Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Sandie    05/05/2019    3 recensioni
Genzo torna in Giappone lasciandosi alle spalle Amburgo e tutte le sue certezze crollate in pochi mesi.
Ritrovati la sua famiglia e gli amici di sempre, nel suo futuro ci sono le Olimpiadi di Madrid e decisioni importanti che apriranno un nuovo capitolo della sua vita. Un destino che condivide con Taro.
I loro percorsi si intrecciano con quelli di Kumi ed Elena: due ragazze che, come loro, dovranno costruire una
nuova vita, diversa da quella immaginata.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji, Kumiko Sugimoto/Susie Spencer, Taro Misaki/Tom
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Capitolo XVIII

 

 Un nuovo inizio 

 

 

 

Genzo si alzò dal letto e si infilò la camicia adagiata sullo schienale di una sedia.

Si chinò sul minibar e prelevò una lattina di birra.

Si avvicinò all'ampia vetrata panoramica e vi rimase affacciato.

Grattacieli e palazzi si stagliavano nel panorama notturno di Tokyo, sovrastato da una luna luminosa.

In lontananza, spiccava il profilo dorato della Tokyo Tower.

Per via di un colloquio con suo padre alla Wakabayashi Corporation riguardante il suo pacchetto di azioni, aveva alloggiato in quella stanza al Park Hotel anche nei due giorni precedenti, senza dire nulla ad Asami che di certo gli avrebbe chiesto di stare presso di lei.

Aveva evitato di incontrare Elena prima delle Nazionali juniores, sebbene si trovasse anche lei a Tokyo.

Averla vicino era un rischio … ormai rappresentava per lui una tentazione continua.

Ogni volta che la vedeva, l’istinto era quello di prenderla tra le braccia, ma non poteva farlo finché era legato ad Asami. Aveva già rischiato una volta e sarebbe bastato solo un gesto o uno sguardo perché si ripetesse.

E anche se non avesse potuto avere Elena … doveva chiudere la sua storia con la giovane ereditiera. Non la amava veramente, in ogni caso non provava più per lei ciò che aveva sentito nei mesi precedenti. Ne era rimasto affascinato, in un momento in cui stava pensando a ricostruire la sua vita dopo Amburgo. Come Elena, aveva cercato di riempire i suoi giorni per non ripensare a un passato così importante … un pezzo fondamentale della sua vita.

Questo aveva pensato quando era arrivato nella capitale.

Mentre sorseggiava la birra dalla lattina, ripercorse mentalmente quanto accaduto poche ore prima.

 

Nel parcheggio dello Yoyogi Stadium, trovarono l’autista della famiglia Ujimori ad attenderli.

Cenarono nel loro ristorante preferito a Shinjuku, per poi dirigersi verso l’appartamento di Asami.

L'aveva assecondata nella conversazione, mostrando interesse per i suoi racconti, sebbene i suoi pensieri vagassero altrove.

Quando era andato a complimentarsi con Elena, avrebbe voluto in realtà stringerla tra le sue braccia come aveva visto fare a Carlo, quando si era voltato un'ultima volta prima di uscire dallo Yoyogi Stadium.

Ma alla fine aveva seguito Asami, deciso a evitare di rivivere una situazione come quella, e aveva accettato di non partecipare alla festa per la vittoria dello Shiroyama Gymnastics Club e passare il resto della serata da solo con la sua ragazza.

Ancora per poco, pensò mentre uscivano dall’ascensore del palazzo in cui viveva Asami e percorrevano i pochi passi che li dividevano dal suo appartamento.

Lui la seguì all’interno e chiuse la porta.

«Fino a poco tempo fa non facevamo in tempo a varcare la soglia che eravamo già l'una nelle braccia dell'altro …» mormorò la ragazza, accarezzandogli il petto con le mani e passandogli poi le braccia attorno al collo.

Avrebbe potuto lasciarla continuare, e lui rispondere ai suoi baci e alle sue carezze immaginando Elena al suo posto.

Ma non poteva farle una bassezza del genere.

Né era giusto tacere oltre.

La scostò piano da sé e confessò, tutto d'un fiato e senza giri di parole.

«Asami … io non mi sento più coinvolto.»

Non era completamente inaspettata. Tuttavia, la staffilata arrivò dolorosa.

L'immaginazione, anche quando riguardava un evento temuto, era accompagnata sempre da un filo, per quanto esiguo, di speranza.

Che fosse stata un'eccessiva quanto ingiustificata gelosia a metterla in allarme.

