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Autore: Riflessi    10/05/2019    3 recensioni
Draco lo sapeva che quella donna -prima o poi- l'avrebbe fatto morire...
D'odio, o d'amore.
Che, in un modo o nell'altro, lei non sarebbe mai uscita dalla sua vita, per tormentarlo deliziosamente fino alla fine dei suoi giorni.
Hermione Granger era nel destino di Draco Malfoy come Tom Riddle era stato in quello di Harry Potter: una persecuzione costante, continua, perenne, che l'avrebbe portato alla pazzia totale... o forse chissà, l'avrebbe invece salvato dal profondo abisso della solitudine!
SEQUEL DE "LE FIABE OSCURE"
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 8
-Scuse vecchie come Nicolas Flamel
-

 

Wiltshire, Inghilterra. Ottobre 2008.

Era sempre stato estremamente facile per lui dire la verità, nonostante tutti credessero che fosse un subdolo opportunista. Se n'era accorto anni fa, quando quelle disperate parole di sfogo di fronte ad Albus Silente gli erano uscite dalle labbra come lava incandescente: magma che viene rigettato convulsamente da un vulcano ormai troppo pieno. E si era sentito libero, leggero, forse anche meno colpevole per tutto ciò che aveva commesso.
La menzogna l'aveva accompagnato per metà della sua vita, anche se non gli era mai piaciuta. Eppure, tutti avevano giurato -come se lo conoscessero- che Draco Malfoy, nella menzogna, ci sguazzava beatamente senza un briciolo di rimorso. Fandonie.

Per questo motivo, il Veritaserum che gli ficcò in gola il Capo degli Auror per assicurarsi della sua sincerità, fu accolto da Draco con una pace straordinaria; come se non avesse atteso altro nella vita che confessare a Potter tutti i suoi peccati. Non gli interessava nemmeno che fosse ancora impastoiato, e che Weasley l'avesse tirato malamente a sedere sulla prima sedia che aveva trovato nel grande salone della sua villa.

"Bene, iniziamo..."
L'eroe del mondo magico si schiarì la gola, e riprese con un pizzico di curiosità nella voce:
"Malfoy... come avresti voluto che finisse la guerra?"

Harry Potter aveva deciso di prendersela comoda prima di arrivare al punto, e togliersi finalmente lo sfizio di sondare l'animo tenebroso di quell'uomo un tempo nemico; scavarlo fino a toccarne il fondo, far affiorare in superficie ogni più piccolo tormento, ogni inconfessato peccato, ogni più fumosa intenzione. E pensò che forse, più avanti, Draco Malfoy l'avrebbe odiato da morire, per essersi preso l'ardire di rivoltargli la mente a suo piacimento, ma l'Auror considerò che, in tal caso, non avrebbe di certo perso la sua amicizia, dato che nessun rapporto affettuoso li aveva mai legati. Al massimo, si sarebbero solo disprezzati un po' di più rispetto al normale.

Lui non sapeva però che l'ex serpeverde, invece, lo stava aspettando con una sorta di rassegnazione piacevole... Che, inconsciamente, egli VOLEVA liberarsi dei suoi antichi fardelli. Infatti, dopo quella domanda, il giovane Malfoy chiuse gli occhi sospirando, sorrise leggermente e rispose, senza provare un briciolo di rancore, né in quel momento, né dopo, quando tante altre verità iniziarono ad uscirgli dalle labbra sotto l'obbligo del Veritaserum.

"Mi chiedi come avrei voluto che finisse la guerra, Potter? Beh... Esattamente come è finita!"
Draco vide il suo nemico tirare un sospiro di sollievo e ricomiciare ad incalzarlo:
"Ti ritieni un codardo?"
"Sì!"
"Cosa faresti oggi, se potessi rompere liberamente i coglioni con le tue idee discriminatorie?"

Draco rise un po', prima di rispondere: "Secondo te? Niente! Ovvio che non farei niente, Potter. Pensi che sia nella posizione di incitare alla purezza e al razzismo, quando io stesso ho contaminato la mia carne unendomi ad una nata babbana!?!"

