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Autore: Mr Lavottino    19/05/2019    8 recensioni
*STORIA AD OC*
Blaineley O'Halloran è una famosa psicologa canadese alla ricerca di una cura per le malattie mentali. Per raggiungere il suo obiettivo, decide di fare un esperimento che vede coinvolti dei ragazzi afflitti da disturbi psichici per poterne studiare il comportamento e cercare di trovare un modo per curarli.
I ragazzi verranno quindi chiusi dentro un edificio sotto il controllo di un gruppo di psicologhi.
Genere: Horror, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Altro personaggio, Blaineley, Josh, Nuovo Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Contesto generale
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- Questa storia fa parte della serie 'Total Drama's Series'
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Blaineley guardò lo schermo della Tv con l'espressione di una bambina davanti ad un cartone animato. I ragazzi si era appena svegliati e, nemmeno cinque minuti, Wren aveva già mostrato alcuni atteggiamenti violenti.
Lei lo avrebbe lasciato fare molto volentieri, ma l'intervento di Ace le impedì di farlo andare fino in fondo.
- Fermalo subito.- le disse, guardandola con l'unico occhio disponibile.
- Non si faranno nulla di che.- sminuì la bionda, senza muovere un dito.
- Mi sa che non hai sentito bene ciò che ho detto. Falli smettere.- sentendo quelle parole, Blaineley roteò gli occhi e sbuffò pesantemente.
- Va bene, ho capito.- prese la pulsantiera e premette il tasto per sbloccare le porte delle camere. Ci vollero giusto cinque secondi, poi le serrature scattarono e la lite fra Wren e Kevin si interruppe.
- Li stai tenendo d'occhio per un esperimento, non per gioco.- la sgridò Ace, assottigliando lo sguardo.
- Ne sono consapevole, so fare il mio lavoro. Però per poterli studiare al meglio ho bisogno di portarli al limite.- protestò, voltandosi verso di lei.
- Sei già al limite della legge, se non sbaglio.- detto ciò, la ragazza si allontanò ed andò a sedersi sul divano dietro la scrivania.
Blaineley sapeva che, se avesse voluto ottenere dei bei risultati, si sarebbe dovuta sbarazzare di Ace. Aveva già preparato un piano, con la piena complicità di Josh, e dove va solo aspettare il momento più opportuno.
Quando la ragazza si addormentò, circa quattro ore dopo, estrasse dalla borsa una siringa piena di sedativo. Osservò il liquido verdastro all'interno e rise, poi si le andò vicino cercando di fare meno rumore possibile. Le prese il braccio e le iniettò la siringa in vena. Ace, svegliata dal dolore, provò a dimenarsi, ma il sedativo fece un effetto immediato e la portò a perdere i sensi.
- Mi spiace, ma ho altri piani.- Blaineley le sussurrò quelle parole all'orecchio, dopodiché chiamò Josh nel suo studio. Attese il suo arrivo con calma, mentre lei riprese posto alla sua solita postazione.
- Eccomi, capo. - disse il moro, ignorando il corpo della ragazza steso sul letto.
- Chiudila nella cella, per cortesia.- indicò Ace senza nemmeno guardarla, troppo presa da quello che stava accadendo sullo schermo.
- Non l'ha uccisa, vero?- si assicurò il sottoposto, leggermente spaventato all'idea di cosa Barlow gli avrebbe fatto in quel caso.
- No, ti sembro per caso idiota?- rispose la bionda, piuttosto seccata. Finalmente stava entrando in scena Aya, quella ragazza che Josh le aveva descritto come una vera e proprio psicopatica, e non voleva perdersi nemmeno un secondo. Osservò tutta la scena senza distogliere gli occhi dal televisore. Rimase interdetta quando, dopo che la ragazza ebbe dato loro il cibo, i ragazzi svennero per qualche istante, per poi alzarsi come se nulla fosse successo.
- Che diavolo c'era in quel cibo?- domandò a Josh, in piedi accanto a lei.