Che il pericolo venisse solo da quella ragazza e che sarebbe bastato metterla fuori dai giochi spiegandole quanto fosse inadeguata per un Wakabayashi, contando sulla convinzione che, in fondo, anche Genzo la pensasse allo stesso modo.

La realtà invece, non dava via di scampo e decretava la morte di ogni illusione.

Rimase di fronte a lui, imponendosi di guardarlo negli occhi.

«C'è un'altra?»

Genzo la guardò in silenzio, poi fece un cenno d'assenso con il capo.

«È quell'insegnante … la nipote di Nerlinger?»

Chiuse gli occhi e fece un altro cenno.

«Sì.»

Asami strinse le palpebre nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime che si preparavano ad uscire dai suoi occhi.

«Avete fatto …»

«No.» affermò, risoluto «Ti rispetto, Asami. Non avrei mai potuto farti una cosa del genere.»

«Perché?» chiese, senza sapere cosa pensare, come stordita «Cos'ha lei più di me?»

Già … cos'avrebbe potuto dirle?

Genzo fece un profondo respiro, nel tentativo di tradurre con parole adatte ciò che sentiva.

«Non è questione di essere migliore o peggiore. Soltanto, conoscendola, ho cominciato a provare un'ammirazione che si è trasformata in qualcosa di più forte … un sentimento tale da non poter essere più ignorato né soffocato.»

Asami serrò le labbra e si passò una mano tra i lunghi capelli neri, cercando di mantenere la calma.

«Lei prova la stessa cosa per te?»

«Non ne sono sicuro, ma ho buone ragioni per pensarlo.»

«Genzo … potrebbe volerti solo per i soldi e per la popolarità, al pari di tante altre. Sei bello, ricco e famoso. Non lasciarti ingannare dalle sue moine.»

«È proprio qui che ti sbagli, Asami. Lei non ha fatto nulla per attirarmi verso di sé. È stato un avvicinamento avvenuto in modo del tutto spontaneo.»

La ragazza abbassò gli occhi e deglutì. I suoi occhi neri sembravano gemme traslucide.

Genzo la guardò costernato. Sapeva di averle inferto una ferita straziante e si sentì in pena, ma era il prezzo da pagare per essere onesto verso sé stesso e verso di lei, e per permettere a entrambi di guardare avanti.

D'altro canto, non era certo del consenso di Elena. Lei di lì a poco sarebbe tornata in Italia … avrebbe potuto anche salutarlo per poi sparire dalla sua vita, visto che in certi frangenti il suo atteggiamento sembrava volto ad allontanarlo.

A maggior ragione, non avrebbe fatto di Asami un ripiego.

«Pensaci, Genzo. Rischi di mettere in difficoltà i rapporti tra le nostre famiglie.» lo avvertì, in una sorta di tentativo estremo di riportarlo alla ragione.

«Mi dispiace, Asami. Posso dirti che non ho mai finto con te, in questi mesi. Ma meriti un uomo che ti ami sul serio e che ti consideri la prima e l'unica. E non uno che mentre è con te si chiede come sarebbe la sua vita con un'altra.»

La ragazza strinse le labbra e chinò la testa, con le lacrime che avevano preso a scenderle dagli occhi.

Ogni altra parola, ogni altro gesto sarebbero stati fuori luogo.

Genzo si voltò, aprì la porta e uscì, senza guardare indietro.

  

Aveva fatto tutto come previsto.

Aveva compiuto il fatidico passo, e ora avvertiva una sensazione strana.

Si sentiva più libero ma provava anche un senso d'inquietudine dato da una situazione completamente nuova.

Teoricamente, nulla lo divideva da Elena. Ma lei, era pronta a ricambiare i suoi sentimenti?

E su una cosa Asami aveva ragione: avrebbe dovuto affrontare i suoi genitori che di certo non avrebbero capito una scelta del genere.

Per il momento, comunque fosse andata, non avrebbe parlato a nessuno di Elena. Non voleva esporla alle sicure critiche dei suoi genitori e forse di Hiroji, dato che non sapeva nemmeno se il suo futuro sentimentale sarebbe stato con lei.

Annie no, gli aveva tacitamente fatto capire di essere dalla sua parte, raccomandandogli di leggere "L'età dell'innocenza".

Aveva capito tutto, come sempre, ed era l'unica al corrente della situazione.

Perspicace e coraggiosa, perché anche lei rischiava di avere dei dissapori con il marito e con i suoceri.

