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Autore: Light Clary    04/05/2019    1 recensioni
La Ciurma di Cappello di Paglia si ritrova coinvolta nell'ennesima avventura/
Per uscirne vivi anche stavolta, dovranno fare affidamento su tutta la loro determinazione.
Il nemico è un essere capace di espirare tutto ciò che rende una persona quello che è.
Senza i sogni, senza l'amore, senza gli amici e senza i ricordi, nessuno sarà più lo stesso.
Disposti a tutto pur di aiutare la loro nuova amica Narumi a salvare la sua casa/
Finalmente i veri sentimenti di Nami verranno a galla.
E rivelerà a Sanji ciò che lui non si sarebbe mai aspettato di sentirsi dire.
Non da lei.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nico Robin, Nuovo personaggio, Roronoa Zoro, Un po' tutti, Z | Coppie: Sanji/Nami
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Se le striature violacee, che andavano a mano a mano a intrecciarsi su quella che pareva una superficie opaca, potevano definirsi delle crepe su uno strato di vetro, allora questi era vicino la disgregazione.
Passus era un concentrato di forza ed energia impareggiabile e la stava concentrando tutta verso quella che era la barriera che li teneva segregati sull’isola di Cinis. Lo sentiva. Ancora un piccolo sforzo e sarebbero stati liberi, lui e i suoi sottoposti. Liberi di alimentarsi di ogni anima pura che animava la feccia terrestre. Si sentiva eiaculare dentro pensando a quanto esse apparivano stuzzicanti già nei suoi pensieri. Ma non poteva permettersi di lasciarsi distrarre da quei pensieri. Non quando era ad un passo dal realizzarli.

Sanji corse su per le scale salendo due gradini alla volta senza risparmiarsi qualche caduta. Sentiva il corpo ancora troppo debole e dentro di sé sapeva che era lontanamente probabile che in quelle condizioni sarebbe riuscito a mettere alle strette il demone superiore. Specialmente ora che la sua forza si era quadruplicata. Non era ancora giunto a destinazione e già avvertiva la sua potente aurea negativa che prese a formicolargli nei muscoli. Provò a pensare ad altro per distrarsi dall’indolenzimento che andava intensificandosi.

Doveva cercare di guadagnare quanto tempo più tempo possibile. Anche a costo di rimetterci la vita avrebbe rimandato il disfacimento del cerchio che proteggeva il Nuovo Mondo dalle brame di quei bastardi dei demoni. Lo doveva alla sua ciurma. Lo doveva a Narumi, a sua sorella e alla piccola ma unica speranza che avevano. Lo doveva alla sua Nami e a tutto il dolore che aveva passato e che ancora pativa indifesa.

Con l’immagine della ragazza che amava, in preda ad un male inesorabile, accelerò con un ringhio la propria andatura e senza rendersene conto si ritrovò davanti una vecchia porta di legno chiusa a chiave e attraverso gli spiragli poteva già intravedere una strana luce non del tutto normale. Sapeva per certo che al di là di quella porta c’era Passus più forte che mai, ma questa consapevolezza non lo fece esitare neanche per un secondo. Non avrebbe più esitato.

Caricò la gamba e con un colpo secco sfondò la porta venendo così abbagliato da raggi che una sagoma completamente avvolta da una luce tetra esalava. Sprigionava tutto il potere verso il cielo dove si era creato un piccolo vortice sfolgorante che tendeva ad espandersi, mirando ad esplodere e a mandare in pezzi in cerchio. La potenza della sua aurea era indescrivibile. Alleggiava nell’aria creando scosse di vibrato e rendeva difficile la vista e la respirazione, come in una camera a gas. Sanji si dovette coprire gli occhi per avvicinarsi ulteriormente. Una volta individuata l’esatta traiettoria che lo separava dal nemico li strinse e si buttò nella sua direzione con le mani tese. Emise un urlo di rabbia quando sentì il corpo esile di Nami venire a contatto con le sue braccia. Gliele avvolse ponderosamente intorno alla vita e gettò su di lei tutto il peso del suo corpo mandando entrambi a sbattere sulle tegole del tetto.

Per un attimo, colto di sorpresa, il demone perse la concentrazione e il vortice che aleggiava sopra di loro si ridusse fin quasi a scomparire.

-Tu! – tuonò poi riconoscendo l’avversario. Il suo tono era assordante e Sanji lo sentì trapanargli le orecchie. Ma non si arrese. Rimase abbracciato alla ragazza tendando di bloccarle le braccia lungo i fianchi. La strinse quanto le sue poche forze gli consentirono, senza aprire gli occhi. Già avvertiva i primi dolori dovuti alle scariche energiche che Passus gli infliggeva tentando di scrollarselo di dosso, senza risparmiarsi i morsi alla carotide per quanto la distanza gli consentiva. Il cuoco era già sicuro di sanguinare, ma la presa su di lei rimase ben salda.