- Ti avevo parlato di quelle nuove medicine?- abbozzò lui e Blaineley spalancò la bocca, ricordandosi del loro discorso al riguardo delle pastiglie che facevano arrivare più dopamina al cervello e portavano i ragazzi con problemi caratteriali ad essere più socievoli.
- È stata una scelta intelligente, altrimenti alcuni di loro non si sarebbe schiodati dal letto.- portò lo sguardo su Kevin e James che, come tutti gli altri, si stavano dirigendo verso la sala senza dire nulla.
- Per questa sera gireranno per la casa come zombie, poi domani mattina si sveglieranno e non avranno più ricordi del dopocena.- spiegò il moro.
- Quali erano gli effetti collaterali?- chiese la bionda. Notò subito che Josh ebbe un attimo di sussultò.
- L'aumento dello stress fisico ed emotivo.- deglutì con forza, conscio che ciò avrebbe potuto provocare diversi problemi.
- Bene, bene. Non è un grosso problema.- Blaineley rise e riprese a guardare lo schermo con un sorriso ebete sul volto. Da quel momento in poi, finalmente, i ragazzi avrebbe incominciato a fare sul serio, ne era certa.
 
James si svegliò di soprassalto, come ormai gli succedeva ogni notte. Si guardò intorno, mentre respirava a fatica con il fiatone. Era nella camera, nello stesso letto in cui si era svegliato l'ultima volta. Attorno a lui c'erano Wren, Jake e Kevin, tutti e tre ancora addormentati.
Si passò una mano sulla fronte e si rese conto di essere completamente sudato. Con fatica, riuscì ad alzarsi e si diresse verso la stanza delle ragazze. Voleva parlare con Charlene, così da poterle chiedere cosa avrebbe voluto fare.
Lentamente si avvicinò alla loro porta e la aprì muovendo piano la maniglia. Trovò le quattro ragazze addormentate e, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, si avvicinò alla sorella. La svegliò, scuotendola leggermente fino a quando non aprì gli occhi.
- James? Che c'è?- chiese, sbadigliando. Il biondo sembrò esitare, poi le fece cenno con la testa di seguirla fuori. Charlene non si fece domande, si limitò ad alzarsi e ad andargli dietro senza dire nulla.
Il ragazzo la invitò a sedersi sul divano, cosa che lei fece senza obiettare, per poi mettersi accanto a lei e rimanere in silenzio.
- C'è qualche problema?- la bionda capì di dover prendere la situazione in mano e, dopo quasi due minuti passati senza dirsi nulla, attaccò il discorso.
- Sì. - James evitò di guardarla per la paura, mentre quella assunse un'espressione stranita - Perché gli hai detto che... sto male solo io?- boccheggiò un po', ma alla fine riuscì a parlare.
- Ah, era questo che ti preoccupava? L'ho fatto perché così loro non avranno sospetti su di me. Tu devi solo farmi da "scudo", se capisci cosa intendo.- la sorella gli sorrise, facendolo impensierire ancora di più.
- Ma così loro sospetteranno di me. E io non voglio che questo succede.- sussurrò, quasi nella speranza che non lo sentisse.
- Si può sapere di che stai parlando? Abbiamo deciso di farlo insieme, no?- Charlene lo prese per il braccio, facendolo spagliare.
- Io non voglio più farlo.- James provò ad allontanarsi, ma la presa della ragazza gli impedì di spostarsi.
- Me lo avevi promesso, ricordi?- la bionda si portò vicino al suo orecchio e, con una voce gelida e leggermente alterata, pronunciò quelle parole.
- Sì, ma...- sentiva un forte dolore al braccio, tale che per poco non iniziò a piangere. Come al solito, sua sorella stava facendo appiglio sulla sua debolezza per poterlo manipolare alla perfezione.
- Hai qualcosa da ridire? Devo ricordarti chi è stato a dare fuoco alla casa dei nostri genitori?- sentendo quelle minacce, James iniziò a respirare con fatica e si accovacciò su se stesso.
- No...- disse, fra un respiro e l'altro, facendola sorridere.
- Bene, allora io torno a letto.- Charlene si alzò e, dopo avergli dato un bacio sulla guancia, se ne andò lasciandolo da solo. James attese che la sorella se ne fosse andata, poi scoppiò in un pianto disperato.
