano dell’auto, il moro lo guardò perplesso, ma poi senza fare ulteriori domande, fece sedere di nuovo Aithusa sul sedile posteriore per poter richiudere la portiera ed entrò a sua volta nell’auto. Non riusciva a capire, cosa aveva in mente Arthur? Perché era andato a prenderlo all’università con i cani?
Quando l’altro lo raggiunse, Merlin tentò di chiedergli di nuovo cosa stesse accadendo, ma il biondo non gli diede il tempo di dire nulla, poggiò in fretta le labbra sulle sue e lo zittì ancor prima che iniziasse a parlare. Arthur lo conosceva bene, sapeva che bastava un suo bacio per fargli girare la testa e zittire qualunque suo dubbio.
«Qualunque cosa tu stia pensando, smettila» sussurrò il biondo sulle sue labbra «Rilassati e fidati di me».
«Dovrei fidarmi di te, Pendragon?» chiese il moro scettico, alzando lo sguardo sul suo ragazzo «Hai detto che mi state rapendo…» mormorò con finto tono contrariato «Non siete molto affidabili» finse di lamentarsi stando al gioco. Arthur alzò gli occhi al cielo e rise.
«Oh sì. Ci siamo accordati, io e i cuccioli. Meriti una giornata di relax» rispose allegramente Arthur «Adesso per favore, rilassati e…» aprì il cruscotto dell’auto prendendo un nastro di stoffa rossa «Non fare domande» concluse. Merlin guardò perplesso la stoffa tra le mani del biondo, ma non disse niente a riguardo.
«Ma devo studiare e…» Arthur lo zittì con un bacio a stampo.
«Niente “ma” adesso ti rilassi, allo studio penserai domani, dopotutto sei un genio, no?»
«Okay, mi hai convinto… la benda è necessaria?» chiese.
«Estremamente necessaria» affermò con sicurezza il biondo, poggiandogliela sugli occhi e legandogliela sulla nuca. Il moro ridacchiò, sentendosi stranamente euforico e si morse le labbra, cercando di frenare l’impulso di togliere la benda, giusto per poter togliere l’espressione soddisfatta dal volto di Arthur. Anche se non poteva vederlo, sapeva che aveva assunto quella precisa espressione, convinto di aver vinto. Ormai lo conosceva bene.
«Ma dove mi porti?»
«Appena arriveremo a destinazione, lo scoprirai, ora rilassati» suggerì «Vuoi ascoltare un po’ di musica?» Merlin annuì, incapace di dire altro, e l’altro accese la radio. Lasciandosi cullare dalle note di quella romantica canzone, che di sicuro aveva scelto Arthur, Merlin cercò di rilassarsi e di immaginare dove il biondo l’avrebbe portato, per passare quella giornata insieme. C’erano anche i loro cani, cosa voleva fare? Non lo sapeva, ma il fatto che fosse andato a prenderlo con l’intenzione di rapirlo per fargli una sorpresa e per passare la giornata insieme, gli scaldava il cuore e lo faceva sentire profondamente amato e desiderato. Circa mezz’ora dopo, Arthur fermò la sua auto e aiutò Merlin a scendere da essa, poi fece scendere anche Aithusa ed Excalibur e alla fine prese lo zaino con tutto l’occorrente, poi raggiunse di nuovo Merlin per condurlo in un punto preciso. Di recente, aveva scoperto un piccolo parco poco lontano dalla periferia della città, non era molto conosciuto, ma c’era un bellissimo laghetto con cigni e anatre, dove si potevano organizzare delle perfette gite all’aria aperta. E aveva deciso di organizzargli una giornata speciale lì, per potergli dimostrare quanto tenesse a lui.
«Siamo arrivati? Posso togliermi la benda?»
«Un minuto solo» disse il biondo, ordinando ai cani di stare buoni. Stese il telo per terra e sistemò ogni cosa portata, a parte i panini e poi osservò tutto con occhio critico, sentendosi soddisfatto di ciò che aveva fatto. Finalmente si voltò a guardare il moro che era ancora in piedi, immobile e cercava di capire dove si trovassero, nonostante la benda sui suoi occhi. Arthur gli si avvicinò velocemente e lo abbracciò da dietro, dandogli un bacio sulla guancia.
«Sei pronto?» chiese al suo orecchio in un sussurro; Merlin non rispose, si limitò ad annuire; così lui si affrettò a togliergli la benda dagli occhi, facendola scivolare lentamente via dal suo viso. «Sorpresa» sussurrò al suo orecchio.
Merlin aprì lentamente gli occhi, senza rendersi ben conto di cosa stesse accadendo davanti a lui, poi mise a fuoco i cani che si rincorrevano, il telo sul prato, lo zaino, le ciotole per i cani, il lago davanti a loro e tutto ciò che Arthur aveva preparato per lui e rimase semplicemente a bocca aperta. Questo era senz’altro il gesto più dolce e carino che qualcuno avesse mai fatto per lui.
«Hai fatto tutto questo per me…?» domandò Merlin voltandosi verso di lui, notando le sue gote rosse. Per gentilezza non glielo fece notare, ma tra sé e sé si disse che Arthur quando arrossiva era molto più carino del solito.
«No, in realtà Aithusa desiderava davvero fare un picnic con me…» rispose il biondo ironicamente, stringendogli le braccia attorno ai fianchi, lo sentì ridere leggermente e il suo cuore si gonfiò d’amore. Poteva desiderare qualcosa di migliore? Arthur era semplicemente perfetto, anche se a volte era insopportabile. Gli avrebbe perdonato qualunque cosa, grazie a quei momenti unici che riusciva a regalargli ogni volta.
«Scemo» mormorò Merlin, commosso mettendogli le braccia attorno al collo «È tutto bellissimo».
«Mi sono guadagnato un bacio?» chiese sorridendo. In risposta, Merlin annuì e lo baciò con trasporto; Arthur ricambiò subito con la stessa intensità, stringendolo contro di sé e rispondendo a quel bacio con passione e desiderio. Quando si separarono l’uno dall’altro, Merlin si appoggiò a lui e sospirò felice, se era finito in una bolla irreale, dove lui poteva essere felice, allora desiderava solo che la bolla non esplodesse mai e che Arthur rimanesse sempre al suo fianco.
