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Autore: Sandie    21/04/2019    3 recensioni
Genzo torna in Giappone lasciandosi alle spalle Amburgo e tutte le sue certezze crollate in pochi mesi.
Ritrovati la sua famiglia e gli amici di sempre, nel suo futuro ci sono le Olimpiadi di Madrid e decisioni importanti che apriranno un nuovo capitolo della sua vita. Un destino che condivide con Taro.
I loro percorsi si intrecciano con quelli di Kumi ed Elena: due ragazze che, come loro, dovranno costruire una
nuova vita, diversa da quella immaginata.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji, Kumiko Sugimoto/Susie Spencer, Taro Misaki/Tom
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo XVII

 

Una felicità incompleta

 

 

 

Elena guardava la pioggia cadere rapida e copiosa dal cielo di Tokyo.

Le gocce avevano ormai bagnato completamente i vetri delle finestre e ogni tanto i lampi illuminavano il cielo, seguiti da tuoni fragorosi, in quella che sembrava un’anticipazione della stagione delle piogge.

La passeggiata programmata per il pomeriggio nei quartieri di Ginza e Akihabara era saltata.

Lei, Mayuko e Satoru Tanisaka erano arrivati nella capitale giapponese tre giorni prima, insieme alle cinque allieve che avrebbero partecipato alle Nazionali juniores.

Erano riusciti a prenotare alcune stanze in un albergo non lontano dallo Yoyogi Stadium, dove si sarebbe svolta la competizione.

Le ragazze si erano sedute sul divano del salotto e sbuffavano annoiate, cercando di ingannare il tempo ascoltando musica dai loro iPod o facendo giochi di cui presto si stancavano.

Elena andò nella sua stanza. Frugò brevemente nel suo piccolo trolley, per tirarne fuori una custodia colorata contenente il dvd con l’edizione giapponese di “Stick It”, acquistato in un centro commerciale della capitale, in uno dei suoi recenti viaggi.

Aveva fatto bene a portarlo con sé: era certa che prima o poi le sarebbe stato utile.

«Ragazze, forse ho trovato il modo di rimediare. Non sarà come visitare il centro di Tokyo, ma con me e le mie compagne ha sempre funzionato.» annunciò al suo ritorno.

Inserì il dvd nell'apposito lettore.

In breve la sala si riempì dapprima dei commenti incuriositi e poi delle risate delle giovanissime atlete, ravvivando un pomeriggio altrimenti tedioso.

 

«Signorina Rulli, la signorina Ujimori Asami la sta aspettando nella hall.» la avvertì l'addetto alla reception dell'albergo.

«Ujimori Asami?» replicò, con uno sguardo stupito.

«Sì, ha chiesto espressamente di lei.» rispose l'uomo, stringendosi nelle spalle.

Elena mantenne un'espressione perplessa, ma poi si rese conto che c'era un solo motivo per cui Asami volesse parlare con lei. «Va bene, le dica che arriverò a momenti.»

Andò nel bagno a darsi una breve sistemata ai capelli, poi si diresse verso la hall, tra gli sguardi curiosi delle ragazze e anche di Mayuko.

Era ormai tardo pomeriggio, e il sole era tornato a dominare il cielo dopo il temporale.

La vide accanto a una parete della grande sala, intenta a osservare i quadri che vi erano appesi.

Indossava una maglia azzurra e una corta gonna bianca, a sottolineare le gambe perfette.

Si voltò proprio nel momento in cui Elena arrivò dietro di lei. Doveva averlo fatto alcune volte, da quando il receptionist era andato a chiamarla.

Dopo aver scambiato i convenevoli, Elena invitò Asami a sedersi sulle poltrone lì accanto.

La giovane ereditiera fece un cenno di diniego.

«Non starò qui per molto.» la scrutava con un'espressione gelida che le provocò un senso di disagio, che tuttavia si sforzò di non dare a vedere. Sostenne lo sguardo e attese ciò che la giovane ereditiera aveva da dirle.

«Non farti illusioni su Genzo. Ci sarò anch'io con lui, a vedere la gara delle tue allieve. Mi ha invitata.» precisò, con un sorriso «Tra noi c'è un legame solido e di lunga data, che solo a causa della lontananza non si è trasformato prima in qualcosa di più profondo. E non potrà certo venire spezzato da una ragazzina spuntata dal nulla.»

I suoi occhi neri sembravano mandare lampi, il suo tono di voce era freddo e risoluto.

Elena continuava a sentirsi infastidita, ma fu altrettanto ostinata a non abbassare lo sguardo.

Se pensava di umiliarla facendole pesare la condizione sociale inferiore alla sua, si sbagliava di grosso. Per fortuna nella sua famiglia le avevano insegnato a non vergognarsi mai né di sé stessa né delle sue origini.

