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Autore: MonicaX1974    17/05/2019    0 recensioni
Harry e Chloe.
Lui deluso dalla vita, lei con un immenso dolore nel cuore.
Lui pensa solo a divertirsi, lei cerca di ritrovare la speranza.
In un susseguirsi continuo di ammissioni e negazioni, rivelazioni e trascorsi burrascosi, Harry e Chloe riusciranno a trovare un modo per trovare il loro nuovo inizio?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Dylan è in piedi, accanto alla finestra, chiuso nel suo silenzio da quando è entrato nell'appartamento. Harry si sta legando i capelli mentre gli si avvicina, e io mi sento decisamente di troppo, ma c'è qualcosa che mi spinge a restare, e non solo per le parole che ha pronunciato Harry – non volevo che lo scoprissi così – ma anche per come insiste a guardarmi, come se continuasse a chiedermi scusa solo con lo sguardo.

È per questo che non sono ancora andata via, che resto in attesa di qualcosa che possa darmi delle risposte.

«Dylan...» Harry pronuncia il nome del suo amico a bassa voce, come se avesse paura di qualche sua reazione, ma lui non si muove.

Non mi ha salutato quando è entrato, ma credo che non si sia nemmeno accorto della mia presenza, perché il suo sguardo continua a restare perso nel vuoto.

«Dylan...» Harry lo richiama, ma lui sembra essere da un'altra parte.

Vorrei solo sapere cosa sta succedendo, vorrei sapere il motivo per cui Harry ha detto quello che ha detto, perché Dylan è così disperato, e perché io ne sono in qualche modo coinvolta, dato che senza ombra di dubbio è così, o non saprei come spiegare la preoccupazione di Harry nei miei confronti.

«Tutta la mia vita è stata una bugia, Harry». La voce di Dylan è tremolante e bassa, quasi come se avesse paura di dire ad alta voce quello che è successo. «Tutta la mia cazzo di vita è stata una cazzo di bugia!» Ripete con un tono più duro e sarcastico, tanto da farmi percepire il suo stato d'animo, come se lo conoscessi da sempre.

«Dylan...»

«E smettila di usare quel cazzo di nome!» Il suo amico si volta di scatto guardando Harry come se volesse fulminarlo con lo sguardo.

Ha gli occhi iniettati di sangue, arrossati, forse ha anche pianto, o forse è arrabbiato con il mondo intero, ma Harry non reagisce, restando tranquillo.

«Ascolta... perché non ne parliamo con calma?» gli domanda Harry, usando un tono pacato, lo stesso tono che usa con me quando ho un attacco di panico.

«Con calma? Harry come posso restare calmo quando mia madre mi ha mentito per tutta la vita?» Dylan tiene i pugni serrati e guarda il suo amico con una tale cattiveria da farmi sentire un brivido poco piacevole percorrermi la schiena.

«Su cosa ti ha mentito?» gli chiede, senza distogliere lo sguardo da lui.

«Su chi sono veramente...» Aggrotto le sopracciglia mentre la confusione non fa che aumentare. «Thomas Evans non è mai esistito, non è mai morto in quel dannato incendio e...» Che sta dicendo? Io non ci capisco niente, poi resto ancora più sorpresa quando seguo lo sguardo di Dylan, che sta guardando Harry con una strana espressione sul viso, come se stesse cercando di capirci qualcosa anche lui.

Harry ha chiuso gli occhi mentre il suo amico parlava, e sono quasi certa che stia trattenendo il respiro. «Aspetta un attimo...» dice Dylan, avvicinandosi minacciosamente ad Harry «tu lo sapevi?»

«Dylan...»

«Ti ho detto che non voglio sentire più quel cazzo di nome!» Gli urla praticamente in faccia mentre Harry continua a restare impassibile. «Mi fidavo di te, Harry, sei la prima persona da cui sono corso dopo aver scoperto che mia madre mi ha mentito su tutto, e tu lo sapevi!?»

«Non spettava a me dirtelo, e so che sei arrabbiato...»