«Visto che i nostri cani tra poco assaltano lo zaino per rubare i sandwich… pranziamo?» chiese Arthur, accarezzandogli la schiena, facendolo ridere. Oh sì, Aithusa ed Excalibur avrebbero adorato divorare i sandwich, ne era certo.
«Sì, sono d’accordo».
Alla fine del pranzo, Arthur se ne stava seduto sul telo, con Merlin sdraiato con la testa appoggiata sulle sue gambe e gli accarezzava dolcemente i capelli; Aithusa ed Excalibur avevano giocato insieme, correndo per il prato liberi e allegri e adesso riposavano anche loro sul telo portato dal biondo. Arthur si sentiva immerso in una bolla di rilassatezza e di gioia che non provava da tempo. Era immerso nella natura con Merlin appoggiato a lui, i loro cani che riposavano, gli uccellini che iniziavano a cinguettare e la quiete totale intorno a loro. C’era pace nel suo animo, c’era pace nel suo piccolo mondo e il suo cuore era colmo di gioia allo stato puro e di amore. Solo con Merlin aveva provato sentimenti tanto forti e travolgenti.
«Merlin» lo chiamò piano, il moro lo guardò e il sorriso che gli rivolse gli fece girare la testa «Sono innamorato di te».
«Davvero…?»
«Davvero». Merlin sorrise e si alzò, congiungendo le loro labbra in un delicato bacio, che tolse il fiato ad entrambi.
«Anche io, Arthur» sussurrò contro la sua bocca, quando si separarono per necessità d’ossigeno. Arthur fece scivolare la sua mano tra le ciocche scure del compagno e sorrise chiudendo gli occhi, quasi incredulo di sentire quelle parole dall’altro. Non sapeva neanche come fossero uscite a lui, semplicemente senza pensarci l’aveva detto; e non aveva avuto il tempo di sentirsi stupido o patetico, perché Merlin non gli aveva dato il tempo per farlo, coinvolgendolo in quel bacio mozzafiato. Santo cielo, era diventato uno di quelli che credeva che i baci del proprio compagno fossero i migliori del mondo, ma mentre guardava negli occhi Merlin e lo vedeva sorridere in quel modo, con gli occhi che brillavano e l’espressione serena, poteva perdonarsi qualsiasi comportamento poco da Pendragon.
 
 
Passare da “sono innamorato di te” a “mio padre vorrebbe conoscerti” e a “sì anche mia madre, in realtà” era stato un passo breve. Arthur non si era mai sentito tanto agitato, neanche il giorno della sua laurea si era sentito così terrorizzato. Lui e Merlin avevano organizzato bene quel weekend, il sabato sarebbero andati a pranzo dalla madre di Merlin e a cena dal padre di Arthur, così avrebbero strappato via quel dente doloroso e avrebbero passato la domenica insieme, magari in un posto carino. Presentare i propri genitori al proprio compagno era la cosa più imbarazzante che esistesse. Arthur era un fascio di nervi, mentre si preparava per andare dalla madre di Merlin. Quest’ultimo gli aveva raccontato del divorzio dei suoi genitori, avvenuto quando lui era ancora molto piccolo e anche di come suo padre non si fosse mai fatto vivo, di come sua madre l’avesse cresciuto da sola – e Arthur non l’avrebbe mai ringraziata abbastanza per aver fatto nascere e aver cresciuto l’uomo che amava – e tutto il resto. Nello stesso modo, Arthur si era aperto con lui, raccontandogli della malattia della madre e degli anni in cui lui e Morgana erano stati una roccia l’uno per l’altra, quando loro padre non era in grado di badare nemmeno a se stesso – oh, ma poi si erano ripresi, loro erano i Pendragon dopotutto, ma ognuno di loro aveva una ferita profonda nel petto che mai si sarebbe rimarginata per bene – aveva anche pianto quella sera, tra le braccia di Merlin e si era lasciato stringere da lui, vulnerabile e fragile, come solo con la persona di cui si aveva totale fiducia si poteva fare. Merlin gli aveva promesso che mai lo avrebbe lasciato solo. Poi lo aveva baciato con la sua solita dolcezza e subito Excalibur si era piazzato tra di loro, per leccargli la faccia e acciambellarsi tra di loro, come per dire traditore, sono io quello che ti asciuga le lacrime.
«Come sto?» chiese al moro lisciandosi la giacca nera addosso «Sono vestito troppo formale?»
Merlin lo guardò con occhio critico, poi sospirò «Cazzo, sei proprio un figo» affermò ridendo, poi si avvicinò a lui e gli mise le mani sulle spalle, sporgendosi verso di lui per baciarlo leggermente sulle labbra «Rilassati, mia madre non è così terribile».
«Voglio piacerle» ribatté il biondo con sicurezza, arrossendo appena «Quindi ho preso una bottiglia di vino, dei fiori e una torta» continuò indicando i suoi acquisti posti sul tavolo «Ho esagerato?» chiese notando la faccia sconvolta di Merlin.
«No, sei perfetto» mormorò sorridendo «Anche io ho preso qualcosa a tuo padre: una bottiglia di whisky e una di scotch».
«E poi sono io quello in ansia» lo prese bonariamente in giro Arthur guardandolo «Stai tranquillo, mio padre non è così terribile» gli fece il verso, ripetendo le sue parole di poco prima. Entrambi desideravano solo fare bella figura con i genitori dell’altro, ecco tutto. Ed erano entrambi pateticamente imbarazzati dalla cosa.
«Forse stiamo insieme da troppo poco per fare un passo del genere…» disse Merlin, dando voce ai suoi dubbi «Insomma, sono quasi sette mesi, è vero, ma se dovesse finire? Se dovessimo lasciarci?» chiese tutto d’un fiato «Come lo spiegheremo? Come… come ci comporteremo con loro?»
«Tu pensi che ci lasceremo?»
