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Autore: Napee    13/05/2019    1 recensioni
Il ragazzo si appoggiò pigramente con la schiena al muro, rilassando la sua posizione ed assumendo una posa ben poco elegante, ma nessuno osò fiatare a riguardo.
Vedeva milioni di volti semicelati sfilargli davanti senza davvero vederli, solo gli occhi restavano impressi. Quegli occhi che cadevano sempre sulla sua figura senza che lui lo volesse davvero.
Per un momento, si pentì di essersi presentato alla festa.
Gli accordi erano già stati presi senza il suo consenso, la sua presenza non era affatto richiesta, tuttavia gradita.
Presto gli si sarebbe parata davanti una giovane nobildonna, magari accompagnata dal padre, che avrebbe mostrato un fittizio interesse sulla sua vita sentimentale.
Sospirò frustrato di non avere l’opportunità di isolarsi da quel covo brulicante di serpi e potersi ritirare suonando la sua lira magari.
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elia Martell, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen, Robert Baratheon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Piccola precisazione: Questa fanfiction non tiene conto né della deludente ottava stagione, né di quello che narrano i libri. Ho preso degli  indizi, quel poco che era stato raccontato dei protagonisti da “Zio Giorgione” sia nei libri che nella serie tv, ma ho arrangiato la trama tralasciando alcune cose in favore di altre.

Buona lettura ^^



6.    Di amori sbocciati nel deserto e funeste premonizioni




Il caldo secco del deserto di Dorn torturava le loro membra stanche e affaticate. Solo la notte, con il suo tiepido abbraccio, donava un po’ di tregua e ristoro.
Era con il favore delle tenebre che Rhaegar osava allungare la sua mano e sfiorare quella della sua amata.
Sentire la sua pelle liscia che si disseminava di brividi con le sue carezze audaci, sentire il suo corpo fremente che si muoveva in sincronia perfetta con il suo, sentire il piacere di Lyanna crescere e vedere nei suoi occhi la luce della lussuria illuminarsi solo per lui.
Il cuore del principe non era mai stato più felice e gioioso.
La Lupa, la sua amata dama dal vestito blu che non sapeva ballare, l’unica donna che aveva rubato il suo cuore, lo amava esattamente come lui amava lei.
Non c’era un modo semplice per spiegarselo. La sensazione che provava non pareva terrena.
Era come se un miracolo fosse appena avvenuto. Forse vittima di un sogno o una stregoneria, perché ad un misero uomo non può essere concessa tanta felicità senza chiedere niente in cambio.
La felicità che vedeva riflessa negli occhi della sua amata ogni giorno, la gioia che leggeva nei suoi sorrisi e la tenue  voce arrochita con cui chiamava il suo nome vittima del piacere più totalizzante.
E la mattina, quando il sole tornava a carezzare la pelle diafana della sua amata distesa al suo fianco, Rhaegar non riusciva ad immaginare panorama più sublime.
La curva morbida del fianco, i capelli color cioccolato schiariti dal sole caldo, le labbra rosee con il quale lo salutava ogni giorno e quegli occhi splendidi che parevano forgiati dal ghiaccio.
Non credeva di poter essere più felice di così. Finalmente aveva tutto quello che aveva da sempre sognato.
Finalmente la sua amata trascorreva al suo fianco ogni giorno e anche quello seguente ancora.
E, quando Lyanna gli confessò di attendere suo figlio, Rhaegar a stento riuscì a credere alle sue parole.
Il suo cuore aumentò i battiti forsennatamente. Le orecchie presero a fischiargli forte e gli occhi gli si riempirono di lacrime.
Davvero?
Davvero gli Dei avevano voluto graziarlo anche con quel dono?
Quanto mai poteva ancora essere felice e completo?
Le gambe non lo ressero oltre e cadde in ginocchio dinanzi alla sua amata.
Le strinse i fianchi nudi e avvicinò il  ventre di lei a sé per poter baciare quella vita appena sbocciata dall’amore più bello che avesse mai sfiorato il principe.