«Arrabbiato?» Dylan ride sarcastico allargando le braccia. «Io non so nemmeno più chi sono, Harry...» La sua voce si abbassa, quasi con rassegnazione.

Le sue spalle si abbassano come se venissero schiacciate da un peso e io, istintivamente, senza nemmeno pensarci, faccio un passo nella sua direzione senza un reale motivo. A quel punto Dylan alza lo sguardo, probabilmente attirato dal mio movimento, e sembra accorgersi solo in quel momento della mia presenza. Anche lui cammina verso di me.

«Chloe... mi dispiace così tanto...» Mi guarda con rimpianto, poi mi abbraccia forte, ma sono così confusa che resto rigida come una statua tra le sue braccia.

«Per cosa ti dispiace?» gli domando, cercando di capirci qualcosa, ma subito interviene Harry.

«Lasciala fuori!» dice a Dylan, con un tono molto più brusco rispetto a poco fa.

Mi lascia andare lentamente, poi si volta verso Harry e lo guarda con l'aria seria. «Lei non sa niente?» gli chiede con voce piatta.

«Sapere cosa?» Torno a chiedere con più insistenza, perché ora è assolutamente chiaro che io c'entri qualcosa in tutta questa situazione.

«Chloe il tuo...» La voce di Dylan, però, viene interrotta un'altra volta bruscamente da Harry.

«Dylan ti ho detto di lasciarla fuori!» Stavolta ha alzato la voce e sembra quasi spaventato da quello che il suo amico stava per dire.

«E io ti ho chiesto di non usare più quel nome!» Dylan urla più forte come in una gara a chi fa la voce più grossa, mentre io sento crescere un enorme senso di angoscia ad ogni parola che i due ragazzi, di fronte a me, fanno uscire dalle loro labbra.

«Era tuo fratello, cazzo!» Le urla di Harry rimbombano in tutto l'appartamento.

Restiamo immobili per qualche secondo, presi alla sprovvista da quello sfogo improvviso. Quel senso di angoscia che provavo poco fa è sempre più opprimente. Nel momento in cui ho sentito Harry urlare quelle parole ho provato una fitta al cuore, un dolore a cui non so dare una risposta. 

«Già, e mia madre mi ha privato della possibilità di conoscerlo». Dylan si esprime con rabbia, ma quello che ha appena detto ha uno strano effetto su di me. Le mani mi tremano, il respiro accelera, e sento quell'angoscia arrivare in ogni parte del mio corpo. Continuo a chiedermi di cosa stanno parlando, cosa diavolo sta succedendo, ma so anche di avere paura delle risposte a queste domande.

«Che cosa... sta... succedendo?» riesco a chiedere con un filo di voce, interrompendo il silenzio.

«Chloe... devo parlarti di una cosa...» dice Harry, con un tono molto più calmo e dolce nei miei confronti.

«Già... forse dovresti...» afferma Dylan, voltandosi per poi iniziare a camminare verso la porta d'ingresso dell'appartamento.

Harry è più veloce di lui, lo raggiunge e lo trattiene per un braccio. «No, tu non te ne vai» dice rivolto al suo amico, poi si gira verso di me. «Dobbiamo parlare Chloe, ma prima devo farlo con lui». Mi fido di Harry, ma tutta questa situazione mi ha messo troppa agitazione addosso e vorrei non dover rimandare, ma Dylan non mi dà modo di replicare.

«E perché invece non lo facciamo tutti insieme? Tanto dobbiamo parlare della stessa cosa, no?» La sua voce è carica di rancore e risentimento, tanto che mi lascia incapace di ribattere.

«Dylan, per favore...» dice ancora Harry.

«Già... Dylan...» si libera con forza dalla presa della mano del suo amico e lo guarda con aria di sfida. «Vuoi parlare di Dylan?» gli domanda, arrivando ad un palmo dal suo naso.

«Ascolta... sei sconvolto, è meglio se usciamo a prendere una boccata d'aria» gli propone, ma stavolta sono io a non essere d'accordo.

