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Autore: V4l3    03/05/2019    0 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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2.
 
Entrò nel piccolo parcheggio del Blue Line sgommando e frenando bruscamente. Descrivere quello che provava era davvero impossibile in quel momento, avrebbe volentieri spaccato ogni cosa intorno a sé, avrebbe raso al suolo quel fottuto paese in quel momento, mentre una parte di lui urlava tutto il suo dolore per la morte di Emma, per aver saputo che quella ragazza, conosciuta quando viveva in Italia, era morta. Colpì violentemente il volante e gridò all’interno del suo pick-up, non poteva credere che quella donna gli avesse fatto uno scherzo del genere. Era maledettamente ingiusto. Scese chiudendo rabbiosamente lo sportello, quasi a volersela prendere con lui per quello che gli era crollato sulle spalle e non si preoccupò della pioggia che lo bagnò mentre percorse la strada per entrare al pub. Una volta dentro si catapultò a testa bassa al suo solito posto, all’angolo destro del bancone dove ci si poteva mettere una targhetta a suo nome ormai –Ehi bello!Come mai così presto?- chiese quella voce che Jason riconobbe come essere quella del suo amico Mike –Non rompere il cazzo e dammi una birra!- disse furioso posando le braccia sul bancone che iniziò a bagnarsi per colpa delle gocce d’acqua. Poco dopo si ritrovò un bel boccale di birra davanti agli occhi e senza aspettare neanche che Mike glielo posasse davanti lo agguantò e ne tracannò giù una lunga sorsata. Quando lo posò con un tonfo sul bancone si decise a puntare gli occhi sul suo amico in piedi davanti a lui con le braccia appoggiate sullo stesso bancone, che lo fissava con un leggero sorrisetto contornato da quella barba fitta –Che cazzo ridi?- chiese e Mike scosse la testa rasata –Non ti vedevo così da quando è venuto qui tuo padre- affermò critico ma mantenendo quel sorrisetto, Jason incassò il colpo e abbassò lo sguardo sul boccale –Sono nella merda- esordì dopo qualche attimo, mentre il chiacchiericcio dentro al pub sembrava allontanarsi da lui nel momento in cui ripensò a quello che era accaduto qualche minuto prima. Mike sospirò alzando i suoi occhi scuri al soffitto e riprendendo a pulire un bicchiere  –Si certo, come no- disse sarcastico –Cosa t’è successo ti hanno chiesto di partecipare a qualche riunione di famiglia?- e non trattenne una risata, Jason lo fulminò con lo sguardo  –Smettila di fare il coglione Mike!Sono davvero nella merda!- sibilò bevendo di nuovo la birra, Mike incrociò quegli occhi e per la prima volta da quando lo conosceva, si rese conto che c’era davvero qualcosa che non andava in Jason quella sera.
-Liz!- chiamò Mike e da dietro una porta arrivò una ragazza non molto alta e formosa, con una cassetta di posate, la sorella di Mike, mora con i capelli corti e gli occhi scuri identici a quelli del fratello –Che vuoi?- chiese scontrosa mentre posava la cassetta sotto un ripiano –Vado un attimo con Jason di sopra, pensaci tu qui- la ragazza sbuffò mentre il fratello fece un cenno con il capo all’amico che si alzò e lo seguì al piano di sopra, nell’unica stanza adibita a studio. Appena entrarono, Mike si preoccupò di chiudere la porta e accostare la tendina della vetrata, per evitare che qualche ficcanaso, compresa sua sorella, allungasse gli occhi. Jason intanto si era lasciato cadere sul divanetto a due posti addossato sulla parete sinistra della stanza, con la testa tra le mani e Mike avvertì un leggero brivido attraversagli la schiena –Allora amico, che diavolo ti è successo?Non riesci a levarti dalle scatole qualche donna avvenente?