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Autore: Doux_Ange    09/05/2019    0 recensioni
Partendo dal titolo con una citazione del nostro Capitano in 'Scegli me!', una serie di one-shot per raccontare come, in molte puntate, la storia tra Anna e Marco sarebbe potuta andare diversamente.
I capitoli saranno in parte presi dall'altra fanfiction che ho scritto, 'Life-changing frenzy' relativamente alle parti immutate.
*Grazie alle mie brainstormers, Federica, Clarissa e Martina!*
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LA NOTTE DELL'ANIMA

 

Marco's pov

 

Oggi è una splendida giornata di sole di metà marzo.

 

Una giornata perfetta per una gita a un monastero.

 

Ho saputo che Don Matteo aveva organizzato questo pellegrinaggio e Cecchini ha pensato di invitarmi, ma io ho accettato esclusivamente perché mi sono informato e ho scoperto che questi monaci fanno una birra artigianale fantastica, quindi il mio obiettivo è quello. Poi una bella passeggiata non fa mai male, e la compagnia è buona.

 

A proposito di monaci e simili, è tornato il pretino.

 

Stando a quello che mi ha detto Anna, Giovanni aveva bisogno di riflettere e se n'è andato per qualche settimana in montagna. Chissà che non decida di fare l'eremita, almeno la smette di ripensarci ogni due e tre e incasinare la vita degli altri. So che non sono affari miei, ma non è divertente vederla star male per quello che non si decide a capire cosa vuole dalla vita. Ora è tornato dall'isolamento, e chissà che novità porta.

 

Intanto per oggi io mi godo la camminata, così pure Patatino si sgranchisce le zampe.

Incontro i Cecchini al completo insieme a Cosimo al bar della piazza per fare uno spuntino prima di incamminarci, e quando usciamo troviamo una sorpresa: Giovanni e Anna.

Anche il Maresciallo non sapeva venissero, e a quanto pare don Giovanni ha omesso un particolare, perché dalla faccia di Anna di certo non si aspettava una gita tra colleghi, anzi.

Intanto arriva pure Zappavigna, cosa che non rallegra affatto Cecchini, e il gruppo inizia a camminare mentre io raggiungo Anna, che non si è mossa dal suo posto.

 

“Ehi!” La saluto.

Lei mi guarda, apatica. “E tu che c'entri con un pellegrinaggio? Pure il cane...”

“Ah, io assolutamente nulla!”

“Quindi che ci fai qua?”

“Io sono venuto per la birra,” le spiego, “questi monaci fanno una birra artigianale che è fortissima... Tu? Che ci fai qua?”

Lei non risponde, ma si volta verso il gruppo arrivato a metà salita, e Giovanni si è appena girato a guardare che stiamo facendo ancora piantati lì. Fatti gli affari tuoi e lasciaci chiacchierare in pace.

Decido di indagare, cercando di fare l'indifferente. “Ah, ma è per Giovanni! Ma si è riaccesa un po' di... fiammella? No?” Anna si limita a scuotere il capo, sconsolata. “Ti immaginavi di fare un'uscita romantica con lui?” La stuzzico, ridacchiando, ma vedo che si infastidisce. L'ha combinata grossa, mi sa, se non l'ha avvisata che non sarebbero stati soli. “Scusami... Speri che Giovanni non si faccia più prete?” Tento ancora, stavolta in tono più serio, ma vedo che la sua espressione triste non se n'è andata.

“Io non spero proprio niente.” Sussurra con sguardo basso. Ah, Giovanni, ma che combini? Proprio non ti rendi conto?

 

Cecchini sceglie proprio quel momento per attirare l'attenzione su noi due. “Signor Capitano!” La chiama, probabilmente incerto sul perché ancora siamo piantati lì.

“Vieni, Patatino!” Fa il piccolo Cosimo, e il cane inizia a tirare verso di lui. Okay, chiaccherata terminata.

“Dai, ragazzi, che don Matteo ci sta aspettando!” Io inizio a camminare, allargando le braccia in segno di resa. “E quando arriviamo su, Santa Messa per tutti!”

Getto un'occhiata alle mie spalle, e rido nel notare l'espressione di Anna. Se potesse, ho l'impressione che strangolerebbe tutti seduta stante.

 

 

Durante il tragitto, mi mantengo sempre qualche passo avanti alla coppietta in crisi. Lei non è entusiasta, e a ragione direi. Per carità, anche io ho combinato disastri nelle mie vecchie relazioni, ma come lui non credo. Se veramente ha deciso di farsi prete, ha anche scelto di farsi odiare, perché ha sbagliato in partenza modo di dirglielo. E anche nel caso in cui abbia cambiato idea e non andare in seminario, non doveva portarsi dietro la compagnia di gente esterna. Ma comunque... Cerco di non origliare, ma ogni tanto la tentazione è forte.

Tra un passo e l'altro, colgo una domanda di Giovanni che mi incuriosisce immediatamente.

“Sei arrabbiata?” Le chiede, una nota di timore nella voce.

“Ehm... un po', a dire il vero. È che mi aspettavo una cosa un po' diversa da un pellegrinaggio.” È la risposta piccata di Anna. E direi anche, è il minimo, che sia arrabbiata. Fosse stata la mia ex, sarebbe furibonda.