«Nessuno va da nessuna parte finché non mi avrete spiegato cosa sta succedendo...» affermo decisa, passando il mio sguardo da uno all'altro, che mi fissano con attenzione.

Voglio sapere, ma allo stesso tempo sono spaventata da quanto sta accadendo davanti ai miei occhi. I due ragazzi continuano a discutere di cose che non riesco a comprendere, ma ci sono pezzi, qua e là, decisamente familiari, che mi portano a credere che io sia coinvolta nella loro discussione: non so in che modo o a quale titolo, ma sono sicura di essere parte di questa situazione.

«Vuoi cominciare tu?» dice Dylan rivolto a Harry, con un tono che di amichevole non ha proprio niente, ma Harry continua a tenere lo sguardo su di me, come a volermi rassicurare.

«Ascolta, Chloe, lasciami parlare con lui prima, poi parlerò anche con te...» mi dice abbassando la voce, tenendo i suoi occhi fissi nei miei.

«Harry, voglio solo sapere cosa succede» gli rispondo con lo stesso tono, per fargli capire quanto io abbia bisogno di conoscere il motivo di questa discussione.

«È complicato...» Lascia la frase in sospeso, ma al suo amico pare non piacere questa risposta, perché lo vedo agitarsi.

«Harry non c'è niente di complicato nel dire che...»

«Basta!» L'urlo di Harry mi paralizza e ammutolisce il suo amico, che resta a guardarlo per niente spaventato, ma molto più arrabbiato di prima. «Vuoi che lo sappia? E allora sarò io a dirglielo, ma adesso io e te ci facciamo un giro!» gli dice poi in tono sprezzante.

«Harry voglio solo che anche lei sappia la verità, perché ho appena scoperto di aver vissuto tutta la mia vita nella menzogna e non immagini quanto faccia male...» Improvvisamente Dylan sembra come un palloncino svuotato, il suo tono di voce si abbassa notevolmente, il suo sguardo si intristisce, poi si piega sulle ginocchia, che sbattono sulle piastrelle e, alla fine, crolla sul pavimento.

Anche Harry si abbassa sulle ginocchia, proprio di fronte a lui, lo abbraccia, mentre Dylan si lascia andare ad un pianto disperato, e si lascia stringere dalle braccia del suo amico.

Mi si stringe il cuore a guardarli in questo momento. Non ho ancora ben capito cosa gli sia successo, ma vedere Dylan in questo stato è frustrante perché so che non posso fare nulla per lui, e sapere che soffre così tanto da lasciare andare le lacrime, fa venire da piangere anche a me.

Vorrei unirmi al loro abbraccio, ma so bene che non c'entro niente. Vorrei lasciarli soli, ma so che c'è qualcosa che dovrei sapere e non riesco ad allontanarmi da qui.

«La mia vita non esiste più... Il padre che conoscevo non è mai esistito, Harry...» Dylan parla a fatica e io resto immobile ad ascoltare. «Ol mio vero padre non mi ha mai voluto, e mio fratello è morto senza che potessi conoscerlo...» Mi appoggio al mobile della cucina nel sentire le sue parole e mi lascio scivolare fino ad arrivare a sedermi sul pavimento. Mi stringo nelle ginocchia e so che, in qualche modo, la parola morto mi riguarda da vicino, non ho idea del perché io lo stia immaginando, e spero che sia tutto una coincidenza, che sia solo perché quella parola mi riporta alle mente dei ricordi troppo dolorosi, ma da qualche parte dentro di me, so già che non è così. Probabilmente il mio subconscio ha già la risposta, ma io non sono pronta a leggerla.

«Detesto il mio nome, Harry... lo detesto e allo stesso tempo non vorrei averne un altro...» dice ancora Dylan con voce rotta, e il mio fiato si ferma a metà, tra i polmoni e la gola.

Harry alza lo sguardo su di me e so che vorrebbe fare molto di più che lanciarmi uno sguardo, so bene che vorrebbe dirmi qualcosa, ma il suo amico ha bisogno di lui e non posso mettermi in mezzo.