Spinto a confidarsi con lei dopo averle restituito il libro, le aveva infine rivelato i suoi sentimenti per la giovane insegnante, senza però raccontarle il dramma vissuto dalla ragazza.

Pensò alle scene che più lo avevano colpito di quel romanzo americano.

La seconda parte in particolare, sembrava contenere la descrizione dei sentimenti che avrebbe rischiato di provare, se avesse continuato la sua storia con Asami rinunciando così a Elena.

Era sicuro che Annie gliel'avesse prestato per quel motivo: la cognata aveva una capacità di penetrazione non comune, che a volte lo sconcertava.

Non voleva finire come Newland Archer, il protagonista maschile.

Mentre leggeva alcune scene di quel libro, immaginava sé stesso al posto del giovane e brillante avvocato newyorkese, sposato con una bella ed elegante ragazza della buona società ma innamorato della cugina di lei, la contessa Ellen Olenska reduce dal fallimento del suo matrimonio con un aristocratico polacco. Elena in comune con quest'ultima non aveva nulla se non il nome di battesimo e il carattere schietto, né vi erano parentele con Asami, ma i sentimenti in gioco erano del tutto simili.

Desideri mai trasformati in azioni concrete, incontri clandestini, promesse impossibili da mantenere, menzogne e sotterfugi.

Non voleva una vita reale dalla quale fuggire con la mente appena possibile, fatta di periodi ipotetici, episodi creati dalla sua immaginazione e domande destinate a rimanere per sempre senza una risposta. Lui era abituato a realizzare i suoi sogni e non a perpetuarli in fantasticherie consolatorie sul momento, ma il cui effetto finale era frustrante, come una droga che dona un'illusoria sensazione di benessere per poi lasciare con l'animo e la mente devastati.

E tutto solo per compiacere la sua famiglia e adeguarsi a convenzioni tipiche della mentalità giapponese e più in generale della buona società.

E comunque, lui ormai non amava più Asami. Non poteva vivere un rapporto basato su una finzione.

A tempo debito, avrebbe affrontato anche quella questione.

Ora doveva tornare a Nankatsu e parlare con Elena …

In ogni caso, la sua vita stava cambiando … doveva solo capire se i loro percorsi erano destinati a unirsi o a proseguire distinti dopo essersi incrociati.

 

La luce del sole invase la stanza, colpendogli il viso e facendolo destare sulla poltrona su cui si era addormentato.

Accese il cellulare e vide che gli erano arrivate tre notifiche, tutte con il nome di Misaki.

Tre chiamate, l'ultima mezz'ora prima.

Selezionò l'opzione di richiamata e attese.

«Wakabayashi? Finalmente ti sei fatto vivo! Sei ancora a Tokyo?»

«Sì … cosa devi dirmi?»

«Visto che anch'io sono a Tokyo, è meglio se te ne parlo di persona. Possiamo incontrarci questa mattina?»

«Certo. Vieni al Park Hotel nel quartiere di Minato, se non hai ancora fatto colazione offro io.»

«Ok, sono anch'io nel quartiere di Minato … sarò lì tra non molto.»

    

Venti minuti dopo, nel grande bar-caffetteria dell'hotel, tra il viavai di camerieri, avventori, imprenditori e manager, medici arrivati a Tokyo per un convegno e turisti, vide finalmente comparire Misaki … ma non era solo. Al suo fianco c'era Kumi. Alzò un sopracciglio e fece un sorriso sghembo.

«Devo essermi perso qualche puntata …»

«Soltanto quella di ieri sera.» ribatté prontamente l'ex manager.

Li guardò. Stavano bene insieme e non solo perché erano entrambi di bell'aspetto. Lui pacato e riflessivo, lei vivace e brillante: erano tratti caratteriali che si compensavano e che facevano ben presagire per il loro futuro come coppia.

Kumi si guardò attorno un po' spaesata. Quello era un albergo di lusso e, con la sua maglietta fantasia e i suoi jeans, si sentiva fuori posto in quel locale affollato da tanta gente facoltosa e vestita con abiti firmati.

Ma vedendo le bacheche piene di frutta fresca di stagione, dolci e prodotti da forno di ogni tipo riprese presto il suo consueto brio.

«Taro mi ha detto che offri tu … posso ordinare quello che voglio?» chiese, congiungendo le mani e sfregandole tra di loro.

Genzo assentì, scambiando un’occhiata divertita con Taro.