La colpa era sempre stata la sua. L'aveva costretto a fare cose orribili solo perché sapeva quanto fosse debole e che pur di ottenere la sua ammirazione avrebbe fatto di tutto.
- Ti fai trattare in questo modo? Patetico.- una voce alle sue spalle lo fece spaventare. Si voltò di scatto e trovò Nikita seduta al solito angolo bar con un bicchiere d'acqua in mano.
- Tu che ci fai qui?- le domandò, mentre con un braccio si asciugava le lacrime.
- Ho sete. - non aggiunse altro, si limitò a bere un sorso - Una figura veramente pietosa.- la castana continuò ad infierire su di lui, portandolo a deprimersi sempre di più.
- Non sai niente! Smettila.- James provò ad alzare la voce, ma non ci riuscì. Gli occhi di Nikita, fissi su di lui, gli impedirono di fare qualsiasi cosa.
- Tua sorella ti tratta come un zerbino e tu la lasci fare. Dovresti vergognarti anche solo di esistere.- sputò acidamente, mantenendo il suo solito tono piatto e cupo.
- E cosa dovrei fare?- le chiese, quasi con un accenno di disperazione negli occhi. Avrebbe voluto fortemente qualcuno che potesse aiutarlo, o quanto meno portargli conforto, ma ogni qualvolta che provava ad interagire con qualcuno Charlene si metteva in mezzo e, per un motivo o per l'altro, finiva sempre male.
- Di norma non ti risponderei e mi farei i fatti miei, però tua sorella mi sta particolarmente antipatica. Ribellati, non hai bisogno di fare altro. Fino a quando continuerai a comportarti da debole sarai il suo schiavetto.- James di parole simili ne aveva sentite bizzeffe. Più volte aveva provato a chiedere aiuto su internet, ma non nessuno era stato in grado di smuoverlo.
- Non è così facile...- abbassò la voce, rendendola quasi un flebile sospiro, poi scosse la testa con forza - Lei riesce sempre a manipolarmi, qualsiasi cosa io faccia.- tenne il volto verso il pavimento, spaventato anche solo dal contatto visivo.
- Certo, perché sei debole.- dopo aver detto ciò, Nikita si alzò e se ne tornò in camera senza aggiungere altro, lasciando James sul divano.
 
Il risveglio fu difficile per tutti. A svegliarli fu il rumore di una trombetta, mandato al massimo volume che li fece zompare su dal letto.
- Maledizione, si può sapere cosa hanno in testa questi psicologi del cazzo?- Jake, alzatosi decisamente con il piede sbagliato, iniziò ad imprecare e, senza aspettare nessuno, si diresse verso la sala. Lentamente, tutti gli altri lo seguirono e si ritrovarono là, in attesa di indicazioni.
- Dite che ci faranno fare colazione?- domandò Linda, sbadigliando.
- Non lo so, spero solo che non sia come la cena. - Charlene scosse la testa, facendo sorgere un dubbio a tutti gli altri.
- Cosa abbiamo mangiato per cena?- Kevin si toccò la testa, ancora leggermente dolorante. Non riusciva a ricordare nulla della sera prima, solo di essere entrato in cucina e di aver visto un'altra ragazza.
Nemmeno gli altri avevano memoria di quanto accaduto, tanto che diversi brusii confusi si levarono fra di loro.
- Pesce con olio e sale. - una voce, proveniente da un'altra stanza, rispose alle loro domande. Aya, con addosso la loro stessa tuta, uscì fuori dalla cucina e gli andò vicino.
- Tu sei... la cuoca.- disse Wren, anticipando tutti.
- Che diavolo ci hai messo ieri nel cibo?- Jake le andò incontro con intenzioni tutt'altro che pacifiche. La mora si limitò a ridere.
- Il signor McGurrin mi ha detto di farvi mangiare delle pastiglie. Non so cosa facciano, ma a quanto pare servono a lei per il suo esperimento.- la ragazza sorrise e, notando lo scetticismo degli otto, proseguì - Se volete favorire, è pronta la colazione.-  indicò la porta della cucina.
