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Autore: TheRoseOfVersailles    02/05/2019    18 recensioni
Un gioco in apparenza innocente porterà Oscar e André a fare i conti con la realtà.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo so, lo so, ho già una fanfic in corso, ma questa storia balenava nella mia testa già da un po'. Non mi è mai andato giù che Oscar, pur sapendo di amare Andrè è rimasta in silenzio per molto tempo, come non ho mai sopportato che quest'ultimo sapesse la verità, senza mai spronarla. Sono due testoni! Quindi, ho immaginato loro due stuzzicarsi e sgretolare pian piano la barriera invisibile costruita da loro stessi, tenutoli per troppo distanti. Vi auguro una buona lettura.







Sei vicina a me, eppure distante come non mai stasera. Ti osservo mentre punti i tuoi occhi azzurri sul bicchiere ancora pieno, intenta a scrutarlo come se fosse l'oggetto più importante del mondo, senza mai portarlo alla tua bocca.
A cosa stai pensando, Oscar? Probabilmente sei stanca.
Stanca della mia vicinanza che tu stessa hai tentato di eliminare una notte ormai lontana, ma che io continuo ad aumentare sempre più, incapace di allontanarmi dall'unica cosa che abbia un senso per me. Te.
Eppure, Oscar, ti ho scoperta guardarmi più volte in questi giorni, quando pensavi che io non potessi accorgermene. E ti ho vista distogliere lo sguardo da me, appena mi voltavo per ricambiare le tue attenzioni.
Mi scruti abbondantemente. Lo fai durante l'appello, durante le esercitazioni, durante le ronde. Tu mi guardi sempre.
Ma non adesso.
Ora ci siamo solo noi, e senza Alain e nessun altro che possa alleggerire l'atmosfera tu ti senti piccola, forse imbarazzata, e insisti nel non rivolgermi nemmeno un'occhiata fugace.
Faccio un gesto svelto con la mano richiamando l'attenzione di una ragazza, intenta a servire altri clienti in questa taverna non troppo distante dalla caserma, e lei si affretta a giungere al nostro tavolo donandomi un sorriso.
Un sorriso che tu non mi regali mai, Oscar.
- Per piacere mademoiselle, un altro bicchiere di vino. -
La fanciulla prende in mano il mio bicchiere oramai vuoto, indugiando nell'allontanarsi.
Anche lei mi guarda adesso, proprio come ti ho sorpresa fare spesso, ed è desiderio quel che celano i suoi occhi castani.
- Posso fare altro per voi, monsieur? - sorride ancora mentre avvicina la sua mano alla mia spalla, accarezzandola appena.
- No, ma grazie comunque. - le dico io, restituendole un debole sorriso.
La ragazza si allontana con passo svelto, ed io la seguo con lo sguardo, immaginandola  domandare ad altri uomini la stessa cosa, in apparenza innocente, ma che cela in realtà una profonda malizia : " posso fare qualcosa per voi, monsieur? ".
- Puoi andare, se vuoi. - la tua voce arriva alle mie orecchie con presunzione, ed io mi volto verso la tua direzione.
Pieghi un angolo della tua bocca in un sorriso scherno, e mi guardi adesso. Oh sì, mi guardi adesso, provocandomi.
- Scusa? - ti rispondo con finta noncuranza, mentre porti alle tue labbra quel bicchiere che hai osservato per tutto il tempo.
Sorseggi il vino senza fretta, come a prender tempo per la prossima mossa. Stai pensando a cosa dirmi ora, Oscar?
Posi sul tavolo il bicchiere, e torni a fissarmi.
- Ho detto che puoi andare da lei, André. - sorridi ancora dicendolo, fingendo una sicurezza che non hai.
Distogli lo sguardo da me per posarlo sulla donna, oggetto del nostro discorso, e studi attentamente ogni singola parte del suo corpo.
So bene a cosa stai pensando, immagini le mie mani su di lei, sul suo seno, e le mie labbra sulle sue. Immagini me, prenderla e farla mia.