 

Pochi minuti dopo erano seduti davanti a tazze di caffè e cappuccino e vassoi di frutta e croissant ripieni di crema al cioccolato e crostatine farcite con confettura di albicocca e di ciliegia.

«Avremo una wag in più in Spagna, allora.» scherzò Genzo.

«Ci sarei stata comunque, con il gruppo dei supporter. Però … da wag è ancora meglio. E poi, se non sbaglio, wag è anche l'acronimo in inglese di "ginnastica artistica femminile".» replicò Kumi, con una punta di malizia.

Genzo scambiò un'occhiata con Taro, poi chiuse gli occhi e sorrise dell'arguzia con cui la ragazza gli aveva ritorto contro la sua battuta.

«Così la notte l'hai passata qui?» chiese il centrocampista.

Il portiere annuì, mentre faceva roteare il cucchiaino nel suo caffè.

«Pensavamo fossi dalla Ujimori. Ieri hai visto le Nazionali juniores con lei e poi siete andati via insieme.»

«Sì … siamo andati a cena al solito ristorante, poi a casa sua.»

Taro e Kumi lo fissarono, con aria grave.

«L'ho lasciata.»

«Fantastico!» cinguettò Kumi, battendo le mani entusiasta e strappando un sorriso sia a Genzo sia a Taro, che ritenne però opportuno mostrare un'approvazione più contenuta.

«Bene. Allora presumo che il prossimo passo sarà parlare con Elena.»

«Devi farlo al più presto. Aveva un'aria demoralizzata, è convinta che tu abbia passato la notte con Asami. Credo stia cominciando a credere che tu ti stia prendendo gioco di lei.» lo ammonì Kumi.

Genzo spalancò gli occhi.

«Ti ricordi la sera dell'ultima partita contro l'Australia, quando io e lei siamo andati in quella gelateria?» proseguì Taro «Lo abbiamo fatto perché lei me lo ha chiesto … voleva parlarmi di te.»

Il suo amico lo guardava sempre più stupito.

«Voleva sapere come comportarsi. È attratta da te, ma i suoi sensi di colpa per il suo ex fidanzato e la tua storia con Asami l'hanno sempre trattenuta dal lasciarsi andare a questo sentimento. Mi ha detto che vuole tornare in Italia e capire se è solo un'infatuazione. Io penso che tu debba muoverti, Wakabayashi e dichiararti.»

«Mettila in condizione di dover fare una scelta.» intervenne Kumi «Tornare in Italia senza dirti nulla è soltanto un modo per evitare di affrontare i suoi sentimenti. So che la sua situazione psicologica è difficile e io non posso e non voglio giudicarla, ma penso che soltanto uno scossone possa farla risolvere in un modo o nell'altro. Altrimenti continuerà a vivere in un limbo che le farà solamente altro male. E farà male anche a te.»

Genzo la guardò. Kumi aveva colto nel segno.

Elena avrebbe potuto riscuotersi solo sentendosi dire chiaramente quello che sentiva per lei. Ora era tutto astratto, passi in avanti seguiti da altrettanti passi indietro, continui dubbi ed esitazioni che stavano tormentando entrambi. E lei poteva considerare più conveniente e soprattutto rassicurante evitare di esporsi e lasciar così passare le ultime settimane del suo soggiorno in Giappone e tornare a casa con un bel ricordo della sua esperienza e della loro amicizia.

Cosa di cui lui non era disposto ad accontentarsi.

«Io non le dirò nulla della nostra conversazione. Dovrete essere voi a parlarvi e a chiarirvi.» affermò infine Taro.

Continuarono la colazione parlando di altri argomenti di minore importanza, poi si alzarono dalle sedie.

Genzo si diresse verso il bancone per pagare il conto, mentre Kumi e Taro si avviarono verso l'uscita del bar, dove rimasero ad attenderlo.

Una volta raggiunti, i due ragazzi lo salutarono.

«Dobbiamo andare alla stazione a prendere il treno per Nankatsu.» disse Kumi.

«Io resterò a Tokyo ancora per qualche ora, ho un altro impegno.»

«Va bene, allora ci vediamo.» replicò Taro, dandogli una lieve pacca sulla spalla.

«E mi raccomando Wakabayashi, parla al più presto con Elena. Ora non hai più scuse.» lo esortò ancora la giovane mangaka.

Genzo rispose con un cenno del capo e mentre i suoi amici si incamminavano verso l'uscita dell'hotel, lui si diresse verso la reception per pagare il conto dell'intera permanenza. Poi chiamò un taxi.

