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Autore: _Its_Nisee_    09/05/2019    0 recensioni
E cosa succederebbe se nella vita di Eleonor, una piccola ragazza londinese con un passato tortuoso alle spalle, arrivassero, in una sera come un'altra, due iridi azzurre a mettere a soqquadro ogni cosa?
•••
-Almeno inventati qualcosa di più sensato la prossima volta che vorrai evitare che qualcuno ti aiuti- gli disse sincera lei, accennando un sorrisino istintivo, smettendola di insistere e lasciandolo andare, con un pizzico di amaro in bocca.
Il biondo si poggiò allo stipite della porta, non degnandola più di uno sguardo, bensì si diede la spinta per rimettersi in piedi per poi ricominciare a camminare verso il locale vero e proprio. Anche sul suo volto, senza che lei potesse vederlo, si era dipinto un minuscolo sorriso, anch'esso spontaneo e senza una motivazione logica.
-Grazie per non aver insistito troppo, occhi verdi-
•••
Storia sui Queen ambientata nei tempi odierni, i fatti e gli affetti dei ragazzi sono quasi del tutto reinventati.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Chapter 3- Green eyes
Claire, quel lunedì mattina, sotto l’incarico di sua madre, si era dovuta recare al supermercato a fare la spesa per lei e per la sua famiglia, essendo l’unica senza degli impegni particolari al momento. I suoi genitori, infatti, erano davvero troppo indaffarati con la pasticceria quel periodo per poter pensare a tutto il resto, suo fratello George era troppo impegnato con gli ultimi esami ed il tirocinio per diventare un dottore a tutti gli effetti ed Eleonor doveva aiutare i genitori, dato che ormai lavorava con loro.
Le due si stavano sentendo di tanto in tanto tramite dei messaggi, ai quali però la più piccola poteva rispondere dopo molto tempo a causa dei molti clienti che andavano e venivano, dovendoli servire tutti.
Spesso Claire si trovava a pensare di essere l’unica a non avere uno scopo nella vita all’interno della sua famiglia. I suoi genitori, assieme ad i suoi nonni, sia materni che paterni, avevano fatto i salti mortali per riuscire a far arrivare ad alti livelli la pasticceria di famiglia, riuscendoci giorno per giorno e raggiungendo grandi risultati nel corso degli anni. Suo fratello fin da piccolo si era imposto di voler diventare un medico, data la sua grande passione ed il suo grande altruismo verso il prossimo, mentre sua sorella, nonostante avesse rinunciato al proprio percorso scolastico, si era subito ripresa iniziando a lavorare duramente, pronta ad intraprendere uno stile di vita da adulta responsabile e lavoratrice.
A differenza loro Claire, invece, non aveva mai avuto una vera e propria aspirazione verso qualcosa o qualche talento speciale, lei era semplicemente lei stessa nella sua bizzarra spontaneità. Aveva provato alcuni lavori da commessa in dei negozi di abbigliamento o come aiuto parrucchiera, ma niente l’aveva stimolata abbastanza da farle scegliere la sua strada e questo spesso, anche se non lo dimostrava apertamente, la faceva soffrire dentro di sé. Si sentiva inutile, un peso sulle spalle di una famiglia troppo buona con lei.
Tali paranoie le annebbiarono talmente tanto la mente da farle dimenticare in un secondo tutto quello che doveva comprare, così tirò fuori dalla borsa il post-it che sua madre le aveva lasciato con su scritta la lista della spesa e lo lesse ad alta voce.
-Vediamo, ho preso la salsa di pomodoro, le verdure anche, i tremendi bastoncini di pesce per Eleonor anche. Oh ecco cosa mancano, i cereali all’avena per George!-
La mora si recò immediatamente nel reparto che le serviva e cominciò a frugare tra le varie marche di cereali, cercando la preferita di suo fratello.
Faticò per trovare ciò che cercava, ma non appena riconobbe la scatola si sentì sollevata. Peccato soltanto per il fatto che essa si trovasse nello scaffale più alto, troppo complicato da raggiungere per lei, data la sua scarsa statura.
Claire tentò di mettersi sulle punte per ben tre volte, invano, perché non riuscì ad arrivarci nessuna delle volte. Alzò gli occhi al cielo spazientita, sbuffando.
-Ti prego tu lassù, se mi senti mandami un angelo munito di ali che riesca ad arrivare a quei benedetti cereali- parlò da sola non curandosi di tutte le persone che passando avrebbero potuto sentirla e scambiarla per una pazza
-Serve una mano?- udì improvvisamente alle sue spalle, strabuzzando gli occhi per lo stupore
Voltandosi lentamente si ritrovò davanti la figura di un ragazzo riccio dai capelli ramati con due occhi color miele, vestito in un modo quasi indecente, si trovò a pensare, dato che l’abbigliamento che indossava le ricordò vagamente suo nonno.
Lui le stava sorridendo, in attesa di una risposta.
-Ehm.. magari- rispose lei, leggermente in soggezione, non avendolo mai visto prima d’ora
-Cosa ti serve?-
-Quei cereali là in alto, più precisamente quelli con la scatola con il disegnino dell’orso polare- glieli indicò, pensando a quanto fosse imbarazzante comprare dei cereali per bambini per un ragazzo di ormai ventiquattro anni
Il ragazzo, in modo molto pacato si avvicinò agli scaffali e senza nessuna difficoltà riuscì ad afferrare immediatamente la scatola. In un attimo gliela porse, mantenendo il sorriso con il quale era arrivato.
-Grazie mille- Claire ricambiò il sorriso, riconoscente
-Di nulla ci mancherebbe, ho soltanto preceduto l’angelo munito di ali- rise lui leggermente, facendola arrossire per la figuraccia fatta
-Non farci caso ti prego, in certi momenti sembro pazza ma sotto sotto sono normale- cercò di giustificarsi, non credendo quasi nemmeno lei a ciò che disse
-Non c’è bisogno di imbarazzarsi, tranquilla, alla fine mi hai divertito- le disse per tranquillizzarla
Con sua grande sorpresa ci riuscì, facendo comparire sul volto di lei un sorriso ancor più smagliante e due adorabili fossette ai lati delle labbra.
