Ho perso qualcosa in un posto che, forse , col tempo dimenticherò.
La luna di quella notte è scomparsa portando via
gli ultimi sbuffi di
vento della prima- ultima sera in cui
Delay era riuscita a
respirare senza dover gridare.
Era comparsa davanti alla sua finestra
come un immenso punto
interrogativo rovesciato
e così voleva essere
ricordata per l’eternità.
Occhi insistenti, i suoi, occhi che la divoravano
e Delay
non poteva desiderare altro se non lasciarsi arrendere
alla sua incommensurabile
estraneità.
Voleva farne parte entrando in punta di
piedi, come solo
un amante sa fare.
Lui profumava di libri di cucina, lei di
decadenza.
E la sabbia volava, ed il vento le
scompigliava i capelli
in una matassa informe
davanti al viso, e Delay si
fidava, con passo malfermo
poggiava sulla mano di lui.
Confidando in Lui.
Il cielo ero scuro,
gli occhi di Delay ormai corrosi dal tempo
battevano lievi e chiedevano,
arrancando, affanno in polvere.
“Tre anni” ed erano morte nelle sue orecchie
le profetiche
parole di una vita che,
lei, non aveva mai vissuto.
Disperso nell’aria vagava un bacio,sapeva di sale e di
cocktail alcolico alla
fragola,Delay dal canto suo non si era
mai spinta oltre il Rum,
che, attonito aveva riempito le sue sere
e notti in spiaggia.
E c’erano le scale, e c’era una casa, e c’era
un letto semi aperto
e una chiave nella sua
borsa.
Volavano i suoi pensieri verso un libro di
cucina,
sogni proibiti, libertà
violate.
Le avevano detto che
quando camminava sembrava
spargere sangue tutto
attorno, lanciava occhiate
fameliche e un pizzico di
cuore ad ogni solco
provocato dalla sua fame.
“Muori Delay,
non ci si tuffa in lei”
E forse aveva provato tempo addietro ad affogare
il tutto gettandosi dal
pontile di quel posto senza tempo
dove fuggiva di tanto in
tanto per gettare biglietti al mare.
E l’aveva avuto.
Delay, faceva finta di
dormire accanto alla persona
che poco fa aveva
desiderato, correndo e donando i suoi capelli al vento
e agli scogli un po’
bagnati, notti e notti prima.
Poggiava di schiena, un pezzo
di lei gli era rimasto
impigliato nel cuore. Non
avrebbe mai potuto disfarsene.
Aveva visto l’alba arrancando a fatica, il
trucco sfatto sotto gli occhi,
l’aria fredda del mare,
l’alba gelida la straziava implacabile.
Ed era potuta
andarsene, la strada di lì al mare.
Un amore impossibile, una fine iniziata.
Alcolica e decadente.
“Muori Delay, trovi rifugio in lei.”
Una chiave che gira, la porta a vetri pesante
poggia sui cardini
un tempo allestiti
dalla pioggia stessa.
Salsedine nella borsa, una bottiglia non
troppo piena dentro
al frigo abbandonato in
un angolo.
Una doccia scrosciante che quella sera Delay aveva riversato sul suo corpo.
Ed era morta Delay,
morta per sempre in quel briciolo
di sabbia che le aveva
corroso la pelle e l’estate.
Non c’è tempo, non abbiamo
clown a disposizione.
E le risate echeggiavano in lei, e le
chiamate, e il sangue
coagulato sull’alabastro
incideva l’alfabeto sulle sue
palpebre, Delay.
Quale era il suo scopo?
Tre anni.
Non c’era spazio per un clown.
* le frasi in corsivo sono
riprese dalla canzone Muori Delay dei Verdena.
Note : Lucretia, grazie di leggere ogni mia storia e ogni mio
grido,
arranco e affanno, muoio per
rinascere, se potessi, se ne avessi ancora
ti donerei una parte di
me ormai dissolta fra le onde di un tempo lontano.