«Le coppie si lasciano, i matrimoni finiscono…» deglutì Merlin, abbassando lo sguardo ripensando alla situazione dei suoi genitori, suo padre aveva abbandonato la famiglia quando lui era solo un bambino… come poteva l’amore durare? Ancora non riusciva a capire come riuscisse a fidarsi di Arthur. «L’amore svanisce…»
«Ehi, no» Arthur gli prese il viso tra le mani, facendogli alzare il volto verso il suo «Merlin, ascoltami. Se vuoi rimandare, rimanderemo. Spiegheremo che non siamo pronti a fare un passo del genere, ma quello che so per certo è che non voglio rinunciare a te, non così presto» disse con sincerità guardandolo negli occhi «E se finirà, finirà, ma ci avremo provato, ce ne faremo una ragione, ma Merlin, siamo giovani, può succedere di tutto. Adesso, io sono sicuro che ti amo, che tu sei la mia musa ispiratrice, che grazie a te la mia vita ha di nuovo un senso. Un giorno potrebbe finire, ma potrebbe anche durare fino a che non arriverà il nostro momento e anche oltre» continuò, Merlin lo guardava boccheggiante «Shakespeare diceva: Dubita che le stelle siano fuoco, dubita che il sole si muova, dubita che la verità sia mentitrice, ma non dubitare mai del mio amore, ecco, ti chiedo la stessa cosa».
Merlin deglutì guardando Arthur, non riusciva a pensare a nulla dopo le sue parole, era stato semplicemente… perfetto, non riusciva a pensare ad un altro termine da associare a lui. Ecco il motivo per cui si fidava di lui: lo accettava con tutte le sue paranoie e trovava sempre il modo per farlo sentire amato, compreso. Con ancora il cuore in gola e il fiatone, gli prese il viso tra le mani e lo baciò sulle labbra con dolcezza, come per ringraziarlo delle parole che aveva detto.
«Dannazione, quanto ti amo…» mormorò Merlin con la voce carica d’emozione, prima di baciarlo ancora una volta.
Il biondo gli mise le mani sui fianchi, inclinando la testa in modo che le loro labbra combaciassero perfettamente e continuò a baciarlo con sempre maggiore intensità, lo strinse a sé per i fianchi, facendo combaciare i loro corpi, mentre Merlin portava le mani tra i capelli dell’altro, stringendo le ciocche bionde tra le dita, gemendo contro la sua bocca. Arthur mugugnò qualcosa, ma il bacio di Merlin era così travolgente che non riusciva a staccarsi nemmeno per riprendere fiato. Era estasi allo stato puro, era una miccia che si accendeva nel suo petto ed esplodeva in tanti piccoli fuochi d’artificio. Quando i loro polmoni iniziarono a bruciare, Merlin appoggiò la fronte contro quella del biondo e il sorriso che aveva impresso sulle labbra era il più sereno e dolce che avesse mai mostrato. Arthur ansimò, tenendolo ancora stretto a sé.
«Proprio non vorrei uscire di casa, ora» mormorò il moro contro la sua bocca, respirando contro di essa, prima di scendere lentamente con le labbra sul suo collo «Mmh, che cosa ne pensi tu…?» chiese in un sussurro roco, lasciando un piccolo morso sul collo del biondo.
«Dico che siamo già in ritardo» mormorò Arthur, inclinando il collo lasciando a Merlin lo spazio per agire, non aveva intenzione di muoversi dalla sua posizione, in quel momento «Possiamo ritardare ancora un po’» affermò alla fine, mentre Merlin faceva scivolare a terra la sua giacca e lui trascinava il suo ragazzo con sé sul divano alle loro spalle. Arthur era capace di annullare ogni suo pensiero razionale, soprattutto quando diceva cose come quella che aveva appena detto. Aveva toccato corde intime del suo cuore e le aveva fatte vibrare, facendo sparire ogni suo dubbio, ogni sua paura. Le sue paranoie non lo avrebbero mai abbandonato, ma Arthur era lì, pronto a scacciarle e lui lo amava, lo amava sul serio.
«Non volevi fare bella figura con mia madre?» chiese il moro, sedendosi sulle sue gambe e accarezzandogli distrattamente il petto sotto la camicia sbottonata, cercando di darsi una calmata «Che figura faresti, se ci presentassimo in ritardo?»
«Le dirò che suo figlio è un piccolo tentatore e mi ha sedotto» mormorò cercando ancora le sue labbra. «Non dovresti baciarmi così, quando stiamo per uscire»
«E tu non dovresti dire cose così…» Merlin si fermò un attimo, riprendendo fiato, era ancora scosso per le parole magnifiche che gli aveva detto Arthur «… cazzo, così perfette». L’altro allungò una mano verso la guancia e gliel’accarezzò con gentilezza, sorridendogli amorevolmente.
«Il signor asino e testa di fagiolo, oggi ci delizia con ben due parolacce? Facciamo progressi…» mormorò Arthur, tenendolo stretto contro di sé. Non credeva di sconvolgere tanto Merlin con le sue parole, né che lui reagisse in quel modo. Lui era così: o diceva tutto quello che pensava direttamente o si teneva per sé ogni suo pensiero, reputando il suo esporsi troppo personale. Con Merlin non sentiva di dover nascondere i suoi sentimenti, con lui poteva rivelarsi perché, in fondo al suo cuore, di lui si fidava completamente e ciecamente.
«Colpa tua, asino» borbottò mettendogli le braccia attorno al collo, gli diede un altro leggero bacio e Arthur pensò che stessero per ricominciare le danze, ma Merlin scelse quel momento per alzarsi dalle sue gambe e rivolgergli uno sguardo di sfida e amorevole al tempo stesso «Forza, muoviti! Siamo in ritardo, dobbiamo andare da mia madre!»
«Ma tu… piccolo seduttore dei miei stivali!» esclamò Arthur guardando Merlin con aria scioccata «Prima mi seduci in quel modo, con quel bacio mozzafiato e poi mi lasci a bocca asciutta?» chiese esterrefatto. Merlin rise, la sua risata cristallina invase l’appartamento; recuperò la giacca dal pavimento e gliela lanciò addosso, sorridendo in modo affabile.
«Precisamente».
«Me la pagherai» affermò con uno sguardo fintamente omicida «Vedremo chi vincerà questa sfida» disse il biondo alzandosi e indossando di nuovo la giacca. Merlin gli sorrise, lanciandogli uno sguardo di sfida e gli diede un veloce bacio sulle labbra. Uscirono di casa dopo aver recuperato dal tavolo i cadeaux, presi per la madre di Merlin e quelli presi per il padre di Arthur e dopo aver preso i guinzagli dei loro amabili cuccioli, che ovviamente sarebbero andati con loro: non potevano mica lasciarli da soli tutto il giorno, si sarebbero annoiati e per divertirsi si sarebbero divertiti a sfasciare le loro case. Per fortuna né la madre di Merlin, né il padre di Arthur avevano qualcosa contro gli animali, anzi, anche loro sembravano apprezzarne la compagnia.