-Ci siamo già visti da qualche parte per caso? Perché hai una faccia rivista a dirla tutta- le chiese
Claire non poteva certamente affermare la stessa cosa: era sicura che quella fosse la primissima volta che lo aveva visto.
-Non mi pare proprio, mi spiace- si strinse nelle spalle realmente dispiaciuta
-Oh, allora sicuramente mi sbaglio io- il riccio annuì con il capo indietreggiando lentamente, non sapendo cos’altro aggiungere
-Claire?- una voce familiare mise fine a quel silenzio imbarazzante che era venuto a formarsi in pochi attimi
-Charlie!-
La ragazza sorrise spontaneamente riconoscendo il ragazzo castano e lo salutò subito con i soliti due baci sulle guance.
-Anche in posti come questi sono destinato ad incontrarti- le disse allargando le braccia, ancora incredulo
-Però stavolta senza Eleonor- aggiunse con un pizzico di malinconia
-Aspetta aspetta aspetta, voi vi conoscete?- il riccio si intromise di getto nella conversazione tra i due, poggiando una mano sulla spalla di Charlie
-E voi due vi conoscete?- chiese anche Claire, del tutto confusa
Il castano se la rise a causa della situazione in cui casualmente si era ritrovato, annuendo ad entrambi.
-Cara Claire, ti presento John Richard Deacon, un mio carissimo amico e compagno di mille avventure- le disse, ingigantendo di molto il loro reale rapporto
-Preferisco solo John a dire il vero, anche se tutti gli amici mi chiamano Deaky- precisò il riccio porgendo la mano alla mora, che la strinse a sua volta
-Che soprannome buffo- ammise sincera
-Lo so, ma sempre meglio che chiamarlo ogni volta John Richard- alzò le mani al cielo Charlie
-Esattamente- John confermò le parole dell’amico, con la mano ancora stretta a quella della ragazza
Lei notò questo particolare e si presentò a sua volta -io sono Claire, Claire Jane Cooper per l’esattezza, ma basta Claire ovviamente-
-Molto piacere Claire- le disse con tono galante, mostrando sempre quella sua naturale gentilezza
Le loro mani a quel punto si separarono definitivamente.
-Lei è non altri che la sorella maggiore di Eleonor Cooper, la ragazza di cui ti ho tanto parlato- sottolineò questo particolare Charlie, facendo sì che l’amico passasse il suo sguardo da lui a lei varie volte
-Oh ma quindi..- rifletté, facendo una piccola pausa
-Tu eri presente alla festa dell’altra sera a casa dei Prenter?-
La mora confermò il tutto con il capo.
-Ero con mia sorella, Eleonor appunto- qui guardò istintivamente Charlie, che le sorrise all’istante, intuendo così che le ragazze qualcosa dovevano averlo capito, riguardo il suo interesse per Eleonor
John fece alcuni collegamenti nella sua testa e un piccolo flash gli tornò in mente:
“-E’ tua?-
-Di mia sorella in realtà-“
Dopodiché gli balenò in mente il viso della ragazza che aveva parlato con Roger quella sera e si accorse che quella ragazza era proprio Claire.
-Tu hai parlato con il mio migliore amico, sì, tu sei la ragazza della scarpa- la indicò, ricordandole l’aneddoto accaduto a cui lui aveva assistito in silenzio, ridendo solamente
-Ecco dove ti avevo già vista-
-Oh, la storia di Cenerentola- se ne ricordò e ciò la fece ridere leggermente, ripensando all’espressione scocciata di Eleonor a causa del nomignolo affibbiatole
-Si esattamente!- confermò John, sorridendo divertito a sua volta per la battuta di Roger
-Ma di cosa parlate? Voi vi conoscete?- Charlie era palesemente confuso, si indagava su cosa fosse accaduto quando lui non c’era e si chiedeva cosa volesse dire Cenerentola
-Storia lunga amico- si limitò a dirgli il riccio
Lui allora cercò lo sguardo di Claire, così che lei potesse dargli qualche spiegazione in più. La mora capì e decise di accontentarlo.
-Uscendo dalla villa la scorsa sera, Ele si è persa una scarpa e pensa un po’, il caso ha voluto che fosse proprio un suo amico a trovarsela accanto e a restituircela-
-Amico? Che amico?- corrugò la fronte il castano
-Roger- gli rispose John, calmandolo
-Mh, okay, e la storia di Cenerentola?-
Charlie era davvero molto ansioso di sapere più cose possibili e ciò Claire lo notò, trovandolo molto strano e leggermente inquietante, proprio come lo aveva definito anche Eleonor la stessa sera del party.
-Vorrei tanto raccontartelo, ma devo tornare a casa a preparare il pranzo per la mia famiglia- si congedò da lui, lasciandolo a bocca semiaperta in disperata ricerca di risposte
-Ma io, veramente..-
-Mi dispiace tanto- si scusò lei, cercando un modo per allontanarsi al più presto da lui
John le infondeva una certa sicurezza, ma Charlie con i suoi modi che risultavano abbastanza ossessivi stava incominciando a disturbarla. Non era il voler sapere, ma il modo in cui le cose le erano state chieste, quasi come fossero informazioni di vitale importanza.
-Tranquilla, gli racconto tutto io, tu vai pure- le diede una mano John, circondando la spalla del castano con il suo braccio
Lei gli sorrise riconoscente, pronta ad andarsene.
-Però prima che tu te ne vada..- Charlie allungò una mano verso di lei, come a volerla trattenere
Lei lo intimò semplicemente di parlare, non facendosi nemmeno sfiorare.