"Sei sempre stato invidioso di noi, vero?"
"Terribilmente!"
"Ed ora invece dimmi: perché ti sei offerto di aiutarmi con il bracciale dei Belby, mesi fa?"

"P-Perché..." La calma di Draco per la prima volta vacillò, mentre il suo sguardo si fece torbido. "Perché dovevo capire."
"Capire cosa?"

Riflettè qualche secondo, e con la voce lontana e profonda, disse: "Capire chi era davvero Hermione Granger, e perché mi trasformavo in una bestia insoddisfatta, ogni volta che me la trovavo davanti."

"E alla fine, l'hai capito?"
"Vuoi davvero saperlo?"
"Sì."

Draco assottigliò lo sguardo, come a voler sfidare entrambi i suoi aguzzini, nonostante fosse ancora stretto nelle corde magiche. Poi, con una punta di malizia, parlò:
"Tensione sessuale. Eccitazione. Frenesia. Era quello, che me la faceva odiare con tutte le forze."

Ronald Weasley, che fino ad allora era sempre stato zitto, deglutì a fatica, cercando di digerire quella provocazione con falsa indifferenza. Non ci riuscì... e guardò Malfoy come se i suoi occhi potessero trafiggergli dolorosamente il petto.
Tra lui ed Hermione non c'era più niente da dieci anni, ma la loro breve relazione era come piaga sanguinolenta. Non era amore, forse non lo era mai stato, ma era un affetto tanto profondo e condiviso, che Ron a volte si prendeva la libertà di considerare Hermione come una sua proprietà, ed il pensiero che mani così luride ed infami la toccavano ogni giorno, gli dava il voltastomaco.

Harry capì che era giunta l'ora di arrivare al sodo, per evitare che la situazione si facesse troppo imbarazzante. Lo sapeva perfettamente che Ron, malgrado l'evidenza dei fatti, ancora non elaborava appieno l'idea di Hermione insieme all'erede dei Malfoy. Il suo migliore amico era ancora convinto che fosse tutta una buffonata, come gli scherzi di cattivo gusto che vendeva nel suo negozio. E che magari, un giorno, qualcuno sarebbe andato da lui a dirgli: "Eddai, Ron! Ti stavamo solo prendendo in giro! Ci sei cascato come un bubotubero bollito!" Allora lui si sarebbe fatto una risata, e tutto sarebbe tornato alla normalità. La SUA normalità... dove i buoni erano acclamati dalla folla festante che lanciava fiori fra gli applausi, ed i cattivi vivevano la loro misera vita nell'ombra a rosicchiarsi le unghie, soli e denigrati.
Ron non era tipo da mezze misure, o da troppe riflessioni: lui era tutto istinto, accettava il bianco o il nero, il buio o la luce... non tollerava il grigio, o chi preferiva vivere nella penombra. Nonostante il suo cuore d'oro, lui capiva poco le diverse sfumature dell'animo umano, le sue complessità, il rimpianto di un peccatore, il rimorso, ed il ripensamento. Era per questa ragione che non avrebbe mai perdonato a Draco Malfoy il suo legame con Hermione: Ron era convinto semplicemente che quel pallido biondo sarebbe dovuto rimanere nel posto che spettava ad ogni criminale sconfitto, e scontare la propria colpa nella solitudine eterna.

Ronald Weasley non avrebbe mai perdonato a Draco Malfoy di aver sconfinato dalla parte dei vittoriosi per vivere del riflesso di essi, e della loro purezza.

Harry Potter sospirò, e decise di chiudere quell'infelice interrogatorio con la domanda più spinosa:
"Malfoy! Sei stato tu a picchiare Hermione, oggi?"

L'attesa della risposta pesò nell'aria come un macigno.

Draco divenne rosso di rabbia... i due uomini di fronte a lui videro chiaramente una vena pulsargli sulla tempia destra, ed ebbero addirittura l'impressione di sentire lo stridio dei suoi denti.