Lo vide crescere velocemente, Rhaegar. Lyanna era snella e asciutta, lo era sempre stata fin dalla prima volta che l’aveva svestita con una cura e una premura pressoché reverenziale.
Quel piccolo accenno di rotondità si era affacciato fin dai primi mesi, con la tenera arroganza di un bimbo che si vuol far notare subito.
E non passava giorno o notte che la mano del principe non corresse a carezzare quel figlio frutto d’amore.
Non passava dì che le sue labbra non baciassero l’addome di Lyanna o che la sua voce non intonasse dolci parole di trepidante attesa per l’arrivo di suo figlio.
Immaginavano spesso il suo viso. Talvolta con gli occhi grigi di lei, talvolta con le labbra sottili di lui.
Il temperamento ed il carattere burrascoso lo aveva preso dalla Lupa. Già lo sapevano grazie ai piccoli, ma ben assestati, calcetti che il piccolo elargiva con generosità.
Fu per via di uno un po’ più forte che Lyanna si svegliò nel cuore della notte.
Il sudore attaccato al corpo come una seconda pelle fatta di nervosismo e paura.
Strinse a sé la coperta leggera e carezzò il ventre tondeggiante intonando ninna nanna piano a labbra socchiuse.
Lo sguardo vispo e allerta correva da una parte all’altra della stanza, guizzando svelto ad ogni sospiro assonnato che il suo amato faceva.
Cercò di tirare indietro i capelli appiccicati al collo, cercò conforto nel silenzio della notte, ma il suo cuore martellava impetuoso per lo scherzo onirico a cui la sua mente l’aveva sottoposta.

Pioveva.
L’acqua scrosciava dal cielo come le lacrime di una vedova. La fanghiglia si riversava in quel che fu un fiumiciattolo sull’orlo di estinguersi.
L’incedere funesto dei pesanti stivali cozzava con il terreno sdrucciolevole producendo un rumore umido e osceno.
I cavalieri faticavano a tenere il passo.
I corpi affaticati si trascinavano per la via. Passo dopo passo, esausti respiravano gli ultimi momenti di quella vita terrena.
I loro visi trasudavano rassegnazione, ma ostinati, seguivano il cavaliere nero che apriva loro il cammino. Corna di cervo dorate agghindavano l’armatura scura schizzata di sangue.
L’uomo, grande e possente, indossava una maschera di dolore e rabbia. Lampi rossi come il sangue dardeggiavano nei suoi occhi feriti.
Inspirava rabbia ed espirava dolore.
Dall’altra sponda del fiume, un piccolo contingente già l’attendeva.
Il condottiero si ergeva sulle gambe snelle sfidando l’avversario con la sua lunga lancia.
I suoi occhi sereni raccontavano di una rassegnazione consapevole. Il suo destino era stato deciso e lui era pronto ad accettarlo con coraggio e fierezza.
Uno scontro sul fiumiciattolo imperversava.
Il fragore delle spade contro gli scudi riempiva la radura insieme ai rombanti tuoni che scuotevano il petto e stringevano il cuore.
Un martello, possente e funesto, si agitava e si accaniva sui nemici come la falce della Morte.
Mieteva vittime, il cavaliere nero, e piangeva lacrime di sangue con viso sofferente.
Abbatteva i nemici, frantumava le loro armature come fossero fatte di carta e il rumore sordo delle ossa che si spezzavano riempiva la radura silenziosa.
Le grida dei feriti imploravano una pietà che mai gli sarebbe stata concessa.
Il cavaliere nero si scagliò sull’ultimo nemico.
Il martello nero si levò per fracassare l’ultima armatura e la pioggia divenne sangue.
Rubini scarlatti piovvero dal cielo mentre il grido di vittoria del cervo assumeva le sfumature di un lamento di dolore.

Lyanna si trascinava stancamente giorno dopo giorno. Con il sole alto e la calura le era impossibile riposare di giorno, mentre di notte gli incubi sul cavaliere nero tornavano a tormentarla.
