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Autore: SaraGleek    15/05/2019    0 recensioni
Questa è la storia di Keyley, una ragazza non molto diversa da tante altre e di Garret, un caso perso, un ragazzo a cui la vita ha girato le spalle.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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3_Secondo Round.



Domenica “mattina”

Keyley si era appena svegliata con un terribile mal di testa e dopo qualche minuto di confusione totale, cominciò a ricordare i particolari della sera prima, c’erano mani che si sfioravano, bicchieri, una panchina e poi delle labbra morbide posate sulla sua guancia e quegli occhi grigi.
E ogni frammento che ricordava portava la sua mente a quel nome. Garrett.
Lo stesso ragazzo che qualche giorno prima aveva incontrato sull’autobus e che, in qualche strano modo, gli aveva fatto ricordare cosa significasse vivere.
Era ancora stesa nel letto ad occhi chiusi per cercare di recuperare le forze quando il suo Golden Retriever di quattro anni gli piombò addosso facendo uscire dalla sua gola un gridolino strozzato mentre i suoi occhi si spalancavano nello sforzo di spostare quel bestione.
“A cuccia Boris! Su da bravo, scendi!”
Avere quaranta chili sullo stomaco diciamo che non è l’ideale per evitare la nausea post-sbronza.
Per tutta risposta Keyley ricevette solo una “slinguazzata” in faccia, così fu costretta ad uscire dalle coperte e mettersi in piedi per tirare giù di peso il suo cane che ormai si era comodamente sdraiato al suo posto.
“Ohhh e va bene fa come vuoi tanto con te non si ragiona!”
Indignata prese i suoi vestiti e si chiuse in bagno e quello era decisamente un brutto segno perché poteva significare solo un lungo bagno rilassante con tanto di maschera all’argilla.
Il bagno caldo era l’unica cosa che riusciva a calmarla e la domenica mattina ci voleva decisamente.
 
Quando uscì dal bagno  si diresse in cucina per addentare qualcosa al volo e si accorse che la casa era vuota e che erano già le 12:40.
Perciò gli rimaneva solo un’oretta scarsa per uscire e farsi un giro prima che la sua casa fosse invasa da tutti i parenti, come ogni domenica che si rispetti.
Prese il guinzaglio del cane e scrisse su un post-it giallo “Sono fuori con Boris!” , giusto per non farsi chiamare venti volte al cellulare dalla madre.
Arrivò al parco e si sedette nel prato verde all’ombra di una quercia, slegò il cane per lasciarlo correre, ma Boris era l’animale più pigro del pianeta, proprio come la sua padrona così, dopo aver fatto un giro dell’albero, si accasciò difronte a Keyley guardandola con un sopracciglio alzato e uno sguardo che sembrava parlare.
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Mentre Keyley chiudeva la porta di casa sua per portare Boris al parco..
12.40.

E’ la prima domenica che passo in questo paesino, del quale ricordo a malapena il nome.
E questa cosa del diario segreto la trovo abbastanza ridicola ma lo psicologo mi ha detto che sarebbe tutto più facile se scrivessi tutti i giorni o perlomeno quando mi va perciò...eccomi qui.. per la seconda volta.
Quello strizzacervelli dice che è normale che dopo la morte di mia madre e mia sorella (Dio quanto odio scriverlo) io sia un po’ cambiato.
Sinceramente non mi interessa quello che dice quel tizio.. so solo che se mio padre pensa di risolvere la cosa mandandomi qui, da solo, si sbaglia di grosso.
Dice che occuparmi di una casa e rendermi conto di cosa significhi sudarsi i soldi mi farà bene, l’unica cosa che riesco a pensare in questo momento è che ho solo 19 anni e vivo da solo in un posto che non conosco, con una vita che non mi si addice, in una scuola di sfigati.
E’ domenica mattina non ho fatto spesa e nel frigo non c’è niente. Non so nemmeno se in questo sputo di posto esista un McDonald’s. Che palle. Non mi importa nemmeno di mangiare ora che ci penso…
L’unica cosa che mi interessa adesso, è rivederla.
 
