Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
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Autore: PrimbloodyBlack    04/05/2019    0 recensioni
(la pubblicazione continuerà su Wattpad) Eloyn fa parte di una famiglia di cacciatori di vampiri. Durante la sua prima battuta di caccia viene separata dal gruppo e catturata. Viene portata nella grande dimora di uno dei 5 Signori Vampiri. Viene resa schiava dalla potente Lux che la renderà una Bloodgiver, il cui compito è quello di donare il suo sangue al suo padrone.
Lux riuscirà mai a sottomettere uno spirito ribelle come quello di Eloyn? Sarà una sfida che lei non vorrà di certo perdere.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Lux

Quando l'umana perse totalmente conoscenza la staccati dal macchinario. Presi una garza dall'armadio e le avvolsi il collo con essa. Si sporcò subito di sangue e sentii i miei occhi diventare come fuoco. Ma mi trattenei. La presi in braccio e la portai nella sua stanza. Un ragazzo biondino ci vide, era il Bloodgiver di Amelie.

Adesso devo subire pure una ramanzina...

Una volta entrata nella stanza la misi sotto le coperte e me ne andai. Tornai in camera mia, era già lì.

"Sei veloce," Dissi avvicinandomi verso la credenza con gli alcolici. "Che vuoi?"

"Avevi intenzione di ucciderla?"

"Amelie smettila." Dissi in tono annoiato versandomi del vino.

"Rispondimi!" Fece qualche passo, ma non appena le rivolsi il mio sguardo trucido si fermò.

"Tu l'avresti uccisa, non è così? Proprio come hai fatto con quelle ragazze, solo per il gusto del suo sangue."

"Ti ho detto basta!" per la rabbia lanciai il bicchiere di vetro, i cui frammenti ricoprirono il pavimento insieme all'alcol. "Ho cercato per dieci anni di tenermi lontana da quelli come lei. Ma adesso, casualmente ne ho trovata una. E di sicuro non me la lascio scappare così facilmente."

"Ti conosco troppo bene, non riuscirai a placare la tua sete."

"Amelie, non voglio ucciderla." Dissi seriamente. Poi con un beffardo sorriso sul volto aggiunsi, "Anche perché così posso gustarmela di più. Anzi quel suo comportamento me la fa piacere davvero tanto. Se ne avessi comprata una in città si sarebbe abbandonata a me senza battere ciglio. Con lei è più divertente." Vidi il suo viso arrabbiato trasformarsi in disgusto.

"Ti avverto, se la vedo barcollare e ricoperta di ferite la porto via da qui. Noi non siamo animali!"

"Ancora non capisco come fai ad essere così affezionata agli umani. Sono... Umani!" dissi con enfasi.

"Forse un giorno lo capirai anche tu. Anche loro hanno dei sentimenti Lux, proprio come noi. Possono amare, possono essere tristi o provare gioia. Tutto ciò che tu stai dando a quella ragazza è sofferenza!"

"Non mi interessa, lei è il mio giocattolo e gioco con lei come meglio mi piace." dissi con un sorriso sulle labbra.

"Sei senza cuore. E non sarai mai capace di trovare ciò che cerci."

"Ti dà tanto fastidio che abbia quell'umana tutta per me?" Cercai di provocarla.

"Lo sai che non si tratta di questo." Alzò la voce.

"A me sembra di sì!" dissi avvicinandomi a lei, con il suono dei vetri sotto i miei piedi.

"Lux per favore smettila." Disse lei infastidita.

"Pensi sempre che io sia in difetto e che tu sei perfetta, ma non dimenticare da quale situazione io ti ho salvata. Hai capito?"

"Lux non riportare a galla cose sul mio passato solo per sentirti meglio con te stessa."

"Ma per favore." Sbuffai.

"Sai, mi manca davvero la Lux che mi ha salvata. Avevi una luce che non avevo visto in nessun altro. Adesso invece sei solo un guscio vuoto senza emozioni." Con questo si girò e uscendo fece sbattere la porta.