- chiese cercando di alleggerire la tensione che l’amico aveva portato con sé. Si sedette sulla sedia in pelle nera dietro la scrivania ricoperta da scartoffie e dal suo adorato pc, se non ci fosse stata la tecnologia, a quell’ora Mike si era già suicidato in quel cavolo di paese dove era nato. Guardò l’amico a lungo, ma lui non accennava a mutare né posizione né a proferire parola e Mike ben presto si sentì a disagio per quella situazione, richiamò l’amico con una leggera tosse –Ehm, Jason?Sei su questa terra?- chiese titubante accarezzandosi la barba, come faceva ogni volta che c’era qualcosa in ballo, l’amico improvvisamente sbuffò appoggiandosi allo schienale del divano reclinando la testa all’indietro con gli occhi fissi sul soffitto –Sono nella merda e sinceramente non vorrei proprio essere su questa terra- si sforzò di rispondere, Mike sospirò spazientito
 –L’hai detto almeno cinquanta volte da quando sei qui! Mi vuoi dire che cazzo è successo?- sbottò alla fine non riuscendo a vedere Jason in quel modo, sembrava il fantasma di se stesso, ora che lo osservava bene. Jason sospirò continuando a guardare il soffitto, una fitta all’altezza del cuore che faceva male –Emma è morta- disse tutto d’un fiato e Mike si ritrovò a spalancare occhi e bocca a quelle tre parole –E..Emma? Quella Emma?- chiese con voce strozzata, Jason sospirò e lasciò intendere che fosse proprio quella Emma
 –Ma come è successo? Quando?-la mente di Mike si riempì di domande, si alzò dalla sedia e si appoggiò alla scrivania davanti all’amico –Tu come fai a saperlo?- chiese infine, non aveva mai conosciuto questa Emma, ma sapeva gran parte della storia e sapeva quanto Jason ci tenesse –Tre mesi fa- rispose l’amico abbassando la testa ai suoi jeans –Me lo ha detto la figlia- aggiunse e Mike non potè evitare di rimanere di nuovo senza parole –La..la figlia di Emma?- Jason lo guardò con un sorriso triste –E’ a casa mia- specificò e Mike si portò una mano sulla testa grattandosi la nuca, come se quello che Jason gli avesse detto non l’avesse davvero capito
-Ma sei sicuro?- chiese dopo aver aperto il mini frigo posto accanto alla scrivania e prendendo due birre, quella sera ne sarebbeo servite parecche e una la passò a Jason –Gli assomiglia tantissimo- ammise quest’ultimo con una punta amara nella voce. Quando quella ragazza gli si era presentata davanti, non l’aveva neanche vista effettivamente in faccia aveva subito pensato a qualche scocciatura, anzi che aveva deciso di aprire la porta, ma quando aveva pronunciato il nome di Emma, improvvisamente Jason aveva visto la somiglianza con la madre, tanto da ricordarle Emma a vent’anni. Si passò una mano sul viso e tracannò quasi tutta la birra d’un fiato –Scusa, ma che è venuta a fare qui?- chiese Mike sedendosi sulla scrivania –Insomma non ha senso che lei si presenti qui da te, non è mica tua figlia e poi quanti anni sono passati che non vedi Emma? Quindic’anni?- Jason fisso gli occhi scuri dell’amico –L’ultima volta che l’ho vista mi disse che se ne sarebbe andata perchè non voleva rimanere lì, vista anche la gravidanza, aveva 19 anni- rispose malinconico ricordando quel momento e di come il suo cuore si fosse spezzato. Emma Savelli, una ragazza brillante, appassionata di arte e archeologia, una ragazza bellissima, con due occhi che potevano chiedere al mondo tutto quello che volevano per quanto erano espressivi. Emma Savelli, il suo amore segreto, la ragazza conosciuta a scuola quando viveva a Roma, lui aveva appena 16 anni e si era subito innamorato di quello sguardo, della sua gentilezza di quel volto sorridente che mascherava ferite profonde che solo con il tempo e l’amicizia che li aveva legati lui aveva conosciuto; la sua Emma che poi aveva deciso di allontanrsi da tutto e tutti.