Aveva davvero un'ultima cosa da fare prima di lasciare Tokyo, con il pensiero a una ragazza che in quel momento si trovava in un treno, a pochi chilometri dalla prefettura di Shizuoka.

 

Stava osservando le varie specie di fiore presenti in quel negozio non molto grande, ma piuttosto fornito, da una decina di minuti ormai.

Non ne aveva mai regalati di sua spontanea iniziativa, a parte a sua madre e Annie, e una volta anche ad Asami … e sempre delle rose, per andare sul sicuro.

Ma questa volta, sentiva che era una scelta troppo facile e scontata.

Una ragazza con gli occhiali dalla vistosa montatura verde e con i capelli scuri raccolti in due codini gli si avvicinò, con le mani dietro la schiena. Indossava una salopette in jeans e aveva un'aria sveglia e un sorriso ampio e luminoso.

«Buongiorno, signore. Sta cercando dei fiori da regalare?»

«Sì … pensavo a delle rose, ma poi ho visto quelle piante …» rispose, indicando un gruppo di fiori di diverso colore poco lontano dal bancone.

«È per la sua ragazza?»

Genzo esitò un momento, poi assentì con il capo.

«Ho capito! È per la ragazza che le piace, ma ancora non state insieme.» affermò la giovane, facendogli sgranare gli occhi.

Lei annuì con aria saputa, poi si avvicinò alla pianta indicata da Genzo.

«È un'Amaryllis belladonna. È un fiore bellissimo … simboleggia la bellezza splendente, la finezza e l'eleganza. E ha un profumo delicato.» descrisse, prendendone una e accostandogli i fiori per farglieli annusare.

«È perfetta. Mi prepari un mazzo di Amaryllis rosse con striature bianche.»

La giovanissima fioraia annuì soddisfatta.

Mentre preparava i fiori, Genzo scrisse un breve messaggio d'accompagnamento su un cartoncino.

Infilò il biglietto in una busta, su cui scrisse il nome della destinataria, trattenendo la penna per scrivere qualcos'altro su un secondo cartoncino.

La ragazza si illuminò quando lesse il nome.

«Si chiama Elena! Che bel nome … deriva dal greco e significa "splendente". Ha fatto proprio la scelta giusta!» cinguettò, mentre univa il tutto all'involucro trasparente con una pinzatrice.

Genzo sorrise.

«Glieli faccia avere per questo pomeriggio, a questo indirizzo.» disse, lasciandole un altro biglietto.

«Arriveranno puntuali a destinazione.» replicò lei, ammiccando.

 

«Sicura che sia una buona idea, Arimi?» chiese Mitsuyo, da poco giunta con l'amica e le loro tre compagne di squadra davanti al grande cancello di villa Wakabayashi.

Era ormai giugno. Si stavano susseguendo bellissime giornate assolate.

I refoli di aria fresca attenuavano il caldo che avrebbe certamente caratterizzato l'intera giornata.

«È l'unica strada percorribile.»

«Speriamo almeno che Wakabayashi-san sia in casa.» sospirò Emi, mentre la neocampionessa nazionale premeva il pulsante del citofono.

 

«Rispondo io, Hitomi!» gridò Annie, strofinando le mani sul grembiule, mentre usciva dalla cucina e si avvicinava al ricevitore.

«Chi è?»

«Buongiorno. Siamo Shimokawa Arimi, Minobe Mitsuyo, Otsuka Shinobu, Suzumura Hanako e Sakurai Emi, le ginnaste dello Shiroyama Gymnastics Club. Il signor Wakabayashi Genzo è in casa?» chiese Arimi, a nome di tutte.

«Sì, certo. Vi apro il cancello.» rispose, premendo il pulsante che azionava il meccanismo.

Le ragazze attraversarono il vialetto guardandosi intorno e scambiandosi commenti di ammirazione per la bellezza ed estensione del giardino, mentre Annie le attendeva sorridente sotto il portico, con ancora addosso il grembiule sporco di farina e crema al cioccolato.

Accanto alla cuccia era seduto John, che le scrutò per poi sdraiarsi e appoggiare il muso sul prato non appena vide la donna accogliere le ragazze con affabilità, per poi invitarle a entrare nel vestibolo.

«Ciao ragazze. Io sono Annie Crawford Wakabayashi, la cognata di Genzo. È tornato da poco dalla sua corsa mattutina e ora è sotto la doccia, ma sarà qui tra non molto.» disse, mentre cambiavano le calzature.