“Volevo che facessimo qualcosa di bello insieme, che la condividessimo...” cerca di giustificarsi lui. Un pellegrinaggio rientra nella categoria 'cose belle', quindi. Allora è vero che ce l'ha nel dna, questa cosa di farsi prete. “E poi volevo che conoscessi Don Matteo. Non è la persona che pensi... lui ci tiene a noi due.”

Giovanni, Giovanni... mettere in mezzo proprio Don Matteo non credo sia la mossa giusta. A giudicare dalla faccia di Anna, ho ragione.

“Sì, ma...” fa infatti spallucce lei, come a voler dire che il sacerdote non c'entra niente in questa storia.

“Hai ragione, lo so,” si ferma lui a un certo punto, cercando di rimediare, probabilmente, “ma credimi! La verità è che volevo stare un po' con te.” Ammette, e io sento uno strano fastidio allo stomaco.

Invitarla a un pellegrinaggio per passare un po' di tempo da soli, senza accertarti che lo foste realmente... mah.

Di sicuro, così, solo con lei non resti.

 

Prendo le distanze da loro, dicendomi che non sono affari miei, e che quella strana sensazione è solo dovuta al fatto che ho imparato a conoscere Anna in questi mesi e so quanto in questo momento ci sia male per questa storia, e sembra assurdo che Giovanni non se ne renda conto.

Patatino si ferma ad annusare un cespuglio di non so che, quindi i due mi sorpassano temporaneamente. Siamo tutti sovraccarichi perché Cecchini è caduto e si è fatto male a una caviglia, quindi ci siamo divisi gli zaini e il resto mentre il povero Zappavigna è costretto a portarsi il Maresciallo sulle spalle in quanto “colpevole di avergli causato il trauma”, quando cogliamo uno scorcio del monastero.

 

“Non pensavo fosse così grande!” Osserva Anna, ammirando la struttura che si erge, magnifica, davanti a noi. “Quanti frati ci sono?” Chiede, rivolgendosi a Giovanni.

“Sono monaci,” risponde lui, “e sono tre.”

Lei gli lancia un'occhiata stranita. “Solo tre?”

“Calo delle vocazioni.” Replica Giovanni prima di riprendere a camminare.

È più forte di me, e mi avvicino ad Anna. “Magari ci pensa il buon Giovanni a ripopolarlo, eh?”

Lei mi guarda male e se ne va, infastidita. Oh, ma ne valeva la pena, di fare quella battuta.

 

***

 

Più tardi, a cena, dopo aver dato le crocchette a Patatino, scopro che l'unico posto rimasto è proprio accanto ad Anna, mentre Giovanni è seduto all'angolo alla sua destra. Ma tu guarda che caso. Nel passarci i piatti, le nostre mani si sfiorano diverse volte, e non posso fare a meno di notare che lei arrossisce.

I monaci decidono di mostrarci le loro carte d'identità, per farci vedere com'erano prima di prendere i voti. Io osservo le foto da sopra la spalla di Anna. “Non dev'essere facile fare una scelta del genere, no? Abbandonare la vita che avevate prima...” Dice lei, senza però degnare di uno sguardo Giovanni, che non sembra apprezzare l'osservazione e le rivolge un'occhiata leggermente infastidita. Lei però continua a ignorarlo: sembra decisa a riservargli il trattamento silenzioso. La discussione si fa un po' più tesa, quando l'altra coppietta, quella formata da Zappavigna e la figlia di Cecchini, cerca di approfittare di un momento di distrazione generale per baciarsi, ma Cosimo ha altre idee. “Distanza, usurpatore! Ordini del Maresciallo!” Esclama, facendoci ridere tutti a spese dei due, ma almeno ha stemperato la tensione.

 

Cecchini torna subito dopo, preoccupato per don Matteo, ostinandosi nel volerlo andare a cercare nonostante il dolore alla caviglia, così decidiamo di dividerci in coppie per cercare meglio. Il maresciallo decide di andare con Giovanni, mettendo Anna in coppia con me (ad Assuntina e Zappavigna assegna anche Cosimo, per controllare che mantengano le distanze), mi aspetto quasi che lei si opponga per andare con il pretino, cosa che invece non fa.

“Va bene,” afferma, invece, secca, alzandosi in piedi. “Andiamo?” Mi chiede, poi, voltandosi verso di me, con uno sguardo che è impossibile non decifrare: non voglio restare qui un minuto di più.

“Certo,” mormoro io, alzandomi a mia volta. Noto Giovanni che tenta di parlare, probabilmente nel tentativo di richiamarla, ma lo vedo scuotere la testa e lasciar perdere.

Mi affretto a seguire Anna oltre la porta.

 

Dopo aver preso un paio di torce, giriamo un po' senza dire nulla e senza trovare niente, fino a ritrovarci in una specie di cripta.

Spegniamo le torce, vista la luce che filtra dalle finestrelle a vetri poste sui muri esterni.

“Sembra il luogo adatto per un giallo, no?” Scherzo, più per spezzare questo silenzio che altro.

Per fortuna, Anna risponde con una piccola risata. “Già, decisamente.”

Fa qualche passo in avanti, dandomi le spalle, che si alzano in un sospiro profondo.

“Ehi, che c'è?” Le chiedo, preoccupato.