Ero seria quando le avevo detto che non l'avrei uccisa, almeno non così presto. 
Un sangue come il suo è una prelibatezza nel nostro mondo. Lo chiamiamo il sangue d'oro, il sangue più raro. Trovarlo al giorno d'oggi è quasi impossibile. Anche in città è raro e se per caso ce ne fosse uno, il prezzo sarebbe esorbitante, tanto che solo noi, i più potenti e ricci vampiri possiamo permettercelo.

Poi mi cadde l'occhio sulla scrivania. La lettera che mia sorella maggiore mi aveva inviato. Sarebbe arrivata domani pomeriggio e non fremevo più dalla voglia di vederla. Erano passati due anni dall'ultima volta che l'avevo vista. Lei e Amelie non sono mai andate molto d'accordo. Se considera me un mostro, non oso immaginare cosa pensa di lei. Non violenta nei gesti ma, la gentilezza non è proprio di famiglia. Il voler sottomettere il più debole, eccitarsi alla vista del sangue, è una cosa che scorre nelle nostre vene. È vero, prima non ero così, il tempo non guarisce le ferite, lascia solo cicatrici.

Dovevo andare in città questa mattina, ne avrei approfittato per portare la ragazzina a fare un giro, ma alla fine le cose sono andate nel verso sbagliato. Forse ho esagerato, invece di creare un clima mite, ho semplicemente buttato benzina su un fuoco ancora ardente.

"Sarà per domani." Dissi prendendo la pelliccia. La avvolsi intorno al collo ed uscii dalla camera. C'era Jason che mi stava aspettando, era seduto sul divano, con gli occhi quasi socchiusi. Aveva il respiro pesante e sembrava si stesse addormentando.

Mi avvicinai lentamente, cercando di non fare troppo rumore con i tacchi. Avvicina la bocca al suo orecchio e dopo aver fatto un lungo respiro, strilla più che potei. Inutile dire che si spaventò così tanto che scivolò e cadde sul pavimento.

Risi fragorosamente nonostante mi guardasse con sguardo assassino. I capelli ricci e boccolosi gli ricadevano sul giovane viso, mentre i sui occhi marroni mi fissavano, insicuri, tra rabbia e divertimento.

"Smettila!" esclamò.

"Assolutamente no!" continuai a ridere. Poi guardai nuovamente l'orologio e assunsi un'espressione più seria. "Su alzati, non posso fare tardi."

"Va bene, ecco!" si alzò pesantemente e si strofinò gli occhi con il palmo della mano.

"Che hai fatto ieri notte?" dissi mentre raggiungevamo la macchina. "Non sei tornato."

"In città," Disse "Sono uscito con un amico."

"Sai che non mi piace quando mi menti. Ti ho detto che non devi andare in quel posto."

"Parli tu che hai quasi ucciso la nuova arrivata?" Sbuffò.

"Se lo dico ad Amelie sai che non ti farà più restare qui vero?" Lo ammonii, "Sai che a me non importa cosa fai nella tua vita privata, ma almeno sii più accorto. Riesco ancora a sentire la puzza di sangue che ti ricopre."

Lo vidi con la coda dell'occhio annuire con disagio. Come tutti gli altri, anche lui visse una vita disagiata. Un forte vampiro intrappolato nel misero corpo di un umano. Ricordo ancora il momento in cui gli diedi la possibilità di essere ciò che voleva più di ogni altra cosa. I suoi occhi splendevano di una nuova vita, una nuova nascita, so ancora che mi è riconoscente con tutto sé stesso. Vorrei soltanto che non mi prendesse come punto di riferimento, il nostro dolore è lo stesso, ma lui non deve lasciarsi trascinare dall'odio, almeno non come me.

"Dai ragazzino!" dissi dandogli qualche schiaffetto sulla guancia. Lui sorrise ed io ricambiai.

Salimmo sulla mia automobile color avorio, con ben quattro ruote anteriori e due posteriori. Una delle macchine più moderne di quest'epoca, nonché creata a su misura per me. Non smetterò mai di vantarmene.

Più di una volta avevo chiesto a Jason di farmi da autista e lui da ragazzo gentile qual è non ha mai rifiutato. Vede in me una sorta di sorella maggiore o addirittura una madre, dato che mi sono presa cura di lui da quando era piccolo. Gli ho regalato l'immortalità al suo diciannovesimo compleanno e adesso non fa altro che vantarsene con i suoi coetanei. Il dono che gli ho dato è la cosa che più voleva al mondo, ma so che nel profondo soffre perché prima o poi dovrà dire addio ai suoi compagni mortali. È questa la nostra maledizione.