"No! No che non l'ho picchiata io! Cazzo..."
Lo disse con un'enfasi che non c'entrava per niente con il Veritaserum, e perfino Weasley capì che Malfoy avrebbe risposto nello stesso modo anche senza l'effetto della pozione.
"Non lo farei neanche se mi puntassero la bacchetta nella schiena!" Aggiunse infatti, disperato.

Harry annuì, anche se non fu completamente sollevato dalla notizia, visto che essa avrebbe aperto scenari ancor più raccapriccianti: chi poteva aver aggredito Hermione sotto mentite spoglie? Cosa voleva ottenere? E quanto poteva esser pericoloso costui? Era mai possibile che non esisteva pace per loro? Sembrava proprio che fossero in grado di attirare disgrazie come le calamite tirano a sé il ferro. E doveva mettersi ad indagare subito, prima che potesse succedere qualcosa di più grave.

Aveva un'ultima cosa da chiedere a Malfoy però, prima di lasciarlo libero. Una cosa che avrebbe fatto male, quale che fosse stata la risposta.

"La ami?"

Gli occhi di entrambi si incatenarono in silenzio, quasi a sfidarsi ancora dopo tutto quel tempo e come in fondo avevano sempre fatto, fin da quando si erano conosciuti sulle scale di quel castello che avrebbero chiamato casa per sette lunghi anni.

"Sì!"
Draco Malfoy amava Hermione Granger. Ed era palese, incontestabile, definitivo.

A quel punto, con un incantesimo non verbale, le corde magiche che legavano il giovane aristocratico si sciolsero dissolvendosi nell'aria, i lividi ed il sangue colato dal naso si ritirarono, e tutto finalmente finì.

Certo, non era esattamente soddisfatto Draco, all'idea che Potter, per esser sicuro della sua buona fede, avesse dovuto necessariamente far uso di Veritaserum ma, purtroppo, sapeva pure che quello lì era il prezzo da pagare per i suoi errori giovanili, e quindi si costrinse a sopprimere qualsiasi manifestazione da ragazzino isterico, per far sì di mantenere intatto l'orgoglio.

L'Auror dal canto suo, ebbe il buongusto di borbottare qualche scusa, e lui... tanto per non smentirsi, lo guardò male un istante. Poi Harry aggiunse, pensieroso: "Dobbiamo scoprire chi è stato! Ma cosa ancora più importante, dobbiamo chiarire l'equivoco con Hermione. E ci andremo a parlare io e Ron per primi, se ce lo permetti."

"Cosa? E per quale motivo, scusa?!" Gli rispose Draco, seccato.

"Perché è impensabile che tu possa affrontare da solo quell'arpia furiosa! Credi che lei sia disposta a starti a sentire col sorriso sulle labbra? E magari a gettarti le braccia al collo non appena avrai finito di dirle che non sei stato tu??? No, Malfoy! Toglietelo dalla testa, dammi retta! Ormai dovresti conoscerla almeno un po'! Non ascolterà fiduciosa le tue spiegazioni... nemmeno sotto Imperius!"

Draco riflettè molto: era vero. Era vero che se lui avesse provato a parlarle, lei non avrebbe mai preso in considerazione le sue giustificazioni.
Come cazzo avrebbe fatto a convincerla che un tizio con i suoi stessi occhi grigi, la sua stessa bocca, la sua stessa voce, i suoi stessi capelli biondi, la sua stessa identica espressione, si era divertito a prendere il posto suo? Allora annuì, sconfortato.
In fin dei conti, quando qualcuno voleva ripulirsi la coscienza, usava sempre il solito pretesto: "Non sono stato io! Qualcuno ha preso le mie sembianze..."
La scusa della pozione Polisucco era vecchia come Nicolas Flamel. Non ci credevano più nemmeno i babbani. A malincuore perciò, dovette ammettere che l'unica prova a sostegno della sua innocenza, era proprio la testimonianza di Potter e di Weasley.
Accettò il loro aiuto.