Lei si volta a guardarmi, un'espressione mesta sul viso, gli occhi di un verde cupo.

“Niente, è solo che... in questo posto mi viene quasi da soffocare.”

Mi avvicino. “Questa stanza in particolare, o il monastero in generale ti sembra... troppo affollato?” Azzardo, alludendo ovviamente alla presenza di Giovanni. Per un attimo temo di essermi spinto troppo oltre.

Mi ritrovo i suoi occhi piantati addosso, a fissarmi, e ho come l'impressione che mi stia leggendo dentro.

Mi impongo di non interrompere il contatto.

Poi lei sbatte le ciglia, e il suo sguardo torna a incupirsi. “Direi che è facile, intuire la risposta, no?” Ammette.

“Come mai hai accettato di venire qui, allora?” Chiedo, sinceramente curioso. Certe scelte delle donne non le capirò mai.

Anna sbuffa. “Perché, come hai detto tu stesso stamattina, mi aspettavo un'uscita leggermente diversa. Di sicuro, pensavo che saremmo stati soli, non che mi sarei trovata mezza caserma appresso.” Fa, astiosa.

“Hai provato a dirglielo?” Dico, ma probabilmente è la frase sbagliata, perché mi lancia uno sguardo di quelli potenzialmente letali. Arretro istintivamente di un passo.

“Certe cose non ci sarebbe bisogno di dirle, Marco,” sbotta, una nota di rabbia nella voce. “Se voleva passare del tempo con me, avrebbe dovuto quantomeno essere sicuro che non ci sarebbe stata altra gente. Se non altro, per riuscire a parlare, cosa che così è impossibile fare.”

Scuote la testa, stizzita. “Voi uomini siete tutti uguali, fate tanto la morale a noi donne perché non ci va mai bene nulla, e poi siete i primi a non voler affrontare le situazioni in modo serio! Vi lamentate tanto che non siamo comprensive, però voi non fate mai lo sforzo di capirci. È più facile scappare che dire le cose come stanno, salvo poi accusarci di non ascoltare.” Si sfoga, cogliendomi alla sprovvista. “È impossibile ragionare con voi.”

Per qualche istante non so cosa rispondere.

È strano vedere le cose da questa prospettiva. In effetti, anch'io tendo a pensarla così il più delle volte, soprattutto dopo il matrimonio fallito. Ritenere che le donne siano tutte uguali, che a loro non importa nulla di cosa pensiamo, che se la vediamo diversamente, dobbiamo per forza cambiare idea e adeguarla alla loro. Che certe discussioni è meglio evitarle, perché è inutile parlare.

Forse è un modo di pensare troppo a senso unico.

Mi schiarisco la voce.

“In effetti, non hai tutti i torti, credo,” concedo, affondando le mani nelle tasche dei jeans.

Lei mi rivolge uno sguardo sconcertato, come se le avessi appena detto di aver visto un alieno.

Che situazione assurda, io che le do ragione.

“Non guardarmi così, su,” chiedo, con un mezzo sorriso. “È vero che noi uomini siamo cinici, delle volte. E ammetto che stavolta Giovanni non si è comportato proprio bene, con te. Ha proprio sbagliato approccio.”

“Lo stai dicendo per farmi piacere, o perché lo pensi davvero?” Mi domanda, dubbiosa.

Le rivolgo un sorriso di traverso. “No, sono serissimo. Se voleva parlare con te, avrebbe dovuto accertarsi che aveste almeno un po' di privacy. Secondo me, ha già tentato abbastanza di scappare, e questo mi sembra solo l'ennesimo tentativo di evitare l'argomento. Anche perché non si è sforzato più di tanto per cercare di parlarti, finora, mi pare. Cioè, tu non gli hai dato molte possibilità, però in questo caso hai tutte le ragioni per prendertela.”

Anna mi rivolge uno sguardo sorpreso, ma grato.

“... grazie? Non so che dirti, mi hai spiazzata, a essere onesta.” Ammette, ancora basita.

Ridacchio alla sua affermazione.

“Quindi, secondo te, cosa dovrei fare?” Mi chiede poi, in tono incerto. Capisco che vuole davvero la mia opinione.

Sospiro, riflettendoci un attimo su. “Magari abbassare l'ascia di guerra. Parla con lui, vedi cos'ha da dire. Probabilmente ha già preso una decisione sul suo futuro, e sta solo cercando il modo adatto di dirtelo, visto che ultimamente vi siete presi questa 'pausa'. A volte non è così facile ammettere come ci si sente, soprattutto con le persone che amiamo.”

Anna non mi interrompe, quindi decido di proseguire nel discorso. “Tu cosa vorresti fare? Non vuoi sapere cos'ha deciso?” Le domando, anche se immagino già la sua risposta.

Se c'è una persona che sa ascoltare e capire gli altri, questa è proprio Anna. È normale che sia restia, non è mai facile essere pronti davanti a queste situazioni, ma so che proprio lei ha bisogno di conoscere la verità.

Lei esita un attimo. “Sì, certo... è da un sacco che aspetto di sapere. Sono stanca, adesso, voglio capire cos'è rimasto tra noi... se è rimasto qualcosa.” Ammette, con estrema titubanza. Immagino che debba costarle molto, dirmi queste cose.