"Mia signora?"

"Si Jason?" Dissi spostandomi i capelli dal viso.

"Perché quella notte non l'hai uccisa?" mi chiese dubbioso. "L'umana intendo." Io sospirai.

"Perché il suo sangue è prezioso." Dissi, forse con poca convinzione perché si girò a guardarmi con un sopracciglio alzato e il naso arricciato.

"Davvero?" Domandò. Io risposi di sì e lui scoppiò a ridere. "Tu, che non hai una Bloodgiver da dieci anni improvvisamente decidi di averne una. Suona strano."

"Pensa a guidare Jason." Dissi tornando seria. Non amo quando qualcuno vuole spiegazioni riguardanti le mie azioni.

"Come vuoi." Sospirò tornando a guardare la strada. "Sai che non sono il tipo che giudica." Tentò di insistere.

"Ovvio! con tutto quello che fai come potresti? " Sbottai.

"Va bene, okay." Disse infine, "E comunque siamo arrivati."

Stavamo in una zona un po' isolata e poco abitata circondata dal verde. Difronte a noi, un immensa struttura risalente alla mia nascita. Nonostante i suoi anni aveva mantenuto un eterna bellezza. Mi era sempre piaciuto l'antico stile gotico, il suo voler sempre puntare in alto, andare oltre le conoscenze, alla ricerca di un qualcosa di superiore.

Notai altre macchine parcheggiate, probabilmente ero l'ultima arrivata. Ma mi piace farmi attendere. Mi sistemai il vestito e aprendo lo sportello scesi dalla macchina.

"Puoi venire se vuoi." 

"Nah," Esclamò scuotendo la testa. "Mi faccio un giro in città. A che ora torno?"

"Facciamo un'ora."

Lui mi sorrise e accendendo il motore mi disse con fare arrogante e scherzoso, "Come desidera mia Lord."

"Vai che è meglio." Gli sorrisi e mi voltai verso la dimora del concilio.

Quando mi avvicinai al portone, vidi incisi i soliti cinque stemmi delle famiglie dei lord, tra cui il mio. Oggi avrei incontrato i rappresentanti delle quattordici casate che governavano Styria, tra cui mio padre che rappresenta i Thorns. Il motivo mi è ancora ignoto, ma era urgente.

Non appena bussai con la circolare maniglia, un uomo dall'altra parte mi aprì.

"Buongiorno Signora Thorns." disse chinandosi leggermente.

"Buongiorno a lei." Dissi vagamente e mi diressi verso la sala del consiglio. Quella mattina c'era un via vai di persone e parecchia agitazione tra i dipendenti.

"Lux?" Mi girai sentendomi chiamare. Era una voce così famigliare e irritante che per poco non sbuffai.

"Ehi Aaron!" Dissi addolcendo la voce. Mi tolsi gli occhiali e feci qualche passo verso di lui. I suoi occhi marroni si illuminarono alla vista del mio sorriso e sicuro di sé si avvicinò baciandomi la mano.

"Dai dobbiamo smetterla con queste formalità, ci conosciamo da una vita." Sfortunatamente.

"Per me è sempre un piacere." Disse con il suo sorriso da pallone gonfiato.

"Vieni anche tu alla riunione?" Chiesi diventando seria.

"Si, hanno chiamato tutti i rappresentanti. E il fatto che tu sia qui mi preoccupa."

"A chi lo dici... Andiamo."

Una volta salite le scale in marmo ci ritrovammo davanti alla stanza in cui ci saremo dovuti riunire. C'era parecchia confusione e qualcuno che urlava.

"Permesso." dissi aprendo la pregiata porta in legno.

"Sei arrivata!" esclamò una donna. Era alta, i capelli biondi cenere, leggermente mossi portati davanti al petto. La sua famiglia, i Manor, sono in grandi rapporti con la mia casata. I nostri padri sono cresciuti come fratelli. Si può dire che siamo conoscenti di lunga data, molto lunga.

"Salve Adrianne."