Garret uscì di corsa dall’appartamento, sbattendo la porta, come se qualcuno potesse sentirlo e chiedergli “che succede?”.
Come se qualcuno potesse notare il suo malumore e consolarlo. Il problema è che quel qualcuno, sua madre, non c’era più.
Uno stupido incidente stradale se l’era portata via insieme a sua sorella e ora non c’era più nessuno a capirlo. Era solo.
Non aveva mai avuto un bel rapporto con suo padre, a dirla tutta si erano sempre odiati, si sopportavano a malapena e la catastrofe non aveva fatto altro che dividerli ancora di più.
 
Raggiunse un bar, si sedette al bancone e cominciò a ordinare da bere, un drink, due , tre.
Si ritrovò a riempire lo stomaco di alcool invece che di cibo e troppo tardi si rese conto che forse aveva esagerato un po’.
Pagò da bere e si diresse barcollando fuori dal bar, si sentiva un ubriacone pazzo, di quelli che dormono sotto i ponti…
Raggiunse l’entrata di un parco che sembrava un miraggio lontano e ci mise circa dieci minuti per arrivare a  quel cancello seppure non fosse molto distante.
Quello che non sapeva però è che mentre lui entrava, qualche metro più in la, in un altro cancello Keyley stava uscendo.
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Keyley e Garret passarono tutta la settimana a cercare di incontrarsi, a pensare dove avrebbero potuto incontrare l’altro e così facendo si evitarono per tutta la durata di quei sei lunghissimi giorni che sembravano non finire più.
Garret aveva ormai cominciato a pensare che Keyley lo stesse evitando volutamente.
Entrambi, però, non vedevano l’ora che arrivasse sabato perché quel “magari qualche volta ricapiti per il locale…” suonava a entrambi come una sorta di appuntamento velato, e speravano di vedersi.
 
Sabato pomeriggio. 17:30.

“Keyley stasera non prendere impegni stiamo a cena con zia Viola.”
Sentire quelle parole fecero crollare il mondo di Keyley tutto sulle sue spalle.
Aveva aspettato quella sera per sei lunghissimi, snervanti giorni e ora non poteva rivederlo?
Perché doveva sempre andare tutto male? Perché non poteva almeno per una sera, almeno per dieci minuti essere spensierata e..felice?
Aveva provato in tutti i modi a dire di no a sua madre ma quando si mette in testa una cosa non c’è verso di fargliela togliere.
Poi magari poteva essere che Garret quella sera non lavorasse o che magari non gli importasse niente di lei o addirittura che noni ricordasse il suo nome; Keyley cercava di nascondersi dietro ragionamenti negativi che , come sempre, non facevano che aumentare la sua tristezza.
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Sabato sera.

Garret era a lavoro, come tutti i giorni, solo che questa volta aveva speso un po’ più tempo nel prepararsi per uscire di casa, sperava di rivederla.
Aveva passato tutta la serata a cercarla tra la folla, ad allungare il collo per scorgere la sua chioma castana o i suoi occhioni da cerbiatto
Non appena vedeva qualche sua amica la seguiva con lo sguardo finché non si convinse che lei non sarebbe venuta, che molto probabilmente si era scordata di quello stupido ragazzo che una settimana prima la aveva riaccompagnata a casa.
-Quando sono diventato un inguaribile romantico?-
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Lunedì mattina.