“Allora ascoltalo. Dagli modo di parlarti. Cerca solo di seguire quello che il tuo cuore ti dice di fare, non forzare comportamenti che non sono tuoi. So che non è da te fare così,” le dico, candidamente, e lei non obbietta, anche se abbassa lo sguardo. “E, per quanto possa essere difficile, cerca di accettare qualunque decisione abbia preso.”

“Io non voglio obbligarlo a fare qualcosa che non vuole,” mormora, “e se ha capito che la sua strada non è con me, non ho intenzione di trattenerlo.” Noto che la sua voce trema appena. “Ci ho provato, ma non sarebbe giusto continuare a farsi la guerra per qualcosa che forse non c'è più e basta.”

Davanti a questa sua ammissione, mi avvicino, accarezzandole un braccio per tentare di consolarla.

“Dai, non è detta l'ultima parola, no?” Dico, anche se ho l'impressione che Giovanni abbia fatto una scelta che non la coinvolge più.

“Mh.” Si limita a bisbigliare Anna.

Sentiamo il rumore di un tuono, fuori dalla cripta. Ci ridestiamo da quest'onda di confessioni che sembrava averci intrappolati qui dentro.

“Forse sarebbe il caso di cercare in un'altra stanza, che ne pensi?” Domando, ignorando lo strano imbarazzo che aveva iniziato a insinuarsi tra noi.

Lei annuisce nella penombra.

Facciamo qualche passo quando, con la coda dell'occhio, vedo Anna inciampare su qualcosa, e l'afferro al volo appena in tempo, stringendola quasi involontariamente a me per impedirle la caduta. È in quell'istante che succede una cosa che non avevo previsto.

 

Nel momento in cui me la ritrovo tra le braccia, e i nostri occhi si incrociano, mi sento mancare il fiato, e percepisco quell'assurda sensazione delle farfalle allo stomaco che ero convinto non avrei provato mai più. E ho il folle presentimento che per lei sia lo stesso, vedo lo stesso stupore nelle sue iridi verdi.

Il tempo sembra essersi fermato.

 

Giovanni's pov

 

Sono insieme al maresciallo Cecchini, alla ricerca di Don Matteo.

Non sono stato molto entusiasta della divisione che ha fatto, avrei preferito che Anna fosse in coppia con me per cercare di parlare con lei.

Invece no, è in coppia con il PM, e la cosa mi ha contrariato abbastanza. Non mi è mai stato particolarmente simpatico, e questa vicinanza che sembra aver acquisito con Anna mi infastidisce.

Certo, lei ha sempre detto che sono colleghi e basta e che si tollerano e basta, ma quando sono tornato dal periodo di isolamento in montagna, non ho potuto fare a meno di notare che il loro rapporto è senza dubbio cambiato. Non c'è più la stessa formalità di prima tra loro, ed è strano, perché Anna non è il tipo da avvicinarsi così in fretta a qualcuno.

Eppure, tutto questo attaccamento tra loro è evidente, e non mi piace.

Sì, ho preso una scelta ben precisa e non ho intenzione di tornare sui miei passi, ma ciò non toglie che la gelosia è un sentimento che sono ancora libero di provare.

“Qui non c'è, vediamo in un'altra stanza,” commenta il maresciallo, distraendomi dai miei pensieri.

All'improvviso vediamo il piccolo Cosimo arrivare di corsa, gli occhi sgranati.

Per un attimo temo che Assuntina e Zappavigna abbiano trovato don Matteo e che le notizie non siano buone.

“Maresciallo, maresciallo!” Fa il bambino, con voce acuta.

“Cosimo! Che c'è? Avete trovato qualcosa? Dov'è Assuntina?” Chiede lui in fretta, preoccupato.

“Non lo so, però ho visto che si stavano baciando e sono venuto qui!”

Trattengo una risata alla faccia sconvolta di Cecchini.

“Chi? Mia figlia e Zappavigna? Appena becco quell'usurpatore...!” Impreca lui, sul piede di guerra.

“Nooo, non Assuntina!” Nega però Cosimo, lasciandoci per un attimo interdetti. “Il Capitano!”

Sento la terra mancarmi sotto i piedi per qualche secondo.

Anna e... il PM?

Si stavano baciando.

Non è possibile.

“Ma no, che dici? Ti sei confuso!” Cerca di rettificare il maresciallo, lanciandomi un'occhiata di traverso. Credo di essere diventato pallido, a giudicare dal formicolio sul viso.

“No no, li ho visti! Erano abbracciati, sicuro che si baciavano pure loro! Una cosa schifosissima! Per questo sono venuto qua!” Continua lui, candidamente, senza sapere cosa le sue ingenue parole stiano scatenando in me.

“Vediamo dove sono, va,” Fa allora Cecchini, seguendo il bambino che ci indica allegramente la strada.

Io mi sforzo di seguirli.

Non sono sicuro di voler vedere.

Quando raggiungiamo il corridoio che conduce a una delle cripte, vediamo Anna e il PM venirci incontro, ridendo.

A me, è da ieri che tiene il broncio. Con lui, ride.

Allora è vero, quello che ha visto il bambino.

“Visto, maresciallo?” Esclama Cosimo, indicandoli con un dito.

Loro sembrano decisamente confusi.

“Cosa?” Fa Marco. Trattengo a stento l'istinto di mettergli le mani addosso.