«Ehi...» Harry lo interrompe, riuscendo a fermare momentaneamente il suo pianto. «Sei stanco, hai bisogno di calmarti e riposare... Hai dormito almeno?» gli domanda con affetto.

«Non ho dormito un cazzo, Harry... quando sono tornato stanotte ho trovato mia madre che piangeva, così le ho chiesto cosa avesse e mi ha confessato tutto». Dylan sembra davvero sfinito. 

«Ascolta, perché non ti metti di là in camera mia a riposare un po' e poi ne parliamo più tardi con calma?» gli propone Harry, riuscendo a rimetterlo in piedi.

«Non voglio dormire, Harry, voglio solo tornare a qualche ora fa e non fare mai quella domanda a mia madre» risponde, guardando un punto indefinito.

«Dylan...» non appena pronuncia il suo nome, il suo amico lo guarda, ma i suoi occhi sembrano spenti «hai davvero bisogno di riposare... forza vieni con me». Harry riesce a prenderlo sotto braccio e a farlo appoggiare a sé. È così sfinito che fatica anche a camminare.

«Ok» risponde lui, senza la forza di obiettare.

«Chloe, puoi... per favore...» Non ho bisogno che Harry concluda la frase per capire ciò che mi sta chiedendo.

Mi alzo velocemente e mi dirigo in camera per dare una sistemata al letto. Ci metto sopra un lenzuolo pulito e recupero un'altra coperta dall'armadio. Subito dopo entrano i due ragazzi ed è arrivato il momento di lasciarli soli, così esco e torno in soggiorno andando verso la finestra alla quale era appoggiato Dylan poco fa.

Sono confusa, i miei pensieri sono una massa informe di idee assurde che si rincorrono senza sapere da che parte andare. Non ho idea di cosa sia appena successo, eppure sono sicura che mi riguardi e questo pensiero sta diventando ossessivo.

Dylan... il suo nome... un padre che non è un padre... un fratello morto senza averlo conosciuto... sua madre gli ha mentito...

Mi sembra di impazzire, di non poterne uscire, quasi di non riuscire a respirare...

«Ehi...» Harry sussurra alle mie spalle, come se non volesse spaventarmi.

Mi volto, lo guardo, e la prima cosa che faccio è fiondarmi tra le sue braccia. Ho fretta di sapere quello che vuole dirmi, ma ho più bisogno del suo abbraccio, perché è l'unico in grado di tenermi insieme. Le sue mani sulla mia schiena con i palmi aperti, che riesco a percepire perfettamente anche attraverso la felpa che indosso, e il battito del suo cuore che sento quando appoggio la mia mano sul suo petto, infine il suo viso che si appoggia alla mia testa e il calore del suo corpo, ogni suo gesto rende questo abbraccio perfetto.

«Volevo dirtelo, Chloe, davvero...» Sento chiaramente dal suo tono che è sincero, che crede davvero in quello che dice, ma non riesco a trovarne conforto.

«Cos'è che volevi dirmi, Harry?» Mi allontano per guardarlo negli occhi, per leggere in quel verde velato di rimpianto, quanto sia dispiaciuto.

«Io... dopo che mi hai fatto vedere le foto di Dylan sul tuo cellulare, e che ho potuto vedere da solo quanto loro due si somiglino, mi è venuto un sospetto e ho iniziato ad indagare...»

«Indagare?» ripeto, aggrottando le sopracciglia e sciogliendo l'abbraccio, ma senza allontanarmi da lui.

Harry sospira, chiude gli occhi come per trovare le forze per continuare, poi torna a guardarmi. «Ho assunto un investigatore privato, per scoprire se ci fosse realmente il legame di cui sospettavo tra loro due».

Lo sto ascoltando, ma tutto sta diventando semplicemente assurdo.

«Cosa stai dicendo?» Non so per quale motivo, ma faccio un passo indietro, come intimorita dalle sue parole.

