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Autore: V4l3    02/05/2019    0 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Prologo

Quello che vedevano i suoi occhi, non era certo ciò che si sarebbe mai aspettata. Era ferma da qualche minuto, sul piccolo marciapiede, aveva lasciato cadere a terra il borsone sistemandosi meglio lo zaino ormai logoro, che teneva sulla spalla. Stava cercando di riprendere fiato, si sentiva stremata per quella camminata che l’aveva portata fino a lì e cercava di capacitarsi di come quel viaggio si fosse concluso esattamente davanti a quell’edificio malconcio. Guardò per l’ennesima volta il foglietto che aveva tra le mani, pur conoscendolo a memoria: sospirò pesantemente capendo di essere esattamente dove gli era stato indicato. Si sentì davvero turbata per ciò che vedeva, neanche il vento freddo o le gocce di pioggia che ogni tanto sembravano cadere, portate poi via dall’aria, la facevano muovere di un passo. Quello che si aspettava era quanto meno una casa, non certo un castello o una reggia, ma quello era un rudere! Si girò a guardare con aria sconsolata le case poco distanti dove tutto era molto curato, tenuto in maniera impeccabile cosa che aveva notato per ogni abitazione, negozio, o qualsiasi altra struttura incontrata fino lì. Invece ora, davanti a lei, c’era quell’orribile cancelletto sbilenco, quel muretto pieno di erbacce e muschio che lo facevano apparire come un reperto archeologico mal tenuto e quella casa, se così si poteva definire, che mostrava l’inesorabile e impietoso avanzamento del tempo. Il vialetto era quasi del tutto coperto da un giardino che ormai aveva preso le sembianze di un bosco, vista la quantità di piante, il portico in legno forse un tempo di colore bianco, ora appariva quasi del tutto scrostato e si poteva vedere anche da lì una sedia mezza rotta appoggiata su un lato e un dondolo arrugginito; le finestre avevano bisogno di essere sistemate, nel piano superiore le persiane malconce sembravano reggersi per miracolo. Tutto lasciava pensare che lì non ci vivesse nessuno da parecchio. Sospirò per l’ennesima volta, sbattendo più volte le palpebre, non poteva permettersi di arrendersi ora che era arrivata, ma improvvisamente venne assalita dalla paura, paura che lì non ci fosse davvero nessuno, che il suo viaggio fosse stato un buco nell’acqua e che la madre si fosse sbagliata, ma poi un brivido dato dal freddo che le stava entrando nelle ossa e la stanchezza che sentiva, le fecero finalmente prendere in considerazione la possibilità di bussare. Così, dopo l’ennesimo sospiro, riprese il suo borsone e si apprestò ad aprire il cancelletto che fece un rumore poco rassicurante e una volta dentro, dovette far attenzione alle erbacce che minacciarono di farla cadere arrivando a salire i cinque gradini del portico in legno. Sentiva il suo cuore aver iniziato a battere più forte, posò nuovamente il borsone a terra e la sua attenzione venne attirata dalla vista del mare che si poteva scorgere anche da lì. Era stata una vera sorpresa ammirarlo appena uscita dalla stazione, così imponente e gonfio mentre si infrangeva contro l’altissima scogliera che sembrava un muro invalicabile, con gli uccelli che giocavano sulla schiuma alzata dalle onde e il cielo plumbeo con le sue nuvole scure che si muovevano veloci. Ma ora era lì davanti ad una porta di legno massiccio, con il cuore che batteva furioso nel suo petto e il respiro un po’ accelerato, cercò di calmarsi guardando verso le due finestre, per poter scorgere qualcosa, ma si rese conto che entrambe avevano delle tende a coprirne l’interno. Di nuovo l’ansia si fece più forte, ora che era proprio lì davanti e, tutto, di quella storia le parve ancora più assurdo di quanto non le era sembrato quando glielo avevano detto. Ripensò all’avvocato, Dario Ricci, amico della madre