È chiaro che Cecchini è a disagio almeno quanto me.

“No, niente, è che... il bambino ha detto di avervi visti, prima, mentre...” biascica, senza terminare la frase.

Anna aggrotta le sopracciglia, lo sguardo vagamente preoccupato. “Mentre...?”

Io abbasso lo sguardo a terra, ma poi decido di farmi coraggio e metterli di fronte all'evidenza.

“Ha detto che vi ha visti baciarvi,” affermo, guardando Anna.

Lei spalanca gli occhi, così come Marco.

“Ma no, che... Cosimo, che dici?” chiede nervosamente il PM.

“Ma io vi ho visti!” Si difende lui. “Eravate abbracciati!”

Li vedo scambiarsi uno sguardo incerto.

“Intendi quando... ah!” Esclama ancora lui, scuotendo la testa. “Mi sa che hai frainteso.”

“E allora cos'è che avrebbe visto?” Presso, incrociando le braccia.

Anna mi rivolge un sorriso imbarazzato, spostando una ciocca dietro l'orecchio. “Stavamo uscendo dalla cripta quando sono inciampata in una delle pietre per terra. Marco mi ha semplicemente evitato la caduta,” spiega, arrossendo appena.

Ah.

Getto uno sguardo a terra: in effetti, è pieno di frammenti di marmo e pietra più o meno grandi. Nella penombra, è facile inciampare.

Sento Cecchini tirare un sospiro di sollievo.

“Vedi? Non si dicono le cose in giro se non sei sicuro!” Rimprovera Cosimo.

“Va bene...” Accetta lui, “però sono sicuro che sua figlia con l'usurpatore si stava baciando. Loro li ho visti bene!” Afferma, sorridendo.

“Che?!” Fa il maresciallo, allarmato davvero, e noi scoppiamo a ridere. “Forza, andiamo! Cerchiamo!” Incalza, e io mi ritrovo costretto a seguirlo di nuovo, dopo un cenno e un'occhiata dubbiosa ad Anna e il PM.

Avranno anche detto la verità, ma non cambia nulla.

 

Marco's pov

 

Don Matteo alla fine lo trovano Giovanni e il Maresciallo, svenuto, ma hanno trovato pure il cadavere del professore che stava studiando un libro di inestimabile valore, che è sparito.

 

Cerchiamo di capirci qualcosa, e scopriamo che uno degli ospiti del monastero ha finto di essere morto per anni per sfuggire alla giustizia, e questo ne fa un buon indiziato per l'omicidio.

Io e Anna cerchiamo di fargli confessare il delitto, ma quando lui non collabora decidiamo di chiuderlo a chiave nella cella, in attesa che il tempo migliori per tornare in paese.

 

Quando usciamo, Anna sembra sconvolta. “Ruba e poi fa credere a sua moglie e sua figlia di essere morto... che razza di uomo fa una cosa del genere?” Si domanda basita, avvicinandosi a me.

“Un uomo che ha paura...” rispondo io a bassa voce. Capisco la sua reazione, ma a volte si possono fare cose assurde, quando si è terrorizzati e non si sa che fare. “Sai, ce ne sono tanti che scappano dalle proprie responsabilità... Poi però qualcuno magari... ci ripensa.” Le dico con un sorriso, alludendo a qualcuno alle sue spalle. È arrivato Giovanni, e non sembra troppo contento di vederci insieme.

“Posso... parlarti un attimo?” Fa lui, rivolto ad Anna. “Sempre se non disturbo...” Aggiunge, una nota sarcastica nella voce che mi infastidisce. Lei sospira, annuendo, tornando a rivolgere a me l'attenzione.

“Sì... Faccio piantonare la cella e verificare le condizioni meteo per capire quando possiamo rientrare...Scusa...” Mi dice tutto d'un fiato e leggermente in imbarazzo con uno sguardo di scuse, prima di andare via e seguirlo, anche se non sembra troppo contenta. Ma evitarlo adesso non sarebbe possibile senza essere un po' crudele, quindi non mi stupisce che sia andata da lui. Capisco anche che sta cercando di seguire il consiglio che le ho dato stamattina, e ripenso alle sensazioni che ho provato quando me la sono ritrovata incredibilmente vicina.

 

Mi rendo conto che, da quel momento in poi, la distanza tra noi sembra accorciarsi progressivamente, e non solo quella fisica.

E scopro che questa cosa mi riempie inaspettatamente di gioia.

 

***

 

Poco più tardi, scopriamo che il prigioniero è scappato chiudendo dentro la cella Zappavigna, accorso quando ha sentito urlare, e don Matteo, che a quanto pare aveva deciso di andare a parlare con lui. Dire che Anna è furiosa è poco, e non posso biasimarla stavolta. Non l'avevo mai vista così decisa, e minacciosa. Né io né il Maresciallo fiatiamo, perché anche se Don Matteo ha fatto delle osservazioni corrette, avrebbe anche potuto esporci i suoi dubbi senza agire direttamente. Ma dopo la sfuriata di Anna, nemmeno lui dice più nulla.

 

Di sicuro sa essere convincente.

 

 

Anna's pov

 

So di aver esagerato con Don Matteo, ma non sono riuscita a impedirmelo.

Non dopo quello che è successo con Giovanni.