«Non accetto di essere definita "una che spunta dal nulla" solo perché non sono figlia di un ricco industriale. Il denaro me lo sto guadagnando con il lavoro e non cercando di sedurre un ricco rampollo, come evidentemente insinui.» replicò, con fermezza.

«Allora Genzo non ti interessa?» chiese l'altra, lì per lì colpita dalla reazione della ragazza italiana ma abile a mantenere un'espressione imperturbabile.

Fu il turno di Elena di subire il colpo ma rimediare con altrettanta prontezza «Cosa ti fa pensare che io abbia delle mire su di lui?»

Asami fece un altro sorriso, come se ritenesse ovvia la risposta «Sai, Genzo è un personaggio pubblico, un calciatore famoso in Giappone ma soprattutto in Europa. E naturalmente è uno degli eredi di una famiglia tra le più importanti del Paese. So che siete diventati amici in questi mesi e io non ho nulla in contrario, ma non aspettarti nulla di più.» la scrutò, cercando di cogliere segni dell'effetto delle sue parole «Lo conosco da molto più tempo di te e lo amo sul serio, è l'uomo con cui voglio sposarmi e creare una famiglia.»

«Se anche Genzo la pensa così, non hai nulla da temere.» ribatté Elena, con un sorriso sereno.

Ma Asami notò che gli occhi della sua rivale erano più lucidi.

Allora non era stata una sua impressione … provava davvero qualcosa per Genzo, anche se doveva ammettere che stava cercando di dissimulare in maniera quasi ammirevole.

Doveva affondare il colpo di grazia.

Chiuse gli occhi e scosse la testa con un sorriso di scherno, come se avesse di fronte a sé una bambina che si era appena resa conto che il mondo reale non è come quello raccontato nelle fiabe.

«Dopo la gara, andremo a cena e magari brinderemo anche alla tua vittoria. E poi concluderemo la serata nel mio appartamento, come sempre.» la informò con un sorriso beffardo, per poi avviarsi verso l'uscita dell'albergo.

Si voltò brevemente prima di uscire e vide Elena di spalle, ancora lì ferma.

 

Avvertì la sensazione di una lama gelida e affilata perforarle il cuore.

In fondo era vero, Asami conosceva Genzo da tanto tempo e lei da soli cinque mesi.

Con Asami aveva una relazione stabile, mentre con lei non erano mai andati al di là di un bacio sfiorato in un'atmosfera particolare. Un bacio di cui aveva forse rischiato di pentirsi.

E allora perché quelle parole la ferivano così tanto?

 

«Signorina Rulli, cosa voleva quella donna?» chiese Shinobu, la più curiosa del gruppo, non appena vide la sua insegnante tornare nel salotto.

Elena scosse la testa con un sorriso, cercando di ignorare il nodo che le stava serrando progressivamente la gola, ma si affrettò a guadagnare le scale.

«Vado a fare una doccia, tra non molto sarà ora di cena.»

 

Chiusa la porta dietro di sé vi si appoggiò, reclinando la testa.

Sentì le lacrime scendere lente dai suoi occhi e rigarle il viso.

Strinse le labbra, avvertendone comunque il sapore amaro.

Era stato l'atteggiamento di sufficienza da parte di Asami o sapere che Genzo nonostante tutto, la amava ancora?

Tutti quei gesti … quelle premure … il suo modo di guardarla, il calore con cui le aveva stretto la mano in ospedale e quel bacio quasi avvenuto davanti a casa di suo zio.

Possibile che avesse sempre finto?

E Taro … poteva averle mentito?

Le sembrava assurdo.

Non poteva credere che Genzo e Taro si fossero presi gioco di lei. Di certo non il suo vecchio amico.

Eppure i giorni seguenti alla partita sembravano confermare le parole di Asami.

Aveva visto Genzo un paio di volte e sempre in palestra, ma si erano scambiati poche frasi irrilevanti, come se il loro bacio sfiorato e l’incontro del giorno dopo, con sguardi carichi di sottintesi, non fossero esistiti.

Le loro conversazioni somigliavano a quelle avute all'inizio della loro conoscenza.

Lo osservava mentre faceva gli sparring, e si chiedeva perché tutto a un tratto si stesse comportando come se lei fosse stata poco più di una conoscente.

Ma in fondo, l’aveva a dir poco ignorato la sera della partita finale contro l’Australia.

Si era stancato del suo atteggiamento, che prima sembrava quasi incoraggiarlo per poi intimargli di non oltrepassare la linea?

Forse anche lui stava aspettando che se ne andasse, per essere sicuro che non si trattasse soltanto di un’infatuazione passeggera.

Poteva capitare di prendere una sbandata per poi rendersi conto di quanto fosse importante il legame con la propria ragazza, e forse Genzo temporeggiava perché si stava rendendo conto di non poter rinunciare ad Asami con leggerezza.