-Cosa ne dici di venire ad un’altra festa stasera? Però non in qualche villa lussuosa, ma in un locale di proprietà di mio cugino. Sempre con Eleonor, ovviamente- ammiccò
John, sentendo una tale richiesta, sbarrò gli occhi scioccato, sperando in tutti i modi che la ragazza rifiutasse categoricamente l’invito.
-Dove e a che ora?-
Charlie sorrise vittorioso al risuonare di quelle parole.
-Stasera alle dieci e mezza. Poco distante dal centro, il locale si chiama “In the middle of nowhere”, se mi lasci il tuo numero ci mettiamo d’accordo al momento-
-Vi divertirete un mondo, fidati- la rassicurò
Claire accettò la proposta e dopo che i due si furono scambiati i rispettivi numeri di telefono, la ragazza se ne andò una volta per tutte, dirigendosi alla cassa per pagare.
-Tu sei un pazzo, Charlie- lo sgridò il riccio, quasi incredulo
-Pazzo? E’ una festicciola fratello, ci vieni addirittura tu che sei il più santo di questo mondo- gli ricordò, mentre era intento a salvare il contatto di Claire in rubrica
-Io ho le mie motivazioni e tu le sai bene- gli puntò il dito al petto, serio
-Bene Deaky, ora però anche io ho le mie serie motivazioni per agire in questo modo-
John lo guardò confuso -e quali sarebbero tali motivazioni?-
-In realtà ne ho solo una, che vale per mille-
Il riccio gli intimò di continuare, aprendo le braccia.
-Conquistare il cuore di Eleonor, nient’altro-


Per Eleonor era finalmente giunta l’ora di staccare dal lavoro, così la prima cosa che fece fu togliersi il grembiule bianco che era costretta ad indossare, piegandolo e riponendolo nell’apposito cassetto. Dopodiché, allontanandosi dai dolci, sciolse lo chignon che aveva in testa, tramutandolo in una coda di cavallo, leggermente ondulata quel giorno, a causa dell’umidità della sera precedente.
Le prese un mini infarto quando la campanella della pasticceria suonò nuovamente, impaurendosi che potesse trattarsi di un cliente dell’ultimo momento. Si voltò subito, notando una ragazza esile e dai lunghi capelli rossi accesi, intenta a varcare la porta, insicura.
-Scusami.. è questa la pasticceria della famiglia Cooper giusto?- chiese
-Ehm, si- confermò la castana
-Disturbo?-
-Siamo in orario di chiusura in realtà, ma dimmi pure, non preoccuparti- le rispose in maniera molto disponibile
-Ho letto che cercate del nuovo personale per delle particolari fasce orarie e sarei interessata al posto, a dir la verità- confessò la rossa
-Oh- Eleonor rimase interdetta, non sapendo di ciò, fingendosi comunque informata, così da mettere a proprio agio la ragazza
-Non penso che i miei genitori abbiano incontrato già qualcuno, ma puoi lasciarmi il tuo nome con il tuo numero se ti va, così li avverto e se sono intenzionati, ti chiameranno certamente- la castana si stupì di sé stessa quando pronunciò quelle parole ricche di professionalità
-Okay perfetto, per questa evenienza mi ero già preparata- la ragazza le pose un foglietto di carta, con su scritto il suo nome ed il suo numero di telefono
Jennifer Lloyd.
-Perfetto- Eleonor piegò il biglietto, riponendolo nella tasca dei suoi jeans a sigaretta
-Grazie per esserti interessata, Jennifer-
-Grazie a te-


Non appena tutta la famiglia Cooper si riunì a tavola per pranzare, ognuno dei componenti prese a raccontare come era andata la prima parte della giornata. La prima a parlare fu proprio Eleonor, che descrisse al padre la ragazza che si era recata alla pasticceria per il lavoro, porgendogli poi il foglio con su scritte le informazioni.
Laura e Dylan, non avendo nulla di nuovo da raccontare, lasciarono la parola a George, il quale spese giusto qualche parola sul tirocinio che stava affrontando in una clinica poco fuori Londra. L’ultima, per ordine, a parlare fu Claire.
La mora, con un sorriso divertito stampato in viso, descrisse il momento in cui era stata al supermercato.
-Charlie ha nuovamente chiesto di te, comunque- precisò dopo un po’che stava parlando, guardando furbamente la sorella, ammiccando
Eleonor, in tutta risposta, roteò gli occhi.
-Cosa vuole questo Charlie da tua sorella?- si intromise Dylan, leggermente infastidito, non smettendo però di concentrarsi sul suo piatto
-Niente papà, vuole solo fare amicizia con me e con Claire- mentì la castana, volendo chiudere al più presto il discorso, dato che parlare di Charlie non le piaceva affatto
-Molto credibile- la sfotté George
-E’ la verità- si difese
-Non proprio- disse Claire
Gli occhi di Dylan furono in quelli di Laura, in cerca di spiegazioni.
-Non guardare me, io non ne so niente- alzò le mani in segno di resa la donna, nascondendo le pochissime cose di cui era a conoscenza
-Parla Claire-
La mora annuì con il capo, volendo accontentare il padre.
-Credo che questo ragazzo, Charlie si sia preso una bella sbandata per la nostra dolce Eleonor-
Quest’ultima si coprì immediatamente il viso per l’imbarazzo con un tovagliolo, mentre la sorella e la madre stavano festeggiando contente, come se dovesse andare all’altare.
-Hai capito Eleonor!- il fratello le diede una giocosa spintarella, peggiorando la situazione
-Ma almeno sapete qualcosa di questo ragazzo? Non so, famiglia, giro di amici..- Dylan incominciò ad informarsi, da perfetto padre iperprotettivo il quale era sempre stato, soprattutto nei confronti della più piccola di casa Cooper
-Riguardo alla famiglia non so nulla, ma oggi ho conosciuto un suo amico e posso garantirti che è una bravissima persona, l’ho percepito a pelle e so che posso fidarmi cecamente delle mie sensazioni-
La sorella la guardò con un’espressione alquanto interrogativa.