Quando è venuto a chiamarmi, dopo che avevamo chiuso il prigioniero nella stanza, ci siamo ritrovati... vicini dopo non so quanto tempo.

È stato lui a prendere il discorso, a ricordare quanto eravamo felici prima, quando eravamo certi di voler stare insieme.

Erano mesi che non lo baciavo.

Non in quel modo.

C'era la pioggia, e c'era l'atmosfera, e c'eravamo noi.

Eppure... non c'era niente. Niente.

Ho provato soltanto un profondo senso di vuoto.

Niente scintille, niente batticuore, niente brividi.

Niente.

E il peggio è stato leggere la stessa sensazioni nei suoi occhi quando ci siamo separati.

Eravamo vicini, teneva il mio viso tra le mani, ma non credo siamo mai stati più distanti di così.

Quando Cecchini ci ha interrotti, ho sospirato di sollievo, perché davvero non avrei saputo come tirarmi fuori da quella situazione. L'ho seguito senza dire una parola.

Poi ho ritrovato il libro, ma ho scoperto che don Matteo aveva cercato di far confessare il prigioniero, finendo per farsi chiudere nella stanza insieme a Zappavigna e lasciandolo fuggire.

Ero già emotivamente instabile, mi mancava solo quello per farmi uscire definitivamente fuori dai gangheri.

Davvero, non volevo urlargli contro, ma avevo bisogno di sfogarmi, e lui me l'ha servita su un piatto d'argento.

Il mio orgoglio mi impedisce di scusarmi subito, ma di sicuro ho bisogno di pensare.

Ho bisogno di capire.

Fortuna ha voluto che mi portassi dietro un pacco di sigarette, quasi mi aspettassi lo stress che si sarebbe presentato con questa 'gita'.

Cioè, in realtà me lo aspettavo, ma per motivi opposti.

Fortuna, poi, relativamente. Fumavo nel periodo dell'Accademia, poi avevo smesso. Sono rare le occasioni in cui sento il bisogno di accenderne una. E purtroppo stasera è una di quelle.

Mi sento confusa anche per quello strano momento che ho condiviso nella cripta con Marco.

Non so cosa mi è preso, cosa mi ha convinta a sfogarmi in quel modo con lui.

In fondo siamo solo colleghi di lavoro. O almeno, lo eravamo. Adesso non lo so.

Non mi aspettavo che fosse così comprensivo con me, soprattutto dopo che avevo iniziato a trattarlo male senza motivo. Me la sono presa con lui perché era lì ed era un bersaglio facile.

Non mi ha risposto per le rime, come mi sarei aspettata, anzi: al contrario, ha cercato di consolarmi, ha lasciato che mi sfogassi e ha accolto la mia richiesta di aiuto.

È stato... dolce. Non avrei pensato che potesse esserlo, soprattutto non con me, non so nemmeno per quale motivo.

Poi, quando mi sono ritrovata tra le sue braccia, stretta contro il suo petto, mi sono sentita... protetta. Come se non mi avesse salvata solo dal cadere a terra, ma mi avesse impedito di andare molto più a fondo, in un baratro senza fine. Mi sono sentita al sicuro, come se niente in quel momento potesse ferirmi, ed è una sensazione che non riesco a spiegarmi razionalmente.

Io non mi lascio andare così con qualcuno che conosco appena.

Non l'ho mai fatto nemmeno con Giovanni, forse non fino a questo punto.

E la consapevolezza di ciò mi terrorizza.

Non so più cosa pensare.

 

A interrompere le mie riflessioni arriva proprio Giovanni.

“Pensavo avessi smesso,” dice, riferendosi alla sigaretta.

Sospiro. “Fumo ogni tanto. Quando devo riflettere,” mi limito a mormorare io, accennando un sorriso. Lo so perché è qui. Vorrei tanto evitarlo, ma so che sarebbe inutile.

Lui incrocia le braccia, teso. “Anch'io ho riflettuto e... volevo parlarti riguardo a quello che è successo. Il bacio...”

“Non c'è bisogno,” lo blocco. Voglio evitarmi il più possibile questa conversazione. “L'ho capito, non sono una ragazzina. Hai scelto Dio, giusto?”

Giovanni evita il mio sguardo, senza però rispondermi.

“Sai, quando mi hai detto che volevi diventare prete, ho pensato che dovessi lottare contro Dio per riaverti, che tu amassi più Lui che me, o che il problema... fossi io, il mio lavoro, come sono fatta...” Cerco il suo sguardo, voglio che mi guardi dritto negli occhi quando glielo dirò. Non mi va più di giocare. “Il problema siamo noi due,” affermo, senza esitare ulteriormente. “Forse io e te semplicemente non ci amiamo più. Ti ricordi quella suora, ad Assisi?” Gli chiedo, riferendomi a quella volta quando andammo a visitare il paese, e lui si dimenticò di prenotare l'albergo, obbligandoci a chiedere ospitalità in un convento di suore che ci diedero la stanza solo perché ci scambiarono per fratello e sorella. Lui annuisce. “Aveva ragione. Col tempo siamo diventati come fratello e sorella, e la colpa non è mia, tua, o di Dio. Succede,” sospiro, e mi rendo conto che è la verità. Certe cose capitano e basta. Spengo il mozzicone di sigaretta sulla balaustra, prima di allontanarmi dal balcone di un passo. “Io spero che tu sia felice, davvero,” termino, con il tono più sincero che riesco a trovare.