E lei forse l’aveva affascinato, ma non aveva suscitato in lui un sentimento addirittura superiore a quello che provava per la sua ragazza.

Da quando erano venute a conoscenza dei rispettivi sentimenti per Taro e per Genzo, Kumi era diventata la sua confidente.

La mangaka sembrava tifare per un suo futuro fidanzamento con il portiere, e non glielo nascondeva. Ma soprattutto, era contraria al suo ritorno in Italia senza prima aver parlato con lui.

«Quello che provi non può essere un'infatuazione come quella per un ragazzo conosciuto durante una vacanza al mare o a una festa. È un sentimento che è nato quasi senza che te ne accorgessi, anzi in un certo senso persino contro la tua volontà, e che è cresciuto con il passare del tempo. Se posso permettermi Elena, io non credo che tu abbia bisogno di capire, ma di ammettere.» le aveva detto, con la schiettezza che aveva imparato a conoscere e apprezzare in quei mesi.

«Io dirò a Misaki quello che provo prima della partenza per il Messico. L'incertezza è la cosa peggiore, Elena. Ti illude di essere al riparo da ogni delusione e sofferenza, in realtà ti logora e potrebbe farti perdere l'occasione giusta senza che tu te ne accorga.»

Ma ora le sembravano frasi prive di senso.

Non c'era che dire … se Genzo l'aveva ingannata, era riuscito a farlo talmente bene da far prendere un granchio anche a Kumi e a Taro.

Si passò le mani sulle guance e sugli occhi quasi con rabbia, asciugandosi le lacrime: se Genzo l'aveva presa in giro, se non sapeva decidersi o aveva delle difficoltà a distinguere i suoi sentimenti in fatto di donne, non sarebbe stata lei a pagarne le conseguenze.

 

Guardò il maneki neko. Lo aveva portato con sé, sperando che i presunti influssi positivi fossero reali e non solo una delle tante leggende giapponesi.

Lo accarezzò per l'ennesima volta.

Il suo primo desiderio, nell'immediato: vedere mesi di lavoro duro e appassionato coronati almeno da un ottimo piazzamento.

«E sapere cosa c'è davvero nel cuore di Genzo … e nel mio.»

 

La ginnastica artistica non era uno sport molto considerato dal punto di vista mediatico, con l'eccezione dei pochi campioni affermatisi nelle competizioni internazionali, ma i palasport erano quasi sempre pieni e lo Yoyogi Stadium era gremito di spettatori entusiasti, tra cui tanti bambini e ragazzi.

Al torneo partecipavano squadre provenienti da tutto il Giappone. Favoriti erano sempre i club come Asahi e Konami, che oltre a formare le atlete più forti disponevano anche di grandi risorse economiche e contavano sull’appoggio e la sponsorizzazione di ricchi imprenditori e importanti società. 

Elena e Mayuko raggiunsero la postazione assegnata allo Shiroyama Gymnastics Club e la loro panca si riempì di giacche, borse e zainetti colorati.

Le ragazze cominciarono i loro esercizi di riscaldamento, intervallati da brevi battute e piccoli scherzi allo scopo di allentare la tensione.

Erano tutte in lizza. Il giorno prima erano riuscite a superare la fase eliminatoria, con ottimi punteggi e in alcuni casi avendo la meglio anche su ginnaste di scuole più blasonate.

 

«Mayuko Shiroyama?»

Una squillante voce femminile fece voltare le due allenatrici.

«Miho Shinoda!» esclamò la titolare della scuola, voltandosi e ritrovandosi di fronte la donna che l'aveva chiamata, stringendola subito nel suo abbraccio.

Era una donna non molto alta e di corporatura minuta come Mayuko, ma si faceva notare per una chioma biondo platino.

«Quanto tempo! Ho visto le ultime regionali e anche le gare di ieri. Complimenti, hai messo su una squadra davvero valida. E quella Shimokawa ha la stoffa della campionessa.»

«Grazie, ma il vero banco di prova è questa sera, con i titoli in palio.» rispose Mayuko.

«Ti presento Elena Rulli, la mia vice.» disse poi, mostrandole la ragazza con un gesto della mano.

Elena sorrise d'orgoglio nell'apprendere che la sua datrice di lavoro non la considerava una semplice collaboratrice e assistente, ma un'allenatrice in seconda a tutti gli effetti.

«Molto lieta, signora Shinoda.»

«Piacere mio. Ero una compagna di squadra di Mayuko in Nazionale, più o meno quando tu eri in fasce.» le disse, con un sorriso divertito.

Elena annuì «Ho visto molti vostri filmati su Internet.»

«E ovviamente eravamo bravissime, vero?» replicò Miho, strizzandole un occhio.