Forse immagini addirittura l'attimo esatto in cui alzandole la gonnella cerco le sue cosce, divaricandole, per poi farmi strada in lei.
Immagini le mie movenze, le mie spinte su quel corpo caldo, e forse la tua fantasia ti porta a ricreare i miei gemiti, ed i suoi.
Sospiri e torni a guardare me adesso.
Ed è in questo preciso istante che comprendo che sì, tu stai immaginando esattamente tutto questo.
- E perché dovrei? - allungo le mie braccia e appoggio i miei gomiti sul tavolo, posando il viso sulle mie mani incrociate. Sono io a sorriderti adesso.
- Perché la vuoi. È evidente. - ti vedo muoverti con fare nervoso, e sfiori le mie gambe sotto al tavolo mentre incroci le tue.
- Ma ti lascerei sola, e poi lei sta lavorando. - mi prendo gioco di te, esattamente come tu fai con me. Se vuoi giocare, giochiamo Oscar.
- Non lavorerà tutta la notte. Potresti aspettarla, e per quanto riguarda me, non preoccuparti André. Neanche io starò con te ancora a lungo. -
Dio quanto sei stronza.
Un nuovo bicchiere di vino si presenta davanti ai miei occhi, e alzo il viso verso la stessa ragazza che poco prima bramava le mie attenzioni.
- Grazie mille. Posso sapere il vostro nome, mademoiselle? -prendo una sua mano e la porto alla mia bocca, sfiorando appena la sua pelle.
E tu, tu Oscar, stai esplodendo di gelosia.
Lo vedo chiaramente, mentre sbircio verso la tua direzione. Volevi giocare, giochiamo.
- Lucille. Il mio nome è Lucille. - mi risponde lei, sbattendo gli occhi da cerbiatta e ritraendo la mano, soddisfatta delle attenzioni che le sto servendo.
- Hai un bel nome, Lucille. E anche tu sei bella. -
Muovi le tue gambe, incrociandole ancora e ancora, sei nervosa. Sei gelosa.
Ammetti di esserlo, e tutto questo finirà, Oscar.
- Grazie monsieur. Grazie davvero. - , la ragazza si volta per andar via, ma non prima di donarmi un'ultima occhiata, soddisfatta e sicura di avermi conquistato. Povera Lucille.
- Bravo. Ben fatto. - mi dici ora, mentre torni a sorridere e sorseggiare.
Potrei interrompere questa sciocca farsa, potrei dirti che non mi inganni, che tu non mi hai mai ingannato, e che sei una sciocca. Una sciocca che teme di prendersi ciò che le spetta di diritto.
Ma non lo farò, Oscar. Voglio vedere fin dove riesci a spingerti. Voglio conoscere questo tuo lato mai celato ma che non riesci a nascondere, questa sera.
- Hai ragione, Oscar. Io voglio quella donna. - te lo dico portando una mano ad un lato della mia bocca, e sussurrandolo. Fintamente preoccupato che qualcuno possa sentire.
- Lo so. Io so tutto di te. - appoggi un braccio allo schienale, e mi sfidi con quegli occhi color ghiaccio.
La tentazione di alzarmi e prendermi le tue labbra è forte, e so che anche tu lo vorresti, ma non lo farò.
- Tu pensi di conoscermi? Pensi di sapere tutto di me, Oscar? - te lo domando studiando ogni tua espressione, ogni tuo minimo movimento.
- Sì. - mi rispondi prontamente. Prendi i tuoi capelli e li sposti ad un lato della tua spalla. È una movenza del tutto femminile, quasi erotica, ma tu nemmeno te ne accorgi di quanto sei donna. Di quanto sei bella. Ogni tuo gesto tradisce il tuo voler esser uomo. Non abbiamo più vent'anni, e il tuo viso che tentavi in tutti i modi di far apparire androgino ti ha tradito. E anche il tuo corpo l'ha fatto. Sorrido ripensando a quando era semplice per te celare il tuo esser donna, e qualcuno aveva persino creduto che tu fossi un ragazzo. Ma ora non puoi più nasconderlo. I tuoi lunghi capelli color oro, la tua bocca carnosa e tendente al rosa acceso, i tuoi lineamenti, i tuoi fianchi, i tuoi glutei. Tutto fa di te una donna. E sei bellissima Oscar. Sei la donna più bella di Francia, e nemmeno lo sai.