Giovanni si limita ad annuire, abbassando lo sguardo, prima di voltarmi le spalle e andare via senza dire nulla.

Solo quando sono sicura che non tornerà indietro, mi appoggio di nuovo al balcone, prendendomi la testa tra le mani. Nonostante tutto, fa male, e sento gli occhi pizzicare.

Qualche lacrima rotola giù senza che riesca a fermarla.

È vero che durante quel bacio non ho sentito nulla, ma adesso, di sicuro, il rumore del nostro cuore che si spezzava l'ho sentito eccome.

 

Marco's pov

 

Adesso che ha smesso di piovere e abbiamo trovato il falsario del libro, ci resta un'ultima notte da passare qui al monastero.

Dopo l'acquazzone di oggi pomeriggio, il cielo notturno è terso e punteggiato di stelle, e sarebbe uno spreco restare dentro senza averlo ammirato almeno un po'.

Decido di uscire sul balcone che dà sul cortile interno, quando noto Giovanni rientrare in fretta, il volto scuro.

Lui per fortuna non mi nota, ma la situazione mi fa affrettare il passo verso l'esterno. Ho l'impressione di sapere cosa, o meglio chi, troverò fuori.

E infatti, ecco Anna.

Non serve chiedere cosa sia successo.

Vederla così fragile in questo momento mi destabilizza: non è una visione a cui sono abituato, e sulle prime non so che fare.

Si tiene la testa tra le mani, e noto le sue spalle scosse da leggeri tremiti.

Non mi ha sentito arrivare.

Il mio corpo sembra decidere da sé cosa fare: mi avvicino, sfiorandole un braccio, e quando lei solleva su di me gli occhi colmi di lacrime, spalancati per la sorpresa di vedermi lì, la stringo in un abbraccio senza dire niente.

Le parole in questo momento non servono.

Lei sembra pensarla allo stesso modo, perché dopo un attimo di esitazione, sento le sue dita stringere forte la mia felpa.

Restiamo così, senza parlare, per non so quanto tempo.

Possiamo stare per tutto il tempo necessario, non sarò io a lasciare la presa.

È lei a scostarsi leggermente, dopo minuti interminabili passati a piangere con il volto nascosto contro il mio petto.

“Scusami, io... ti ho bagnato la felpa,” biascica, la voce roca.

Io mi limito a scuotere la testa, senza allontanarmi dal mezzo abbraccio in cui siamo ancora intrecciati.

“Non dirlo neanche per scherzo,” la tranquillizzo. “Lo sai, vero, che se hai bisogno di parlare, io ci sono?”

Anna accenna un sorriso, annuendo. “Grazie...”

Io le sorrido di rimando, accarezzandole una guancia umida, le lacrime che luccicano, ancora impigliate tra le sue ciglia.

Per la seconda volta, oggi, mi perdo di nuovo nei suoi occhi verdi, brillanti di pianto.

C'è una voce nella mia testa che mi urla di riflettere e non fare mosse azzardate ma, per qualche ragione sconosciuta, la ignoro.

E mi ritrovo a baciare le sue labbra screpolate, che in questo istante sanno di sale.

Non so nemmeno cosa sto facendo.

So soltanto che, per qualche assurdo motivo, mi è sembrata come la cosa più giusta da fare.

La cosa più sconvolgente è che Anna non solo non si oppone, ma la sento aggrapparsi alla mia felpa, di nuovo, come se fosse l'unico appiglio rimasto per non cadere.

 

Tutto finisce in fretta così com'è iniziato.

Ci allontaniamo di scatto, senza sapere bene come comportarci.

Ergo, non so spiegarmi nemmeno perché l'ho baciata.

Non so chi dei due sia più in imbarazzo.

Provo a giustificarmi, anche se le parole faticano a uscire.

“Io... mi dispiace, non so cosa mi è preso...” farfuglio, evitando il suo sguardo. “Giuro, non volevo approfittarmi di te o... o...” Il mio tentativo si perde nel nulla. Davvero non so cosa dire.

“No, lo so che non...” mormora lei, altrettanto incerta. “È stato il momento, forse, che...” Cerca di spiegare Anna. Non l'ho mai vista così in difficoltà.

“Sì, è vero...” Colgo al volo il suo tentativo. “È stato solo... solo un bacio di... conforto... Sì...” Continuo a biascicare, io.

Lei annuisce. “Allora... grazie per... il conforto...” bisbiglia. “Buonanotte,” mi augura poi, prima di correre via, il volto in fiamme.

Stavolta è il mio turno, di appoggiarmi al balcone.

Che accidenti è successo?

 

***

 

Alla fine le osservazioni di Don Matteo si sono rivelate esatte, anche se solo dopo che Anna aveva scoperto che il libro era in effetti rimasto all'interno del monastero, al contrario di quanto pensava lui, e il prigioniero in fuga è tornato spontaneamente consegnandosi alla giustizia.

 

Devo dire che però sono entrambi molto capaci, perché sono stati tutti e due essenziali per la risoluzione del caso, ognuno a modo proprio.

 

Nel tragitto di ritorno, che noi facciamo comunque a piedi, torno a pensare a ieri sera. Non sono quasi riuscito a chiudere occhio, e quel poco di sonno è stato tormentato da quel bacio che tutt'ora non riesco a spiegarmi appieno.