«Naturalmente.» confermò, con un sorriso sincero.

«Di certo più che a cantare.» intervenne Mayuko, roteando gli occhi con un sorriso birichino.

«Ah, sentila che insolente! E io che volevo regalarti il nuovo disco delle T&C Bomber, in caso di vittoria!» esclamò, passandole un braccio attorno al collo, fingendo di volerla strozzare.

«Beh, facciamo così, se hai inciso una canzone carina la userò per la prossima routine a corpo libero di una mia allieva.» concesse, stando allo scherzo. 

 

Sugli spalti si sbracciarono e si fecero notare, chiamandola forte, anche Kumi, Shun e Madoka. E accanto a loro, c’era anche Taro.

Elena li salutò agitando un braccio.

Poi fece scorrere lo sguardo su altri settori, ma non le parve di scorgere Genzo.

Forse non era ancora arrivato … o forse Asami era riuscita a convincerlo addirittura a non andare?

«Allora, sei emozionata?» la voce di Carlo, comparso dietro alle sue spalle, la fece sobbalzare e le fece mettere momentaneamente da parte le sue congetture.

«Quasi come ai tempi delle mie gare.» ammise.

«Non preoccuparti. Io ti ho vista quasi tutti i giorni, alla palestra. Tu e Mayuko le avete allenate bene, quelle ragazze. Vedrai che non deluderanno.»

Suo zio era stato, come sempre, di parola. Era stato dimesso dallo Juntendo Hospital proprio lo stesso giorno della sua partenza, ed Elena, appena saltata giù dallo Shinkansen aveva affidato il suo piccolo bagaglio a Satoru, tenendo con sé soltanto lo zainetto e aveva chiamato un taxi per farsi portare al complesso ospedaliero.

Avevano trascorso insieme la mattinata prima di recarsi all'albergo scelto per la permanenza nella capitale.

Era ormai perfettamente guarito, il suo passo era tornato agile e i movimenti sciolti come erano sempre stati. Sembrava quasi che quell'incidente non fosse mai accaduto, ma il medico, prima di congedarlo, era stato molto chiaro, ribadendo la necessità di interrompere l'attività agonistica.

«Ma niente e nessuno potrà mai impedirmi di fare l'allenatore.» aveva dichiarato con fermezza.

E prima di tornare a Nankatsu, le aveva assicurato che sarebbe stato in prima fila ad assistere al suo primo trionfo come allenatrice.

Lui aveva mantenuto la sua promessa, ora toccava alle sue cinque combattenti mostrare di essere pronte a competere con le pari età di tutto il Paese.

 

«Allora ragazze, tenetelo presente oggi più che mai. Quando entrate in pedana, siete solo voi e il vostro esercizio. Tutto attorno a voi sparisce. Portate in gara tutto l'impegno che avete messo nella preparazione, proprio come avete fatto nelle eliminatorie.» le esortò Mayuko.

«Mi tremano un po’ le gambe ...» ammise Hanako.

«Se le lasci tremare, perdi e mandi all’aria tutti gli sforzi fatti finora.» ribatté Arimi, puntandole due occhi decisi, quasi minacciosi.

 «Ha ragione Arimi.» intervenne Elena «Vi siete allenate per mesi, avete lavorato con impegno tutti i giorni e non c'è stato un allenamento in cui non vi abbia visto acquisire qualcosa in più rispetto a quello precedente. Ora dovete mettere a frutto i risultati dei vostri allenamenti: avete seminato tanto, è tempo di raccogliere.»

 

Durante la gara, le ginnaste dimostrarono di aver recepito perfettamente le istruzioni delle loro allenatrici.

Davanti a loro rimasero la pedana e gli attrezzi.

La concentrazione le isolò dal contesto circostante, le grida del pubblico divennero un fievole brusio, per poi non essere più percepite se non al termine dell'esercizio.

E quasi sempre furono applausi misti a urla di incitamento e ammirazione.

Mitsuyo si confermò un vero talento alle parallele e al volteggio, in cui aveva dimostrato di saper compiere con precisione anche elementi di notevole difficoltà. Nelle stesse specialità Shinobu e Hanako riuscirono a giungere in finale, mentre Emi venne eliminata in semifinale alle parallele a causa di una presa mancata durante un Tkatchev e conseguente caduta che le causò una penalità.

Tutte avevano dimostrato di possedere un grande senso dell’orientamento, davano l’impressione di compiere gli esercizi senza alcuno sforzo e di vivere la ginnastica con il sorriso sulle labbra, come la loro grande passione.

 

Arimi in particolare, si dimostrò la vera rivelazione della competizione, risultando indiscussa vincitrice al corpo libero e alla trave e infine anche nell'all-around, in cui superò di poco la giovane campionessa in carica, in forza alla Konami.