- Davvero pensi di conoscermi? Io ti mostro solo ciò che voglio mostrarti, Oscar. Al contrario, io conosco ogni tuo lato, anche il più nascosto. Per me sei un libro aperto. - sgrani gli occhi, non ti aspettavi una tale presunzione da me, vero?
- Tu non sai niente di me, André. - ribatti scocciata, alzando di qualche tono la voce.
Un'idea malsana mi passa per la mente, ricordando quel gioco alcolico a cui partecipano i miei commilitoni quando si annoiano, nelle camerate.
Mi alzo velocemente e domando all'oste un'intera bottiglia di vino, poi torno al tavolo e mi risiedo, mentre tu posi lo sguardo su quest'ultima in modo confuso.
- Facciamo un gioco - ti dico sorridendo, e sono sinceramente divertito fantasticando su ciò che accadrà da qui a poco.
- Un gioco? - mi sproni a continuare, per spiegarti cosa io abbia in mente.
- È una cosa a cui io non ho mai partecipato, ma per te farò un'eccezione. Dirò una cosa che credo sia vera sul tuo conto, e se avrò ragione dovrai bere un sorso. - cacci una breve risata, scuotendo la testa.
- È questo quello che ti insegnano i tuoi compagni? A trovare scuse su scuse per poter bere come degli ubriaconi? -
- Suvvia, Oscar, hai detto che non ti conosco. Vediamo se hai ragione. - apro la bottiglia e verso il contenuto scuro in entrambi i bicchieri oramai vuoti, e attendo una risposta che non fatica ad arrivare.
- Va bene, ma ad una condizione. Anche io voglio fare delle supposizioni sul tuo conto. - la cosa si fa interessante.
Brava, Oscar.
- Perfetto, inizio io se non ti dispiace. C'è qualcosa in particolare di cui non vuoi parlare, o posso dire tutto ciò che voglio senza censure? -
In cuor mio spero che tu decida di affrontare qualsiasi discorso, perché in tal caso ci sarà da divertirsi, e non poco.
Fai spallucce, ostinandoti a mostrare una sicurezza che già so ti abbandonerà ben presto.
- Possiamo parlare di tutto, non ho nulla di cui vergognarmi. - oh, invece sì, mia cara.
- D'accordo, Oscar. Io penso che tu abbia abbandonato la Guardia Reale per fuggire da Fersen e Sua Maestà. Ho ragione? - all'udire queste parole incroci le braccia, portando i tuoi occhi prima verso il bicchiere, poi verso di me.
Forza Oscar, lasciati andare. Questo è solo l'antipasto.
Prendi il bicchiere in mano e lo porti alle labbra, fissandomi dritto negli occhi. Lo posi nuovamente sul tavolo e so che anche tu non ci andrai leggera.
- Contento? Ora è il mio turno. Io penso che tu abbia goduto del fatto che io non sia stata ricambiata da lui. -
Faccio una breve smorfia, indeciso su come muovermi.
Non ho mai amato vederti soffrire, ma devo ammettere di essermi sentito sollevato. Ho sempre sofferto all'idea che lui potesse toccarti. E va bene, buttiamo giù questo vino.
Ma ora tocca nuovamente a me, e questo ti farà male Oscar.
- A proposito, visto che siamo in tema sul tuo licenziamento improvviso ... - inarchi un sopracciglio, e con quella strana espressione in volto sei ancora più bella ; - Parliamo di me e te. Io penso che tu abbia voluto allontanarmi da te solo per timore di un mio giudizio, e non per dimostrare a te stessa di saper cavartela da sola. - non porti alle labbra il bicchiere e scuoti la testa. Che bugiarda che sei.
- No, André, non è così. -
- Ah, no? Allora parliamo di quella notte. - mi blocchi, portando in avanti una mano.