 
Quando giunsero fuori alla porta del piccolo appartamento della madre di Merlin, Arthur rimase immobile per qualche istante. Non aveva idea di come comportarsi e temeva di fare la figura dell’idiota con una o due parole di troppo, era teso come una corda di violino e non gli piaceva quella sensazione. E se alla donna non fosse piaciuto? Se avesse consigliato a Merlin di trovarsi qualcuno di migliore? Di certo, Merlin era uno che meritava solo il meglio dalla vita. Ma Arthur poteva esserlo? Perché aveva tutti questi dubbi?
«Sta’ tranquillo» gli sussurrò il moro dandogli un bacio sulla guancia «Sono certo che mia madre ti adorerà» affermò. Il biondo cercò di rilassarsi un po’, ma era teso e terrorizzato. Era la prima volta che qualcuno decideva di presentargli la madre e anche se era stato lui quello sicuro a casa, adesso era un fascio di nervi.
Merlin suonò il campanello e dopo pochi istanti una donna molto simile a Merlin, di qualche centimetro più bassa di lui, aprì la porta. Il viso dolce si posò sul moro e sorrise teneramente.
«Merlin» lo salutò, abbracciandolo con affetto. Il ragazzo chiuse gli occhi e la strinse forte, lasciandosi andare tra le sue braccia, ogni volta che andava da lei – e ci andava almeno una volta alla settimana – sua madre lo abbracciava come se non lo vedesse da mesi, secoli.
«Ciao mamma» la salutò lui, dandole un bacio sulla guancia «Lui è Arthur».
«Arthur, caro! Merlin mi ha parlato di te!» esclamò lei lasciando il figlio e abbracciando il genero, che fece in tempo ad evitare che impattasse contro le cose che aveva ancora in mano «Sono felice di conoscerti» Arthur sentì le gote andare a fuoco, l’affetto eccessivo doveva essere una cosa di famiglia, ma stranamente non era per niente sgradevole. Ricambiò impacciato l’abbraccio un po' per l'imbarazzo, un po' perché impossibilitato dalle cose che aveva in mano e lei gli sorrise con affetto.
«È un piacere anche per me, signora» le disse il biondo sorridendo «Uhm, questi sono per lei» disse porgendole i fiori.
«Oh chiamami Hunith e dammi del tu, giovanotto» disse accettando il dono «Sono meravigliosi, grazie». Detto ciò, si spostò dall’uscio della porta e permise ai due ragazzi di entrare, poi Aithusa abbaiò, reclamando anche lei il suo benvenuto.
«Oh giusto, ci sei anche tu!» esclamò la donna abbassandosi per dare una carezza alla cagnetta del figlio «E quest’altro giovanotto chi è?» chiese la donna rivolta al cagnolino «Anche tu vuoi presentarmi qualcuno?»
«Lui è Excalibur, il mio cane» affermò Arthur imbarazzato, presentando il suo cane. Hunith accarezzò anche lui con affetto e poi finalmente entrarono tutti in quella piccola, ma accogliente casa.
«Accomodatevi sul divano, il pranzo sarà pronto tra poco» affermò la donna.
«Hai bisogno di una mano, mamma?» chiese mentre appoggiava la torta portata da Arthur su un ripiano del salotto.
«No caro, resta pure con Arthur e rilassati, cinque minuti e sono da voi» disse sparendo in cucina, Merlin guardò Arthur che era ancora rosso in viso e sorrise dolcemente, mentre lo osservava. Era perso nei suoi pensieri e decise di riscuoterlo dandogli un delicato bacio sulla guancia per annullare le sue paure infondate.
«Allora? Che pensi di lei?»
«Mi sembra fantastica» rispose stupefatto Arthur «Davvero una donna fuori dal comune, come il figlio del resto».
«Visto? E tu che avevi tanta p-» ma il biondino non gli fece finire la frase, pressò le sue labbra contro quelle del moro e passò delicatamente una mano sulla sua guancia, per ringraziarlo del supporto dimostratogli in quegli attimi di terrore.
Il pranzo con la madre di Merlin andò benissimo, quella donna era formidabile, Arthur ne era sempre più sicuro man mano che passava il tempo con lei e capiva da chi Merlin avesse preso il suo caratterino, Hunith fu molto ospitale con lui e mai lo fece sentire a disagio.
«Era tutto molto buono, signora».
«Puoi chiamarmi Hunith, Arthur, davvero» disse lei con il sorriso «Sono ancora giovane e poi tutti gli amici di Merlin sono miei amici!» esclamò pimpante, mentre passava ai due ragazzi una fetta di torta fatta in casa e una di quella portata dal genero. Arthur arrossì alle sue parole.
«Mamma, io e Arthur… insomma, non siamo proprio amici, lo sai, vero?» chiese Merlin tossicchiando «Insomma, te l’ho detto un sacco di volte, noi… stiamo insieme». Arthur si ritrovò a sorridere dolcemente davanti alla tenerezza di Merlin che cercava di far capire alla madre che loro non erano proprio amici, era così imbarazzato da far male al cuore.
«Oh, Merlin, certo che lo so, si vede benissimo. Anche se tu non me l’avessi detto, vedendovi insieme si sarebbe capito» disse lei sorridendo maternamente ad entrambi «Arthur, mi hai capita, giusto caro?»
Il biondo si ritrovò ad annuire, mentre si strozzava con l’acqua per la domanda appena postagli. Non era abituato a dare del tu alle persone più grandi, ma la donna gli stava dando il suo esplicito permesso, quindi…
«Sì, grazie, Hunith, penso che mi abituerò a questa cosa, piano piano».
Anche il dolce, come il resto del pranzo, era stato delizioso, Hunith cucinava in modo incredibile e Arthur si rese conto in quel momento di non conoscere ancora le doti culinarie di Merlin, magari un giorno ne avrebbero parlato.
Dopo il pranzo, la donna gli mostrò alcune foto di Merlin da bambino, alcune del periodo in cui frequentava il liceo e altre davvero imbarazzanti e alcuni premi che Merlin aveva vinto partecipando ai vari concorsi scolastici.