Il ragazzo dai capelli rossi invece, durante il breve dialogo tra i due, si era accasciato su una poltrona, semi intontito da quel SI che gli rimbombava ancora nel cervello... quel maledetto SI che ebbe il sapore di una sentenza, di una specie di condanna all'ergastolo. Sì: Draco Malfoy amava Hermione Granger.
Di fronte a Ron, si spalancarono le porte della consapevolezza... ed in quel momento, egli comprese finalmente che non c'era più niente da fare contro quell'amore che gli era sempre parso solo uno scherzo bestiale. Lui che di scherzi ne era esperto. E seppe che mai nessuno sarebbe andato a dargli una pacca sulle spalle, e a dirgli che era stato tutto un fottuto incubo, no! Ron si sarebbe svegliato domani, e dopodomani, e dopodomani ancora, ed Hermione avrebbe continuato a stringere teneramente la mano disonesta e lurida di Draco Malfoy!
Che ingiustizia, la vita.

 
***


Prigione di Azkaban. Ottobre 2008.

Augustus Jenkins era esattamente come Hermione se lo ricordava quando l'aveva arrestato un anno fa nella sua casetta sporca e disordinata di Godric's Hollow: brizzolato, panciuto, e leggermente viscido. La condanna che egli stava scontando ad Azkaban -e che lo avrebbe costretto lì dentro per almeno altri otto anni- riguardava diversi reati, tra cui il reciclaggio di Galeoni sporchi, il traffico di pozioni stupefacenti, lo sfruttamento delle donne dei locali di Nocturn Alley e, ovviamente, lo smercio illegale di manufatti oscuri... Come il quadro maledetto che aveva venduto a Draco Malfoy.
Hermione trascurò di proposito quell'ultimo nome che le era venuto in mente... lei era una donna forte, non sarebbe mai caduta in una devastante malinconia solo a causa di un uomo senza palle che le aveva rifilato uno schiaffo come il più meschino degli esseri viventi. Draco Malfoy non era più un affare che la riguardava: lui, la sua vita, i suoi peccati, le sue stranezze, il suo carattere incomprensibile, la sua oscurità.
Era finita.
E comunque, adesso aveva altro di cui occuparsi! Infatti, dopo aver rassicurato Ginny sul suo stato di salute fisica e mentale, aveva lasciato casa Potter e si era subito concentrata con furiosa determinazione sul compito di andare ad interrogare Augustus Jenkins, scoprire la provenienza originale del quadro, fare le dovute ricerche, e trovare un modo per liberarsene una volta per tutte. Hermione era assolutamente certa di non aver avuto nessuna allucinazione, e che quel bambino, trovato prima ai piedi del letto e poi nel riflesso del carillon, non l'aveva sognato.
I suoi presentimenti non fallivano mai, a dispetto di tutto ciò che gli altri potessero dire.
Il vecchio commerciante intanto, l'aveva accolta con un bagliore di sorpresa negli occhi, e pure con un briciolo di rancore, che gli aveva deformato l'espressione già amara e segnata dalla prigionia.

"Cosa vuole da me, signorina Granger?" Le disse con la voce roca e l'aria di rimprovero. Ma prima che Hermione avesse il tempo di rispondere, egli aggiunse, sarcasticamente:
"O forse devo chiamarla Signora Malfoy?"

E subito dopo, Jenkins rise di una risata grassa ed invadente, mentre lei assumeva un'aria assolutamente indispettita. Quando la risata si spense, il vecchio malvivente la provocò di nuovo: "Le notizie di gossip arrivano anche qui sa? Quando ho letto i giornali, non credevo ai miei occhi! Hermione Granger e Draco Malfoy... Poi ho collegato tutto, ed ho capito pure per quale motivo mi ha arrestato, un anno fa! Lei voleva punirmi per aver dato del filo da torcere al suo fidanzato, vero? Per aver denunciato la sua malsana passione per i manufatti oscuri, mettendo a rischio la sua già precaria credibilità, non è così?" E riprese a ridere, sguaiato.