- Io non voglio parlare con te di quella notte, né ora e né mai. E in ogni caso è il mio turno. - calma, calma Oscar! Rischierai di prenderti un infarto se già parti col piede sbagliato.
- Mi spiace deluderti, ma sei stata tu stessa ad aver detto che non c'erano problemi a parlar di qualsiasi cosa. Avresti dovuto pensarci prima. -
Sbuffi, guardandoti intorno. Che c'è, vuoi fuggire?
- In ogni caso è il mio turno, André. Io penso che il tuo più grande difetto sia che non riesci a trattenerti, dicendo e facendo qualsiasi cosa ti passi per la testa senza nemmeno riflettere su quanto potresti ferire gli altri - questa è bella! Io, che son stato zitto per una vita ingoiando bocconi amari non saprei trattenermi? Al diavolo, non ammetterò mai una cosa non veritiera.
- Hai torto, io ti ho sempre lasciato carta bianca sulle tue decisioni, anche se il più delle volte non le condividevo. Sei tu la testa calda Oscar, e sei sempre tu quella che ora parla di quella notte dato che sai benissimo che è stata l'unica volta in cui ho reagito di impulso. Bene, parliamone. Io penso che tu non sia arrabbiata né per il bacio né per il mio gesto sconsiderato. Tu sei arrabbiata perché odi il fatto che io ti abbia sbattuto in faccia la realtà, ovvero che sei una donna, una bella donna, e che non potrai mai essere un uomo. Sei una rosa che vuole a tutti i costi apparire come un lillá, ma cara Oscar, i lillà si innamorano di te e tu non puoi farci proprio un bel niente. -
Parlo in modo calmo, seppur non riesca a fare a meno di guardare le tue mani che tremano, perché ti ho messa in gabbia e ora non sai come uscire da questa situazione.
Smettila di tremare e bevi quel maledetto vino, coraggio.
- Questa è una follia. - lo dici sottovoce, rivolgendoti più a te stessa che a me. - Ti conviene ammettere che io ho ragione, Oscar. E non è una follia ciò che ti sto dicendo, è la semplice realtà dei fatti. - prendo in mano quel bicchiere che indugi nell'impugnare e lo avvicino al tuo viso. Esiti parecchio, perché significherebbe cedere e darmi ragione, ma alla fine lo fai e bevi talmente tanto da svuotarlo.
- Contento? Visto che sei talmente coraggioso da parlare di quel bacio e del tuo dannato gesto, voglio dirti cosa penso su questi ultimi. Tu non sei pentito di avermi fatto una cosa del genere. Nemmeno un po'. Ed è anche per questo che non riesco a farmela passare, André. -
Che idiozia. Sei veramente pessima, Oscar.
- Io non ingoierò un solo goccio di vino, e sai perché? Perché se guardassi oltre il tuo nobile naso, ti accorgeresti di quanto soffro ogni santo giorno per quel che ti ho fatto. Credi che prima di quella notte io non abbia mai avuto l'impulso di baciarti? Quell'impulso esiste in me da sempre, fin da quando eravamo ragazzini, ma non ho mai osato sfiorarti e mi son sempre trattenuto, perché sapevo che sarebbe finita così. Sapevo che un errore del genere mi sarebbe costato caro. -
Il tuo viso si rilassa, non mostra più alcun segno di insolenza e sospiri, sospiri forte come se ti avessi tolto un macigno dal cuore.
Ma ora tocca nuovamente a me, e ti conviene essere onesta non solo con me ma anche con te stessa.
- Oscar, io penso che tu senta la mia mancanza. Siamo qui, insieme, eppure è cambiato tutto tra noi. Ma io ti manco, ti manco e non sai come fare per dirmelo senza risultare debole. - smettila, smettila di cacciare tutti quei sospiri e smettila di distogliere il tuo sguardo dal mio. Abbi coraggio, Oscar.
- Non farmi questo, André. - oh, io invece lo faccio. Lo faccio perché anche tu mi manchi, maledizione. Mi manchi più dell'aria.