«Conosco il mio amico da sempre e so bene ogni cosa che lo riguardi. Ha sempre avuto un unico genitore, sua madre Kelly, che gli raccontò che suo padre morì in un incendio per salvare lei e il figlio dalla loro casa in fiamme. Dylan è cresciuto con l'idea che suo padre fosse un eroe, sua madre ha continuato per anni a parlare di quest'uomo meraviglioso e lui non ha fatto altro che rattristarsi per non ricordare niente di lui. Ha sofferto tanto per non aver mai avuto un padre da cui correre quando aveva qualche problema, e si è sempre arrabbiato con me per il rapporto che ho con il mio...» Harry mi sta facendo entrare piano, piano nella vita di Dylan.

«Che cosa c'entra tutto questo con me, perché me lo stai dicendo?» Faccio un altro passo indietro, con il presentimento che quello che sta per dirmi non mi piacerà affatto, e lui ne fa uno verso di me.

«Perché, in realtà, il padre di Dylan non è morto. Kelly ha vissuto all'estero per un periodo di tempo, durante il quale ha conosciuto un uomo di cui si è innamorata, ma quell'uomo era sposato e, nonostante le avesse promesso che avrebbe lasciato la moglie per lei, quando gli ha rivelato di essere incinta lui non ha più voluto saperne, però Kelly non ha abortito...» Fa ancora un passo nella mia direzione e ora mi trovo con le spalle al muro.

«Te lo richiedo, Harry: che cosa c'entra tutto questo con me?» Mi ha raccontato una storia molto triste, ma ancora non capisco il collegamento che riporta a me.

Si avvicina ancora, prende le mie mani nelle sue e io glielo lascio fare; ho bisogno anche io di questo contatto con lui, lascio che mi tiri a sé, senza opporre nessuna resistenza. «Kelly ha lavorato nella sede della Bank of America di Montréal...» lascia la frase in sospeso, in attesa di una mia reazione, ma io resto immobile, quasi senza battere le palpebre, perché il mio cervello sta iniziando a mettere insieme i pezzi.

So bene chi lavora in quella banca, ci ha lavorato da sempre come direttore, e mi manca solo la conferma di quello che ho appena ipotizzato.

«Harry...» Pronuncio unicamente il suo nome, come per chiedergli di continuare, e lui lo fa.

«L'uomo di cui era innamorata Kelly era il signor Peters, e Dylan è suo figlio...» Mi si blocca il respiro, mi gira la testa, e il cuore inizia a battere ad un ritmo incredibilmente veloce.

Adesso il puzzle è completo, ogni pezzo è andato ad incastrarsi perfettamente al suo posto, ma invece di essere soddisfatta per aver risolto il rompicapo, mi sento attraversata da un'ondata di dolore che mi devasta il cuore, sento che le gambe non mi reggono, ma poi sento le braccia di Harry sorreggermi prima che io cada, accompagnandomi fino al divano, dove mi aiuta a sedermi.

«Ti porto un po' d'acqua» mi dice allontanandosi, per poi tornare subito dopo con ciò che mi ha promesso.

Porto il bicchiere alle labbra, ma non riesco a mandarne giù più di un sorso perché il peso che sento sul petto non me lo permette. «Da quanto tempo lo sapevi?» gli domando, voltandomi verso di lui.

«Chloe...»

«Da quanto, Harry?!» gli chiedo più decisa.

Lui sospira pesantemente. «Da prima della partenza per Madrid» mi confessa, e so che è realmente mortificato, glielo leggo negli occhi, ma non riesco a fermarmi.

«E in più di un mese non hai mai trovato un momento per dirmelo?» gli dico con un tono molto più duro di quanto non voglia, ma la notizia che ho appena ricevuto mi ha sconvolto.

«È che non mi sembrava mai il momento giusto, e poi avevo promesso a Kelly che le avrei dato la possibilità di essere lei stessa a confessare la verità a Dylan. Se te l'avessi detto puoi giurarmi che non saresti corsa da lui a dirglielo?» mi domanda con un tono preoccupato, ed è una domanda per la quale io non ho una risposta perché so che ha ragione. «Ti giuro che te l'avrei detto, Chloe, mi devi credere». La sua voce ha il suono di una supplica. Mi sta implorando di credergli e io lo sto facendo, ma questo non toglie che quanto ho appena saputo mi abbia toccato nel profondo.