- E questa volta cosa ci darai, dei sonniferi?- la incalzò Linda, incrociando le braccia al petto con un'espressione diffidente sul volto.
- No, lui mi ha detto di non darvi altro.- scosse la testa, facendola innervosire.
- Si può sapere chi è questo McGurrin?- chiese Charlene, ancora leggermente spaesata.
- È uno degli psicologi che seguono l'esperimento. - a rispondergli fu Kevin, che si guadagnò un sorriso da parte di Aya.
- McGurrin? Dov'è?- Ginevra, sentendo quel nome, scattò sull'attenti. Iniziò a guardarsi intorno alla sua ricerca.
- Non è qui. Mi ha dato le indicazioni ancora prima del mio ingresso nella casa. - spiegò Aya, facendo andare ancora di più nel panico la castana.
- Ma aveva detto che... mi avrebbe aiutata con il processo...- Ginevra si portò le mani alla testa e, come al solito, scoppiò in un pianto fortissimo. La castana, quando era stata liberata dalla prigionia di Freddy, aveva subito per un po' di tempo delle sedute con McGurrin. Subito Jake e Charlene le andarono vicino per provare a confortarla.
- Non fare così. Vedrai che Freddy starà bene.- la bionda provò a rassicurarla, mentre con la mano le accarezza la schiena nella speranza di farla calmare.
- Sì, Charlene ha ragione. Lui vorrebbe che tu fossi forte.- il castano assecondo la ragazza e con tono dolce cercò di trovare le parole giuste per convincere l'altra a smettere di piangere.
- No! Lui aveva bisogno di me! Solo io potevo salvarlo.- Ginevra, completamene fuori controllo, iniziò ad urlare e si allontanò dalle due. Iniziò a respirare con forza e, come qualcuno provava ad avvicinarsi, gridava come in preda ad una forza demoniaca.
- Andiamo, non è il caso di...- Jake provò nuovamente a farlo calmare, ma quella non volle sentire storie. Alternava i singhiozzi alle urla, il tutto mentre Wren si teneva la testa con entrambe le mani.
Seppur fosse riuscito a dormire in quei due giorni, sentiva la voce della castana pulsargli nelle orecchie con tale forza da portarlo al delirio. Gli sembrava quasi come se la sua condizione fosse addirittura peggiorata nonostante le ore passate a dormire. Cercò di contenersi ma, dopo l'ennesimo urlo da parte della castana, perse completamente la testa.
Si avvicinò con foga e le mise una mano intorno al collo poi, con tutta la forza che aveva in corpo, la sbatté contro il muro ed iniziò a gridarle in faccia.
- Hai rotto il cazzo! Come diamine fai ad essere così snervante? A noi non ce ne frega niente del tuo Freddy, Frank, Phil, o come diavolo si chiama!- il colorito di Ginevra iniziò a farsi sempre più rosso, mentre con entrambe le mani provava a spostare le dita di Wren dal suo collo. Dalla sua bocca uscivano solo dei rantolii soffocati.
- Lasciala andare, idiota!- Linda provò a difendere la castana, ma il biondo non si curò minimamente di lei.
- Fermati, Wren, che cazzo stai facendo?- Kevin gli andò vicino e gli mise una mano sul braccio, cercando di placarlo. Il biondo, la cui espressione era rabbiosa e decisamente poco amichevole, lo guardò per qualche secondo, per poi lentamente allentare la presa.
Ginevra cadde per terra con un tonfo sonoro e si toccò subito la gola iniziando a tossire con forza. Prese dei grossi respiri, il tutto mentre l'attenzione del gruppo era incentrata su Wren, ancora in piedi a qualche passo da lei.
Il biondo, notando le espressioni sui volti degli altri, iniziò ad agitarsi e, per evitare altre scenate simili, se ne tornò in camera a grandi falcate, venendo seguito da Kevin.
- Ehi, aspetta.- una volta giunti davanti alla porta, il moro lo afferrò per la spalla, ma lui si dimenò e lo spinse via.