Poi dietro di lei vidi una figura famigliare. I capelli leggermente lunghi e neri come il carbone legati in un codino, la barba rigorosamente curata, la solita postura rigida e slanciata.

"Padre." Lo salutai.

"E' un piacere rivederti." Disse sorridendomi.

"Anche per me." Dissi con un velo di imbarazzo. "Ma adesso mettiamoci a lavoro. Perché mi avete convocata?" Erano tutti bloccati a fissarmi. Sapevo che qualcosa non andava. "Non pensavo che mi stavate attendendo con tale entusiasmo." dissi per sdrammatizzare.

"Signora Thorns..." disse incerto l'uomo accanto a me.

"Si mi dica." lo incitai.

"Sono sorti dei problemi." si intromise un'altro. "I cacciatori."

"Vai avanti."

"Hanno quasi oltrepassato il bosco."

"E quindi? Uccideteli, semplice." dissi sorridendo. Ma nessuno batté ciglio, continuavano ad avere uno sguardo serio e preoccupato.

"Sono dei professionisti mia signora." Continuò lui.

"Che cosa significa sono dei professionisti? Sono umani!" Esclamai irritandomi e mi girai verso gli altri cercando risposte.

"Lux, il fatto è che sono forti. Davvero molto." Mi rispose Adrienne, "Abbiamo già mandato un'unità... sono tutti morti. Sia loro che le guardie poste al confine." 

"Che... Fastidio." Dissi mettendomi le dita sulle tempie. "In quanti ne abbiamo persi?"

"Dieci." disse abbassando lo sguardo.

"E sono riusciti ad ucciderli. Dieci vampiri contro degli umani." Ripetei ad alta voce ancora incredula. "Sapete dove si sono accampati e il numero?"

"Dovrebbero trovarsi qui!" mi disse indicandomi il punto sulla mappa. "Ma non sappiamo bene quanti siano, forse una ventina o più. Pare che si stiano dirigendo da te, nella zona neutrale. "

"Quand'è successo tutto ciò?"

"Ieri notte."

"Allora," Disi pensando "Mandate delle piccole unità. Circondate la zona, ma non attaccate. Dobbiamo capire il perché di questo gesto e chi ne è l'artefice. Poi penseremo a come contrattaccare." Annuirono, ma c'era della perplessità nei loro volti e rabbia nel mio. Come potevano delle creature insignificanti come loro, riuscire ad abbattere dieci dei nostri."Inoltre, tutte le casate che sono di confine, devono mandare degli uomini a setacciare la zona, non si sa mai." Continuai. "Qualsiasi cosa succede voglio essere la prima a saperlo, chiaro?"

"Si certamente!" esclamò un'altra rappresentante, Allison.

"Bene, ora vado, ho altre faccende da sbrigare."

"Cos'è più importante di questo?" Mi chiese un uomo con tono sgradevole.

"Mia sorella sta tornando a Styria. E conoscendola ci darà una mano. Del resto non dice mai di no a del buon cibo. E poi, mi stupisco davvero che vi stiate preoccupando per un mucchio di ratti.  Arrivederci."

Non appena uscii dalla porta sentii dei passi seguirmi.

"Lux!" qualcuno esclamò afferrando i il polso. Quando mi girai era lui, mio padre.

"Cosa?"

"Stai sottovalutando la cosa, non ho dato via il mio trono per ritrovarmi ad avere una governatrice arrogante."

"Ti sbagli." Dissi liberandomi dalla sua presa. "Siete voi che state esagerando. Per quanto siano forti, mi basta una parola e potrei issare contro di loro un'intera armata." Mio padre sospirò. "Detto questo, torna a fare il tuo lavoro, lascia fare a me il mio."

Mi voltai e me ne andai, lo sentii gridarmi da dietro, "Qualcosa di pericoloso sta arrivando e tu non sarai preparata." Ma io non risposi, continuai per la mia strada fino a raggiungere l'uscita.

Jason era già lì, che spazientito mi aspettava. Lo raggiunsi e neanche il tempo di sedermi che gli dissi, "Andiamo in città, ho voglia di divertirmi."

Il ragazzo mi guardò con un ghigno, come quando dai un dolce al cioccolato ad un bambino ghiotto. "Come desideri mia signora."

 

   
 
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