- Fingere che non sia successo nulla tra noi non migliorerà la faccenda, Oscar. Non puoi far finta che quella discussione non sia mai avvenuta e non puoi cancellare quel che ti ho fatto. Perché l'ho fatto. E so che soffri, so che ti senti fragile e piccola in mia presenza, ma so anche che ti maledici per non esser abbastanza coraggiosa da ammettere che ti manco. -
Per favore, Oscar. Smettila di essere il freddo comandante e torna ad essere ciò che fa di te la donna speciale e magnifica di cui mi sono innamorato.
Indugi parecchio, troppo.
Sono io a sospirare, adesso. Inutile rimanere qui.
- E va bene, io vado via. Se il tuo orgoglio è più importante del nostro rapporto è giusto che io non mi trattenga oltre. - mi alzo dalla sedia e faccio per andar via, ma tu afferri il mio polso portandoti in avanti e con l'altra mano agguanti l'intera bottiglia, bevendo una gran quantità di vino direttamente da essa.
- Ecco, ecco quanto mi manchi, André. Contento? - ti fisso sinceramente confuso e sbalordito, mentre torni a guardarmi con braccia conserte e sguardo attento. Torno a sedermi e rimaniamo in silenzio, fin quando scoppio a ridere e tu scuoti la testa, tentando di resistere a tua volta, ma fallendo miseramente.
- Se te ne fossi andato, quella lì ne avrebbe sofferto. - indica Lucille con l'indice. Ah già, la tua gelosia. Arriveremo anche a questo, stanotte.
- A me non interessa nulla di quella ragazza, ne di nessun'altra. Lo sai bene. Molto bene. -
Te lo dico senza vergogna, e tu abbassi lo sguardo. Non hai idea di quanto tu sia adorabile in questo momento.
- André. Io penso che tu sia esperto in fatto di donne. - e questa come ti è venuta in mente?
- Addirittura esperto? - ridiamo ancora, forse è il vino.
Sei tu a versarlo e attendere che io beva. Ti guardo incerto.
- Quante donne fanno di un uomo esperto? - sollevo il sopracciglio, sghignazzando.
Fai spallucce, non sapendo rispondermi.
- Non sono come Alain, lui sì che si diverte parecchio. Io .. io ho avuto qualcuna, ma non sono un dongiovanni. - studio la tua espressione, sperando di vederci un sollievo, e così è.
- Oscar. - al diavolo, non riesco a tacere. Un " mi manchi" non mi basta più, e so che se non sono io a fare il primo passo tu rimarresti in silenzio a vita.
- Tu sei gelosa. Sei gelosa di quella ragazza che nemmeno conosciamo. Sei gelosa di qualsiasi donna possa anche solo sfiorarmi con lo sguardo. Sei gelosa perché credi che io possa baciare o toccare qualcun'altra con la stessa intensità con cui l'ho fatto con te. -
Deglutisci, e smetti di respirare per qualche istante.
Abbassi nuovamente lo sguardo senza dire alcun che.
- Oscar? - tento di incalzarti, ma il tuo viso si fa nuovamente teso e quando mi restituisci lo sguardo, quest'ultimo è freddo e scostante.
- Ti sbagli. Tu puoi fare quel che vuoi, con chi vuoi. -
Maledizione. Perché devi fare così?
- La guardi come se fosse un insetto da calpestare, e so che la tua fantasia ti porta ad immaginare chissà cosa tra me e lei. Non accadrà, Oscar. Non toccherò quella donna e non lascerò che lei tocchi me. - sciogliti Oscar, fammi tornare a vivere, a respirare.
E smettila di torturare quelle gambe accavallandole di continuo.
- Sono stanca. Non mi va più di giocare. - ti guardi le mani, senza mai alzare il viso per incontrare il mio.
- Va bene, Oscar. Non giochiamo più, ma permettimi di dire un'ultima cosa. E guardami in faccia mentre ti parlo. -  continui a tenere il capo basso, e io perdo la pazienza allungandomi verso di te e alzando il tuo mento per guardarti negli occhi. Dio, che begli occhi.
- Non voglio sentirti. Non voglio che tu dica niente, André. - hai la voce spezzata, e perdonami, perdonami ma non posso trattenermi.