-E’ un ragazzo che era presente nel momento in cui hai perso la scarpa al ritorno dalla festa, Cenerentola-
-Il simpaticone?- domandò riferendosi al tizio che le aveva affibbiato quel nomignolo sciocco
-No, il suo migliore amico-
-Per essere suo amico, la pasta è quella, Claire-
-Mai sentito niente di più superficiale- commentò George
-Tu sei stata grande amica con persone che si sono rivelate delle vere merde alla fine, eppure non sei mai stata neanche lontanamente simile a loro-
Dylan si schiarì la voce.
-Non usiamo delle parole inadeguate, Claire, per favore- la riprese
-Scusa papy- improvvisò una faccia da angioletto la ragazza in questione
La madre le pizzicò affettuosamente la guancia dopo quel gesto.
-E poi tu non lo conosci neanche il ragazzo della battuta-
-Infatti tesoro mi sembra un po’ esagerato prendertela tanto per il semplice fatto che ti ha chiamata Cenerentola- si mise in mezzo Laura, cercando di farla ragionare, conoscendo, come tutta la famiglia, la versione dei fatti
-Dovresti sentirti onorata, un ragazzo ti ha dato della principessa- parlò nuovamente il fratello, stavolta beccandosi lui una spinta, meno giocosa
Eleonor ragionò.
Forse era davvero troppo permalosa, alla fine, proprio come aveva detto sua madre, il ragazzo di quella sera non aveva fatto altro che scherzare sul fatto che lei avesse perso la sua scarpa dopo una festa, rifacendosi automaticamente alla fiaba di Cenerentola.
-Non credo sia stata la battuta ciò che mi abbia fatto irritare in realtà, ma una serie di piccole cose tutte insieme- sbuffò
-Ad esempio?- le chiese suo padre, seduto con entrambi i gomiti appoggiati al tavolo
-Forse è stato il nervosismo del dover andare ad una festa alla quale avrei potuto incontrare dei miei ex compagni di classe, oppure il fatto che Charlie sia così insistente ed invadente, nonostante non mi conosca nemmeno- fece una pausa
-Mi innervosiscono un sacco le persone così- continuò decisamente irritata
-Si è infatuato alla grande, è questa la realtà Eleonor- Claire la riportò con i piedi per terra, battendo leggermente una mano sul tavolo
-Sta cercando di attirare la tua attenzione in qualunque modo, ma tu scappi non appena lui fa un minimo passo-
-Se non lo conosce è normale che stia sull’attenti, anzi, è un comportamento davvero maturo da parte sua- la elogiò Dylan, facendola sorridere
-Forse questo è vero papà, ma hanno tutto il tempo del mondo per potersi conoscere-
-Io sono d’accordo con Claire- Laura spalleggiò la figlia, fiduciosa
-Dopotutto chiunque merita un’occasione-
-Non deve neanche farla sentire perennemente oppressa però- specificò George -se gli piace davvero così tanto, deve concederle tempo-
-Esattamente- confermò Eleonor, sentendosi già più a suo agio, indicando il ragazzo di fianco a sé
-Più che essere corteggiata, mi sembra di essere.. “stalkerizzata”- mimò le virgolette con le mani
-Questo non è per niente positivo Claire- disse serio il padre all’udire le parole di Eleonor
-Sempre esagerata- scosse la testa la mora, versandosi dell’acqua minerale
-Il punto è che ha perso la testa per te al primo sguardo e vuole conquistarti- disse una volta aver finito di bere -non devi scambiare subito un ragazzo molto interessato per un pazzo maniaco-
-E’ anche carino, con quegli occhietti color miele e la mascella perfettamente squadrata-
-Col fisico non ci faccio nulla- Eleonor ammonì subito la sorella alzando una mano in aria
-Il fisico è un extra se si tratta di un bravo ragazzo, El- disse George alzandosi subito dopo per riporre il suo piatto e quello della sorella nel lavabo, assieme alle posate
La castana poggiò il mento sulla propria mano, guardando negli occhi il padre, il quale sembrava l’unico a capirla e ad appoggiarla in quel momento imbarazzante.
-Fai ciò che ti rende felice- le disse semplicemente l’uomo, non volendo aggiungere nient’altro che potesse mandarla ulteriormente in crisi
-Noi in ogni caso ci saremo-
Eleonor fissò per un breve attimo i suoi genitori, che si stavano stringendo la mano e le stavano sorridendo, così da poterle dimostrare il loro completo appoggio. Questo la fece sentire felice e grata alla vita che le aveva donato una famiglia così, sempre presente, nel modo giusto, e comprensiva.
-Cos’hai in mente?- si rivolse alla sorella, la quale strabuzzò gli occhi, non capendo
-Che vuoi dire?-
-Mi hai detto di avere il numero di Charlie, il che mi fa intuire che tu abbia un piano ben preciso, quindi spara-
Le labbra rosee di Claire si aprirono in un enorme sorriso.
-Ci ha invitate ad una festa che si terrà nel locale di un suo cugino da quanto mi ha detto- gesticolò, in preda alla più pazza euforia
-Gli farebbe piacere se ci andassimo-
-Oh mio Dio, un’altra festa- si disperò la più piccola -ciò significa di nuovo tacchi, trucco e quant’altro-
-Non è niente di elegante Eleonor, possiamo andare vestite con jeans e Converse se ci va-
Quella frase sembrò placare un po’ il nervosismo di Eleonor, che si stava torturando una ciocca di capelli, arrotolandola all’infinito con l’indice ed il medio.