La sua routine al corpo libero era una sequenza perfettamente combinata di elementi acrobatici e coreografici. Le diagonali formate da serie di rovesciate all'indietro con una mano e di salti mortali si concludevano con atterraggi perfetti agli angoli della pedana, e vennero sottolineate ogni volta da boati entusiasti e applausi calorosi.

La stessa cosa avvenne per il suo esercizio alla trave, dove mostrò di padroneggiare con eleganza e freddezza un ampio repertorio di elementi. Si trattasse di rovesciate, di enjambée o di movimenti più complicati, sembrava che, tranne per una brevissima oscillazione, muoversi su una pedana o su un ripiano largo dieci centimetri non facesse differenza.

E sempre con un'espressione sicura di sé e rilassata che dava quasi l'impressione di un esercizio improvvisato sul momento e non provato e riprovato per mesi, con fatica, sudore, perseveranza e anche momenti in cui stava per esplodere di rabbia e impazienza.

Il suo ritorno al mondo circostante venne salutato da un'ovazione e da una salva di applausi, mentre le giudici si consultavano sui punteggi da assegnare all'esercizio.

Scesa dalla pedana, andò ad abbracciare le sue allenatrici, ricevendo pacche sulle spalle dalle sue compagne e strette di mano dalle sue avversarie.

Aveva ripetuto il risultato delle regionali, ma stavolta il suo nome balzò all’attenzione degli appassionati, allenatori e commentatori di tutto il Paese. Questi ultimi non tardarono a indicarla subito come il nuovo astro spuntato nel firmamento della ginnastica nipponica.

Dopo la cerimonia di premiazione, i giornalisti le si fecero attorno, come api attorno a un alveare. Poi fu il turno delle altre ragazze di ricevere la loro parte di attenzione, seppure minore, e i microfoni e gli obiettivi delle telecamere raggiunsero anche Mayuko e la stessa Elena che, completamente spiazzata, lì per lì non seppe cosa dichiarare.

Poi pensò all'amore che nutriva per quello sport, la dedizione con cui lo insegnava e lo praticava tutti i giorni, il fatto che, nonostante l'infortunio e i sogni infranti di un anno prima, le avesse restituito le gioie che le erano state negate, seppure in un altro ruolo, e riuscì a evitare una sconcertante scena muta.

 

Madoka, sugli spalti, applaudì con le lacrime agli occhi, accanto a Shun, Kumi e Taro e si precipitò di corsa dalle scale per andare a condividere la sua gioia con la sorella.

 

«Congratulazioni.» trasalì al suono di quella profonda voce maschile.

Aveva ormai imparato a conoscerla … e ad amarla.

Si voltò e sorrise.

«Grazie, Genzo.»

Il giovane si guardò intorno, con un sorriso compiaciuto. Sugli spalti il pubblico applaudiva e gridava entusiasta dello spettacolo offerto dalle scuole partecipanti.

«Avete fatto una gara splendida. Arimi ha sbaragliato tutte le rivali, e anche le altre ragazze sono state bravissime.» commentò.

«Sì, sono state tutte meravigliose. Sono fiera di averle allenate.»

«E loro sono fortunate ad avere due allenatrici come te e la signorina Shiroyama.» replicò lui.

«Grazie. Ma, almeno per quanto riguarda Arimi … non so se sarebbe andata così, senza il tuo aiuto.» gli confidò, con uno sguardo che dava a quella frase un significato più profondo di quanto esprimesse di per sé.

«Complimenti anche da parte mia.» la voce flautata di Asami li fece trasalire e sciolse l'incanto.

Genzo si rese conto di essersi completamente dimenticato della presenza della sua fidanzata, accanto a sé … come se tutto si fosse circoscritto a lui ed Elena soltanto.

«Le ragazze della vostra squadra sono bravissime. Shimokawa è una vera campionessa. Hai intenzione di fare l'allenatrice?» chiese con tono gentile e amichevole.

Stentava a riconoscere in quella ragazza così educata e cortese quella che pochi giorni prima l'aveva affrontata, decisa a sminuirla e intimidirla.

«Non lo so. Di certo, mi piacerebbe rimanere in questo campo. Quando ti innamori di questo sport, non lo lasci più.» disse, con spontaneità, apparentemente dimentica di quanto accaduto, mostrando un entusiasmo simile a quello che animava Genzo quando parlava di calcio.

Il ragazzo accentuò il suo sorriso e continuò a tenere il suo sguardo su Elena, al punto che Asami non poté non accorgersene.

L'aveva visto seguire la gara con entusiasmo e con apprensione, stringere i pugni, applaudire con calore e partecipazione. Non poteva essere un semplice interesse per lo sport.

Chi avevano guardato i suoi occhi? Le ginnaste che si alternavano sulla pedana, o la bionda allenatrice che, vestita con una tuta bianca e rossa, le incitava?