Era certo che il suo ragazzo avrebbe preferito seppellirsi piuttosto che essere presente a quell’imbarazzante spettacolo.
«Adesso aspetto solo la sua laurea, per poterla aggiungere alle tante soddisfazioni che il mio ragazzo mi ha donato».
Arthur e Merlin si punzecchiarono per tutto il tempo, facendo sorridere Hunith che non poteva fare a meno di notare quanto suo figlio fosse felice e sereno con Arthur. Lei aveva buon occhio per quelle cose, sembravano fatti l’uno per l’altro.
«Mi piace quel ragazzo» disse Hunith a Merlin, mentre erano in cucina insieme a lavare i piatti.
«Davvero?»
«Sì, si vede che tiene molto a te» disse lei sorridendo «Sono molto felice che tu finalmente abbia trovato un bravo ragazzo da presentarmi senza alcun timore» Merlin si incupì un po’, ancora l’alone della sua paura era presente nel suo cuore «Cosa ti turba?» chiese la donna, che sapeva leggerlo perfettamente.
«Niente, mamma, è solo che ho paura che tutto ciò finisca, che l’amore finisca».
«Oh no, tesoro» disse lei, fermando le sue mani che tremavano stringendo un piatto di porcellana «Non pensare a ciò che è successo a me, okay? Tuo padre non era una brava persona, io l’ho capito tardi» disse lei accarezzandogli gentilmente una guancia «Arthur tiene molto a te e si vede che farebbe di tutto per renderti felice».
Merlin sospirò e annuì «Lo so. Sono solo le mie paranoie, lo sai. Lui le accetta, riesce sempre a farmi calmare».
«Allora è quello giusto, me lo sento» disse lei sorridendo. Merlin posò il piatto e abbracciò la madre affondando il volto contro la sua spalla, respirando a fondo. Doveva smetterla di avere dubbi, altrimenti essi gli avrebbero fatto perdere Arthur. Non sarebbe stato così sciocco da perderlo, lui lo rendeva felice.
«Grazie, mamma».
Arthur scelse quel momento preciso per sbucare nella cucina e rivolse uno sguardo preoccupato a Merlin: «Tutto bene?»
«Tranquillo, adesso vengo da te». Arthur gli rivolse un tenero sorriso e ritornò nel salotto, dove stava giocando con i due cuccioli. Hunith sorrise guardando il figlio e lo spronò a raggiungere il biondo, senza accettare lamentele.
Erano appena le quattro del pomeriggio, quando Arthur e Merlin, presi i cani, decisero di andare a fare una passeggiata nel parco, prima di dirigersi a casa di Uther Pendragon. Adesso era il turno di Merlin essere un fascio di nervi.
«Tornate a trovarmi presto» disse la donna abbracciando prima il figlio e poi il genero «E Arthur, per favore caro, prenditi cura di lui. È così pelle e ossa. A volte penso non mangi mai per quanto studia!»
«Non si… ehm, non ti preoccupare, Hunith. Penserò io a lui» promise il biondo mettendo un braccio attorno ai fianchi del compagno, lei sorrise vedendoli così intimi e teneri tra di loro. Era fortunata ad avere un genero come Arthur, non come quei villani che Merlin le aveva fatto conoscere e che non le erano piaciuti per niente. Merlin borbottò qualcosa che nessuno dei due capì, ma che fece ridacchiare Hunith. Lei aveva buon occhio per queste cose, Arthur era quello giusto per suo figlio e solo il tempo le avrebbe dato ragione.
«Ci vediamo presto, allora, ci conto!»
Dopo averla salutata e abbracciata di nuovo, i due ragazzi andarono via e dopo aver portato i cuccioli a fare una passeggiata, ritornarono in auto, pronti a raggiungere la casa di Uther Pendragon.
Quando giunsero davanti alla porta della villa, era sera e Merlin era agitatissimo, Arthur poteva vederlo nei suoi atteggiamenti, nei suoi movimenti un po’ bruschi, nel suo essere un po’ schivo, completamente diverso rispetto a come lo aveva visto a casa sua. Gentilmente, gli passò un braccio attorno ai fianchi e lo strinse appena per rassicurarlo. Quando sentì la testa di Merlin sulla sua spalla e fu certo che l’altro fosse meno nervoso, suonò il campanello. La governante di casa Pendragon salutò Arthur con un abbraccio affettuoso e Merlin si presentò educatamente. La donna prese in consegna i cani e li portò nel cortile di dietro per farli giocare lì, Arthur rassicurò Merlin dicendogli che era uno spazio adatto a loro e che si sarebbero divertiti; poi la donna li accompagnò da Uther che li attendeva in soggiorno, seduto sul divano.
Il cipiglio severo alzato e l’espressione dura e critica velocemente si sciolsero in un sorriso; Arthur, un po’ sorpreso, si avvicinò al genitore che lo salutò con una pacca sulla spalla e una stretta di mano e poi portò la sua attenzione su Merlin, che si avvicinò educatamente a lui e gli porse la mano.
«Buona sera, signor Pendragon» lo salutò il giovane, mentre Uther gli stringeva la mano «Sono Merlin Emrys».
«Il compagno di mio figlio, suppongo» Merlin annuì a disagio, mentre Arthur sorrideva piacevolmente sorpreso «Non sei quello che mi aspettavo per mio figlio, ma lo rendi felice».
«Faccio del mio meglio, signore».
Uther annuì alle sue parole: «Parleremo meglio durante la cena, venite forza» disse alzandosi dal divano, dirigendosi verso un enorme tavolo già imbandito. Wow, Merlin non aveva mai visto un simile banchetto in vita sua. In confronto a quello, il pranzo che avevano consumato da sua madre, era solo un aperitivo.
Dopo un iniziale imbarazzo, soprattutto da parte di Merlin, la cena fu abbastanza serena, Uther gli chiese di cosa si occupasse e Merlin gli spiegò di essere uno studente di cinematografia, che lavorava in un negozio di animali ed era volontario presso un rifugio per animali, ma che aveva lavorato un po’ ovunque. Raccontò di aver lavorato come barista un paio d’anni alla caffetteria dell’università, di aver venduto giornali porta a porta e di aver fatto altri piccoli lavoretti cambiati nel corso degli anni per pagarsi gli studi e aiutare sua madre.