-Per voi va bene?- chiese il consenso ad i genitori, come era solita a fare
I due si guardarono. Dylan aveva lo sguardo serio, mentre Laura, più tranquilla, gli sorrise dolcemente cercando di convincerlo.
-Odio questi metodi Laura- disse indignato, puntando il dito contro la moglie
-Per quanto riguarda voi, non più tardi dell’una e mezza- acconsentì
Claire annuì felicemente.
-Io vengo veramente con le Converse, sappilo- disse Eleonor minacciosa alla sorella, avvertendola fin da subito
-Come vuoi tu, Cenerentola-


Erano le dieci e mezza e all’interno del pub “In the middle of nowhere” la musica risuonava già talmente alta da poter essere sentita fin da lontano, lungo tutto il quartiere londinese nel quale era situato.
Si trattava di un locale piuttosto buio ed inquietante al primo impatto, colorato ogni tanto da delle luci ad intermittenza provenienti da un piccolo palco dove vi era il dj della serata, il quale stava scegliendo delle canzoni tutt’altro che sobrie e per lo più commerciali, che la maggior parte dei ragazzi in pista stavano apprezzando, ballando energicamente al ritmo di esse.
Roger però non pareva pensarla allo stesso modo, difatti, a differenza dei suoi tanti coetanei, se ne stava seduto su uno sgabello con il gomito poggiato al bancone, intento a fumarsi una sigaretta, fregandosene altissimamente di essere dentro ad un luogo pubblico.
Accanto a lui si trovava John, intento a mandare giù l’ennesimo sorso di birra che gli era rimasta nel secondo boccale che si era scolato.
Assieme ai due vi erano anche Charlie ed un altro loro amico, cioè Mason, anche loro intenti a bere degli alcolici ed a fumare sigarette su sigarette, annoiati da quella musica orribile.
-Su con la vita cugino- a risvegliare Charlie fu Erick, suo cugino, nonché il proprietario del pub e, esclusivamente per quella serata, barista, intento ad asciugare un bicchiere con uno strofinaccio
-Ma chi ci sta meglio di me?- rise istericamente il castano facendo cin-cin con Mason, ingerendo ulteriore alcool
-Chiunque si direbbe- commentò acido Roger, buttando fuori dalle labbra del fumo, invadendo il viso di John, che tossì
-Cosa te lo fa pensare?- gli chiese Charlie, leggermente brillo
-Forse il fatto che stai bevendo da quando il locale è aperto- lo fece ragionare anche John, spalleggiando il suo migliore amico
-Non che tu stia facendo diversamente fratello- disse Mason, indicando il riccio, anch’egli tutt’altro che sobrio
-Bevo finché sento di riuscire a reggere- si difese, conoscendo il proprio limite
-E io bevo per divertirmi, problemi?- sbottò Charlie chiedendo al cugino un altro cocktail bello forte, venendo accontentato
Roger aspirò l’ultima boccata di fumo per poi spegnere la sigaretta nel posacenere datogli dal proprietario, guardandosi successivamente intorno. Poco più in là un gruppetto di ragazze munite di minigonne, calze a rete e vertiginosi tacchi a spillo lo stava guardando, lanciandogli degli sguardi lontani anni luce dall’innocenza. In un altro momento non ci avrebbe pensato due volte a passarsele tutte, ma quella sera non era dell’umore.
-La tua donzella non si è fatta vedere?- il biondo si rivolse nuovamente a Charlie, collegando che forse il suo rifugiarsi nell’alcool fosse dovuto proprio a quel motivo
-Credo tu abbia toccato il tasto sbagliato amico- lo avvertì John, con le gote leggermente arrossate a causa di una lieve ebbrezza, che però non lo travolse
Roger schiuse le labbra scioccato -sul serio? Ridursi in questo stato per una ragazzina?-
Charlie lo guardò di sottecchi, non facendo trasparire emozioni sul proprio volto.
-Tu fai di peggio e perlopiù lo fai senza alcuna motivazione- gli disse tagliente
-Io perlomeno una scusa del cazzo ce l’ho, nonostante per te sia una stronzata-
Il biondo era pronto a controbattere, ma il suo migliore amico gli portò una mano sul petto, fermandolo.
-Lascia stare Rog, non sta bene-
-Sai che odio quando si parla di ciò che faccio nella mia vita in questo modo- serrò la mascella, stringendo i pugni, facendo sì che le sue nocche sbiancassero
-Lo so benissimo- lo comprese
-Ma so anche che a parlare è un ragazzo ubriaco e che non è in sé per poter ragionare su ciò che dice- provò a giustificare quest’ultimo
-Rimane comunque un coglione-
-Tu sei un coglione- ribatté il castano, avendo udito perfettamente quell’aggettivo rivolto a lui
-Oh certo, sono io che mi ubriaco per una diciassettenne che non vuole darmela- sbottò il biondo, aprendo le braccia
Charlie si alzò di scatto, barcollando leggermente, portandosi davanti al biondo, notevolmente più basso di lui, data l’elevata altezza del castano.
-Ma cosa vuoi saperne tu di certe cose, Roger Taylor?- lo derise con un ghigno stampato sul viso
-Cosa staresti cercando di dire?-
-Vorrei saperlo anche io, infatti- John si portò dritto, così da poter fare da spalla al suo migliore amico, temendo il peggio
-Tu e l’amore, due rette parallele, che non si incontreranno mai-
-Ah invece tu ne sai qualcosa dell’amore?- lo interrogò Roger, ridacchiando istericamente
-In pochi mesi ti sei dichiarato a più ragazze tu, di quante ne abbia portate al letto io in tutta la mia vita e ora ti vanti di essere Cupido solo perché vuoi farti una diciassettenne dal visetto pulito, incontrata per caso in un negozio di musica? Beh se per te questo è l’amore, ritenta fratello-
Il castano digrignò i denti, furioso, sentendosi preso in giro.