Volto lo sguardo verso la porta chiusa della camera da letto, poi verso Harry, che resta a guardarmi senza dire nulla. «Quindi sono fratelli?» gli chiedo, come se avessi bisogno di una conferma.

«Non è ufficiale, ma non credo ci siano dubbi» mi dice, scivolando sul divano più vicino a me, per poi togliermi il bicchiere dalle mani e stringere le mie nelle sue. «Volevo essere io a dirtelo... volevo...» lascia di nuovo la sua frase in sospeso, un po' come mi sento io. «Stai bene, Chloe?» mi chiede incerto.

«Non lo so, Harry... abbracciami per favore...» dico senza nemmeno pensarci, perché non so rispondere a ciò che mi ha appena chiesto, dato che non ho la minima idea di come mi sento.

Mi rannicchio contro di lui, mi lascio stringere e trovo conforto tra le sue braccia, come sempre succede. Chiudo gli occhi e tento di concentrarmi solo sul suo profumo, sulle sue mani che accarezzano la mia schiena, sulle sue labbra che si posano delicate sulla mia tempia e sul suo respiro lento e regolare che mi tranquillizza.

Ho bisogno di allontanare dalla mia mente quello che ho appena saputo, devo tentare di metabolizzare questa notizia per ragionarci con lucidità e razionalità. L'istinto mi ha portato a delle scelte a dir poco discutibili, e non me lo posso permettere. Ho fatto troppi errori, ho fatto soffrire le persone più importanti della mia vita, e non voglio che si ripeta, soprattutto con Harry. 

Gli credo ciecamente, so che era sincero quando mi ha detto che avrebbe voluto dirmelo, e capisco bene il suo punto di vista nel voler proteggere il suo amico e nel mantenere la promessa fatta a Kelly. Non lo biasimo e non lo incolpo di niente, non sono affatto arrabbiata con lui, anche se non me ne ha parlato subito tenendomi nascosto per tanto tempo una cosa così dannatamente importante, e penso che, forse, se le parti fossero invertite, mi sarei comportata nello stesso modo.

«Harry?»

«Mh?»

«Dovresti avvisare sua madre che è ancora qui». Mentire ad un figlio, come ha fatto Kelly, credo sia quantomeno discutibile, ma non sta a me giudicare. Comunque sono sicura che lei gli voglia bene e sia seriamente preoccupata per lui.

«Lo so... ora vado, ma tu non muoverti da qui» mi dice più tranquillo, lasciandomi un ultimo bacio sulla tempia.

Lo guardo andare verso il suo cellulare, che ha lasciato sul tavolo, resto a guardarlo anche quando compone il numero e porta il telefono all'orecchio in attesa che Kelly risponda. Lo fa anche lui con me, tenendo i suoi occhi nei miei, anche mentre parla con la mamma di Dylan spiegandole che è riuscito a convincerlo a stendersi un po'. Mi tiene gli occhi addosso per tutto il resto della telefonata, e io non posso fare diversamente. Lui ha bisogno di essere rassicurato sul fatto che io non sia arrabbiata con lui, e io ho bisogno di essere rassicurata e basta.

Noi siamo questo: abbiamo bisogno l'uno dell'altra, siamo l'uno la forza dell'altra e, dopo aver chiuso la chiamata ed essere tornato a sedersi vicino a me, sento la necessità di dimostrargli che non è cambiato niente tra noi. «Avrei preferito se me l'avessi detto subito, ma capisco perché non l'hai fatto» gli dico, incrociando le mie gambe con le sue.

«La sera della vigilia di Natale, quando ho visto quel Peters, avrei voluto rompergli il naso, e dover tacere è stata una tortura» mi racconta, appoggiando la testa all'indietro.