Hermione s'infuriò diventando tutta rossa in viso, sotto quelle accuse assolutamente false: quando aveva arrestato Jenkins, lei e Draco si stavano ancora cordialmente sulle palle... ma anche se fossero già stati insieme, lei avrebbe agito comunque secondo la legge magica -senza abusare del proprio potere- e quel criminale da strapazzo ci sarebbe finito lo stesso in galera, Malfoy o non Malfoy.

"Non dica assurdità, Jenkins! E comunque non sono venuta qui per parlare della mia vita sentimentale!"
Il vecchio la derise ancora: "Ooh, no no! Per carità! Anche perché sarebbe una noia mortale signorina Granger, stare a sentire i racconti delle sue pessime vicende amorose con quel vile ed arrogante vermicolo."

Hermione deglutì la saliva, senza trovare le parole adatte a rispondergli in modo tagliente... soprattutto perché stavolta non poteva dargli torto. Anche lei pensava che Draco Malfoy fosse un vermicolo insolente e vigliacco. Perciò, preferì non raccogliere la provocazione, e decise di soprassedere, anche se si rese conto, con immensa tristezza, che CHIUNQUE incontrava sul suo cammino, usava sempre gli stessi termini per descrivere l'erede dei Malfoy, sempre la stessa diffidenza, sempre lo stesso scetticismo. Avvisaglie che non aveva voluto cogliere... finché era inevitabilmente successo ciò che tutti le avevano predetto, e lei si era trovata a dover accettare definitivamente di aver commesso uno dei più grossi errori della sua vita a credere nel cambiamento di quel dannato figlio di mangiamorte.

"Jenkins, sono venuta qui per avere da lei quante più informazioni possibili sul quadro maledetto! Deve dirmi dove lo ha preso, come, da chi, e se conosce quasiasi notizia in merito alle sue origini!"

Il prigioniero piegò la testa di lato, ed assottigliò lo sguardo rugoso, prima di dirle, seccato:
"E io dovrei farle un favore senza avere nulla in cambio? Spero stia scherzando!"

Hermione inspirò profondamente, per tentare di calmare il nervosismo e prendere tempo per elaborare la risposta: "Al massimo potrei togliere qualche mese alla sua condanna!"

"Qualche mese??? E che me ne faccio di qualche mese?!"

"Jenkins!" Il tono di Hermione si fece stridulo: "Si rende conto che non è nella posizione di contrattare? Potrei benissimo impastoiarlo e farle bere a forza del Veritaserum, oppure scagliarle contro un bel Legilimens! Invece le sto dando la possibilità di parlare liberamente senza costrizioni magiche, e lo sto facendo per rispetto alla sua condizione di prigioniero. Detto questo, decida lei se collaborare o lasciarmi usare la forza!"

Augustus Jenkins si mordicchiò un'unghia pensieroso, poi esclamò: "Un anno!"

La donna chiuse un momento gli occhi, esasperata, e poi cedette: "E va bene... affare fatto! Riduzione di un anno sul totale della condanna e non se ne parla più!"

Appuntò velocemente la nota su di un'agendina, e tornò risoluta a guardare Jenkins: "Ok. Ora mi dica tutto ciò che sa del quadro maledetto, senza omettere nulla!"

 
***


Inverness, Scozia. Settembre 1976.

"Bambine smettetela di correre, per l'amor del cielo!"
Gridò la signora Happerton, ormai completamente esasperata dalle marachelle infantili delle sue scatenate figlie. Jennifer ed Abigail però, continuarono ad inseguirsi per tutto il grande salone, ridendo spensierate ed ignorando beatamente i richiami della madre.