-Meglio io che corro dietro ad una ragazza, che tu che sei costretto a correre dietro alla tua mammina ogni giorno della tua frustrante vita- sputò velenoso
Il biondo deglutì a fatica, strabuzzando gli occhi a quelle parole maligne, avendo una voglia infinita di prenderlo a pugni fino a mandarlo in coma, ma dentro di sé lo sapeva che un gesto simile non lo avrebbe portato a nulla, se non a passare dei grossi guai.
-Sei di una bassezza incredibile Charlie- scosse la testa il riccio, afferrando per le spalle il biondo, che con uno scossone volle liberarsi immediatamente dalla presa
-Il mio intento era quello di farti capire che cazzata stai facendo, se vuoi davvero saperlo- nonostante l’accecante rabbia, Roger pronunciò la frase in modo lucido
-Mi commuovo- rispose il castano in modo melodrammatico, sfottendolo con dei ghigni
-Suvvia, fallo divertire amico- disse poi Mason
-Quale sarebbe la parte divertente in tutto questo, se stiamo solo litigando come dei bambini di sei anni litigano per le carte di Dragon Ball?- chiese John -toccando argomenti anche fin troppo personali, aggiungerei-
-Bevi un altro paio di birre e vedrai che sballo- Mason alzò il suo bicchiere, ridacchiando, ormai fuori di sé
Quella frase fece solo scuotere la testa al riccio, trovando troppo stupido il ragazzo moro di fronte a sé, per potergli rivolgere ancora qualsiasi parola.
-Sei tu a deprimermi in realtà Roger- disse Charlie, sparando l’ennesima stronzata, mentre la musica stava propagandosi sempre più forte all’interno del locale, stordendo il biondo, che si era limitato ad ignorare le parole dell’altro, dandogli le spalle
-Allora se la mettiamo così, me ne vado dove sono ben accetto- annunciò recuperando la sua giacca di jeans, pronto ad allontanarsi
-Dove vai?- John si preoccupò
Il biondo si voltò subito, gelando Charlie con i suoi occhi color ghiaccio.
-Ad anestetizzarmi- rispose vago, sapendo che il suo migliore amico, avrebbe in ogni caso afferrato il concetto
John chiuse gli occhi in segno di rassegnazione, sbuffando.
-Non puoi, non devi- cercò di farlo ragionare, invano
-Se vuoi venire sai dove trovarmi-
Detto questo Roger scomparve tra la folla a grandi falcate, non lasciando tracce di sé.
John sapeva bene dove l’amico fosse diretto e sapeva anche cosa stesse andando a fare, ma semplicemente cercò di dimenticarselo, perché quel pensiero lo logorava dentro nonostante gli anni passati. Non riusciva e mai sarebbe riuscito a farci il callo.
A distrarlo dalla “fuga” dell’amico fu una voce femminile che aveva pronunciato felicemente il suo nome.
-John!- Claire lo raggiunse con il suo solito sorriso da orecchio ad orecchio, salutandolo con due baci sulle guance, come se si conoscessero da sempre
-Ehilà Claire, cosa ci fai da queste parti?-
Il riccio la scrutò bene: indossava un maglioncino di lana leggera color rosa perla incastrato in una gonna di pelle non troppo corta e sotto aveva abbinato delle Dr Martens. La trovò impeccabile e con un gran gusto in fatto di abbigliamento, a differenza sua.
-Ma come cosa ci faccio qui?-
-Sono venuta a divertirmi alla festa, siete stati tu e Charlie ad invitarmi questa mattina- gli ricordò, ignorando completamente la sorella al suo fianco
-Precisamente è stato lui a farlo, io farei evitare ad ogni ragazza queste tipologie di feste- sottolineò
-Ma perché? E’ solo una festa, una serata per divertirsi- gli disse lei, nel modo più innocente possibile
-So che le feste sono divertenti e che servono a staccare un po’, ma in questo pub ci sono feste particolari-
Eleonor, che era rimasta in silenzio fino a quel momento, si intimorì.
-Cosa vuoi dire?- chiese di getto al ragazzo, intromettendosi nella conversazione, non nascondendo la sua curiosità
Lui la guardò interrogativo.
-Mia sorella Eleonor, sai chi è- la presentò velocemente Claire
-Molto piacere, John- si presentò lui
Lei annuì con il capo, sorridendogli cordialmente e aspettando una risposta alla domanda che gli aveva posto.
-Cos’hanno che non va queste feste John?- gli rinfrescò la memoria Claire, leggermente in ansia, avendo la responsabilità su sua sorella, ancora minorenne
-Assolutamente niente- Charlie fu più veloce del riccio a rispondere, portandosi di fronte alle due ragazze
-A Deaky piace parlare a sproposito ogni tanto- disse, afferrando poi una mano ad Eleonor
-Che piacere rivederti Ele- le baciò la mano in modo goffo a causa dell’alcool, accorciando il suo nome, come fossero amici intimi
-Ciao Charlie- lo salutò abbastanza stranita nel vedere quanto fosse malmesso
Claire non poteva credere ad i suoi occhi e nemmeno al suo naso, dato il forte odore di alcool e di erba che sentiva provenire proprio da lui.
-Sono così felice di vederti- ribadì afferrandola per le spalle, non stringendola eccessivamente
John gli lanciò un’occhiataccia, pronto ad intervenire nel caso la situazione fosse degenerata.
-Credevo non sareste venute nonostante il mio invito- stavolta il ragazzo guardò Claire, dedicandole un sorriso sghembo, quasi sadico
-Beh comincio a pensare che sarebbe stato meglio- parlò in malo modo la mora, togliendo la sorella dalle sue grinfie con uno strattone, attirandola a sé dalla manica del suo giacchetto
Non erano nemmeno arrivate e già la serata si stava prospettando vomitevole.