Ti prego Narumi sbrigati, supplicò in preda alle convulsioni dovuti al contatto con la personificazione della malvagità che era deciso a non mollare, non so quanto riuscirò a resistere.

-Kami, mi rivolgo a voi! – enunciò Narumi in piedi sopra un masso elevando le braccia al cielo, senza preoccuparsi dei dolori dovuti ai lividi e al freddo. Il pugnale del padre ben impugnato. Aveva preso quanta più aria nei polmoni possibile sapendo che non doveva lasciarsi sfuggire tentennamenti altrimenti sarebbe stato tutto vano. Doveva andare dritta e decisa – Spiriti di purificazione che abitano il cielo e ci proteggete donandoci vita e morte. Evoco ognuno di voi. Divinità tutelare, prendi possesso di questo pugnale.
Affinché io possa dividere i mortali dagli immortali demoniaci. Rimandare i morti da dove provengono. Distorcere lo spazio e il tempo rispendendo quanto di più crudele sia mai esistito in questo mondo dritto all’inferno, purificando così anime innocenti a voi devoti – sentì una leggera brezza alzarsi, detto ciò per non lasciarsi condizionare dal freddo, passò alla fase successiva ed alzò lo stiletto al di sopra dell’avambraccio – In cambio di tale benedizione, accettate il sangue umano.

Prego voi, Tsukyomi e Amaterasu, la luna e il sole. Prego te, Shinatsuhiko, divinità del vento. Te, Mikumari divinità dell’acqua –riprese fiato soltanto una volta nel mentre che elencava tutti i nomi che ricordava delle forze del cielo più potenti e intanto incideva il taglio del sacrificio sempre più a fondo. Ciò gli provocò tremolii e gemiti nella voce, ma non si lasciò scomporre- Kukunochi, divinità degli alberi, Kagutsuchi, divinità del fuoco – versò il sangue su tutto lo stilo, tingendolo lì dove anche non era riuscito ad affondarlo.

Continuò ad evocare quanti dei possibili, ma nonostante la lista fosse ancora lunga, non sembrava sentire niente di diverso nell’ambra. Pregò ancora e ancora, mettendoci tutta sé stessa. Il vento aumentò.

-Ascoltate le mie suppliche! Lasciate che la vostra energia si riversi in questo oggetto, il tempo necessario affinché in male si sarà estirpato!

Sapeva di essere entrata nel vivo del rito e che qualcuno la stava ascoltando. L’aria intorno a lei era carica di un’energia particolare abbastanza percettibile, che però tuttavia sembrava non volersi riversare su di lei. Era come se si tenesse a distanza. In attesa. Insoddisfatta.

Non potette spiegare come ci arrivò.

Forse anziché accontentare le sue richieste gli dei avevano preferito trasmettergli la loro richiesta.
Forse dentro di lei c’era il vero spirito di una sacerdotessa, capace di dedurre dal tutto il tutto.
O forse era semplicemente consapevole che ciò che stava pretendendo era di gran lunga di un livello più alto dal benedire una piccola ciotolina d’acqua.
Esigeva un’offerta di gran lunga maggiore.

Narumi sentì un freddo più intenso e si rese conto che proveniva dalle sue guance bagnate. Versava lacrime senza capirne fino in fondo il motivo. Dopotutto era appena giunta ad una conclusione che in qualche modo si aspettava.

Abbassò leggermente le braccia ferite, consapevole che la brezza divina non sarebbe svanita, continuando a circondarla, osservando in attesa.

-E’ una prova? – mormorò senza preoccuparsi di urlare, sapendo di essere comunque sentita –Volete sapere quanto lontano posso spingermi per ottenere ciò che voglio? – dai suoi occhi non sgorgò più neanche una lacrima. Se li asciugò facendo sprizzare dentro essi una determinazione che neanche si avvicinava alla paura o all’esitazione. Un coraggio ferreo che l’aveva accompagnata dall’inizio. Un desiderio incolmabile di porre fine a quell’inferno e di salvare le persone che amava. Forse per le divinità non erano abbastanza tutti gli sforzi compiuti da lei medesima fino a quel momento?

Tutti i momenti passati a soffrire, ogni attimo di paura, dolore, erano serviti a farle capire particolarmente un concetto; la vita va sfruttata al meglio. Non importa come. Se in malo modo o cattivo modo. Non importava se qualcuno se ne andava prima senza aver avuto le possibilità di viverla appieno. Se almeno una volta si compie un atto che riesce a far del bene, facendo sì che le persone della tua vita si ricordino di te non con astio, ma con amore e nostalgia, avendo lasciato un segno che farà sì che il tuo ricordo e le tue azioni restino nel tempo, allora non importava la fine che facevi.  Lasciare questo mondo sapendo di avere svolto la propria minuscola parte per renderlo come si desidera, avendo lottato per i propri ideali fino all’ultimo respiro, cadere in battaglia avendo tentato di fare la cosa giusta … era una fine perfetta.
Sentendo il vento aumentare, forse perché si era impazienti, Narumi guardò ancora il pugnale. La brezza le mandò tutti i capelli a coprirle il viso e non si premurò di scostarseli. Non voleva che quell’energia cupa e grigiastra intorno a casa sua fosse l’ultima immagine.