«Genzo, che dici, andiamo a cena?» gli chiese, infilando un braccio sotto il suo.

Il portiere assentì con un cenno del capo.

«Allora … buon proseguimento di serata.» disse Elena, con un sorriso e uno sguardo in cui Genzo credette di leggere un'ironia amara.

«Grazie. Faremo un brindisi anche per voi.» rispose Asami, ribadendo volutamente la frase pronunciata quel pomeriggio.

Elena annuì con un altro sorriso e si voltò, ritornando da Mayuko, Satoru e le altre ragazze che erano state raggiunte nel frattempo dal loro gruppo di amici e parenti.

Carlo la abbracciò forte, riempiendola di complimenti.

La loro scommessa era stata vinta. La vittoria delle Nazionali juniores era stata la conferma della bontà della sua decisione di farle passare quel periodo in Giappone ed Elena, qualunque fosse stato il suo futuro, aveva ripreso in mano le redini della sua vita. 

 

E così era andato tutto come le aveva annunciato Asami … ma non avvertiva quel senso di disperazione che l'aveva invasa pochi giorni prima. Era preparata a quell'eventualità.

Sorrise suo malgrado.

Forse era stato meglio così. Non era stata colta di sorpresa e non avrebbe rischiato di mettersi a piangere alla festa, magari in mezzo a tutti com'era successo allo Yozakura.

Lo Yozakura … le tornò in mente lo sguardo con cui Genzo aveva indugiato su di lei e sul suo furisode, il maneki neko che le aveva messo tra le mani e su cui apriva gli occhi al mattino e li chiudeva la notte, la comprensione con cui l'aveva ascoltata esortandola poi a guardare avanti.

E ora doveva farlo … guardare avanti, forse anche oltre lui.

  

«E ora andiamo tutti quanti a festeggiare!» gridò Shun, seguito da urla di approvazione.

La sala al primo piano del locale scelto si riempì con i parenti e gli amici arrivati a Tokyo per assistere alle gare.

Solo Carlo era tornato subito a Nankatsu per presenziare agli allenamenti del giorno dopo.

Una festa con una grande torta, bibite rigorosamente analcoliche per le giovani campionesse e musica che risuonava per tutta la sala, trasformandola così in una piccola discoteca.

 

Si trovavano lì da circa un'ora.

Era stato meno difficile di quanto avesse creduto, mostrare che la felicità per la vittoria ottenuta le aveva riempito completamente il cuore.

Aveva brindato, ballato, chiacchierato con tutti e mangiato addirittura due fette di torta con gusto, grazie alla sua passione per i frutti di bosco e all'attenzione con cui Mayuko aveva tenuto conto dei suoi gusti.

Ma ogni volta che posava gli occhi sulle lancette dell'orologio, pensava inevitabilmente a uno scenario che da un ristorante di lusso doveva essersi spostato a un appartamento di Shinjuku, e ogni volta scuoteva la testa e stringeva le labbra.

Cercò Taro con lo sguardo, ma non riusciva a scorgerlo da nessuna parte.

Decise così di uscire sul terrazzo, per prendere almeno una boccata d'aria.

«Ah, ecco dov’eri finito!» esclamò, vedendolo seduto sul parapetto, e andandosi a mettere accanto a lui.

«Bella festa, no?» rispose lui, con un sorriso.

«Già …»

«Peccato che manchi qualcuno.»

Elena lo guardò, poi chinò il capo e abbozzò un sorriso. 

«È andato a cena con la Ujimori. Forse, a conti fatti, preferisce stare con lei. Posso capirlo, in fondo. È bellissima, ricca, elegante, istruita, stravede per lui e lo segue ovunque. Cosa potrebbe pretendere di più da una donna?» considerò, senza ironia. Anzi, a pensarci era un ragionamento di una logicità cristallina, tanto che si chiese come potesse avere creduto che Genzo la preferisse a lei.

Era stata incredibilmente ingenua. Un'illusa.

Eppure i suoi gesti … ma la donna che lo accompagnava a ogni sua uscita e con cui condivideva anche i momenti più intimi era Asami.

«Genzo adesso starà facendo l'amore con lei …» mormorò a occhi bassi, quasi senza rendersene conto.

Taro strinse le labbra. Non poteva dirle niente, non era in grado di rassicurarla.

Gli sembrava impossibile che il portiere, dopo tutto quello che gli aveva confidato al J-Village, pensasse davvero di trascinare quella relazione, ma nel contempo il fatto che avesse assistito alla gara e lasciato lo Yoyogi Stadium con la sua fidanzata, gli impediva di manifestarle il suo scetticismo.

«Io posso solo assicurarti che non mi sono inventato nulla, Elena, riguardo a ciò che mi ha detto al J-Village.»