-Cosa? No! Perché?- chiese Charlie completamente fuori di sé e confuso
Eleonor, intimorita dallo sguardo languido del ragazzo, si attaccò al braccio della sorella stringendolo forte, sentendosi fin troppo vulnerabile in quel momento. Era un istinto. Un istinto capace di metterle un minimo di coraggio in più per non darsela a gambe.
-Io l’ho portata qui perché credevo tu ci tenessi davvero a conoscerla e che lei ti piacesse veramente- pronunciò seria Claire, non scomponendosi
-E’ così Cassie-
-Mi chiamo Claire!-
-Oh, giusto, scusami- Charlie si portò una mano sul volto, a causa della vergogna, ridendo contemporaneamente
-Tu mi piaci davvero, davvero tanto- confessò di botto, guardando di nuovo Eleonor e tentando di afferrarla per avvicinarla a sé
-Eleonor, ti prego, io non sono sempre così, posso giurartelo- aggiunse, vedendola allontanarsi
La ragazza non parlò, limitandosi soltanto a stringere di più la presa sul braccio della sorella.
-La stai spaventando, non vedi?- intervenne John esasperato, piazzandosi davanti alle due ragazze aprendo le braccia, volendo difenderle
-E’ una ragazzina, non fa parte del mondo di merda di cui fai parte tu e non merita di vederne nemmeno una briciola se è per questo-
Charlie sembrò inalberarsi maggiormente, dato che non aveva più modo di guardare gli intensi occhi smeraldo di Eleonor.
-Taci sfigato- si scagliò subito contro quello che doveva essere un suo amico, scandendo ogni sillaba
-Qui lo sfigato sei tu!- Claire prese le difese di John senza esitazione, avendo già capito da che parte dovesse stare
-Non ti permettere sciacquetta da quattro soldi-
Sia Eleonor che Claire spalancarono la bocca, udendo tale aggettivo.
-Ma io ti prendo a sberle- disse quest’ultima, furiosa, non accettando di venir giudicata da un povero deficiente che nemmeno la conosceva
-Lascia fare a me se vuoi- John aveva le sue stesse intenzioni, nonostante non se la sarebbe mai presa con un poveraccio annebbiato totalmente dall’alcool e dall’erba
-No lasciate fare a me- Erick, il cugino di Charlie, intervenne e lo afferrò per il colletto della camicia che indossava, attirandolo malamente a sé, con uno strattone prepotente e affatto gentile
-Smettila di fare l’idiota- lo sgridò come fosse un moccioso
-Non ho fatto niente- si difese assottigliando gli occhi, rossi fiammeggianti a causa dei vari spinelli che si era fumato fuori dal locale prima di entrare
-Riesci sempre a dimostrarti un completo idiota e credo sia per questo che sia Dafne che Ella ti hanno defilato appena ne hanno avuto l’occasione- quelle parole lo colpirono nel profondo, facendolo sbiancare
-Gentleman di giorno e pagliaccio di notte- concluse, trascinandolo via con sé per un braccio, portandolo quasi a strisciare sul pavimento come un verme
-Eleonor perdonami- la implorò mentre veniva trascinato, ma lei non si mosse minimamente, bensì guardò sua sorella, ancora leggermente scossa, portandosi una mano sulla fronte
John le osservò, mentre avevano preso ad abbracciarsi con premura.
-Mi dispiace un casino- si dispiacque con loro
Claire scosse il capo, coccolando la sorella -non devi dispiacerti, sono cose che succedono, non è la prima volta che vivo una situazione così ad una festa-
-Forse tu no, ma lei..- indicò la più piccola, notandola leggermente pallida
-Sto bene, devo solo metabolizzare-
Eleonor era rimasta davvero molto scossa nel vedere cosa certe sostanze potevano fare ad un essere umano. Non si era mai trovata così a contatto con una realtà simile, che ora le sembrava ancor più spaventosa, se non terrorizzante. Aveva visto a molte feste ragazzi ubriachi marci, anche fatti, ma non distrutti in un modo così esagerato.
-Cosa gli ha fatto quell’effetto?-
-Marijuana e alcuni drink- fece spallucce il riccio
Eleonor sospirò frustrandosi i capelli, distanziandosi di poco dalla sorella.
-Ho bisogno di sciacquarmi un po’ il viso con dell’acqua fresca- le disse, sentendo quello specifico bisogno
-Andiamo in bagno- propose la mora
-Potrei andare da sola?- chiese quasi istintivamente
-Necessito di un attimo di solitudine, Claire-
Claire stette per un attimo in silenzio, poi cercò gli occhi di John, il quale sembrò capire.
-Nel bagno del personale non corre rischi, può andarci tranquillamente da sola, avverto io il proprietario, è un tipo apposto, lo avete visto- disse riferendosi ad Erick
La mora annuì -sicura che non vuoi che io venga con te?-
-Te l’ho detto, ho bisogno di un attimo per stare da sola- la pregò con gli occhi, ottenendo ciò che desiderava
-Okay, ma fai attenzione- si raccomandò la sorella, lasciandola libera di andare
-Dov’è il bagno?-
Il riccio le diede le indicazioni e in men che non si dica Eleonor si avviò.
Per raggiungerlo dovette percorrere un lungo e freddo corridoio con le mura bianche ma grigiastre in alcuni punti a causa dell’umidità persistente, che le parve apparentemente familiare.
Sfiorò una parte del muro con i polpastrelli, rabbrividendo non appena la sua pelle entrò a contatto con quella gelida superficie, procurandole una fitta pelle d’oca. Alla fine di tale corridoio, sulla parte sinistra, poco prima di un altro passaggio che portava in qualche parte sconosciuta, si trovava una porticina, che doveva essere attraversata per giungere al bagno.
Dopo di essa, vi erano altre due porte, le quali avevano sopra di esse i disegni di un uomo e di una donna, stilizzati. La ragazza, senza esitazione, entrò nel reparto femminile e una volta chiusasi la porta alle spalle, ci si appoggiò, respirando profondamente.