«Ammirevole» commentò Uther, dopo aver ascoltato la storia di Merlin, Arthur rimase leggermente scioccato dalla facilità con cui lui lo aveva accettato, si aspettava sguardi di disapprovazione, mugugni e mormorii, anche frasi non proprio amichevoli, ma non un’accettazione così semplice «Un futuro regista, Arthur, solo tu potevi trovare un ragazzo così, magari un giorno lui farà un film su uno dei tuoi libri» affermò dopo qualche istante di meditazione, facendo arrossire Merlin, che nascose il viso dietro ad un bicchiere di vino. Credeva che il ricco Uther Pendragon rifiutasse la relazione di suo figlio con uno come lui, e invece era stato amichevole e davvero ospitale, anche se Merlin non poteva ignorare le occhiate fredde che gli arrivavano tra una risposta e l’altra, ma supponeva che fossero solo indagatorie e che quello fosse un suo comportamento abituale. Arthur era seduto al suo fianco e ogni tanto lasciava scivolare il suo braccio dietro alla sua schiena per farlo rilassare e ci riusciva ogni volta.
Avevano appena finito da poco di cenare, stavano conversando riguardo alcuni argomenti di politica importanti, quando Uther Pendragon si sentì male e si accasciò per terra, appoggiando una mano sul petto all’altezza del cuore. Arthur corse immediatamente vicino a lui, chiamandolo, cercando di farlo riprendere, di farlo respirare, mentre Merlin si affrettava a chiamare un’ambulanza. Con le mani tremanti, il moro si avvicinò al suo fidanzato e cercò di scostarlo dal padre, di sicuro aveva bisogno di respirare e Arthur doveva calmarsi.
Il mondo intero di Arthur era precipitato nel momento in cui suo padre era stato male davanti a lui, nel momento in cui si era accasciato per terra e aveva preso a respirare male. Temeva che potesse morire e temeva di rimanere solo. Come lo avrebbe detto a Morgana? Come avrebbero superato anche quella perdita? Tutti prima o poi erano destinati a morire, Arthur lo sapeva, eppure… eppure non voleva che suo padre morisse tanto presto, no, lo voleva ancora nella sua vita, nonostante tutto. Aveva ancora bisogno di lui.
Non dovettero aspettare molto, i paramedici arrivarono subito e Arthur seguì suo padre sull’ambulanza, lasciandosi dietro Merlin, il quale senza perdersi d’animo afferrò le chiavi dell’auto del biondo e lo raggiunse in ospedale. Non fu facile trovarlo, ma quando lo trovò il suo cuore si strinse in una morsa dolorosa. Mai prima di quel momento aveva visto Arthur così devastato e fragile, nemmeno la sera in cui gli aveva raccontato della perdita della madre. Adesso che temeva di perdere il padre, era ancora più vulnerabile e solo Merlin poteva aiutarlo in quel momento.
«Arthur» lo chiamò avvicinandosi a lui e abbracciandolo subito per placare i suoi tremori «Calmati…» sussurrò.
«Merlin… Merlin, non mi dicono niente…» mormorò Arthur disperato, appoggiando il viso nell’incavo del suo collo, trattenendo a stento i singhiozzi «Non posso perdere anche lui, Merlin…» continuò aggrappandosi a lui «Devo chiamare Morgana, io, devo…»
«Shhh» sussurrò il moro, stringendolo contro di sé e accarezzandogli la schiena «Andrà tutto bene, vedrai che è stato solo un malore. Hai detto che ha il diabete, forse ha mangiato qualcosa che l’ha fatto stare male».
«Ma-Ma se lui dovesse…» la sua voce si spezzò in un singhiozzo e Merlin lo scostò leggermente dal proprio petto, per guardarlo negli occhi. Santo cielo, si sentiva male a vederlo in quello stato, doveva aiutarlo in ogni modo possibile.
«Tuo padre non morirà» disse con certezza il moro, prendendogli il volto tra le mani, accarezzandogli con dolcezza le gote «Guardami. Non succederà niente di brutto stasera. Respira, Arthur». Il biondo annuì e lasciò andare il viso contro la spalla del moro, singhiozzò appena, stringendogli i fianchi e cercando in lui un appiglio, una sicurezza. Merlin continuò a sussurrargli parole di conforto, fino a che un medico non andò a chiamarlo per comunicargli le novità. Arthur si asciugò in fretta il viso – era solo sudore, sebbene fosse ancora scosso dai tremori non aveva versato nemmeno una lacrima – e si alzò per raggiungerlo dopo un fugace sguardo con il suo ragazzo.
Fu una notte lunga, quella. Merlin se ne rese conto quando rivide Arthur solo ore dopo, con due occhiaie enormi e un’espressione meno funeraria rispetto a quella che aveva avuto la sera prima.
«Merlin…» mormorò vedendolo «Sei rimasto qui tutta la notte?»
L’altro annuì «Non volevo che ti sentissi solo» rispose con sincerità «Come sta tuo padre?»
«Si riprenderà. Mi hanno detto che è stato un infarto, è fuori pericolo e vogliono tenerlo in osservazione qualche giorno, prima di dimetterlo» disse al moro «Lo avevano sedato. Mi hanno permesso di restare con lui e gli sono rimasto accanto fino a che non si è svegliato, non potevo lasciarlo, scusami…» mormorò dispiaciuto, rendendosi conto di aver completamente dimenticato che l’altro fosse ancora nella sala d’attesa in attesa di sue notizie.
«Tranquillo, va tutto bene» disse Merlin avvicinandosi a lui e abbracciandolo «L’importante è che lui si sia ripreso» disse, accarezzandogli la guancia «Tu come stai?»
«Scosso» rispose con sincerità il biondo «Sono stato meglio, mi dispiace che tu…» deglutì e si fermò «Grazie» sussurrò Arthur dopo qualche istante di silenzio, stringendolo forte a sé «Se non ci fossi stato tu, sarei stato perso». E senza che l’altro potesse ribattere, lo baciò lì nel mezzo del corridoio, sentendo un macigno in meno sul suo cuore. Aveva affrontato una delle notti peggiori della sua vita e Merlin era rimasto con lui tutto il tempo, a sostenerlo anche da lontano… una lacrima sfuggì al suo controllo e fu seguita da un singhiozzo, sentì le braccia di Merlin stringersi di più attorno al suo corpo e si rese conto di essersi spezzato di nuovo.