Chiuse gli occhi.
Rivide sua sorella. Sorrise chiudendo riportando alla mente solo i ricordi più belli, fatti solo di gioia e risate. Non aveva rimpianti. Avrebbe solo voluto che tutta quella felicità fosse durata di più.

Vi amo tutti

Detto questo puntò la lama del pugnale verso il suo ventre e senza più tremare, affondò il colpo.
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Chopper stava di guardia sul ponte. Non levava gli occhi dall’isola, verso cui i suoi compagni erano approdati solo un’ora prima. Aveva lasciato Clio a dormire in infermeria e si era giurato più volte che non avrebbe permesso a nessuno di avvicinarsi a lei e non si sarebbe più lasciato sottomettere. Teneva in mano delle ampolle esplosive preparate con cura con la scorta di cera che gli aveva lasciato Usopp mentre costruiva le proprie munizioni.
Si era creato intorno un cerchio di sale, provando con le vecchie tattiche anti demone. Rufy e gli altri sembravano più convinti che mai a farla finita una volta per tutte con quella storia. Non si sentiva comunque inutile restando lì sulla nave. La responsabilità di proteggere la sorella di Narumi lo riteneva un compito davvero onorario. E non si sarebbe fermato davanti a nulla.

Stava ancora controllando meglio i dintorni, quando un tonfo improvviso fece ondeggiare la nave e lo mandò al tappeto. Fortunatamente non atterrò sulle ampolle facendole esplodere su di sé. Molta acqua entrò nella nave e le onde erano ancora in fervida agitazione, dovuta all’esplosione, proveniente dalla costa.

Chopper si rimise in piedi cercando di restare in equilibrio contro l’ondeggiamento violento e non ricadere. Alzò lentamente gli occhi verso l’isola e rimase pietrificato. Come un faro in mezzo al grigiore della nebbia, quella che era stata indirizzata come casa di Narumi, emanava una luce accecante, che si proiettava tutta verso il cielo, dove una specie di tromba d’aria fata di fumo nero andava ad avvolgerglisi intorno.

-Oh, mio … - la renna non riuscì a proferire una parola. Era certo che dietro quello spettacolo innaturale c’era qualcuno dei suoi amici. Pregò soltanto significasse qualcosa di positivo.
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L’esplosione accecò tutti e creò un leggero terremoto che non risparmiò nessuno. Ruby cadde per terra. Alle sue spalle i suoi compagni che miravano agli abitanti posseduti, buona parte dei quali in preda al dolore a causa della cera che stava lentamente facendo effetto.
Coloro ancora indemoniati mugugnavano parole incomprensibili e rimasero sdraiati più del dovuto. I pirati non persero tempo a chiedersi cosa fosse successo. Afferrarono la palla al balzo e approfittarono della loro posizione per sparare senza bisogno di immobilizzarli.

Rufy guardò verso la casa e contemplò stupefatto la colonna di luce che andava ad espandersi su nel cielo grigiastro. E per la prima volta dopo chissà quanto tempo sentì la vera paura farsi largo nel cuore.
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-Tu, misero puttaniere, va a fartelo succhiare dal tuo Dio!


Passus continuava a gridare dimenandosi come un animale rabbioso in gabbia e tra le volgarità non smetteva di riempire Sanji di morsi, pugni e scariche per quanto le braccia bloccate gli consentivano. Il cuoco sapeva che da lì a poco avrebbe ceduto. Aveva il collo sanguinante, un lobo dell’orecchio che si stava quasi per strappare e il resto del corpo colluttato.

Aveva provato a sbattere il capo di Nami sulle tegole provando a stordirla ma aveva ottenuto solamente più dolore. Disgustato quindi aveva addirittura tentato di baciarle o leccarle il viso provando a stuzzicare la parte perversa del demone, ma questi non sembrava avere altri interessi se non quelli di levarselo dai piedi e riprendere il rituale.

Le sue forze ormai erano agli sgoccioli. Respirava come se con una mano intorno alla gola e la testa lo indirizzava ad uno svenimento. Ancora qualche minuto. Solo qualche minuto.
Ma se quella era proprio la fine …

-Ti amo, Nami-San – gli disse premendo la fronte sulla spalla di lei, che ora cercava di addentargli la nuca – Ti amo tantissimo. E ti amerò anche dopo questa vita. Non importa come andrà a finire … io … - sentì le braccia venire meno – non smetterò mai di ringraziare questa vita … - l’oscurità avvolgerlo - per avermi fatto innamorare di te.