Individuato il lavandino a pochi passi da lei, lo raggiunse e iniziò a sciacquarsi il volto con dell’acqua fredda, incurante del poco trucco che quella sera aveva applicato sulla propria pelle.
“Perdonami Eleonor”
Tali parole le rimbombarono in testa come il suono di un gong, facendole ripensare a Charlie in quelle condizioni pietose. Non si era mai trovata a contatto con qualcuno come lui, cioè insistente ed esageratamente infantile da ridursi in quella maniera vomitevole, e quella nuova esperienza l’aveva destabilizzata e neanche poco, a dire il vero.
Il rumore di una porta che si spalancava violentemente la risvegliò dai suoi cupi pensieri, facendola sobbalzare.
-Claire, sei tu?- domandò d’istinto, sicura che oltre lei e John non sarebbe potuto entrare nessun altro, se non il proprietario
Il silenzio fu l’unica voce a risponderle e ciò fece accrescere il suo nervosismo.
Cosa fare? Nascondersi nei gabinetti in piedi sul water per non far scorgere in nessun modo i piedi, a mo’ di film dell’orrore, o farsi coraggio ed uscire, affrontando anche il più spietato serial killer?
Nonostante la tentazione di chiamare la sorella in suo salvataggio fosse molta, decise di essere coraggiosa per l’ennesima volta nella sua vita e di scoprire chi ci fosse dietro quella porta che la separava dall’esterno.
Aprì lentamente la porta in legno, timorosa, la quale cigolò beccandosi varie, ma silenziose, maledizioni da parte della ragazza.
Eleonor si sentì immediatamente sollevata di non vedere nessuno di particolarmente pericoloso all’impatto, se non un ragazzo appoggiato agli ulteriori lavandini presenti nell’ambiente prima dei bagni, che qualche momento prima lei non aveva notato. Pensando stesse male, richiamò la sua attenzione, non riuscendo a trattenere il suo lato da ficcanaso.
-Ehi tu, stai bene?-
Il misterioso ragazzo, come se non l’avesse sentita parlare qualche minuto precedente, sobbalzò, girandosi di scatto verso di lei, rimanendo appoggiato con i gomiti al bordo del lavandino.
I loro sguardi rimasero incollati per qualche attimo buono, decisi a non mollarsi nemmeno per un microsecondo, come fossero magneti intenti soltanto ad attrarsi, senza mai respingersi.
Eleonor lo scrutò attentamente, da cima a fondo. Capelli biondi leggermente lunghi fin poco oltre le spalle, carnagione chiara degna del tipico britannico, delle occhiaie color cenere che andavano a contornare quei suoi due occhi di ghiaccio, abbastanza gonfi e arrossati in quel momento. I lineamenti del volto rimanevano dolci, donando automaticamente al suo viso una delicatezza quasi femminile.
-Benissimo- le rispose risvegliandosi da quel momento di trans assoluto, non staccando ancora i suoi occhi da quelli verdi e luccicanti di lei
-Non hai una bella cera, in realtà- gli fece notare la ragazza, vedendolo anche tremare, avvicinandosi cautamente, con le mani nascoste all’interno delle tasche dei suoi blue jeans
Il biondo esitò per un breve attimo, portandosi poi dritto con le poche forze che gli rimanevano.
-Ti ho detto che sto bene- scattò nuovamente prima che lei potesse solo pensare di sfiorarlo, come se avesse avuto uno spasmo
La castana s’immobilizzò sul posto, facendosi sopraffare da lui, di poco più alto di lei, quando le fu di fronte, a pochi millimetri di distanza.
Roger si morse l’interno guancia, continuando a tremare, mostrandole ancor di più la palese presenza di un malessere in lui.
-Stai male, lascia che io ti aiuti- ad Eleonor quelle parole uscirono in un sussurro, con una dolcezza tale che si sorprese di sé stessa
Perché mai si sarebbe dovuta interessare in quella maniera ad un completo sconosciuto?
Il biondo strizzò forte gli occhi, sentendosi sopraffare da una potente adrenalina, che a momenti avrebbe potuto addirittura farlo collassare lì sul posto, ma non poteva permetterselo, specie di fronte a quella ragazza.
-Devo andare- si ricompose in qualche arduo modo, avviandosi verso il corridoio, con difficoltà
La castana, preoccupata per le pessime condizioni del ragazzo, voleva avvicinarsi per aiutarlo a raggiungere almeno la fine del corridoio.
-Sul serio, voglio darti una mano- provò nuovamente, sfiorando con la mano la sua pelle gelida, facendo sì che lui captasse la sua reale preoccupazione, trovandola piuttosto insolita dato che non si erano mai visti prima di allora
-Ti aiuto solo ad attraversare il corridoio, poi me ne vado-
-Promesso-
-Non preoccuparti è soltanto.. un calo di zuccheri, posso farcela- si inventò lui, non sapendo nemmeno quali fossero i sintomi di un calo di zuccheri
-Almeno inventati qualcosa di più sensato la prossima volta che vorrai evitare che qualcuno ti aiuti- gli disse sincera lei, accennando un sorrisino istintivo, smettendola di insistere e lasciandolo andare, con un pizzico di amaro in bocca
Il biondo si poggiò allo stipite della porta, non degnandola più di uno sguardo, bensì si diede la spinta per rimettersi in piedi per poi ricominciare a camminare verso il locale vero e proprio. Anche sul suo volto, senza che lei potesse vederlo, si era dipinto un minuscolo sorriso, anch’esso spontaneo e senza una motivazione logica.
-Grazie per non aver insistito troppo, occhi verdi- si congedò così, lasciandola lì, sola in quel bagno, interdetta a causa di quel nuovo nomignolo che le era stato affibbiato

























   
 
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