Okay, sì, Anna mi intriga, ma da qui a baciarla...

Forse è stato davvero il momento, ci siamo lasciati trasportare da quell'onda di intimità che si era creata fin dalla mattina.

O forse c'era già, ci siamo avvicinati molto in quest'ultimo periodo, e ieri è stato tutto enfatizzato dall'aria del monastero e dalle conversazioni profonde che abbiamo avuto.

 

Getto uno sguardo davanti a me: come immaginavo, Anna e Giovanni camminano distanti, e lui si volta per un attimo a guardarla, prima di continuare dritto davanti a sé.

Non tira una bella aria, ma è normale che sia così, visto che si sono lasciati, stavolta definitivamente.

Comunque, stanotte, a una conclusione sono arrivato: Giovanni ha preso una decisione che non ha senso. È una follia.

Tra le due strade davanti a sé, secondo me, ha scelto quella sbagliata. Almeno da un certo punto di vista. Sbagliata per lui, ma a me, in fondo in fondo, non dispiace poi tanto, se non ha capito a cosa sta rinunciando.

Colgo lo sguardo perso di Anna, così mi faccio coraggio, mettendomi al passo con lei.

 

“Ehi,” mormoro, per farle notare la mia presenza.

Eccoli, quegli occhi verdi che non mi fanno dormire.

“Ehi,” ripete lei con un mezzo sorriso imbarazzato.

“Come va?” Le chiedo. Sarebbe inutile far finta di non sapere, a questo punto.

Fa una smorfia. “Insomma... è finita, lo sai. Ci siamo lasciati.”

Io mi limito ad annuire.

Per il momento non aggiungo altro, le parole mi sembrano di troppo.

Restiamo ad osservare gli altri camminare davanti a noi per un pezzo di tragitto, e a un certo punto mi soffermo su Cosimo che gioca insieme a Don Matteo, facendo saltare due pezzi di legno lungo la strada.

Mi vien da ridere per il paradosso della situazione.

Anna si volta verso di me, un'espressione confusa sul viso.

“Che c'è?”

Le rivolgo un sorriso sornione. “Niente, stavo solo pensando che... Spero che Cosimo non ci abbia visti ieri sera, chissà che andrebbe a raccontare in giro.”

Lei mi guarda, interrogativa, apparentemente senza captare il filo del discorso. “In che senso?”

“Beh, quando l'ha detto lui, aveva chiaramente visto male, ma il bacio poi c'è stato sul serio...”

“Oh, per quello...” mormora Anna, arrossendo.

Penso che sia il momento buono per rettificare quanto successo la scorsa notte.

“A tal proposito, parlando di ieri sera... Davvero, non vorrei che si creassero incomprensioni tra noi,” dico, sinceramente. “Non che mi sia dispiaciuto, anzi, però è stata una cosa dettata dal momento. Non ci ho nemmeno riflettuto. Non avevo secondi fini, o altro. Non era mia intenzione approfittarmi del tuo stato.”

Lei accenna un sorriso. “Tranquillo, l'avevo intuito. Ti conosco abbastanza da non aver mai avuto dubbi su questo, e poi, ormai mi fido di te. So che non sei quel tipo di persona. E per me vale lo stesso...” Aggiunge, dopo un attimo di esitazione. “Voglio dire, ci ho pensato, e so che l'hai fatto davvero come un gesto di conforto. Inaspettato, ma... diciamo che un po' è servito,” ammette, le guance di un bel rosso acceso.

“In tal caso, mi fa piacere,” sorrido io di rimando. “E comunque, se posso permettermi, secondo me è stato un pazzo, a prendere questa decisione.” Dichiaro, alludendo a Giovanni, che cammina in testa al gruppo.

Lei gli lancia un'occhiata. “Perché ha scelto Dio?” Chiede, sconfortata.

“No,” rispondo, e decido di rischiare e dirle quello che penso. Anche perché, è la verità. “Perché ha lasciato andare una come te.”

Per qualche istante Anna sembra spiazzata dalle mie parole, tanto che si blocca sui suoi passi per fissarmi ad occhi spalancati.

“Chi sei tu, e che ne hai fatto del Marco Nardi che passa le giornate a darmi fastidio?”

Scoppio a ridere alla sua battuta.

“Non ti ci abituare, la gita al monastero è finita. E pure l'aria da romanzo gotico.”

“Significa che ricomincerai a tediarmi una volta tornati a casa?” Chiede, le sopracciglia inarcate.

“Certamente.”

“Meno male, stavo iniziando a preoccuparmi.”

Mi faccio un'altra risata mentre riprendiamo a camminare, stupendomi non poco per il suo umorismo. È stata brava ad alleggerire la tensione così. Un punto a favore del Capitano.

“Ah, Marco?” Fa lei, dopo qualche minuto.

“Sì?”

“Sono contenta che abbiamo fatto dei passi avanti, comunque. Che adesso siamo... amici.”

Stavolta sono io ad essere spiazzato dalle sue parole.

Non posso che rivolgerle un sorriso sincero e colmo di gratitudine.

Anche io.”

 

Come sempre, grazie a Clarissa per il brainstorming, e a Martina per il suggerimento!

   
 
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