«Sotto la doccia?» ripeté Shinobu con uno scintillio negli occhi che Arimi ritenne opportuno smorzare con una gomitata.

Annie accennò una risata e le invitò ad accomodarsi, prima di tornare in cucina.

«Ehi, sei impazzita?» protestò a denti stretti, massaggiandosi il braccio colpito.

«Devi imparare a tenere i tuoi ormoni sotto controllo, soprattutto se sei ospite di una famiglia come i Wakabayashi.» replicò, mentre tutte prendevano posto ridacchiando sul divano dell'ampio salotto.

Genzo comparve dopo una decina di minuti e assunse un'espressione interrogativa quando le vide, ma poi le salutò con gentilezza.

Le cinque ragazze si alzarono in piedi quasi simultaneamente e lo salutarono con un inchino.

«Buongiorno, Wakabayashi-san

«Ciao ragazze. Come mai qui?» chiese, facendo loro cenno di risedersi e prendendo posto di fronte a loro, sull'altro divano.

«Vorremmo chiederle un favore, visto che è nel consiglio direttivo dell'Istituto Shutetsu e la sua famiglia è molto influente.»

Genzo alzò un sopracciglio, ma fece un cenno con il capo, invitando Arimi a continuare.

«Vede, noi vorremmo preparare un breve esercizio collettivo come omaggio alla signorina Rulli.» il lampo passato negli occhi del giovane per il riferimento a Elena non le sfuggì. «Vorremmo chiederle di lasciarci libera la palestra dell'Istituto Shutetsu per provarlo e inserirlo, ovviamente con il permesso degli insegnanti e del direttore, nello spettacolo che si terrà nell'auditorium della scuola.»

«Farlo alla palestra Shiroyama sarebbe troppo scontato e soprattutto comprometterebbe l'effetto sorpresa. E noi vogliamo che sia totalmente inaspettato.» aggiunse Hanako.

Genzo increspò un angolo delle labbra, poi si sporse in avanti intrecciando le dita delle mani. «Non è una richiesta semplice … vi si allena sempre almeno un club sportivo.»

«Lo sappiamo, Wakabayashi-san.» intervenne Mitsuyo, che con Hanako frequentava proprio l'Istituto Shutetsu «Ma sarebbe solo per pochi pomeriggi poiché al mattino frequentiamo le lezioni … e poi pensi a quanto si emozionerà la signorina Rulli.»

«Le è affezionato, no?» riprese la parola Arimi, facendogli un occhiolino.

«Molto affezionato.» rincarò Shinobu, con un largo sorriso malizioso.

Genzo alzò un sopracciglio, poi sogghignò, sentendosi leggermente in imbarazzo per la simpatica impertinenza di quelle ragazzine.

«Va bene. Non vi prometto niente, ma vi garantisco che farò tutto il possibile.»

 

Il tavolo della cucina era disseminato di ciotole, sacchetti di farina e zucchero, barattoli di miele e vari utensili da cucina.

«Se non avessi dovuto ancora infornare i biscotti, ne avrei volentieri offerti un po' a quelle ragazze.» disse Annie, stringendosi nelle spalle.

«Magari glieli farò avere io nei prossimi giorni … visto che probabilmente si alleneranno nella palestra della Shutetsu.» rispose Genzo, che l'aveva raggiunta dopo che le ginnaste se n'erano andate.

«Ho sentito … allora cosa farai, parlerai con Elena?»

«Sì, lo farò dopo lo spettacolo.»

Annie assentì, con un deciso cenno di approvazione.

«Forse sto contribuendo a metterti nei guai con i tuoi genitori … ma sono convinta che in una relazione debba esserci un amore forte e autentico. E reciproco. Comunque andrà a finire, io sono dalla tua parte, Genzo.»

Gli rivolse un sorriso quasi materno. Il ragazzo ricambiò con una lieve carezza su una guancia.

«Hai appena fatto la crema al cioccolato … ti dispiace se la assaggio?» chiese poi abbassando gli occhi verso una larga ciotola, prelevandone una ditata e portandosela alla bocca.

«Ehi, giù le mani! Ah, Genzo! Sei peggio di Kenichi!» gridò, fingendo di volerlo colpire con lo sbattitore.

 

Era tarda mattinata quando arrivò in prossimità della casa in cui abitavano Carlo ed Elena.

Il cielo era limpido e sgombro, il caldo reso meno soffocante da una lieve brezza.