La villetta della famiglia si trovava appena fuori Inverness, immersa nelle dolci colline scozzesi; aveva un'aria distinta e curata, e dal loro giardino si potevano ammirare i boschi rigogliosi in lontananza, e perfino le rovine di un vecchio castello.
Le Highlands scozzesi erano un posto bellissimo perché ogni cosa lì, aveva il suo fascino: il fiorellino giallo che spuntava nei prati, la bruma che tutte le mattine avvolgeva il paesaggio, i tramonti che spezzavano il respiro, e... nelle notti invernali più limpide, perfino l'aurora boreale.

La signora Happerton sorrise, riprendendo a ricamare minuziosamente un bel centrotavola sotto la veranda di casa, e lasciò le figlie a giocare allegramente in salotto.

Finché un grido terrorizzato squarciò l'aria...

Quello, fu l'ultimo momento di pace per la famiglia: quel giorno, la piccola Jennifer scomparve misteriosamente sotto gli occhi innocenti della sua sorellina Abigail che, a causa dello shock, divenne muta.

A nulla servirono le centinaia di sedute dai migliori psicologi di tutta la Scozia: non parlò mai più. Riuscì soltanto, a forza di pianti disperati, a far portar via dal salotto un dipinto appeso sul camino, senza spiegare alcunché. Per tutti gli anni che le restarono da vivere però, gli incubi la perseguitarono, e nell'inguaribile silenzio delle sue labbra, continuò a rivivere mentalmente la scena di un bambino biondo che trascinava con sé Jennifer dentro il quadro.

 
***


Covent Garden, Londra. Ottobre 2008.

Augustus Jenkins, in realtà, non aveva moltissime notizie da darle in merito al quadro maledetto, e fra le sudice pareti della sala interrogatori di Azkaban le comunicò solo qualche scarna informazione, riguardante la data di realizzazione della tela, che risaliva al 1972, ed il posto in cui lo aveva acquistato: Covent Garden.

Per questo motivo Hermione si stava aggirando, con aria determinata, nel rinomato mercatino babbano, senza farsi lusingare né dalla miriade di libri accatastati pericolosamente sulle bancarelle, né dai profumi allettanti del cibo da strada. Lo sapeva benissimo, che non sarebbe stato affatto facile dipanare l'oscura storia del quadro fino al primo proprietario, ma gli indizi di Jenkins, seppur miseri, l'avevano soddisfatta tanto da darle la carica per proseguire le indagini. Così, camminò a lungo scrutando ogni banco, per individuare chiunque potesse ricordarle la descrizione fisica che Jenkins aveva fatto dell'ambulante da cui aveva preso il quadro: escluse gli indiani che commerciavano le collanine, i ragazzi troppo giovani che facevano i ritratti a carboncino, e tanti altri che, per un motivo e per un altro, non potevano assomigliare a colui che cercava. Alla fine... dopo appena venti minuti, lo trovò, in un angoletto del mercato coperto, vicino al fioraio, sprofondato nella lettura di un giornale, in attesa della sua quotidiana clientela. Hermione, da brava strega, non ci mise molto a strappargli il nome di chi gli aveva venduto il quadro prima che lo comprasse a sua volta Augustus Jenkins. Si trattava di una certa Daiana Boghen, una donna poco stabile di mente, che viveva ad Epsom.
Missione compiuta.
Hermione allora, decise di tornare al lavoro e chiudere in fretta alcune pratiche urgenti, in modo da essere libera di riprendere le indagini sul quadro maledetto, e su coloro che l'avevano posseduto nel corso del tempo, con l'obiettivo di arrivare fino al primo proprietario...
Più esattamente, fino al 1972.

***


Ministero della Magia. Londra.

Dall'altra parte della città, un giovane biondo camminava avanti e indietro di fronte l'ingresso del Ministero della Magia. Aveva l'animo in subbuglio, e si sentiva impaziente come un ragazzino di undici anni alla sua prima lezione di volo.