L’esplosione fece esplodere buona parte del tetto, ma la casa stranamente non crollò. Sanji andò a sbattere contro la ciminiera e l’urto gli impedì di svenire, ma non di crogiolarsi dal dolore. Piegato in posizione fetale cercava con lo sguardo la causa di quell’improvviso botto che aveva fatto volare lui e Passus. Lo cercò con lo sguardo e lo vide sdraiato nella sua stessa posizione stordita dopo essersi schiantato sulla piccionaia.
Dunque non era stato lui a provocarlo.
Ma allora …

Sanji si dovette nuovamente coprire gli occhi quando si voltò verso la nuova fonte di luce, stavolta dieci volte maggiore. Riuscì però ad abituarsi abbastanza da mettere a fuoco una scia di luce potentissima che s’innalzava sulle loro teste. Non incuteva terrore, ma neanche tanta sicurezza. Era certamente una forza maggiore. Sperò soltanto che il suo presentimento fosse corretto.

Abbassò dunque gli occhi alla ricerca della fonte della luce e la vide.
Sospesa a mezz’aria.
Un concentrato di energia pura.

Narumi troneggiava su di loro.

Il pugnale puntato in alto dalla quale lasciava scaturire tutto il potere che gli era stato donato.
Era sempre lei eppure trasmetteva una superiorità quasi raccapricciante. Se non era sicuro fosse lei, Sanji si sarebbe persino intimorito dalla sua forza.
Ansimò nel vederla operare.

La ragazzina lentamente si riabbassò. La colonna di luce continuò a espandersi sulla volta grigia, occupandosi di restaurare i danni provocati al cerchio protettivo da parte di Passus.

Questi intanto si era rialzato e dopo aver identificato chi fosse il nuovo ostacolo alla riuscita del suo piano, era diventata una bestia furiosa che si era catapultata verso Narumi trasferendo tutta la sua forza negativa nella mano artigliata.

-ATTENTA!- le urlò Sanji provando ad alzarsi per aiutarla. Ma le fin troppe fitte dovute alle molteplici ferite lo avevano definitivamente messo fuori gioco, per cui doveva rassegnarsi a farsi da parte.
Era giunta la resa dei conti tra la sua amica e l’essere che le aveva portato via tutto.
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Il corpo posseduto di Nami sprigionò un lampo incandescente che avrebbe potuto metterla al rogo solo sfiorandola.

Narumi fendette il pugnale in direzione del demone.
Non lasciava trapelare una sola goccia di paura o angoscia, ma tanta sicurezza e forza di volontà.

-Mikumari, spegnilo- enunciò.

Dallo stilo del padre venne fuori un fiotto d’acqua che andò scontrarsi sulla traiettoria del lampo di fuoco, inghiottendolo.

-Cosa? – esclamò Passus sconcertato – Non è possibile! – urlò poi. Sferrò il secondo attacco indirizzandole un secondo colpo stavolta più potente.

-Shinatsuhiko, divagalo! – fu la seconda difesa della ragazzina. Un forte vento disperse l’attacco del demone in mille pezzi per aria, nascondendolo all’occhio umano.

Sanji era senza parole. Vedere come l’amica era riuscita ad ottenere una forza che superava quella del demone era talmente incredibile da sembrare irreale. Finalmente si convinse che non aveva più bisogno di lui. Non aveva più bisogno di nessuno.

Passus guardò la sua avversaria con la bava alla bocca e il sangue negli occhi: -Schifosa puttana – l’attaccò nuovamente – Non sei niente contro di me!

Narumi recise l’attacco con un normale fendente di pugnale combattendo normalmente come con due spade. La sua arma contro i suoi artigli. Sapeva di dover usufruire al massimo tutto il potere che le era stato donato. Lo aveva giurato prima di iniziare il rituale di invocazione, lo aveva giurato quando aveva sentito le divinità rispondere alla loro preghiera e lo aveva giurato dopo che aveva sentito una forza impareggiabile bloccarle il polso prima che il pugnale entrasse in contatto con la sua pelle. Dopodiché lo aveva visto ripulirsi del suo sangue, così come il braccio sanguinante e il dolore provocato dai lividi provocati dai demoni andavano ad affievolirsi, causa, scomparivano uno dopo l’altro. L’arma aveva dunque assunto una tonalità splendente non propria e Narumi aveva sentito il potere attraversarla esternamente e interiormente. Le sue articolazioni avevano raggiunto una robustezza più elevata del normale. Aveva assunto una scarica di energia fin troppo potente da gestire in un corpo gracile come il suo, eppure riusciva a contenerlo tutto insieme. Non era neanche rimasta tanto a meditare su come lo avesse ottenuto.

Non ce n’era bisogno.