Lei era nel giardino, con un cesto di plastica contenente del bucato posato per terra, mentre stava stendendo dei vestiti, con Wilhelm che le girava attorno.

Indossava un prendisole color giallo dorato e aveva i capelli raccolti in uno chignon.

«Wilhelm, togliti da lì!» lo rimproverò Elena, dandogli uno scappellotto sulla schiena e facendolo allontanare con un mugolio.

Cominciò ad abbaiare quando notò la sua presenza.

Elena si accorse così dell'imponente figura del portiere, ferma davanti al cancello.

«Ciao, Genzo.» disse, avvicinandosi.

«Ciao, Elena.» sollevò lievemente la visiera del berretto.

«Entra pure. Mio zio è ancora in palestra, ma tornerà tra non molto.» disse aprendo il cancello e facendolo passare.

«In realtà sono venuto per parlare con te, ma continua pure quello che stai facendo.»

La ragazza si sentì invasa da un senso di agitazione al pensiero che fosse lì di proposito e non perché ci passava per caso, ma fece un cenno d'assenso e una volta richiuso il cancello, riprese la sua mansione.

 

Genzo si accosciò e si mise ad accarezzare Wilhelm, che lo annusava con insistenza avvertendo l'odore di John.

«Se me lo tieni occupato, riesco a finire di stendere questi vestiti. Cerca sempre di afferrarli e di portarli via.»

«Allora ti piace proprio fare i dispetti, eh Wilhelm?» scherzò, alzando subito il viso su Elena, che per un attimo si era fermata trattenendo tra le dita i lembi della maglietta che stava stendendo.

Continuò a dargli le spalle finché non ebbe terminato, consapevole del fatto che lui la stava guardando.

Genzo la osservò mentre tirava fuori un fazzoletto e lo passava sulla pelle, per asciugare le gocce di sudore che le imperlavano la fronte, il petto, le spalle e la schiena.

Il suo sguardo seguiva i suoi movimenti, facendolo scorrere così sul corpo della ragazza.

Era bella e sensuale, da togliergli il fiato.

I loro occhi si incrociarono ed Elena arrossì.

«Oggi fa davvero caldo.» affermò, cercando di sembrare più spigliata e lo invitò a entrare in casa.

Appena varcata la soglia, vide subito, con sua soddisfazione, i fiori di Amaryllis in un vaso al centro del tavolo.

«Sei stato gentile a regalarmeli. Grazie.»

Lui fece un cenno d'assenso, sorridendo.

Gli aveva scritto qualcosa di simile in un sms quella sera stessa, poche ore dopo averli ricevuti.

Non gli aveva scritto l'emozione provata quando il fattorino le aveva consegnato quel mazzo e il batticuore con cui aveva letto il biglietto d'accompagnamento …

Per non aver festeggiato con te ieri sera. 

 

Un profumo di mele, cannella e uva passa impregnava ancora la cucina e il piccolo salotto.

Sul ripiano accanto al fornello, faceva splendida mostra di sé uno strüdel che doveva essere stato sfornato da poco.

«Ne vuoi una fetta?» gli propose, indicandolo.

«No grazie, tra poco sarà ora di pranzo.»

«Allora te ne taglio un po', così potrai farlo assaggiare anche a Annie, a tuo fratello e ai bambini. E anche alla signora Sakai!» disse, prendendo un grosso coltello dalla lama seghettata da un cassetto e cominciando a tagliare metà dolce.

«Non me ne stai dando troppo? L'avevi appena fatto …» obiettò lui, mettendosi di fianco.

Elena diede un'alzata di spalle.

«Qui siamo solo io e mio zio, questo ci basterà e comunque posso sempre farne un altro. Ormai mi viene in automatico. È una ricetta tradizionale che le donne della mia famiglia si tramandano di generazione in generazione.»

Genzo sorrise «D'accordo, allora.»

Elena sorrise di rimando e prese un contenitore di plastica, in cui adagiò la porzione di dolce e lo ricoprì con un coperchio.

«Ecco qui.»

Lui ringraziò e afferrò il contenitore, ma lo rimise subito sul ripiano.

«Devo chiederti una cosa.»

Lei annuì, inducendolo a continuare.

«Venerdì sera ci sarà uno spettacolo all'auditorium dell'Istituto Shutetsu. Una serie di balletti e di canzoni cantate e suonate dai ragazzi del club di musica. Mi piacerebbe se vi assistessi anche tu.»