Draco Malfoy aveva il bisogno quasi vitale di vedere Hermione Granger per chiarire con lei il malinteso che si era creato. Sentiva la necessità prepotente di stringerla a sé, di baciarla, ma soprattutto di giurarle che avrebbe cercato, trovato, e massacrato a colpi di maledizioni senza perdono, colui l'aveva picchiata prendendo le sue sembianze. La sola idea che un infame bastardo si fosse arrogato il diritto di metterle le mani addosso, lo stava facendo uscire pazzo!

Odiò quello sconosciuto come non aveva mai odiato neppure Potter, o il Signore Oscuro. La rabbia lo stava dilaniando come un cane rabbioso che ti affonda i denti nelle carni e ti strappa via la pelle e i muscoli.
E non si sarebbe dato pace, finché non si fosse vendicato in ogni modo possibile, anche quello più subdolo.

Intanto, grosse gocce d'acqua presero a cadere rumorosamente sul marciapiede provocando il fuggi fuggi generale dei passanti, mentre l'aria d'un tratto si era fatta buia ed umida. Purtroppo, usare un incantesimo Impervius in piena città non era contemplabile dal codice legislativo magico, perciò, nononstante il diluvio imminente, Draco rimase piantato dov'era, con gli occhi fissi verso un'anonima porta dalla quale uscivano strambi personaggi con mantelli svolazzanti sulle spalle: una porta che ai babbani appariva come l'entrata di un ordinario bagno pubblico.

Non gli fregava assolutamente niente di bagnarsi la giacca costosa, o prendersi uno stupido malanno, un purosangue come lui non avrebbe usato uno schifosissimo ombrello da plebei nemmeno se qualcuno l'avesse minacciato di mandarlo a pulire i cessi di Hogwarts insieme ad Argus Filch! E poi, la smania di cingere la vita delicata di Hermione, portarla a casa e farla addormentare sul suo cuore innamorato, era più forte di qualsiasi altra cosa. Solo quando l'avrebbe vista, forse, si sarebbe placata un poco la sua furia omicida, la fame di vendetta, l'agitazione, ed il tremore nevrotico delle sue mani, infilate nelle tasche dei pantaloni per nascondere la rabbia.
Lei era sua. Nel bene e nel male.
Nel suo sconfinato egoismo, Draco Malfoy era convinto che anche il diritto di farla soffrire, spettava solo ed unicamente a lui. Come un padrone che elargisce amore o disperazione in base ai suoi capricci.
Nessun altro doveva azzardarsi a toccarla. Nessuno.

Iniziò a piovere a dirotto... ma lui, come un disperato, continuò ad aspettare. Ad aspettare che Hermione uscisse da quella maledetta porta e che gli andasse incontro col sorriso, lo abbracciasse felice perché i suoi amici le avevano già spiegato tutto, e prendesse a scusarsi per aver pensato male di lui dandogli mille baci sul viso, senza sosta.

Draco non poteva sapere che appena Potter e Weasley avevano lasciato il manor però, Harry era stato richiamato urgentemente al quartier generale per una grave emergenza, e Ron invece... beh, Ron se n'era tornato al suo negozio con l'aria disinteressata, incurante dei problemi sentimentali di quello che lui ancora giudicava ottusamente un ex mangiamorte. Il penultimo dei Weasley infatti, aveva fatto spallucce, dichiarando a se stesso che non sarebbe stato lui a prendersi la briga di andare dalla sua amica a perorare la causa di Malfoy, e a rassicurarla sulla buona condotta. Nemmeno se fosse risorto Voldemort in persona, Ronald Weasley avrebbe difeso Draco Malfoy! Era contro natura, per le mutande di Merlino:

"Che se la cavi da solo, quel grinzafico scolorito! E se Hermione non vorrà ascoltare le sue dichiarazioni d'innocenza, beh... non gli farà certo male penare un po', prima che Harry risolva  la situazione!"

All'oscuro di queste circostanze quindi, Draco continuò ad indugiare fiducioso, con la pioggia che si era fatta intensa, tanto da penetrare insolente fra le pieghe della sua camicia...
E finì che si inzuppò come un plimpi d'acqua dolce, in attesa di vedere Hermione Granger sbucare dalla porta come tutti gli altri dipendenti del Ministero.