- Lasciami solo.- sussurrò, cercando di contenere il fortissimo dolore che stava sentendo alla testa. Kevin pensò di dargli retta ed andarsene, eppure non riuscì a farlo. Gli si avvicinò nuovamente e, dopo averlo osservato negli occhi dopo qualche secondo, gli parlò.
- Che cos'hai?- pose quella domanda con gli occhi socchiusi, lasciando il biondo senza parole. Provò a rispondere più volte, ma finì col boccheggiare per un minuto intero - Hai solo dei problemi a dormire o c'è dell'altro?- Wren sospirò e, dopo essersi rapidamente preparato un discorso, rispose.
- Soffro di... disturbo del sonno. Poi... ho qualche problema con... la rabbia.- iniziò a scuotere la testa, per poi portare lo sguardo verso il pavimento con fare sconfitto.
- Strano, non l'avrei mai detto.- ironizzò Kevin, facendolo ridere. Per un momento entrambi si dimenticarono del peso di quella conversazione - Cerca di contenerti, capisco che tu possa avere problemi, ma qui mi sembrano tutti abbastanza schizzati.- si portò l'indice alla tempia ed iniziò a farlo ruotare.
- Perché mi dici questo?- Wren lo guardò con un sopracciglio alzato, ancora non del tutto sicuro di potersi fidare di lui.
- Onestamente, non lo so. Però fino ad adesso non hai fatto nulla di male, quindi non mi sembri un individuo pericoloso.- alzò le spalle, poi fece per andarsene - Ah, giusto per mettere le cose in chiaro. Io non mi fido di nessuno.- lo fulminò con un'occhiata, dopodiché tornò nella sala assieme a tutti gli altri.
 
Dopo la colazione, il gruppetto si sparpagliò, per quanto potessero dividersi dentro la casa, data la sua piccolezza. Jake provò a relazionarsi con Aya, nella speranza di ricavare da lei qualche informazione utile, ma la mora si dimostrò particolarmente sveglia e riuscì ad evitare di dare delle risposte compromettenti.
- Allora, Aya, sai di preciso dove ci troviamo?- le chiese, sedendosi nel posto libero davanti a lei.
- Non ne ho idea, posso confermarti che siamo ancora in Canada.- gli rivolse un sorriso, palesemente derisorio, con il solo scopo di farlo innervosire.
- Così non ci aiuti.- le ribadì, guardandola male.
- Non è mio obiettivo aiutarvi. Io sono qui soltanto come cuoca, il fine della mia permanenza in questo posto è guarire dalla mia patologia. Come del resto tutti voi, immagino.- poggiò il gomito sul tavolo ed il mento sulla mano, tenendo gli occhi azzurri fissi contro quelli verdi dell'altro.
- Questo posto è strano, stanno sicuramente tramando qualcosa.- replicò Jake, cercando di farle cambiare idea.
- E cosa te lo fa pensare?- domandò lei, con un'espressione shockata in volto. Per accentuare ancora di più la cosa, si fece leggermente indietro con la sedia e spalancò la bocca, che coprì la mano rimasta libera.
- Tutto. Qui non ci sono né orologi né calendari, siamo tagliati completamente fuori dal mondo.- spiegò, esplicando le teorie fatte dagli altri il giorno prima.
- Wow, ora che ci penso è vero. Sei davvero un genio.- sentendosi dire quelle parole, il castano le sorrise, contento di essere stato adulato - Immagino che tu sia il capo del gruppo. Si capisce dall'aspetto, sembri particolarmente sveglio.- aggiunse un'altra frase, con il solo scopo di distoglierlo da quella sottospecie di interrogatorio che si era creato.
- Sì, in effetti è vero. Mi hanno messo al comando loro.- la guardò con un grosso sorriso in volto, portandola a fare lo stesso - Sei molto gentile.-
- Grazie mille, mi fa piacere sentirtelo dire. Avevo paura di risultarvi troppo strana...- abbassò le sopracciglia, cercando di farsi credere sconfortata.