Aveva superato la prova. Pronta a sacrificarsi per ciò a cui più teneva, mettendo tutto prima della sua vita, aveva dimostrato di possedere le qualità necessarie per usufruire del potere divino. Chiunque la stesse guardando doveva finalmente aver capito la sua disperata richiesta di aiuto invocata ormai da troppo tempo.

Non aveva perso neanche tempo a ringraziare chiunque l’avesse appagata. Tastando immediatamente il nuovo vigore del pugnale, aveva immediatamente provveduto a far sì che ogni tipo di danno arrecato al cerchio magico intorno all’isola venisse rammendato. Dopodiché si era fatta avanti verso lo scontro decisivo con il Demone Superiore.

-Muori! Muori! – per quanto egli si sforzasse di assestarle un qualsiasi tipo di colpo, sia fisico che derivante dai suoi poteri, non riuscì a ottenere niente se non un piccolo graffio sullo zigomo fattole in un secondo di scansione troppo lento.

Narumi gemette sentendo la guancia pruderle inesorabile, ma non si lasciò sopraffare e caricò nuovamente il contrattacco.

-Kukunochi, divinità degli alberi – alzò il pugnale, tutto fu pervaso da profonde scosse.

Sanji dovette aggrapparsi meglio alla ciminiera per non ruzzolare giù dal tetto. Il terremoto stavolta era dovuto ad un comportamento insolito da parte della vegetazione intorno a loro. Vide rovi spinati e radici nerastre, serpeggiare verso di loro come bisce, arrampicandosi intorno alla casa avvolgendola completamente.

Narumi spostò dunque la mira verso Passus: - Catturalo.

Il corpo di Nami non poté fare nulla contro i lacci botanici che lo avvolsero con forza dalle caviglie al volto. La pesantezza lo sbatté a terra con violenza e ben presto si ritrovò immobile in un bozzo fatto di circa sette strati di radiche, rami graffianti e rovi pungenti. Si dimenava in preda alla furia facendo ruzzolare fuori la lingua, vomitando sostanze schiumose ed emettendo versi selvaggi.

La ragazzina lo guardò neutra. Dietro la sua inespressività però era possibile intravedere tutto l’odio, il rancore e il dolore che ormai trapelava da troppo tempo nei confronti di quella creatura infernale.

-Per colpa tua mia madre è morta – disse indistinta – Hai messo in ginocchio la mia isola– si alzò una brezza gelida – hai ucciso metà degli abitanti – i capelli le si sollevarono elettrostatici dominati dalla sua aurea- hai cercato di portarmi via mia sorella –si udirono rimbombi simili a tuoni in lontananza – hai quasi ucciso Sanji – questi si appiattì meglio sapendo che stava per scatenarsi qualcosa di grosso – hai usato Nami e l’hai privata della volontà – sollevò nuovamente lo stiletto – l’hai fatta soffrire! – la sua voce aumentò il triplo del normale ed echeggiò in maniera frastornante –Mi hai rovinato la vita – concluse dunque riprendendo il tono normale –Ma ormai non mi fai più paura – il pugnale emise bagliori poco rassicuranti – Torna da dove provieni. Nelle viscere dell’inferno – i suoi occhi si illuminarono dilatandosi leggermente – E restaci!

 Un fiotto misto a luce e ombra uscì dall’arma andando a colpire in pieno il demone, nascondendolo ad occhio umano. Una luce accecante esplose al centro del tetto accompagnata da un fortissimo vento e a nuovi tonfi sotterranei. Sanji provò a coprirsi gli occhi per riuscire a intravedere cosa stesse succedendo ma fu costretto a chiuderli del tutto e a voltare il capo per proteggersi dal calore che essa emanava.

-NAMI-SAN! - gli venne spontaneo urlare, cercando in qualche modo di farle capire che erano entrambi lì, per lei. E non l’avrebbero abbandonata.
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Oramai non aveva più dubbi.

Quella era la sua voce.
Com’era possibile che la sentisse ancora?
Com’era possibile che poteva ancora udire qualsiasi cosa?
Percepiva la sua presenza, seppur ancora lontana e ovattata.
Sapeva che era lì.
Sanji-Kun.
Aveva nuovamente formulato un pensiero.
Cosa stava succedendo, perché non sentiva più la forza vitale scorrerle via?
Perché una luce bianca fin troppo luminosa le stava occultando una visuale mai stata realmente discernibile in quel limbo dove era rimasta fino ad allora?
Perché quella voce che la opprimeva costringendola a patire ogni tipo di sofferenza sembrava come dileguata?
I suoi pensieri divennero finalmente cognizioni.

Prese a gridare.
Non era qualcosa di indolore e lo sapeva eppure pregò che finisse al più presto.

La ragazzina troneggiava sopra di lei e chiunque non la conoscesse, avrebbe potuto benissimo scambiarla per una dea. La sua aurea di potere era tutt’una col suo corpo e questa unione era imbattibile. Le stava trasmettendo tutta la sua energia affinché potesse liberarla dal male che le era entrato dentro. Dividere un’anima dal corpo, benché essa non fosse propria, era comunque un’esperienza orribile. Sentiva come se le stessero strappando ogni parte del corpo, schiacciandola a terra e impedendole di opporre resistenza, affinché l’operazione fosse completata.