«Va tutto bene, Arthur» sussurrò il moro, stringendolo con dolcezza «Va tutto bene, ci sono io…» disse ancora a bassa voce, accarezzandogli la schiena «Sfogati, sì, butta tutto fuori» mormorò. La tensione di tutta la notte si riversò fuori dai suoi occhi sotto forma di lacrime, nel frattempo Merlin non lo lasciava andare, non lo lasciava crollare al suolo, lo teneva stretto e lo sosteneva in quel momento e lui non avrebbe potuto essergliene più grato. Quando i suoi singhiozzi si calmarono, si specchiò negli occhi azzurri di Merlin e lo ringraziò in silenzio; il moro non disse niente, si limitò a passargli i polpastrelli sulle gote, una dolce carezza per eliminare le lacrime dal suo volto.
«Che ne pensi di una bella colazione?» chiese il moro per spezzare il silenzio e non far sentire Arthur a disagio per il suo sfogo «C’è una caffetteria proprio qui sotto, vado un attimo a prendere qualcosa? Oppure andiamo insieme».
«Sì, muoio di fame» rispose Arthur, la sua voce tremava appena «Andiamo insieme».
Lentamente si incamminarono fianco a fianco, diretti alla caffetteria, Merlin prese delicatamente la mano di Arthur nella sua, accarezzandogli con gentilezza il dorso con il pollice e Arthur, sebbene non dicesse una parola, gli era grato per la sua presenza e anche per il suo silenzio, avrebbe parlato quando sarebbe stato certo di non piangere di nuovo. Un Pendragon non si lasciava travolgere così dalle emozioni, eppure lui si era spezzato, quando aveva temuto di perdere suo padre. Aveva sentito un dolore lancinante, un terrore terribile e si era sentito perso e smarrito, non sapeva come ringraziare Merlin per non averlo abbandonato a se stesso quella notte e di essere stato ancora lì la mattina seguente.
«Siediti» gli disse gentilmente il moro, facendolo sedere su una sedia vicino ad un tavolino «Ti prendo un tè e una brioche alla crema?» Arthur annuì e lo vide allontanarsi da lui e avvicinarsi al bancone, non capiva come Merlin potesse essere ancora così energico dopo una nottata sveglio in ospedale. Doveva far parte della sua indole, dare il massimo di se stesso nelle ore più buie e tirare avanti fino alla risoluzione della situazione. Rifletté qualche minuto, molte persone nella situazione di Merlin, dopo le prime ore di attesa avrebbero voltato le spalle, lui invece era rimasto lì, in attesa solo per stargli vicino e sostenerlo. E continuava ancora a sostenerlo, nonostante il peggio fosse passato. Lo vide ritornare al tavolino pochi minuti dopo, aveva tra le mani un vassoio con una tazza di tè, due brioche e un caffelatte, c’erano anche dei pasticcini e dei muffin. Pose il vassoio tra di loro e passò ad Arthur il suo tè e la brioche, poi lo guardò con sguardo indagatore.
«Se vuoi parlare, io sono qui» disse il moro «Ma se non vuoi, lo capisco. Sappi solo che io ci sono e che non ti giudico».
«Come fai a sapere sempre qual è la cosa giusta da dirmi? Anche stanotte, tu… non mi hai fatto impazzire».
«Stanotte eri nel panico, dovevo dirti qualcosa che ti facesse sentire meglio» iniziò Merlin sorseggiando il suo caffelatte «Non sapevo come sarebbero andate le cose, ma sapevo di doverti infondere un po’ di ottimismo» ammise sorridendo «E ti conosco, so che adesso in quella tua testa bacata asinina stai pensando che ti sei reso debole davanti a me, per aver sfogato la tua tensione» disse, Arthur strabuzzò gli occhi guardandolo «Ma non devi sentirti a disagio con me, non ti giudico per quello né per altro».
«Non volevo che mi vedessi così fragile e devastato» confessò in risposta, sentendo quelle parole uscire senza che lui l’avesse programmato «Non volevo che mi vedessi così… debole, ma avevo paura di perdere mio padre e… mi sono sentito sopraffatto da tutto. Tu eri lì e sei stato la mia ancora di salvezza» confessò ancora, incapace di trattenersi. Merlin gli sorrise in un modo dolcissimo e gli fece battere il cuore «Ti amo così tanto…»
«Ci sarò sempre, te lo prometto» affermò Merlin sporgendosi verso di lui «Ti amo anch’io» sussurrò baciandolo a stampo. Solo in quel momento, il moro sentì le labbra del suo fidanzato tendersi in un sorriso accennato. Si sedette di nuovo al suo posto e consumarono il resto della colazione in silenzio, scrutandosi di tanto in tanto.
«E comunque, mio padre ti adora, anche se non te lo dirà mai direttamente» disse Arthur ad un certo punto, mentre ritornavano in ospedale «Credo che la storia dei tuoi multipli lavori per pagarti gli studi, lo abbia affascinato abbastanza».
«Ne sono felice» mormorò Merlin, baciandogli la guancia dolcemente «Credi che possa venire a vedere come sta?»
«Ma certo» rispose Arthur «Non ti lascerei andare da nessuna parte, credimi».
 
 
Dopo una sfiancante giornata in ospedale, sia Arthur che Merlin erano distrutti e sfiniti, Arthur aveva passato le ultime ore a parlare con i medici delle terapie che avrebbe dovuto seguire suo padre, poiché dalle analisi era emerso che aveva dei problemi al cuore non ancora diagnosticati, oltre al diabete, e per evitare altri episodi del genere, avevano prescritto delle cure e dei controlli ciclici, lo avrebbero comunque tenuto in osservazione ancora un paio di giorni prima di dimetterlo del tutto. Dopo aver ringraziato i medici, Arthur si era sentito in dovere di chiamare Morgana e avvisarla del malore del padre – lei aveva promesso che sarebbe partita con il primo volo e li avrebbe raggiunti e lui si era sentito un po’ sollevato, non avrebbe dovuto affrontare tutto senza la sorella, anche se il peggio era passato – e quando si era lasciato cadere su una seggiola nella sala d’attesa, aveva trovato la confortante spalla di Merlin a sostenerlo. Era stata la domenica più lunga e massacrante della sua intera vita e sentiva un senso di tranquillità sapendo di non essere stato completamente solo quel giorno. Merlin era rimasto con Arthur tutto il giorno, cercando di sostenerlo in ogni istante, ad ogni notizia che arrivava. Entrambi non dormivano da più di ventiquattro ore ed erano sfiniti, soprattutto Arthur, aveva bisogno di riposare.