«Taro, sai che cosa ha fatto la Ujimori? Pochi giorni fa è venuta addirittura all'hotel dove alloggiavo con la squadra, per dirmi di non illudermi e che il loro rapporto è troppo solido e profondo per poter essere messo in pericolo da una "ragazzina spuntata dal nulla".» gli riferì, indicando sé stessa, e imitando il tono altezzoso dell'ereditiera.

«Davvero? E se è così, perché ha sentito il bisogno di venire a dirtelo?»

«Non lo so. Ma evidentemente ha ragione.»

Taro la guardò, perplesso. Effettivamente il comportamento di Wakabayashi sembrava incoerente con quanto confidatogli più di una settimana prima.

A meno che …

 

Kumi si diresse verso il terrazzo con un po' di apprensione.

Stringeva tra le dita della mano destra il ritratto disegnato nei mesi precedenti, dopo prove su prove.

Era un disegno che ritraeva Misaki con la divisa della Nazionale: la riproduzione a pastelli di una foto scattata sei anni prima, ai tempi del Mondiale Under 16, e pubblicata in un numero speciale di "Soccer Eleven" dedicato alla vittoria dei ragazzi giapponesi. All'epoca non aveva tenuto in grande considerazione quell'immagine, poiché l'aveva acquistato per le numerose fotografie di Tsubasa.

Poi, quando aveva cominciato a nutrire interesse per l'altro componente della Golden Combi, aveva ritrovato quella vecchia rivista nel suo armadio e aveva guardato, questa volta con l'attenzione che meritavano, le immagini che lo raffiguravano.

E quella le era rimasta impressa più di tutte. L'idea di riprodurla sotto forma di ritratto le era venuta in mente dopo il loro incontro alla cartolibreria. Sentiva che avevano rotto il ghiaccio, in qualche maniera, e quella sera stessa aveva cominciato a lavorare a quel progetto, per poi metterlo in un cassetto in attesa del momento giusto.

Dopo la partita contro l'Australia, Taro era tornato a Sendai per fare visita a sua madre prima di partire per il ritiro di Toluca e poi aveva accompagnato suo padre a Osaka, dove si era svolta una mostra collettiva che comprendeva una selezione di sue opere.

E lei, tra gli impegni scolastici e la collaborazione con la rivista della Uchiyama Shoten, con cui aveva concordato la pubblicazione di una serie di manga autoconclusivi, non era riuscita ad avvicinare Misaki.

Ora mancava poco alla partenza della Nazionale e lei doveva sbrigarsi … era nervosa ma non voleva più aspettare oltre. Due mesi in più non avrebbero cambiato nulla, se non in peggio, condannandola a un'attesa logorante.

Aprì una delle ante della portafinestra e trasalì nel vedere Taro ed Elena seduti l'una accanto all'altra, sul parapetto. 

«Ah, scusate.»

«Figurati, Kumi. Abbiamo giusto concluso una chiacchierata amichevole. Io devo tornare dentro, ma sono certa che Taro non ha nulla in contrario a rimanere qui a farti compagnia, giusto?» disse, staccandosi dalla balaustra e facendo un occhiolino all'amico, che rimase stupito. Possibile che anche lei sapesse …?

Rivolse un sorriso eloquente anche a Kumi, prima di rientrare.

La giovane mangaka sorrise timidamente, avvicinandosi e andandosi ad appoggiare dove era stata l'amica fino a poco prima.

«È stata una serata trionfale per Elena.» commentò, cercando di rompere subito il ghiaccio.

«Già. È pienamente meritato. Hanno lavorato tutte duramente, per mesi.»

Kumi assentì.

«E con la Uchiyama Shoten, come va?» chiese, desiderando portare il discorso su di lei.

«Ho consegnato un paio di storie disegnate un anno fa. Le ho risistemate e se tutto va bene saranno pubblicate in uno dei prossimi numeri della loro principale rivista.»

«È splendido.»

Kumi annuì con un sorriso.

«Se anche avessi vinto il concorso della Shogakukan, mi sarei dovuta trasferire a Tokyo. Invece così posso continuare i miei studi a Fuji e nel contempo concentrarmi con serenità sul mio lavoro di mangaka, senza l'assillo di dover sfondare presto e a tutti i costi, piegandomi ai diktat commerciali.»

Seguì un momento di silenzio.

«Coraggio, Kumi. L'incertezza è la cosa peggiore.»

«Misaki, volevo darti questo.» riprese, alzando il braccio e ponendo quindi alla sua attenzione il disegno.

«L’idea mi è venuta vedendo la tua foto in una vecchia rivista.» spiegò «Mi piaceva: avevi solo quindici anni, ma uno sguardo che sembra guardare lontano … così ho pensato che poteva essere un regalo gradito.» disse, tendendoglielo.