Keyley scese le scale di casa sua, uscì dal portone e si appoggiò al solito muretto dove ogni mattina aspettava l’auto, accese il suo i-pod e selezionò una canzone a caso.
Quando la voce di Katy Perry sulle note di Teenage dream cominciarono ad uscire dalle cuffiette, spense la musica con rabbia e mentre arrotolava distrattamente il filo delle cuffiette arrivò il suo auto.
Come ogni mattina l’auto era pieno zeppo, c’era quella vecchietta che parlava all’autista seppure il cartello “non parlare al conducente” fosse appeso ovunque, c’era il solito impiegato in giacca e cravatta seduto poco più giù, c’erano ragazzini delle medie ovunque che indossavano i loro zaini colorati e urlavano con un volume tale da infastidire anche un santo.
Keyley si chiese dove quei ragazzini prendessero tutta quell’energia di lunedì mattina mentre lei sembrava uno zombie nella sua fase di astinenza da cervelli umani!
Ok il paragone non era granché, ma la ragazza non era seriamente in grado di ragionare decentemente  senza almeno prima aver dormito come si deve, e ultimamente non riusciva a chiudere occhio.
Ogni volta che provava ad addormentarsi due iridi grigie apparivano nella sua mente, come un fulmine, e la facevano distrarre.
Fu proprio in quel momento che si accorse di qualcuno che prima, nella confusione, non aveva notato;  in fondo al pullman c’era Lui.
La stava fissando e aveva uno sguardo...triste?! Poi il ragazzo distolse lo sguardo e cominciò a scrutare un punto indefinito fuori dal finestrino.
Keyley prese coraggio, e si incamminò verso il fondo dell’auto.
“E’ libero questo posto?” chiese la ragazza a Garret.
Il biondo si girò e con noncuranza annuì, sembrava quasi offeso. –Possibile?-
“Ehi, Garret….”
Si girò e la fissò dritto negli occhi.. “Si?”
“Volevo, ecco io, volevo ancora ringraziarti per l’altra sera, n-non so cosa avrei combinato se non ci fossi stato tu. E non ricordo granché ma scusa se ho detto qualcosa di sbagliato.”
“Non ti preoccupare, va tutto bene.”
Lo sguardo severo di Garret sembrò addolcirsi per un attimo, poi tornò a fare l’indifferente.
Quel ragazzo era davvero un mistero, una sera faceva tutto il sicuro e il simpatico e qualche giorno dopo si comportava in modo freddo e distaccato.
“E così sei nuovo di qui…” Era un pessimo modo per attaccare bottone ma Keyley voleva solo parlare un po’ e quello sembrava un buon argomento.
“Già. …Scusa, ma non ho molta voglia di parlare oggi..”
“Oh..ok”
Passarono il resto del viaggio per arrivare a scuola in silenzio mentre Keyley si chiedeva cosa fosse successo a Garrett, e il ragazzo si malediceva da solo per essere stato così stupido e per essersi comportato come un bambino viziato, forse suo padre aveva ragione quando diceva che doveva crescere.
 
9:40

Inutile dire che Keyley quella mattina non entrò a scuola, si buttò a peso morto sulla solita panchina sul retro della scuola, cuffiette nelle orecchie e tante tante lacrime che scendevano sulle sue guance.
Si odiava, come aveva fatto ad illudersi anche solo per qualche giorno che a Garret-sonoilpiùfigo-Wood importasse di lei?
Ecco perché aveva imparato a non affezionarsi a niente e nessuno, per non rimanere delusa.
C’era però qualcosa in quegli occhi che l’aveva stregata, qualcosa a cui non voleva rinunciare.
 
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Stessa ora.