- Tu mi ami, Oscar. - eccolo il respiro che manca nuovamente nei tuoi polmoni, sei talmente spaventata dalle mie parole che tremi come non ti ho mai vista fare.
- No André, io non ti amo. - hai gli occhi lucidi, e temo che da qui a poco tu possa diventare una valle di lacrime.
- Tu mi ami. Lo vedo in qualsiasi momento della giornata. Mi guardi, mi scruti, a volte balbetti quando entro nel tuo ufficio e tenti in tutti i modi di evitarmi. Poi però ti manco, e ti ritrovi a chiedermi di fare doppi turni pur di stare insieme e di accompagnarti a casa, o a bere qualcosa insieme. E ogni volta io aspetto che tu dica o faccia qualcosa ma non lo fai mai. Perché hai paura, hai paura che io possa farti perdere il controllo. Hai paura che io possa renderti felice. -
Sei tu ad alzarti, adesso, cercando l'uscita di questa taverna per fuggire il prima possibile.
Ti prendo per le spalle e ti costringo a sederti nuovamente, e santo cielo quanto tremi. Sei così fragile Oscar, l'amore ti rende fragile.
- Smettila. - non sei arrabbiata, non urli, non perdi il controllo, vorresti solo piangere e andare via. Ma io non sono Fersen e non ti lascerò fuggire.
- Non serve che tu parli. Parlerò io Oscar. Sai cosa penso davvero? Che tu ti odi. Ti detesti. Disprezzi il tuo cuore che palpita ogni volta che mi incroci in un corridoio o mi sfiori per sbaglio. Lo disprezzi talmente tanto da sperare che io smetta di guardarti o seguirti ovunque tu vada. Ed è per questo che mi dai degli incarichi assurdi e che chiunque detesterebbe, perché speri che io smetta di amarti. - mi fermi, portando le mani avanti.
- Io non ti do nessun incarico assurdo. - sbuffo, alzando gli occhi al cielo.
- Oggi pomeriggio mi hai fatto pulire la merda nel piazzale, letteralmente! Ieri mattina hai lasciato che tutti interrompessero le proprie esercitazioni, mentre a me hai detto di continuare, perché dovevo migliorare. Ma davvero Oscar? Sono il soldato migliore che tu possa avere e mi tratti come Gèrard che non sa nemmeno impugnare una spada! - guardi qualcosa di indefinito al tuo lato destro, e scuoti la testa lentamente. Deve essere un duro colpo per te sentirti dire tutte le sciocchezze che fai pur di allontanarci.
- Ho detto di guardarmi. Ecco, brava, guarda me. Io non smetterò di amarti, qualsiasi cosa tu faccia. È una cosa che devi accettare, e smettila di credere di poter imbrogliare gli altri, o meglio, me. Io ti conosco Oscar, e non mi hai mai guardato come fai adesso. E non credere che smetterai di provare questo sentimento per me fra qualche tempo, perché io non sono Fersen e Dio solo sa da quanto mi amavi, ma te ne sei accorta solo ora. Ho promesso che non ti avrei mai più sfiorata, e lo so, lo so che mi maledici per non prenderti e baciarti, perché questa volta ti lasceresti andare, e mi ameresti come ne necessitiamo entrambi. Ma se da una parte mi maledici, dall'altra per te è una benedizione, perché dovresti affrontare l'amore, noi. E non esiste che tu possa amare, baciare toccare o fare l'amore con chi credevi fosse un fratello, vero? -
Ti irrigidisci alle mie ultime parole, ti ho colta nel segno, amore mio.
- Tu ami l'idea di me, André. È tutto qui. -
Ti prendo per un polso e ti trascino via da qui, tenti di divincolarti dalla mia stretta ma sai bene quanto io sia più forte di te.
- Torniamo in caserma. - ti tranquillizzi immediatamente, perché pensi che io voglia lasciar perdere il tutto. Che illusa che sei.
Il tragitto lo facciamo nel pieno del silenzio, e ora che siamo nuovamente qui pensi di poter chiederti nel tuo ufficio e chiederti dentro, vero? Doppiamente illusa.