- Ma no, ti pare. Volevamo solo sapere se fossi stata a conoscenza di qualche dettaglio rilevante.- sminuì le sue parole con un gesto della mano, portandola ad assumere un'espressione felice
- Ah, capisco. Ora è tutto chiaro.- Aya scosse la testa in segno d'assenso - Piuttosto, di dove sei?- la mora ci aveva messo pochissimo tempo a decifrare Jake. Lo stava leggendo come se fosse stato un libro aperto. Parola dopo parola, il castano si lasciò assuefare sempre di più dai modi di fare di Aya, alla quale bastava qualche complimento ben posizionato per farsi adorare ancora di più da lui.
- Vengo da Montreal, abito in uno dei quartieri di periferia nel lato ovest della città.- il ragazzo le rispose mantenendo sul volto la sua solita espressione da cagnolino felice, che tanto piaceva alla mora.
- Forse sarebbe il caso di non divagare ed andare dritto al punto, non credi?- Linda si intromise nella loro conversazione, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Jake, con fare abbastanza annoiato.
- Lasciali fare, stanno socializzando.- Nikita, sempre al solito angolo bar, sgridò la rossa. Stava leggendo un libro, preso a casaccio da quelli presenti nella libreria, e, di tanto in tanto, gettava l'occhio sulla conversazione fra Aya e Jake. Anche lei si era resa conto che il ragazzino era piuttosto facile da manipolare, ma la maniera in cui la mora lo stava facendo era impeccabile.
Voce dolce, aspetto attraente, sguardo ammiratore. Tutto tenuto su perfettamente da una maestrale interpretazione recitazione.
- E tu che centri? Torna a farti i cavoli tuoi.- Linda le rivolse una delle sue solite occhiatacce, senza però riuscire né a spaventarla né a farla desistere.
- È palese che questa ragazza non sappia niente, non vedo perché dovremmo continuare a tartassarla di domande inutili. Perdiamo solo tempo.- Nikita alzò le spalle, accennando ad un leggero sorrisetto derisorio, che non provò nemmeno a nascondere.
- Si può sapere che diavolo stai dicendo? Sta mentendo palesemente.- indicò la mora, che accennò ad un'espressione spaventata.
- Ehi, così la ferisci. Calmati.- come previsto da Aya e da Nikita, Jake la difese subito, arrivando a che a schierarsi a spada tratta contro la rossa.
- Ma si può sapere che cazzo avete tutti? Io voglio solo tenere la situazione sotto controllo, eppure voi state cercando in ogni modo di rendere le cose difficili.- la rossa dette un calcio al divano, per poi passare lo sguardo su tutti e tre.
- Dimmi, perché ti sei fatta quei tatuaggi?- Aya se ne uscì con una domanda completamente fuori contesto, prendendo Linda in controtempo.
- E questo cosa c'entra?- subito quella scattò sulla difensiva, insicura sul come reagire. Balbettò per qualche secondo, poi si passò la mano sulla tempia e sotto l'occhio.
- Curiosità. Staremo assieme per parecchio tempo, quindi credo che sia giusto dirci qualcosa su di noi.- sentendo quelle parole, Nikita si insospettì particolarmente.
- Ah... capisco. Per estetica, tutto qui. Non hanno una ragione specifica.- in un attimo, Linda si trasformò in una docile ragazzina.
- Io trovo che siano molto belli. Ti donano.- Aya le sorrise, notando che il volto dell'interlocutrice si dipinse di rosso per l'imbarazzo.
- Beh... grazie mille.- detto ciò, Linda tornò a sedersi sul divano, come se nulla fosse successo, ed Aya ebbe modo di continuare la sua conversazione con Jake in tutta tranquillità.
Nikita osservò la scena senza dire nulla, non poté far altro che ammettere la bravura della mora. In meno di dieci minuti era riuscita a soggiogare completamente Jake, usando la patologia di cui lui soffriva a suo favore, e Linda, grazie ad un perfetto controllo dei suoi sbalzi di carattere, causati dal modo in cui lei le si rivolgeva.
Quella ragazza stava nascondendo qualcosa, ma non erano delle semplici informazioni, come credeva la rossa, bensì altro, che probabilmente avrebbe causato loro ancora più problemi. Fu questa la considerazione che Nikita, sul momento, trasse.