 
***


Londra, centro città.

Come diamine era possibile che mezz'ora prima ci fosse il sole splendente? Hermione sbuffò, irritata da quel temporale improvviso. Se ne meravigliava ogni santa volta pure se, in fondo, sapeva che c'era poco da fare: non era un caso infatti, che il clima instabile dell'Inghilterra fosse famoso in tutto il mondo!

La strega allora aprì l'ombrello, stringendolo saldamente nella mano destra, e mentre percorreva la strada più breve per arrivare al lavoro, prese a maledire ad intervalli regolari: il tempo ballerino, i tacchi alti che non le permettevano di correre, l'impossibilità di usare la magia di fronte ai babbani, Malfoy (lui c'entrava sempre), gli impegni, i capelli che chissà quale mostruosa forma avevano preso con l'umidità, e poi daccapo il tempo, i tacchi, ancora Malfoy, i capelli...


Ma chi era quel deficiente che se ne stava fermo sotto la pioggia davanti l'ingresso del Ministero? Pensò, interrompendo così la sequela di lamentele.
Mah... Forse era uno di quegli squilibrati che andavano in giro ad infastidire la gente, oppure era un povero disperato senza fissa dimora!

Hermione continuò a camminare evitando le pozzanghere che si erano già formate lungo il marciapiede, e quando si avvicinò di più, considerò che era quanto mai curioso che un morto di fame indossasse una giacca elegante!
Poi, forse a causa del rumore martellante dei suoi tacchi, quell'uomo si voltò di scatto, piantandole addosso due occhi grigi inconfondibili... ed Hermione s'immobilizzò sul posto, smettendo quasi di respirare.
No.
No.
No.
Fece un passo indietro, lentamente.

Con quale coraggio? Quale? Presentarsi lì... e... e sorridere! Sorridere, maledizione! Draco Malfoy la stava guardando con il sorriso più bello che lei avesse mai visto. Come se non fosse successo nulla. Per Merlino! Ma era scemo, o cosa?

Fece un altro impacciato passo indietro sotto la pioggia scrosciante, ed un guizzo di paura la travolse. Che ci faceva Malfoy lì? Cosa voleva da lei? Chiederle scusa forse? Oh no, non bastavano mica delle stupide scuse, per una cosa simile! Lei non era una di quelle che perdonavano ad oltranza, e si facevano massacrare di botte in nome dell'amore.
Quale amore, poi? Un uomo che alza le mani non è degno di essere chiamato tale.
E se lui avesse iniziato a perseguitarla? A pedinarla? A farle paura con le minacce? Ad aspettarla tutti i giorni fuori dal Ministero senza darle pace?

Fece ancora un altro passo indietro, tremando di collera e di timore insieme. Se non si fossero trovati in pieno centro e davanti a centinaia di babbani, lo avrebbe schiantato almeno una decina di volte in rapida successione senza pietà, fino a fargli mancare la forza di parlare.

Draco intanto, che ormai era fradicio fin dentro le ossa, aveva perso improvvisamente il sorriso: non si era aspettato di vedere quella reazione da parte di Hermione. Le aveva letto nello sguardo un'espressione talmente disgustata, che per poco si era sentito male. Ed il piacere di averla finalmente dinanzi dopo quella lunga attesa, lasciò rapidamente spazio all'incertezza:
"Hermione..."

La chiamò aggrottando le sopracciglia, con un tono mortificato, confuso, nella speranza di scuoterla dalla rigidità che l'aveva colta non appena si erano riconosciuti. Ma lei invece, prese un grosso respiro, lo guardò con l'espressione più altezzosa del suo repertorio... poi girò i tacchi e si allontanò in fretta, lasciandolo sotto la pioggia come il più cretino degli uomini.

"Hermione, aspetta!"
Draco provò ad andarle incontro, ma lei fu sorda ad ogni richiamo.
"Hermione! Hermione, per favore!"




Continua...



   
 
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