Garrett vagava per le strade del quartiere domandandosi come poteva essere stato così stupido con lei, quella ragazza era come una calamita e questo lo faceva sentire debole.
Lui non poteva permettersi di abbassare la guardia un’altra volta, non poteva soffrire ancora.
Stava tirando dei calci ad un sassolino quando un rumore familiare colpì la sua attenzione.
Qualcuno piangeva, si voltò e la vide. Lei.
Aveva gli occhi chiusi, e come quella volta che si erano conosciuti, era seduta rannicchiata sulla panchina, con la musica nelle orecchie mentre singhiozzava in silenzio e le lacrime rigavano quel suo viso perfetto
-Dio… perché piange, non deve, non….-
Garret non voleva mostrarsi debole ma le sue gambe si muovevano involontariamente e la sua mano si avvicinò da sola al corpo di Keyley, proprio come la prima volta, cominciò piano ad accarezzare i suoi capelli.
Lei si irrigidì subito, scansò la mano con uno schiaffo e alzò i suoi occhi pieni di rabbia incrociando quelli grigi del biondo.
“Vai via” Keyley ringhiò quasi, il pianto la stava logorando, e Garret poteva vedere un po’ di se stesso nel dolore di quella ragazza.
“Ti-ti va di parlare?” intanto lui si sedeva sulla stessa panchina, lontano ma non così tanto, poteva sentire il suo odore portato dal vento.
“Ma che cazzo vuoi Garret?! Prima mi rispondi di merda e poi vuoi parlare?? Praticamente nemmeno ci conosciamo, potresti essere un serial killer per quanto ne so, e dovrei parlare con TE?” Keyley era furiosa.
“Io-io mi dispiace, Keyley, non-non volevo.. Ma se può consolarti non sono né un assassino né un pazzo criminale” Garret odiava balbettare, lo faceva sentire un idiota insicuro e lui non lo era, non poteva permettersi di esserlo.
“Ma vaffanculo” lei raccattò tutte le sue cose e fece per alzarsi ma una mano forte strinse decisa il suo polso. Gli occhi ambrati di Keyley si posarono su quelle dita affusolate avvolte attorno al suo braccio e alzò lo sguardo incrociando quello di Garret che sembrava quasi supplicarla, argento ed oro delle loro iridi che si mescolavano: “Non andare…”
“E perché non dovrei?” le lacrime si erano fermate e i suoi occhi erano diventati ora di un verde intenso che non sfuggì al ragazzo.
“Perché posso provare ad ascoltarti.”
La ragazza non disse niente ma si rigirò e si sedette di nuovo.
“No, sai cosa? non ho intenzione di parlare con te, ma sono venuta prima io qui e se qualcuno se andrà quel qualcuno sei tu.”
“E se non lo facessi?” rispose Garret  sfidandola.
Di nuovo Keyley non rispose, strinse le gambe al petto e si mise a fissare il prato davanti a lei.
Garret la osservò per un po’, poi capì che non avrebbe aperto bocca, perciò cominciò lui a parlare sperando almeno di catturare la sua attenzione:
“Sai..sono venuto qui da un mese, e non so perché tu stavi.. piangendo, ma posso dirti che non è facile neanche per me la vita.
Mio padre mi ha mandato qui principalmente perché ci odiamo, e spera che facendomi vivere da solo io impari ad essere un adulto responsabile, quando l’unica cosa che sta ottenendo è che sto letteralmente impazzendo perché, diamine… sto in un posto che non conosco, vivo da solo, lavoro in un sudicio pub e tutte le persone che prima chiamavo amici sono a più di 300 chilometri di distanza e non si sono praticamente neanche accorti della mia assenza.
Mia madre e mia sorella sono morte in un incidente stradale e..Dio… non so nemmeno perché te lo sto dicendo, ma tu sei l’unica persona con la quale sto parlando da circa un mese, se escludo il mio datore di lavoro, e ho bisogno di dirlo a qualcuno...
Io-io non so molto di te ma so che qualsiasi cosa succeda nella vita, non dobbiamo MAI lasciarci cadere, non dobbiamo far vedere agli altri che siamo deboli , perchè sono tutti pronti a mettercelo al culo quando meno te l’aspetti.
Anche se capisco che certe volte tutto fa schifo e l’unica cosa che vorresti è scappare o urlare come una pazza anche io certe volte vorrei solo qualcuno che mi chieda come sto…”
“e tu cosa risponderesti, Garrett?”
“Che mi sento come una mela tagliata a metà.”
A quella risposta Keyley non riuscì a replicare, sembrava esattamente la cosa giusta da dire, anche per lei.
 Si girò verso il ragazzo, lo afferrò per una mano e dopo aver accennato un mezzo sorriso si alzò in piedi e lo tirò a se.
Garrett si irrigidì in un primo momento ma poi sentì le braccia di lei strette intorno al suo collo e si rilassò nell’abbraccio unendo le mani dietro la sua schiena.
Non sapevano quanto tempo rimasero stretti l’uno all’altro, corpo contro corpo, ma il silenzio fu interrotto da Keyley:
“Scusa se ti ho mandato a quel paese…E’ che ultimamente sono un po’ lunatica”
“Avevi le tue buone ragioni immagino” Garrett la guardò intensamente negli occhi e poi sfoderò uno dei suoi sorrisi mozzafiato. “Adesso che ne dici di andare a fare colazione Key?”
“O-ok” faceva strano sentirsi chiamare Key. Era un soprannome che aveva sempre odiato invece sentirlo uscire dalle sue labbra con quella voce calda e profonda faceva tutto un altro effetto, sentiva quasi di essergli più legata.
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Più tardi. Al bar.