che le aveva letto il testamento, dove la donna le lasciava praticamente tutto e le raccomandava di andare via dalla sua città; un profondo dolore di nuovo si affacciò ai suoi occhi che subito s’inumidirono. Non aveva voluto credere alle parole dell’avvocato, quando le diceva le volontà di sua madre, sembrava davvero troppo assurdo da poter essere considerato reale, ma poi parlando anche con Francesca, l’eterna amica della madre, aveva capito che era tutto vero e ora lei era proprio dove sarebbe dovuta essere. Prese un profondo respiro, cacciando via quei pensieri e con mano tremante pigiò sul campanello. Subito si accorse che non si era verificato nessun rumore, segno che anche quello fosse messo male, come del resto tutta la casa, così decise di farsi forza e di bussare. Nel momento in cui la sua mano prese a colpire il portone, sperò con tutta sè stessa che la madre avesse fatto la scelta giusta. Aspettò qualche minuto, mentre il cuore ricominciava a correrle nel petto e il respiro farsi più accelerato, ma nessuno sembrò muoversi da dietro la porta, così decise di riprovare colpendo con più vigore almeno un altro paio di volte. Quando il panico per il mancato arrivo di qualcuno, si fece prepotente dentro di lei, la porta si spalancò facendole fare un vero e proprio salto sul posto. Si ritrovò a guardare con occhi e bocca sgranati un uomo alto almeno un metro e novanta, sui 35-38 anni, era imponente davanti alla soglia, il suo viso era per lo più coperto dai capelli scuri e lisci che gli ricadevano in ciocche davanti agli occhi e gli contornavano il viso fino alle spalle, portava una maglia scolorita con le maniche arrotolate fino ai gomiti, era muscoloso e lo si poteva intuire dal petto ben definito che sembrava tirare sotto la maglia e dalle spalle ampie e dritte, i suoi jeans erano larghi e strappati in alcuni punti
–Il B&B è alla via successiva- disse con voce bassa e in tono scocciato, ma senza darle il tempo di rispondere le richiuse la porta in faccia. Rimase basita a guardare davanti a sè, non sapeva se mettersi a ridere o urlare come una pazza per aver fatto tutto quel maledetto viaggio solo per ricevere una porta in faccia. In quel momento le tornarono alla mente le parole di Francesca, qualche sera prima, quando sedute in terrazza a casa della donna, le aveva detto di essere paziente e di non stupirsi del caratteraccio che quel tipo avrebbe di sicuro dimostrato. Mai state parole più vere, pensò mentre di nuovo, stavolta con rabbia, riprese a colpire la porta per farsi aprire. Dopo qualche istante la porta si spalancò di nuovo e quel tipo la squadrò con aria accigliata –Cos’è non parli la mia lingua?- chiese alterato, poi guardò la borsa ai suoi piedi –Non sono interessato a niente di ciò che vuoi vendere, per cui levati dai piedi, ragazzina- le disse adirato e di nuovo le stava per sbattere la porta in faccia, ma lei lo fermò posando una mano sul legno –Parlo la tua lingua e non sono qui per venderti nulla- disse rabbiosa, lui si fermò per nulla turbato –E cosa vuoi?- chiese brusco  –Sto cercando Jason Parker- spiegò e lui la guardò attraverso quella frangia lunga assottigliando lo sguardo –Sono io- ripose secco. Il cuore le iniziò a battere all’impazzata nel petto, sentiva la gola secca ora che finalmente si trovava davanti a colui dal quale dipendeva il suo futuro –Mi manda Emma Savelli, sono sua figlia Alex- disse cercando di non far tremare la voce. Subito vide mutare l’espressione dell’uomo che si fece in qualche modo stupita, con gli occhi leggermente più aperti e la bocca socchiusa. Si fissarono per attimi che sembrarono eterni, mentre il vento soffiava e la pioggia si stava facendo più intensa –Posso entrare?- chiese alla fine e lui senza levarle gli occhi di dosso, si spostò dall’uscio per farla passare.
  
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