«Oh … la Ujimori non può?» chiese lei, con un tono di voce fattosi improvvisamente più rigido.

Genzo mantenne uno sguardo e un tono di voce impassibili.

«No, lei non ci sarà.»

«Capisco.» disse, piuttosto sorpresa ma immaginando che la sua assenza poteva essere dovuta a impegni già presi.

«Non so se posso accettare il tuo invito, comunque. Ho molte cose da fare, il saggio delle bambine è tra pochi giorni e ho anche le ultime lezioni di giapponese e i preparativi prima della partenza.» elencò freddamente, staccandosi dal ripiano e facendo alcuni passi in avanti.

Genzo le andò dietro, le afferrò un braccio e la costrinse a voltarsi.

«Elena, per favore. È importante che ci sia anche tu.» affermò con risolutezza.

In fondo ai suoi occhi, le parve di scorgere persino una supplica.

«E va bene, verrò. Basta che la smetta di stringere.» concesse infine, distogliendo lo sguardo.

«Scusami.» mormorò dispiaciuto, allentando subito la presa e dandole istintivamente una carezza che la fece tremare.

Lei continuò a guardare da un'altra parte.

Ormai Genzo sapeva interpretare il suo comportamento. Faceva così quando sentiva che avrebbe potuto cedere, se solo lui avesse fatto un gesto in più.

Poteva già confessarle tutto … perché aspettare? Erano l'uno di fronte all'altra ed erano soli … e lui cominciava a essere stanco di quella situazione.

«Elena …» sussurrò, sollevandole delicatamente il volto con una mano, per costringerla a guardarlo.

Lei si ritrovò a incrociare le sue iridi che le parvero, ancora una volta, così grandi e accese …

Avvertì il cuore palpitare con frenesia e il volto accaldarsi sotto il tocco delle sue dita.

«Genzo! Che sorpresa, come mai qui?» la voce di Carlo li fece trasalire. Non l'avevano sentito entrare, non avevano nemmeno udito la porta aprirsi.

I due si affrettarono a spostarsi e a salutarlo.

Genzo si sincerò delle sue condizioni di forma.

«Gli ho dato metà del nostro strüdel, visto che non l'ha mai mangiato.» spiegò Elena, desiderosa più che altro di scongiurare subito qualsiasi tipo di insinuazione.

«Hai fatto benissimo.» commentò, dirigendosi verso la sua stanza per depositarvi il borsone.

«L'ho invitata a vedere uno spettacolo all'auditorium dell'Istituto Shutetsu.»

Carlo fece un cenno d'approvazione.

«Tu hai accettato, vero Elena?»

«Sì …» rispose abbozzando un sorriso, sperando che non avesse notato nulla.

«Ti fermi a pranzo con noi, Genzo?» propose poi Carlo, facendo perdere un altro battito alla nipote.

Ma il ragazzo scosse la testa «No, sono già atteso a casa mia. Vi ringrazio, sarà per un'altra volta.» disse riprendendo in mano il contenitore e il berretto posato sul tavolo, prima di congedarsi.

Elena tirò un sospiro di sollievo, dentro di sé. Sarebbe stato difficile celare il suo turbamento se Genzo fosse rimasto lì con loro, dopo quello che era accaduto … e che forse stava per accadere e cui Carlo aveva probabilmente almeno in parte assistito, nonostante l'atteggiamento volto a fare finta di niente.

E anche in quel caso, non sapeva se rimpiangere o rallegrarsi.

Una cosa era certa: quell'altalena che sia lei sia Genzo avevano alimentato la stava logorando … e un chiarimento si era ormai reso ineludibile.

 

 

 

 

***Note***

 

Park Hotel: è una catena di alberghi di lusso. Quello in cui alloggia Genzo è ubicato nel quartiere speciale di Minato.

Questo è il sito ufficiale con molte fotografie.

 

"L'età dell'innocenza" è un romanzo della scrittrice americana Edith Wharton, pubblicato nel 1920 e da cui è stato tratto un film prodotto nel 1993, diretto da Martin Scorsese e interpretato da Daniel Day-Lewis, Michelle Pfeiffer e Winona Ryder.

 

L'Amaryllis belladonna è una pianta originaria del Sudafrica, dalle foglie di color verde vivace e fiori molto profumati che a seconda della qualità possono essere di diversi colori: bianco, rosso, rosa con striature giallo chiaro e così via.

Potete trovare informazioni più dettagliate qui.

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Sandie