–Mi chiamò diverse volte e mi scrisse- iniziò a raccontare perdendo lo sguardo in quei ricordi –Mi disse che non poteva più continuare a studiare per via della figlia, ma soprattutto voleva tenerla lontana da suo padre, per questo sparì nel nulla e potevo sentirla solo quando decideva lei di farsi sentire o mi scriveva le sue lettere- guardò l’amico che ascoltava in silenzio –Ci siamo sempre sentiti, ma non mi aspettavo questo- ammise sospirando –Jas, ma non capisco che ci fa la figlia qui da te- ribadì Mike buttando la bottiglia nel secchio lì accanto –Vuole che mi prenda cura di lei- spiegò lasciando l’amico basito – la figlia mi ha portato una sua lettera dove c’è scritto tutto e c’è anche un assegno per il disturbo- disse sprezzante finendo di bere la sua birra –Ma è uno scherzo?- chiese Mike sbigottito, Jason scosse la testa senza guardarlo –Pare di no, ho ricevuto anche una lettera da parte della sua amica Francesca - Jason sentì un forte mal di testa iniziare a pulsare prepotente nella testa  -Cazzo amico, sei nella merda più nera!- disse Mike allucinato e il suo sguardo fece sorridere Jason –L’ho detto dall’inizio, infatti- cercò di scherzare, ma si sentì improvvisamente perso –Comunque non capisco ancora perché Emma abbia affidato a te una ragazza di vent’anni, a quell’età può badare a sé stessa- disse con un’alzata di spalle l’amico, Jason si alzò e si portò le mani alle tempie –Ti ho parlato del padre di Emma no?- l’amico fece un cenno d’assenso con la testa –Più o meno- rispose Mike sapendo che quel discorso era un capitolo che Jason custodiva gelosamente e non ne parlava mai; gli aveva raccontato molto tempo prima, che questa sua grande amica, era figlia di un uomo che non era proprio una brava persona, per cui lei aveva sempre cercato di stare alla larga da lui e dalla sua famiglia, ma le cose si erano complicate, ma Jason non aveva mai spiegato molto di più
 –Nella lettera c’è scritto che non vuole che quell’uomo abbia contatti con Alex- la voce di Jason era più bassa del solito –mi chiede se posso badare a lei, almeno finchè non sia lei a decidere di andarsene- spiegò – in nome della nostra amicizia; mi ha scritto che può fidarsi solo di me, visto che lei non potrà starle accanto- di nuovo quella fitta al cuore. Seguirono attimi di silenzio prima che Mike sospirando si alzò dalla scrivania e gli posò una mano sulla spalla –Che hai intenzione di fare?- gli chiese incrociando quello sguardo che sembrava essere come il mare in tempesta.
Era convinto che di lì a poco la sua testa sarebbe completamente esplosa, mentre spegneva il motore del pick-up; guardò l’ora, erano le 02:00 di notte, era stato via praticamente quanto una giornata di lavoro, la stanchezza era la stessa, effettivamente. Sospirò guardando la pioggia scendere sul parabrezza e il suo rumore riempire l’abitacolo mentre con un profondo sospiro scese dall’auto  guardando quella casa come se prima o poi dovesse sparire davanti ai suoi occhi; una parte di lui sperava che quella ragazzina se ne fosse andata, non voleva affrontare una questione così grande, non era il tipo da mettersi a risolvere i problemi agli altri, quando era lui il primo ad aver bisogno di risollevare la sua vita. Fece quei cinque gradini del portico come un condannato, a testa bassa, dosando ogni passo come se fosse l’ultimo. Aprì la porta piano e vide subito il fuoco spento con quel sentore di fumo,così si avviò verso il salotto, richiudendosi la porta alle spalle e posando la giacca; una volta davanti al divano si ritrovò a guardare quella ragazza, completamente addormentata. Era in posizione rannicchiata, il collo leggermente storto, le mani chiuse come due pugni sotto al mento, la bocca a forma di cuore era leggermente socchiusa, alcuni capelli le ricadevano scomposti sul viso e lui si ritrovò a pensare che fosse la copia sputata della sua Emma. Prese un profondo respiro per poi avvicinarsi al divano e ricoprire quel corpo piccolo e infreddolito, con una coperta che era addossata alla spalliera del divano. Rimase a contemplarla ancora per diversi minuti che presto si tramutarono in almeno due ore, con la mente persa in ricordi che aveva seppellito nel suo cuore, dove nessuno, nemmeno lui, aveva più guardato. Si alzò dalla poltrona quando ormai albeggiava, diede un’altra sistemata al fuoco che di nuovo si mise a scoppiettare facendo partire i termosifoni e lentamente salì le scale della sua camera.
  
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