Ma nonostante il male atroce che non avrebbe augurato mai nella vita, sapeva che stava andando tutto bene. Ancora un ultimo sforzo e poi tutto sarebbe finito.

Doveva fidarsi di Narumi. Come aveva sempre fatto.
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-Divinità tutelare, ti prego di rispondere alla mia volontà!
– gridò la ragazzina intensificando la luce che non le dava alcun fastidio alla visibilità – Rispedisci l’entità dove merita di stare! Estirpala dal corpo umano che possiede!

Passus aveva altrettanto cercato di dar vita a tutto il potere che possedeva, che non era certo di natura debole, ma ormai inferiore a tutti i poteri delle divinità Kami riunite all’interno di Narumi.
Si sentì dunque privare di quel corpo dalla quale aveva ottenuto quanta più volontà mai assaporata in secoli di esistenza e questo lo mandò alla pazzia assoluta.

E fu così che lasciò per sempre il mondo terrestre.

Diventando la manifestazione della follia umana che si manifesta dopo che non si riesce a ottenere ciò che si vuole. Consapevole che non lo avrebbe mai ottenuto. Consapevole di ciò che lo attendeva nel ritorno al luogo d’origine. La pena più terribile. La sconfitta e la degradazione. Da scontare per l’eternità.
Scaturendo l’ultimo verso satanico che mai si fosse sentito sulla terra, Passus si disgregò.
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La luce continuò a persistere ma si affievolì quel tanto che bastava a Sanji per vedere meglio la situazione. E rimase sconvolto.

I rovi che legavano il corpo di Nami erano spariti, ritirandosi giù dal letto, liberando l’edificio e tornando alla loro lunghezza naturale. Narumi era ancora invasa da quella luminosità divina e la guardava sospesa a mezz’aria. La navigatrice aveva il corpo ricoperto di segni, i vestiti sgualciti e il respiro lento. Ma da esso non fuoriusciva più alcun tipo di aurea malvagia. Sanji udì chiaramente dei singhiozzi provenire dalla sua lieve voce appena riacquisita. Gli bastò.

-NAMI-SAN!- si lanciò verso di loro vacillando a causa delle fitte che non si erano placate. Cadde dunque in ginocchio accanto il corpo supino della ragazza prendendole immediatamente il viso pieno di tagli – Nami-san, ti prego apri gli occhi – il respiro era affannoso ma comunque c’era. Il polso freddo batteva e i gemiti erano segno che si stava riprendendo.

-mmnn … - mugugnò socchiudendo lentamente gli occhi. Quando vide il volto del cuoco che la guardava commosso li aprì del tutto sbattendoli leggermente: - Sanji…kun.

Sanji strinse gli occhi così come i denti per provare a respingere le lacrime che però gli uscirono incontrollate, rendendolo preda della gioia che in quel momento provava. L’aver visto finalmente il colore puro e intenso degli occhi nocciola della navigatrice, senza neanche un briciolo di improprietà era la cosa più bella del mondo.
Nessun aurea negativa la caratterizzava. Era di nuovo lei. La sua Nami. La strinse forte giurando a sé stesso che non avrebbe più permesso a nessuno di portargliela via.

Nami dal canto suo dovette esitare un istante prima di rendersi finalmente conto di essere nuovamente libera e autonoma delle proprie azioni. Le sfuggì un singhiozzo che andò a diventare un pianto misto di disperazione per la paura vissuta e contentezza che fosse tutto finito. Ma soprattutto la gioia di essere tra le braccia della persona che il demone le aveva fatto credere di aver perduto. Le braccia andarono leggermente a ricambiare l’abbraccio di Sanji, attirandolo a sé per quanto poteva. Entrambi in preda alle lacrime si erano finalmente ritrovati.

Vedendoli riuniti Narumi sorrise. La forza utilizzata era stata troppa e già avvertiva la stanchezza ma sapeva che quella era stata solo la prima parte. Il grosso stava per arrivare.

-Allontanatevi – disse dunque ai suoi amici, che si voltarono a guardarla meravigliati – ho ancora una cosa da fare.

-Narumi … - sussurrò Nami continuando a piacere troppo contenta di vederla incolume – io … mi dispiace … non ero io … non volevo … - disse alle prese con i ricordi di tutto quello che Passus l’aveva obbligata a fare.
 
-Va tutto bene – la rassicurò l’amica sorridendole – L’importante è che tu ora stia bene – levò leggermente in alto lo stiletto – Ma ora dovete allontanarvi.

-Cosa vuoi fare? – le chiese Sanji pensieroso.