 
- Ehi, Kevin.- Wren era stato in silenzio per tutto il tempo, sdraiato sul suo letto senza fare nulla. Spezzò il silenzio, durato quasi venti minuti, richiamando il ragazzo alla sua destra.
- Dimmi.- come al solito, il moro si dimostrò essere un tipo di poche parole. Wren non era ancora in grado di tracciare un suo identikit preciso, ma sicuramente aveva a disposizione abbastanza informazioni per poter confermare che si trattasse di un elemento non pericoloso.
- Tu... perché sei qui? Abbiamo sempre... parlato di me, ma mai di... di te. - il biondo boccheggiò diverse volte, poi disse quelle parole con il suo modo rapido e spezzato di parlare. Kevin mise il libro che aveva fra le mani sul comodino al suo fianco e, dopo averci pensato un attimo, rispose.
- Aspetta, come l'aveva chiamata mia sorella?- si prese un secondo - Disturbo schizoide di personalità, credo.- evitò il contatto visivo, limitandosi ad osservarlo con la coda dell'occhio.
- Non sembra grave.- concluse Wren, ridacchiando.
- Beh, non lo è quanto il tuo. Sai, io non aggredisco le persone per colpa di un'ora di sonno in meno.- lo derise, facendogli capire che fosse solo una battuta.
- Se hai questo... questo disturbo, perché con... me riesci e... a parlare normalmente?- il biondo sentiva la testa farsi sempre più pesante, tanto che ebbe paura di non essere in grado di finire la conversazione.
- Non lo so. Di solito mi comporto da sociale e mi distacco da tutti e tutto, però non credo di poterlo fare in questo posto. Chiunque potrebbe saltarmi addosso ed avere anche solo una persona che possa provare a difendere mi farebbe piacere.- spiegò, alzando le spalle con indifferenza.
- Spirito di adattamento, eh?- concluse Wren, sospirando.
- Se vuoi chiamarlo così fai pure. Per me è semplice opportunismo.- il moro riprese il libro e ricominciò a leggerlo in tutta tranquillità.
- Punti di vista. Adesso... mi faccio una dormita, o almeno ci provo.- detto ciò, il biondo affondò la testa nel cuscino e provò ad addormentarsi.
Fuori dalla porta, a loro insaputa, c'era Charlene. La bionda stava tenendo d'occhio tutte le persone all'interno della casa per decidere chi avrebbe usato per prima. Giunse alla conclusione che i due non erano ancora pronti, quindi dovette lasciarli perdere.
Passò così tutto il resto della giornata, fino a quando non arrivò all'ora di andare a letto, che venne annunciata dalla solita voce registrata, ed in quel momento scelse la sua prima vittima.
 
L'ora di dormire arrivò ben presto e tutti si collocarono nei rispettivi letti. Tutti ad accezione di Ginevra. La ragazza, ancora scossa per l'assenza del suo Freddy, faticava a prendere sonno.
Possibile che, fra tutti, proprio lei doveva trovarsi in quella condizione? Lei amava Frederick, nonostante lui l'avesse rapita e l'avesse tenuta segregata per tutto quel tempo. Non capiva perché la polizia non voleva accettare la sua testimonianza, quasi come se non avesse alcun valore.
Lei era l'unica a conoscere davvero Freddy. Aveva fatto anche dei figli con lui, che in quel momento erano stati dati in adozione a sua madre, e pensava che tutti non riuscissero a vedere il buono che c'era in lui.
Ogni volta che le chiedevano di raccontare la sua esperienza, si soffermava solo sui ricordi positivi, senza mai citare le continue violenze e soprusi che aveva subito dal "marito", come lo considerava lei, e non per difenderlo, ma perché per lei non avevano importanza.
Erano solo delle macchie di petrolio nel grosso fiume di amore che provava per lui.
Tirò su le ginocchia e se le portò al petto, chiudendosi a se stessa. Appoggiò la testa sulle cosce e cercò di calmarsi, non poteva permettersi di dare di matto in quel modo. Se voleva poter aiutare l'amato doveva uscire da quel posto.