Rhaegar le stava accanto, fornendole tutto l’aiuto di cui la sua amata avesse bisogno.
Ma il suo viso sfioriva per la stanchezza giorno dopo giorno e lui iniziava a sentire l’inutilità del suo ruolo come mero spettatore.
La sera stava calando lentamente, tingendo il cielo con sfumature blu e viola.
Rhaegar salutò la sua amata con un lungo e tenero bacio prima di avviarsi verso la porta della camera da letto.
“Dove vai?” Chiese lei apprensiva stringendo la coperta fra le mani.
La sua voce non nascondeva la paura e il nervosismo che l’assenza dell’amato le provocava.
“Un maestro mi attende. Ho intenzione di chiedergli un infuso per farti riposare meglio.”
“Non ne ho bisogno!” Ribatté lei subito guardandosi intorno spaventata.
Rhaegar le fu subito al fianco e le carezzò dolcemente la guancia pallida segnata dalle profonde occhiaie.
“Tornerò prima che il sole sia tramontato del tutto, amore mio.” Le sorrise rassicurandola. Unirono frettolosamente le labbra in un saluto fugace e infine Rhaegar si congedò.
Uscì dalla Torre della Gioia con passo svelto. Non aveva intenzione di far attendere la sua amata un secondo di più di quanto gli aveva promesso.
Camminò a lungo, raggiungendo il limitare di un villaggio scarno e affamato.
Aveva sentito voci riguardanti un grande e abile Maestro specializzato in infusi e pozioni.
Si diceva che molti potenti avessero provato ad avvalersi dei suoi servigi corrompendolo o minacciandolo, ma lui si era sempre rifiutato di servire chiunque avesse già servitori in grado di soddisfarli.
Aiutava i meno fortunati, al contrario. Regalava loro l’aiuto di cui avevano bisogno e alleviava le sofferenze di quella vita mortale fatta di fatiche.
Raggiunse una capanna fatiscente, isolata dalle altre.
Accostò l’orecchio, ma non udì alcun suono provenire dall’interno.
Decise di tentare comunque e non appena alzò la mano per bussare, una voce tremolante e roca lo redarguì.
“Non servo principi!” Brontolò un vecchio alle sue spalle.
Rhaegar si voltò e lo trovò esattamente dietro di sé.
L’uomo era avvolto in una tunica vecchia e logora, celato da un cappuccio che oscurava le fattezze del suo viso.
Era molto più basso di lui e magro. La vecchiaia aveva appassito le sue membra facendolo ripiegare su sé stesso come un giunco e un bastone lo aiutava nei movimenti ormai faticosi.
Il principe si inginocchiò dinanzi allo sconosciuto e toccò il terreno con la fronte senza pensarci due volte.
“Non sono più un principe, non mi importa dei titoli o del potere. Sono qui come un uomo comune, a chiedere aiuto per la donna che amo.”
L’anziano tacque qualche istante. Rhaegar riusciva a sentire la pesantezza dei suoi occhi che lo giudicavano.
Dopotutto era un principe e lui non serviva alcun reale.
“Immagino che sia davvero grave se una donna forte come la Lupa ha bisogno d’aiuto.”
Rhaegar sgranò gli occhi ed alzò il capo per guardare in faccia il Maestro.
Come faceva a sapere di Lyanna?
“V-voi…” iniziò il principe, ma le sue parole morirono nell’esatto momento in cui incontrò gli occhi lattei del vecchio.
“Rhaegar, mio caro, abbiamo molto di cui parlare…” rispose enigmatico interrompendolo e facendogli segno con la mano di alzarsi.
Rhaegar ubbidì continuando a guardarlo con sospetto.
Chi era quell’uomo?
Come faceva a sapere che lui era un principe?
E di Lyanna? Non aveva mai detto il suo nome…
“Entra, qui anche i granelli di sabbia hanno occhi, orecchie e bocca per riferire.” Gli disse bonariamente avviandosi malfermo sulle gambe verso la soglia della sua capanna.
