Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: ThisSilentMusic    08/05/2019    0 recensioni
Quando due vite si incrociano ci sono infinite direzioni che possono prendere: si può sfociare in un litigio, in una splendida amicizia, in un rapporto unicamente professionale, in una relazione fatta di sola passione, in una relazione d'amore... Spesso quest'ultima è considerata una trappola mortale, senza vie di fuga.
Così la pensa anche Jeon Jeongguk, studente delle superiori residente a Seoul, che dopo la morte dei suoi genitori non pensa di riuscire a provare ancora qualcosa di simile all'amore. Almeno, lo pensava prima di incontrare Kim Seokjin.
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Threesome
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What I can do is

Capitolo 18

What I can do is

To make a pretty flower

That resembles you

Blossom in this garden, in this world

Then breathe as the person you know

But I still want you

I still want you

Seokjin entrò timidamente all'interno della palestra e si diresse verso la reception.
Finalmente, dopo una settimana di silenzio, rotto solo da qualche parola rivolta a Namjoon e agli insegnanti, si era deciso ad andare a parlare con Jungkook. Perciò aveva strappato ad uno Yoongi dal sorriso malizioso l'indirizzo della palestra dove il ragazzo si allenava e si era recato lì per fargli una sorpresa e, magari, dirgli quello che avrebbe dovuto dire giorni e giorni prima. Gli piaceva dannatamente tanto e se ne era accorto solo da poco tempo: voleva stare con lui, dopo due mesi di flirt e di un'amicizia che aveva tutto di ufficiale e niente di pratico. Sentiva di aver bisogno di lui, in una maniera che rasentava il preoccupante, che gli causava quasi dolore fisico.
Sorrise cortesemente alla receptionist e chiese con garbo dove si trovasse la sala dove stava per finire la lezione di ballo. Dopo aver ascoltato con attenzione le sue indicazioni prese lo zaino e se lo mise in spalla, svoltando per vari corridoi fino ad arrivare davanti ad una fila di sedie disposte davanti ad una stanza aperta. Sbirciò dentro e scorse poco più di una dozzina di ballerini provare la coreografia di una popolare canzone degli EXO... Lotto, se la sua memoria non lo ingannava.
Jungkook era in mezzo a quella massa ansante di ballerini e si muoveva velocemente e con sicurezza. Le mani, le braccia, la testa si muovevano con un'armonia impressionante, in perfetta contemporanea con gli altri.
Seokjin si perse a guardare il suo dongsaeng ballare con tutta quell'energia in corpo, a seguire ogni piccola goccia di sudore scendere sul suo petto e presto si sentì più accaldato di quanto normalmente avrebbe dovuto essere. Si sedette accanto ad alcune mamme su una delle sedie di plastica blu ed osservò i ballerini portare a termine la coreografia e prendersi qualche attimo per riprendersi. Solo quattro ballerini non si mossero dal loro posto ma anzi, si misero in posa per un'altra coreografia. Uno di questi era Jungkook.
«Okay ragazzi – annunciò l'insegnante, un affascinante uomo sulla trentina – Faccio provare l'ultima coreografia a loro. Voi potete pure tornare a casa».
Il resto dei ragazzi annuirono e presero le loro cose, salutando il maestro con un inchino e dirigendosi verso gli spogliatoi. Jungkook, invece, sembrava non essersi nemmeno accorto della presenza di Seokjin, concentrato com'era sull'inizio della musica.
Il castano sorrise dolcemente quando le prime note di Playing With Fire delle Blackpink riempirono il silenzio della sala prove. Jungkook era davanti agli altri tre, concentrato al massimo per riuscire a compiere l'ultima coreografia dell'allenamento al meglio. Il più grande lo fissò attentamente, cogliendo ogni suo minimo dettaglio, come prima: osservò come, per stare a tempo, sussurrasse le parti di Lisa e di come riuscisse a rappare facilmente quella parte nonostante stesse ballando nello stesso momento. Notò i momenti in cui chiudeva gli occhi, un azzardo folle visto che avrebbe potuto commettere il minimo errore di movimento e farsi male.
E così, tra un dettaglio e l'altro, finì anche la lezione. I ballerini si abbracciarono tra di loro e si diedero il cinque, complimentandosi gli uni con gli altri. E fu allora che Jungkook si accorse di lui.
Il castano si alzò dal posto e lentamente si avvicinò al maknae che, invece di seguire gli altri negli spogliatoi era rimasto fermo in mezzo alla pista, immobile alla vista di lui.
Seokjin, gli si avvicinò e, quando ormai non li separavano altro che pochi centimetri, gli spostò con delicatezza una ciocca di capelli da davanti agli occhi e si piegò alla sua altezza, sorridendogli. «Va' a cambiarti, forza – lo esortò, dandogli una pacca sulla schiena – Io ti aspetterò qui».
Jungkook annuì con sguardo assente, poi si sporse per dargli un bacio sulla guancia. L'altro gli accarezzò la nuca e lo guardò allontanarsi, diretto verso lo spogliatoio. Si risedette sulla sedia e tirò fuori il telefono, scorrendo sulla home di Twitter senza davvero leggere nulla, mentre si ripeteva le parole che di lì a poco avrebbe dovuto pronunciare.