Questi erano i pensieri che aveva per la testa in quel momento di inaspettata lucidità. L'unico dettaglio di cui non era al corrente era che Freddy, registrato all'anagrafe Frederick Roberts, era morto da tempo. Quando era stata salvata, tre mesi prima, la polizia gli aveva sparato e lo aveva ucciso sul colpo. La famiglia aveva tirato su la montatura del "processo" per cercare di prendere tempo nella speranza che la sindrome di Stoccolma potesse guarirle.
Persa nei suoi, errati, pensieri, non si accorse di una presenza alla sua destra. Si voltò di scatto e spagliò per la paura.
- Ehi, tutto bene? Ho notato che non eri a letto e mi sono preoccupata.- Charlene le sorrise, cercando tranquillizzarla, e si appoggiò al bracciolo affianco a dove era seduta lei.
- Ah, Charlene, sei tu. Scusami, mi hai presa alla sprovvista.- Ginevra si appoggiò una mano sul cuore, controllando il battito, fattosi più veloce.
- Figurati, non ti preoccupare. Piuttosto, sicura di star bene?- ripeté la domanda di prima, questa volta però con un'espressione triste e preoccupata in volto.
- Sì, credo di essermi calmata. Dovevo solo fare mente locale e cercare di contenermi, grazie per esserti preoccupata per me. - le rispose, con un grosso sorriso in volto. I suoi occhi azzurri sembravano brillare nella penombra, mentre quelli di Charlene avevano un colore molto più scuro, quasi glaciale.
- Come, è già finita la "Ginevra matta"? Mi stavi divertendo.- la castana notò subito il cambio di voce della bionda ed iniziò a preoccuparsi.
- C-Cosa intendi dire?- balbettò leggermente, portando l'altra a ridere.
- Che mi hai divertita. Davvero molto brava.- le accarezzò una spalla, ma quella istintivamente si scostò.
- Vado a letto, mi è venuto sonno.- provò ad accampare una scusa a casaccio e fece per alzarsi, ma Charlene tirò fuori un sottile filo dall'altra mano, tenuta nascosta fino a quel momento dietro alla schiena, e glielo passò intorno al collo.
Ginevra non fece nemmeno in tempo a capire cosa stesse accadendo. La bionda tirò le estremità del filo con forza e lei non poté che provare con le mani a fermarla. Cercò di afferrarlo, ma era troppo sottile e non ne fu in grado.
Tentò anche di graffiare le mani di Charlene, ma quella non demorse nemmeno per un secondo. Continuò a tirare il filo metallico sempre con più forza, fino a quando la castana iniziò ad emettere dei rantolii soffocati. Ginevra provò più volte ad urlare, ma non ci riuscì. Alla fine, dopo due minuti passati senza ossigeno, perse i sensi e svenne.
Charlene continuò a tenere il filo attorno al suo collo per dell'altro tempo, così da essere sicura della sua morte. Le toccò anche il collo e confermò l'assenza di battito. Il volto della castana era diventato completamente rosso e gli occhi le si erano girati.
La bionda sorrise, contenta di ciò che aveva fatto, poi andò in punta di piedi nella stanza dei ragazzi e si avvicinò al letto del fratello.
- James, mi serve il tuo aiuto.-
 
 
ANGOLI AUTORE:
E rimasero in otto...
Ginevra ci lascia ed è tutta colpa della gemella matta! Kevin e Wren socializzano sempre di più, Jake ed Aya best fritends forever, Linda sbalza d'umore qua e là, Nikita bullizza persone a caso e James beh... lui è un po' una fighetta, va ammesso.
Un applauso anche ad Ace che, nonostante sia una spia mafiosa, riesce a farsi mettere al tappeto nel modo più imbecille possibile. Ma tutto quel tempo passato sull'isola non le è servito a nulla? Male, male.
Una menzione d'onore anche a Josh e Blaineley, che tornano a farci visita!
Detto ciò, ci vediamo domenica prossima, sempre qui, su: "A Tutto Reality: L'iso....", ah no, su "Care Project"!
   
 
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