“Vorrai perdonare la mancanza di sontuosità, immagino che tua madre ed il sul gusto sopraffino ti abbiano abituato allo sfarzo più sfrenato.”Ironizzò su riuscendo a strappare un mezzo sorriso dalle labbra severe del principe.
Aprì la porta e fece segno a Rhaegar di entrare. Ancora non sapeva se poteva fidarsi di lui o meno.
Era un individuo decisamente sospetto, questo era innegabile.
Ma Lyanna necessitava di aiuto e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei. Anche fidarsi di un vecchio così strano.
Entrò nella capanna e si guardò intorno curioso.
Mille ampolle lo circondavano contenenti liquidi colorati e fumanti. L’odore non era dei migliori, predominava quello delle erbe mediche disposte sul tavolo sbilenco in legno, unico arredo di quello scarno luogo oltre ad un piccolo panchetto.
Attese di udire la porta chiudersi e infine Rhaegar si voltò a guardare il Maestro.
“Come sai di Lyanna?”
L’uomo fece un sorriso triste. Sospirò stancamente e andò a sedersi sul panchetto.
“I miei occhi vedono molto più di quanto sembri, principe Rhaegar.”
“Non sei cieco dunque.”
“Al contrario!” Rise sommessamente il vecchio, poi la sua risata si trasformò in un violento colpo di tosse.
“I miei occhi non vedono da ormai molto tempo, ma la mia mente è libera di viaggiare nello spazio e nel tempo.”
Rhaegar corrugò le sopracciglia confuso e, intimorito, fece un passo indietro.
“Oh non dovete temere di me!” Si affrettò ad aggiungere l’uomo.
“Guardatemi, con il minimo sforzo potreste uccidermi. Capite bene che non sono dunque una minaccia.”
Rhaegar soppesò le sue parole trovandole indubbiamente corrette.
L’uomo non era una minaccia fisicamente, ma le sue parole lo avevano comunque messo in allarme.
Potevano trattarsi dei deliri di un vecchio malato, ma se così non fosse stato?
Come poteva aver visto Lyanna se i suoi occhi erano ormai vitree palle vuote?
“Non pratico arti oscure o magia nera, se è quello che state pensando.” Aggiunse all’improvviso il vecchio dopo diversi secondi di silenzio.
“Come posso fidarmi di te?” Chiese allora Rhaegar, guardandosi intorno con sospetto, come se attendesse un’imboscata imminente.
“Dovrete avere fede, immagino.” Rispose semplicemente alzando le spalle con noncuranza.
“Necessito di una pozione per dormire.” Espose Rhaegar, quasi ordinandolo.
Il tratto del principe autoritario che odiava tanto, stava uscendo fuori in quel momento.
“Sono io che ho fatto avere quei sogni a Lyanna.”
“Cosa? Come?” Trasalì il principe sgranando gli occhi.
La mano corse lesta all’elsa della spada. Ora più che mai temeva un’imboscata che avrebbe raso al suolo quella fatiscente capanna.
“Avevo bisogno che tu venissi qui a parlare con me e ho pensato bene di mostrare alla Lupa un pezzo del futuro che vi attende.” Spiegò semplicemente il Maestro, sorridendogli sereno senza vederlo davvero. Una ragnatela di rughe si dipinse sulla pelle bronzea del suo viso.
“Ha degli incubi terribili…”
“Perché terribile è il futuro che vi attende.”
“Come possiamo cambiarlo?” Chiese il principe di getto, avanzando verso il Maestro con il cuore in gola palpitante.
“Non potete, il futuro è già scritto per tutti noi.” Rispose severo, sbattendo la punta del bastone a terra come fosse un monito.
“Ma sciagure ben peggiori della morte ci attendono e soltanto il frutto del ghiaccio e del fuoco potrà impedire l’estinzione dell’umanità.” Aggiunse infine, il Maestro, stringendo il bastone con più forza fino a sbiancarsi le nocche. La nodosità del legno si confondeva con le rughe che costellavano le braccia del vecchio.
“Cosa intendi…”
“Hai mai sentito parlare di Azor Ahai?”

  
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