- Buonanotte. - Buonanotte un bel niente, Oscar. Mi intrufolo insieme a te nelle tue camere e mi fissi con rabbia adesso. Coraggio, perdi la pazienza, non servirà a nulla.
- Vai nella tua camerata, André. -
- No, adesso finiamo questo discorso - ridi adesso, ma cosa ridi?
- In realtà hai parlato solo tu, André. - e continuerò a farlo, anche se ti fa male.
Mi avvicino a te e tu indietreggi, fin quando non sbatti contro il muro. Perfetto.
- Non toccarmi. - lo dici allarmata, e sono io a ridere adesso. Perché? Temi di rispondere alle mie carezze, alle mie attenzioni?
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo, e quando meno te lo aspetti cingo la tua vita con un mio braccio, stringendoti a me.
Mi spingi via, ma ricordi? Sono più forte di te.
- Vattene o ... - ci risiamo, di nuovo questa sciocca minaccia.
- O chiedi aiuto? Ma mi vuoi spiegare per una buona volta a chi vuoi chiedere aiuto? Quella notte volevi chiederlo a chi? A mia nonna? E ora a chi lo chiederesti? Ad Alain, agli altri? - rido di gusto e sento il tuo respiro sul mio viso, è caldo.
-Su, su, da brava Oscar. Non voglio farti male. - ti prendo per la nuca e stringo la tua testa sulla mia spalla, facendoti capire che voglio solo abbracciarti.
Indugi, tentenni, e per l'ennesima volta tremi. So cosa stai pensando, vorresti stringermi a te. E allora fallo, testona.
- Lo so che vuoi abbracciarmi, fallo - e dopo un breve istante cingi le tue braccia sulla mia vita, rimanendo in silenzio.
- Io non amo l'idea di te. Non amo l'idea di una donna comandante che pare irraggiungibile a chiunque. Io amo te. Te, Oscar. Io amo la ragazza che si è intrufalata nella stanza del Re per convincerlo a salvarmi la vita, amo quella dolce e sensibile ragazza che ha pianto per due settimane intere sentendosi in colpa per non aver salvato Pierre, quel bambino ucciso da un Duca disonesto e spregevole. Amo quella ragazza che successivamente l'ha sfidato a duello, vincendo, sempre per lui. Sempre per Pierre. Amo quella ragazza che non ha riflettuto nemmeno un istante prima di portare in casa una fanciulla senza più madre, aiutandola a crescere ed a istruirla, amandola come una sorellina. Potrei continuare all infinito Oscar, io amo la tua bontà, la tua sensibilità, la tua purezza. E per non bastare sei pure bellissima. Diamine, mi fai impazzire. -
Ti scosti da me, quel che basta per vedermi in volto, ed è amore quel che vedo in te.
È difficile resistere, è difficile non baciarti.
- È difficile. È difficile, André. - lo so, Oscar, lo so.
- Noi siamo difficili. E complicati. Ma è proprio questo il bello. - sorridi appena, ecco brava, sciogliti.
Azzardo, sfiorandoti una guancia, e tu chiudi gli occhi, gustando una carezza per troppo tempo non ricevuta.
Avvicino il mio viso al tuo, fronte contro fronte, e adesso li apri quegli occhi meravigliosi, e li punti sulle mie labbra.
- Prenditi ciò che ti spetta, e non attendere sempre me, testona. - ridi adesso, ad un soffio dalla mia bocca. Sorrido anche io, perché so di aver abbattuto una volta per sempre quella barriera costruita da noi stessi.
Eccole, eccole le tue labbra sulle mie, sono dolci, sono buone, e sono impazienti.
Ti stringo forte a me, mentre lascio che tu prenda confidenza con questa mia bocca che non aspettava altro di incontrare la tua.
Mi perdo in te, in noi, e mi doni mille carezze, mille baci, e mi parli, mi parli in ogni gesto e in ogni lacrima che versi.
- André. Avremmo dovuto giocare molto tempo fa. -
Amore mio.



Noi non siamo un gioco.
  
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