“Cosa vuoi ordinare? Vado a prendere io così intanto non ci fregano il posto!”
“Mmmmmh… Cappuccino con tanta schiuma e una ciambella fritta” Gli occhi di Key ridevano e il ragazzo sorrise alla sua vista.
“Mi piaci…non sei una di quelle ragazze con la puzza sotto il naso che non mangiano per fare bella figura! Vado subito a prendere la tua dose di felicità!”
Nella testa della ragazza rimbombavano quelle due parole come se le avesse urlate –mi piaci- ok. ora posso morire in pace!-
Key arrossì e poi sorrise a Garret che era già sparito tra la folla che faceva la fila nel bar.
 
Il biondo tornò circa cinque minuti dopo con due cappuccini (di cui uno era stracolmo di schiuma), una ciambella e una crostatina alla cioccolata per lui.
Mangiarono tranquilli, e il sorriso di Key era tornato, chiacchierarono del più e del meno e non si accorsero subito che si era fatto ormai abbastanza tardi.
“Oh mio Dio! Ma è mezzogiorno?!?! Garret scusa ma devo assolutamente andare a casa…”
 “Vengo con te allora… non mi va che tu vada da sola”
“Ok, ma non ti preoccupare, sono abituata ad andare in giro da sola.”
“Lo faccio perché voglio, non perché devo…”
Senza aggiungere altre parole inutili si incamminarono vicini, le spalle allineate e le mani che ogni tanto si sfioravano.
Il viaggio fu silenzioso, ma non imbarazzante, stranamente era quel tipo di silenzio che c’è tra due amici di vecchia data che non hanno bisogno di parlare, anche se in realtà  l’uno dell’altra sapevano ben poco.
Arrivati sotto al palazzo si salutarono, guardandosi dritti negli occhi e questa volta fu Key a lasciare un bacio sulla guancia di Garret.
Il portone stava per chiudersi alle sue spalle ma Garret fece uno scatto e lo bloccò:
“Aspetta!”
Lei si girò sorpresa e fece uno sguardo interrogativo.
“Mi lasci il tuo numero? Così magari possiamo parlare qualche volta, se ti va.” Era strano vedere Garret imbarazzato e con le guance arrossate mentre chiedeva speranzoso a Keyley
Key non ci pensò un secondo prima di dire le dieci cifre. Era quello che stava aspettando!
 
Non ci furono messaggi quella sera, non perché non volessero o non ci avessero pensato, ma ogni volta che uno dei due scriveva il testo poi non riusciva a premere invio, ma comunque tutti e due sentivano che anche l’altro stava pensando a quella meravigliosa giornata trascorsa.
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Rieccomi qui a scrivere su questo..diario?!
Oggi è probabilmente stato il giorno più bello da quando..insomma da quando... oh non c’è bisogno che io dica niente in fondo tu non esisti e io so quello che intendo perciò.. Dio, sto davvero parlando con un quaderno?
Insomma oggi sono stato bene come non mi succedeva da un bel po’.
Non è successo niente di particolare, cioè in realtà si perché solo la sua presenza è qualcosa di particolare, ma è stata solo una passeggiata… niente di serio.
Però lei ha qualcosa che mi fa sentire bene. E voglio che anche lei stia bene.
E’ stato bello farle tornare il sorriso.
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Era tanto che non aggiornavo ma.. non vi lascerò senza una fine <3 !
Oh e...non potevo non menzionare almeno una volta Teenage dream di Katy Perry …ha un significato importante per me
-Sara-
   
 
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