-Devo rimandare alla Giudecca tutti gli altri demoni che ancora dimorano sull’isola. Richiederà uno sforzo maggiore e non so se resisterete all’impatto. Per questo allontanatevi.

-Un momento – si bloccò dunque la navigatrice – Uno sforzo maggiore? Che significa?

-Ricaricherò tutto il potere che ho ottenuto a disposizione in un'unica percorsa che si riverserà sull’intera isola.
Basterà a estirpare ogni entità che è presente – il suo sguardo ad un tratto inquieto fece preoccupare maggiormente i due ragazzi che insistettero nel trattenersi.

-Cosa intendi fare, Narumi? – disse Nami – Se usi tutto questo sforzo cosa ne sarà di te?

-Io … - provò a cercare una frase convincente lei – non ne ho idea.

-NO! – sbottò a quel punto Sanji – Non rischierai la tua vita così. Hai già sconfitto Passus, il peggio è passato. Abbiamo capito come esorcizzare senza bisogno di alcuno sforzo. Abbiamo tutto il materiale che non richiede tutto questo.

-Non basta – replicò l’amica – Potrebbe non bastare. In questo modo è sicuro che non ne rimarrà più nulla.

-Basterà te lo prometto. Ce lo faremo bastare – tese una mano nella sua direzione, imitato dalla navigatrice – Ti prego.

Narumi chiuse gli occhi: - E’ un rischio che voglio correre.

-Pensa a tua sorella! – perseverò il cuoco – Se non vuoi farlo per noi, fallo per lei! Sta bene e sta solo aspettando che tu torni da lei! Come puoi farle questo?

-So che resterà in buone mani – fu la risposta accompagnata da un piccolo sorrisino – Voi – sollevò dunque il pugnale.

-NO! – Sanji fece per lanciarsi verso di lei, ma un forte vento lo costrinse ad distanziarsi. Nami lo sorresse da dietro.

L’aurea riprese a intensificarsi così come la luce: - Perdonatemi – concluse Narumi guardando ancora una volta coloro che ormai considerava la famiglia che aveva perduto da troppo tempo. Pregò affinché non succedesse loro niente, dopodiché enunciò il suo ultimo prodigio: - Takemikazuchi, divinità del fulmine! Senza ferire nessuno dividi i vivi dai morti, cancella il male che ha preso di mira quest’isola e fa in modo che non torni mai più! Grazie alla potenza del tuo fulmine io ti chiedo … - rivolse un ultimo sguardo a Sanji e Nami che cercavano in tutti i modi di raggiungerla, venendo sempre respinti. Sorrise e chiuse gli occhi: - salva casa mia.
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Un grande lampo squarciò il cielo così come la terra, lacerando in due metà lo spazio e il tempo.
I lampi che si schiantarono al suolo illuminarono la terra per quelli che parvero minuti infiniti. Il rumore tuonante stordì tutto e tutti. La ciurma di Rufy finì nuovamente a terra e stavolta non si lasciò sfuggire urla di sorpresa.

Si coprirono le orecchie mentre i corpi accanto a loro venivano colpiti uno dopo l’altro da quei fulmini portentosi soffermandosi per un tempo troppo prolungato. Non riuscirono a capire cosa stesse succedendo. Potevano solo limitarsi a cercare di schiacciarsi quanto più possibile al suolo, sperando che la pioggia di lampi non colpisse anche loro. Non ci sarebbero stati rischi visto che non erano le mire principali.

Quando tutto cessò, Rufy andò a ripescarsi il cappello finito a debita distanza durante la seconda esplosione e si rimise in piedi andando stavolta a controllare le condizioni dei compagni, vista la potenza maggiore cui erano stati sottoposti.

Gli amici lo guardarono altrettanto confusi. Erano integri senza neanche un graffio.

-Che diavolo sta succedendo? – chiese Zoro ormai stufo di finire sempre al tappeto.

Nell’aria arieggiava un leggero aroma di bruciato. I corpi dei cittadini di Cinis erano immobili e fumavano lievemente. La seconda esplosione non aveva risparmiato gli oggetti materiali, per cui molte delle armi che i pirati si erano portati appresso erano andate distrutte e la cera andata perduta.

-Oh no!- cominciò a piagnucolare Usopp quando vide i corpi ricominciare a muoversi lentamente. Andò a nascondersi dietro Franky – Siamo fregati! Ci mangeranno vivi!

Gli altri lo ignorarono. Gli sguardi puntavano soltanto verso i posseduti. Sapevano che quei tonfi significavano qualcosa in particolare. Ma cosa?

Lo scoprirono dopo che il silenzio fu invaso da sussulti, boccheggi d’aria, urla scioccate, pianti e singhiozzi. Tutto dovuto al risveglio delle anime delle persone che li circondavano, in preda allo shock. Le donne piangevano inesorabili, così come alcuni uomini che non si preoccupavano di venir visti. Alcuni facevano ancora fatica a respirare, altri si lamentavano a causa dei dolori provocati dalle numerose ferite inflitte. Altri ancora non osavano provare a muovere un muscolo timorosi di venire puniti. Altri invece chiamavano nomi sconosciuti, appartenenti probabilmente alle persone care, non sapendo se li avrebbero rivisti.