Taro lo prese e lo contemplò, tenendolo delicatamente tra le mani.

«È bellissimo Kumi … grazie.» disse, sinceramente emozionato e impressionato dalla somiglianza.

La ragazza spalancò gli occhi. L'aveva chiamata … per nome.

Alzò lo sguardo e vide che Taro aveva avuto la stessa reazione.

«Scusami … è che …»

La ragazza scosse la testa e gli sorrise. Gli occhi brillavano al punto da sembrare più chiari.

«Non devi scusarti. Da tempo sognavo di sentirmi chiamare per nome da te.» disse in un fiato, addolcendo il tono della sua voce e confessando in una sola frase e in modo del tutto imprevisto, i suoi sentimenti.

Taro la guardò. Aveva gli occhi puntati sui suoi, come se stesse aspettando una sua parola o un suo gesto.

Si staccò dalla balaustra e le si avvicinò lentamente.

Alzò una mano, a sfiorarle una guancia.

Il cuore di Kumi batteva all'impazzata, al punto da sentirlo pulsare anche nella testa.

Si sollevò sulle punte, e chiuse gli occhi nel momento in cui Taro posò le labbra sulle sue.

Le sfiorò, saggiandone la morbidezza, poi esercitò una lieve pressione, per invitare Kumi a dischiuderle.

La ragazza avvertì il calore della bocca di lui.

Fu un contatto lento e delicato. Taro la esplorava senza fretta …

Si staccarono piano, e Kumi gli si appoggiò addosso, quasi senza fiato.

Era troppo bello … le sembrava quasi impossibile che fosse reale.

Sollevò una mano sul viso di Taro e lo accarezzò, come per sincerarsi che fosse accaduto davvero. Lui le sorrise e mise una mano sulla sua.

«Kumi … tra pochi giorni dovrò partire per il Messico, con la squadra … voglio rivederti ancora, prima di quella data.»

«Anch'io … Taro.» sorrise, con occhi ancora inebriati, che lo spinsero a cercare ancora la sua bocca.

  

 

 

***Note***

 

 

Miho Shinoda è un'ex ginnasta che ha fatto parte della Nazionale giapponese tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90, partecipando alle Olimpiadi di Seul 1988.

In seguito ha fatto l'allenatrice e la commentatrice, e per alcuni anni anche la cantante nel gruppo pop Taiyo to Ciscomoon, poi rinominato T&C Bomber.

Nella fanfiction, ho immaginato che lei e Mayuko fossero state compagne di squadra.

Fonte: Wikipedia

 

Arimi è ispirata a Catalina Ponor, ginnasta romena che ha gareggiato nella Nazionale dal 2004 al 2007 per poi tornare (e con successo) all'agonismo nel 2011. Elegantissima e con una tecnica sopraffina, e molto espressiva.

Ho scelto di attribuire ad Arimi le sue due routine al corpo libero e alla trave con cui ha vinto altrettante medaglie d'oro alle Olimpiadi di Atene 2004 (dando un forte contributo alla conquista del titolo a squadre). Cliccate sui nomi delle due specialità per aprire i relativi video, in cui troverete anche le didascalie con i nomi dei vari movimenti così come sono indicati nel codice dei punteggi (alcuni prendono il nome dalle ginnaste che per prime li hanno eseguiti a un Mondiale o a un'Olimpiade).

 

Nel capitolo è citato un elemento delle parallele asimmetriche, il Tkatchev, che potete vedere qui da 00:53 a 00:57.

 

"Stick It" (USA 2006) è un film che ha per protagonista Haley Graham (interpretata dall'attrice canadese Missy Peregrym), una ragazza ex promessa della ginnastica artistica dal passato difficile e che ha problemi con la giustizia.

Proprio il ritorno alla ginnastica rappresenterà il suo riscatto, grazie al burbero ma generoso allenatore Burt Vickerman (Jeff Bridges).

In questa scena, Haley spiega a modo suo (ovvero con una spiccata e pungente ironia) cos'è per lei la ginnastica artistica.

Citare "Stick It" in questa fanfiction era inevitabile perché per le amanti della ginnastica e per le ginnaste stesse rappresenta un vero e proprio cult. :-)

 

 

 

Un saluto a tutti!

Lo so, è passato quasi un mese dall'ultimo aggiornamento, ma sono state settimane burrascose e frenetiche.

Ora il clima è finalmente un po' più sereno e conto di ridurre i tempi di pubblicazione tra i prossimi capitoli, rendendoli più ravvicinati.

Anche perché stiamo entrando in una fase decisiva, soprattutto per la definizione del rapporto tra Genzo ed Elena, che stanno penando un po' rispetto alla loro neonata coppia di amici. ;-)

Buona Pasqua e Lunedì dell'Angelo!

Sandie

  
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