«Arthur, devi fermarti adesso» gli aveva sussurrato, quando si era seduto stancamente accanto a lui «Tuo padre è in ottime mani e non potresti fare nulla, adesso devi riposare». Il biondo aveva annuito stancamente e aveva proposto di andare a casa di suo padre per controllare come stavano i cuccioli, che avevano lasciato alla governante, la quale si era offerta come volontaria per accudirli mentre loro erano impegnati in ospedale; entrambi le erano stati grati.
Erano usciti dall’ospedale appoggiati l’uno all’altro e si erano diretti a casa Pendragon, quando la governante aprì la porta i due giovani furono investiti dalla gioia e dagli abbai festosi dei loro cani. Arthur non riuscì a trattenersi, si abbassò per accarezzare il suo birbante preferito e lo stesso fece Merlin con la sua cagnolina, erano state delle ore tremende e quelle feste da parte dei cuccioli erano un toccasana per loro. Poi la donna chiese di Uther e Arthur le spiegò ogni cosa accaduta in quelle ore; ella, con fare materno, gli ordinò di restare lì, perché in quelle condizioni, non avrebbe potuto guidare e lui non riuscì a ribattere a causa della stanchezza e propose a Merlin di restare, il moro fu d’accordo, poiché era stanco anche lui. Così Arthur gli fece strada nella sua vecchia stanza, grande abbastanza per ospitare entrambi e si sentì un po’ strano nel mostrare quella camera al suo ragazzo, Uther l’aveva conservata esattamente come lui l’aveva lasciata e un po’ gli faceva venire la nostalgia dei tempi in cui era solo un ragazzino che si rannicchiava in un angolo di quella stanza a scrivere.
«Io ho bisogno di fare una doccia» disse Arthur a Merlin, recuperando alcuni abiti dal suo vecchio armadio, lasciava sempre qualche indumento lì, per quando passava dei giorni a casa del padre «Se vuoi cambiarti, puoi prendere quello che vuoi».
«Ti ringrazio» mormorò Merlin sbadigliando sonoramente; Arthur sorrise intenerito e gli diede un bacio tra i capelli, prima di sparire fuori dalla stanza per andare nel bagno. Il moro curiosò un po’ in giro, prima di prendere dall’armadio una t-shirt grigia e un paio di pantaloni di tuta smessi di Arthur, per poi cambiarsi in fretta. Poi si stese sul letto del biondo e si disse che lo avrebbe atteso lì, così avrebbero parlato, ma presto la stanchezza prese il sopravvento e si addormentò, crollando come un sasso nel giro di pochi minuti.
Quando Arthur uscì dal bagno e ritornò in camera sua, lo vide addormentato lì sul suo letto, con quella t-shirt che gli stava un po’ grande, i capelli arruffati e l’espressione un po’ corrucciata. Un senso di tenerezza si fece largo nel suo cuore a quella vista. Sorrise dolcemente e gli tirò le coperte addosso per non fargli prendere freddo, anche se era primavera e non faceva così tanto freddo, poi si mise accanto a lui, e gli accarezzò teneramente una guancia, osservandolo con gli occhi colmi d’amore.
«Scusa…» mormorò Merlin, avvertendo il movimento accanto a sé, Arthur scosse la testa e gli diede un bacio tra i capelli.
«Shhh, dormi parliamo domani» promise, l’altro ancora ad occhi chiusi annuì e lui lo abbracciò forte, addormentandosi a sua volta dopo pochi minuti, ascoltando il battito del cuore di Merlin e il suo respiro cadenzato, pur restando vigile: mancava ancora qualcosa. Era grato che il moro facesse parte della sua vita e che gli fosse stato accanto in un momento tanto terribile. E in silenzio, senza dar voce ai suoi pensieri, promise a Merlin che gli sarebbe stato accanto nello stesso modo in cui lui lo aveva sostenuto quel giorno, non lo avrebbe mai abbandonato e l’avrebbe sostenuto sempre. Quando sentì il materasso piegarsi prima una volta e un familiare peso sulle gambe, capì che Excalibur lo aveva raggiunto; dopo pochi secondi sentì di nuovo il movimento del materasso e si rese conto che anche Aithusa aveva preso il suo posto accanto a Merlin. Entrambi i cuccioli avevano preso il giusto posto che spettava loro, accanto ai loro padroni. Inconsciamente, Arthur allungò una mano e accarezzò gentilmente il pelo del cane e finalmente riuscì ad addormentarsi definitivamente.
 


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Hola people! 
Scusate il ritardo çç pubblicare in settimana è sempre un casino e sono stata un'idiota a farlo di mercoledì, ma ormai sono in ballo e continuo a ballare ahah (scherzoni, lunedì riprendono le lezioni e io sono già morta perché ho appena finito un libro orribile su un autore orribile e voglio solo morire, sad me).
Nessun Uther Pendragon è stato maltrattato, giuro! Arthur mi avrebbe seriamente fatto del male, ma non l'avrei mai fatto soffrire tanto. Comunque è notte, quindi mi considero ancora nel range del mercoledì u-u
Per farmi perdonare l'ultima parte (salvo problemi) la posto prima di lunedì prossimo, come sono buona. Anyway, quanto è piccino Merlin che resta accanto ad Arthur tutta la notte? (Battute random rubate dalla serie, perché ci stanno aw) e i cani sono sempre adorabili e coccolosi. :3 
Ringrazio sempre con tutto il mio cuore le persone che hanno recensito lo scorso capitolo le mie adorate lilyy e elfin emrys e una new entry, peterpan76; chi ha speso un click per leggerla, oltre a chi ha deciso di seguirla e preferirla:3
Grazie mille a tutti, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi do appuntamento (anticipato) a sabato o domenica per l'ultima parte di una one shot, not very short! (e forse nelle prossime settimane un piccolo spin off di Enchanted, sììì, stanno per tornare!)
Stay tuned, a presto!

   
 
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