Dopo una ventina di minuti, il minore uscì dallo spogliatoio in una nuvola di vapore e con i capelli umidi ed arruffati. Seokjin si alzò e gli fece segno di seguirlo per andare alla macchina, ma Jungkook scosse la testa.
«Devo mettere a posto le cose: oggi è il mio turno» spiegò, appoggiando il borsone al muro e rientrando nella stanza.
Il maggiore lo seguì silenziosamente e si appoggiò al muro a guardarlo mentre si affaccendava da una parte all'altra della sala prove. «Da quant'è che balli?» domandò all'improvviso, facendolo sussultare.
«Uhm... da quando ero molto piccolo. Dovevo avere all'incirca tre anni, allora» la voce di Jungkook tremò per un attimo. Seokjin pensò di esserselo solamente immaginato.
«E tu come hai scoperto dove mi allenavo?» chiese il ragazzo, girandosi verso di lui.
Seokjin alzò le spalle. «Ho chiesto a Yoongi dove fossi – rispose, staccandosi dal muro con un colpo delle spalle – Ci tenevo a scusarmi per quello che è successo l'altra volta».
Ora erano l'uno di fronte all'altro, faccia a faccia. Seokjin gli accarezzò un fianco gentilmente. «Scusa, comunque – continuò – Eri sotto la mia responsabilità ed io... sono riuscito a mandare tutto a puttane, come al solito».
Il più piccolo gli sorrise dolcemente. «Non è stata affatto colpa tua, Jin-hyung. Cosa potevi saperne tu, delle cose cui ero allergico o meno? Spettava a me pensarci bene prima di ordinare da mangiare» disse Jungkook, avvolgendogli le braccia attorno al collo.
Seokjin gli poggiò una mano sui fianchi, massaggiandogli l'addome coi pollici. «Ti fa ancora male la pancia?».
Jungkook si lasciò scappare un sussulto, un lieve gemito, e si tappò la bocca con entrambe le mani, un gesto spaventosamente troppo visibile e chiaro per non risultare imbarazzante. Avvampò fino all'inverosimile e voltò la testa dall'altra parte. La mano del suo hyung, però, lo afferrò per il mento e incrociare di nuovo il suo sguardo, uno sguardo intenso e carico di malizia. «Dio, sei così bello» mormorò, ad un soffio dalle sue labbra.
Jungkook se ne accorse qualche secondo in ritardo: stava baciando Seokjin. Il maggiore aveva azzerato la distanza tra i loro volti e aveva premuto la bocca contro la sua, avverando i suoi sogni da un mese a quella parte. Il più piccolo, in risposta, si attaccò ancora di più a lui, facendo aderire il suo corpo a quello dell'altro, con il fiato corto. Il più grande lo stava trattando con delicatezza assoluta, accarezzandogli la schiena e toccandolo di tanto in tanto nel modo più dolce possibile. Infilò le dita fra i suoi capelli e glieli tirò un paio di volte, strappandogli qualche gemito. Schiuse la bocca e lasciò che il bacio si facesse più profondo.
Le mani di Seokjin scesero ancora e ancora, facendolo sospirare sulla sua bocca e spingendolo ad attaccarsi ancora di più al suo corpo. Si staccarono, semplicemente discostando di poco i loro visi l'uno dall'altro, ma senza muovere un dito.
«Che ne dici – sussurrò Jungkook, ansimando leggermente – se la smettiamo con questo tira e molla e tu diventi il mio ragazzo una volta per tutte?».
Il suo hyung rise, annuendo in risposta ed appoggiando la sua fronte a quella del minore. Gli fece scivolare le mani su per i fianchi fino a raggiungere le dita e intrecciarle con le sue. «Su, ti porto a casa» disse infine, baciandolo un'ultima volta e tirandolo verso l'uscita.
Si rifugiarono in un bar lì vicino e passarono il pomeriggio lì dentro, baciandosi, toccandosi e scoprendosi a vicenda, sotto gli occhi di tutte le persone che passavano, raddolciti istantaneamente da quel calore accecante tipico di chi è innamorato da poco.
«Che ne dici di fare un'uscita tutti insieme, un giorno di questi? – chiese Seokjin – Andiamo a mangiare del sushi e restiamo svegli tutta la notte a guardare film e a giocare».
«Beh, non vedo perché no. Ora chiedo a Yoongi. Si potrebbe fare questo weekend» propose Jungkook, facendo dondolare le loro mani intrecciate, ormai fermo davanti alla porta di casa sua.
«Allora... a domani» lo salutò il maggiore, baciandolo un'ultima volta.
Il più piccolo chiuse gli occhi. «A domani» rispose, per poi entrare in casa.
Pensò ancora un po' a come sarebbe stato passare una serata tutti in compagnia. Quel weekend era perfetto, pensò mentre si toglieva maglietta e pantaloni e si infilava sotto le coperte. Eppure c'era qualcosa di sinistro nel modo in cui quella parola, "perfetto", risuonava nella sua mente. Qualcosa che gli fece venire i brividi, i sudori freddi, addirittura la nausea. Fissò lo sguardo sul soffitto mentre cercava di rallentare i respiri e, a poco a poco, capì di cosa si trattava con orrore.
Se ne rese conto, se lo ripeté tutta la notte, ma non fu capace di accettarlo: la domenica successiva sarebbero stati tre anni.

   
 
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