«E poi il mio attacco di panico ti ha rovinato del tutto la serata». Troppo spesso dimentico che non sono solo io ad essere coinvolta in questa circostanza.

«No, che dici! Quella è stata l'unica parte positiva della serata» mi dice con uno strano tono di voce, al che lo guardo con aria confusa e lui si affretta a spiegarmi. «Se ricordi bene l'armadio si è complimentato con me per quello...» Alzo gli occhi al cielo senza poter trattenere un sorriso alle sue parole, un sorriso che solo lui poteva far spuntare dopo quanto successo, e gliene sono grata perché so che lo sta facendo di proposito.

«Conosco Ethan Peters da anni e ho sempre pensato che fosse un grande uomo. Amava molto suo figlio e non riesco a concepire che abbia mentito a tutti in questo modo». Harry mi osserva con attenzione mentre gli parlo. «Dylan sarebbe stato felice di avere un fratello, ne avrebbe sempre voluto uno... a volte lui e Kurt fingevano di esserlo... Si aiutavano, si sostenevano e si vedevano quasi tutti i giorni. Se uno aveva bisogno di un consiglio correva subito dall'altro... a volte andavano a sciare loro due da soli... è stato Kurt ad organizzare la serata del mio compleanno su richiesta di Dylan...» Una piccola, ma profonda, fitta al petto mi colpisce al ricordo che mi è appena tornato in mente.

Credo che Harry se ne sia accorto, perché ha appena posato la sua mano sulla mia gamba. «Resta con me...» mi dice con un filo di voce, dopo essersi accorto del mio stato d'animo. 

«Sono qui» gli dico, rifugiandomi tra le sue braccia.

Il passato, quando torna a galla tutto insieme come oggi, è terribilmente doloroso. Ci provo ad allontanare il dolore, i sensi di colpa e, nonostante le mani di Harry sulla mia schiena, oggi mi sembra un'impresa titanica. Forse perché nell'altra stanza c'è il fratello di Dylan, ed è un frammento della sua vita talmente tangibile che non posso ignorare, o forse perché ho appena ricordato cosa vuol dire perdere qualcuno di importante e la ferita è tornata a sanguinare.

Tutte le mie buone intenzioni, di accantonare quanto appena successo, sono andate a farsi benedire. Non riesco a smettere di pensare a Dylan e a suo fratello al di là di quella porta, alle menzogne del signor Peters e a come avrebbe potuto essere la loro vita se le cose fossero andate diversamente.

Ed è in quel momento che voglio sapere di più. «Harry?» alzo lo sguardo su di lui, che mi guarda con aria pensierosa. «Mi racconti come l'hai scoperto?» gli domando, restando stretta al suo corpo.

«Sei sicura?» mi chiede, e so che si sta preoccupando per me.

«Sì» rispondo decisa, ma in realtà non sono sicura di niente. So soltanto che voglio sapere quante più cose possibili riguardino questo avvenimento.

Così lo ascolto mentre mi spiega di come è avvenuto l'incontro tra Kelly e il padre di Dylan, di come si sono innamorati e di tutto quello che è seguito a quei giorni. Non perdo nemmeno una sua parola, non lo interrompo mai, e sento tutte queste informazioni riempirmi la testa come fossero piccoli sassi che si scagliano con forza sui miei ricordi. Tutto si confonde, tutto diventa complicato e, alla fine del suo racconto, mi sento sfinita anche io, come se avessi vissuto in prima persona tutto quanto.

Restiamo in silenzio per un po', mi appoggio al suo petto, sento che lui sta coprendo entrambi con un plaid, e io chiudo gli occhi per concentrarmi solo su Harry, perché lui è il mio rifugio sicuro. 

Quando ti rendi conto che c'è qualcosa che stride nella felicità che ti stai costruendo, devi essere pronto a capirlo, devi essere pronto a cambiare qualcosa, e non puoi permetterti l'indecisione, perché il colpo, quando arriva, arriva all'improvviso, e una volta scagliato non puoi più fermarlo.

   
 
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