Rufy li guardò incerto. Rivolse uno sguardo veloce verso la collina dove, sapeva, si trovava la casa di Narumi. Stranamente non sentì più il bisogno necessario di raggiungerla e intervenire.

-Cosa pensi sia successo Rufy? – gli domandò Robin seguendo il suo stesso sguardo.
-Ce l’hanno fatta – fu la risposta del suo Capitano – E’ finita.
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La stanchezza che provava era indescrivibile.

Sentiva il bisogno di dormire, anche semplicemente di cadere e atterrare su un qualsiasi tipo di superficie, basta che accogliesse il suo corpo stanco.

Era sospesa nel vuoto, non seppe di preciso dove. La presa sul pugnale era svanita, causa, l’arma era andata distrutta. Come previsto il potere emanato era più forte di tutti i precedenti messi insieme. Aveva preteso che si riversasse su una forza maggiore. Un’isola intera. Pregò soltanto che avesse ottenuto i risultati sperati. Ora desiderava soltanto riposare. Allo stremo delle forze. Addormentarsi … magari non svegliarsi più.

Aveva fatto tutto ciò che aveva potuto, che le era stato permesso. Doveva solo lasciare che ne conseguissero soltanto cose positive. Per lei ormai non c’erano più compiti lì.

Il vento la trasportava tenendola sollevata e l’accarezzamento che le procurava sul corpo liscio la puntava sempre più verso un sonno profondo e senza sogni.

Poteva considerare quella sensazione la debolezza assoluta? Sentire le azioni padrone del proprio corpo, eppure non riuscire a svolgerle come dovrebbero. Se avesse chiuso gli occhi sapeva che non li avrebbe più riaperti. Eppure davanti quell’impotenza che ora la dominava sembrava una prospettiva così bella.

Una piccola parte però sapeva di non volerlo fare.
Se solo avesse avuto ancora un minimo di forza, forse avrebbe potuto battere quella volubilità e cercare di lottare un’ultimissima volta affinché non si facesse vincere.

Arrivò.

Non era propria, ma le venne trasmessa e questo fu abbastanza.
Strilli che la chiamavano disperate.
Poi un tocco. No due.
Uno caldo, l’altro tiepido.
Due mani a contatto con la sua. Due paia di mani che stringevano intimamente la sua, decise a non lasciarla andare.

Gli occhi quindi non le si chiusero. Non ci riuscivano. Volevano vedere.
Volevano rivedere le due persone che l’avevano nuovamente salvata.

Sanji e Nami avevano le braccia tese nella sua direzione. Le mani chiuse intorno a quella di Narumi e i corpi entrambi feriti che però si preoccupavano solamente di tirarla verso di loro, strappandola da quell’oblio in cui stava per precipitare.
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Forse aveva sopravvalutato la forza a cui puntava e quindi erano riusciti a sovrastarla, senza restarne folgorati, facendosi avanti e agendo dopo che il colpo era stato lanciato.

Strano visto che né il tetto, né tutta l’abitazione avevano retto.

Oppure avevano semplicemente deciso che non avrebbero mai lasciato che si sacrificasse per loro. Non dopo tutto quello che avevano passato affinché tornassero tutti insieme.

Fatto sta che quando Narumi riaprì gli occhi, percepì per la prima volta dopo tanto tempo, un calore confortante di sicurezza che solo sua madre era stata in grado di infonderle. Un calore che proveniva principalmente dalle braccia che l’avvolgevano vivamente, in mezzo alle macerie, due da un lato, due dall’altro. Un calore che Sanji e Nami le stavano trasmettendo, tenendola in mezzo a loro, abbracciandola in uno scudo protettivo che neanche la morte sarebbe stata in grado di distruggere. Sanji piangeva in silenzio e le accarezzava i capelli, Nami le sfiorava leggermente la nuca con le labbra anche lei singhiozzante. Il caldo che in quel momento Narumi provava, se possibile, avrebbe voluto durasse per sempre. Ma sapendo che ciò era impossibile preferì imprimersi quel momento nella memoria affinché le restasse per tutta la vita. La vita che le divinità avevano deciso di non portarle via, intimorite dall’amore che quei ragazzi provavano per lei. Non pianse. Semplicemente chiuse gli occhi, ancora sfinita dal troppo combattere e si lasciò avvolgere dal calore familiare che Sanji e Nami le avevano permesso di rivivere.

Chiunque avrebbe potuto scambiarli per una vera famiglia.



Ciao a tutti scusate la lunga attesa, spero il capitolo vi sia piaciuto.
Il prossimo è l'ultimo ;) 

 
  
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